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Il caso: “servitori o padroni?”, workshop sulla Leadership tenutosi il 12 giugno 2009 a Firenze all’interno di FITGIO I Forum Internazionale di Teatro e Gioco

La maschera comica e la commedia dell’arte nella formazione, di Elisabetta Tonon

6. Il caso: “servitori o padroni?”, workshop sulla Leadership tenutosi il 12 giugno 2009 a Firenze all’interno di FITGIO I Forum Internazionale di Teatro e Gioco

nelle Organizzazioni

“Lo so bene anch’io che ciascuno ha tutta una sua vita dentro e che vorrebbe metterla fuori. Ma il difficile è appunto questo: farne venir fuori quel tanto che è necessario, in rapporto con gli altri; e pure in quel poco fare intendere tutta l’altra vita che resta dentro!” (L. Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore) Il laboratorio si è svolto all’interno di un’aula dell’Università di Firenze. Abbiamo avuto a disposizione due ore di lavoro con dodici corsisti. Il gruppo era composto da formatori esperti in metodologie ludiche (tra cui Christian Poissonneau) e da consulenti aziendali.

Nel lavoro di formazione mi ha affiancata un’attrice esperta di uso della maschera e della commedia dell’arte, la dott.ssa Alessandra Abis.

Inizialmente abbiamo animato il gruppo con degli esercizi di training per riscaldare il clima e favorire le dinamiche relazionali.

Poi è seguito un training sul corpo per preparare ciascuno componente a calzare la maschera con disinvoltura.

In seguito abbiamo spiegato i concetti base della commedia e dell’uso della maschera, in particolare come si organizza il corpo quando si lavora con la maschera; i tipi fissi della commedia plautina (servo furbo, servo sciocco, vecchio lenone, vecchio avaro, giovane innamorato, soldato millantatore) e le loro posture fisiche.

Successivamente abbiamo mostrato alcune piccole scene improvvisate sulle coppie: miles - parassita, miles – servo furbo, miles - servo sciocco, senex - servo furbo, per mostrare le dinamiche servo - padrone della commedia platina.

A questo punto i partecipanti hanno scelto un mascherone intero da calzare e – di conseguenza – un tipo fisso da interpretare. Abbiamo fatto improvvisare liberamente i partecipanti sul personaggio scelto, camminando nello spazio e interagendo con gli altri.

È seguita la spiegazione dei tipi fissi della commedia dell’arte e, in particolare, delle dinamiche servo - padrone della coppia Arlecchino e Pantalone, nonché delle posture fisiche di questi due personaggi.

In seguito ognuno ha scelto la maschera da calzare e il tipo fisso da interpretare. Sono stati divisi per coppie (servo – padrone) e a turno ogni coppia si è cimentata in un’improvvisazione guidata, sui temi della leadership.

A questo punto è seguito il momento del debriefing e della condivisione dei significati.

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Il training iniziale ha consentito di rompere il ghiaccio e di creare un piacevole clima di gruppo, divertito e libero dai giudizi. Il lavoro coi mascheroni interi della commedia plautina ha portato ogni componente del gruppo a mettersi in gioco e ad aprirsi. Inoltre, ha introdotto il tema della leadership, ha permesso di cominciare ad esplorare i tipi fissi e a preparare il corpo all’uso della mezza maschera di commedia dell’arte.

La terza fase del lavoro - pur mantenendo il gioco della maschera – ha approfondito il tema della gestione della leadership, evidenziando le dinamiche più frequenti e facendo emergere i vissuti di ognuno in maniera non traumatica e leggera. Come dice Fava, infatti, “Il comico sbriciola letteralmente le paure scatenando la gioia della comunità espressa nella fragorosa risata liberatoria collettiva. L’attore comico non suscita emozioni né solleva problematiche ma: esponendole alla loro distruzione, le risolve. Lo spettatore che ride è rasserenato. È salvo. […] Alla catarsi lunga e straziante della tragedia, la commedia contrappone – o contrappesa – la serie irresistibile di brevi, intense, violente catarsi espresse rumorosamente da tutta l’assemblea86”.

7. Conclusioni

Il potenziale di questo genere sta - dunque - nel linguaggio, nelle modalità di comunicazione che gli attori utilizzano per svolgere le loro performance, sta nella miscela e nell’uso di forme espressive diverse, ma leggibili a qualsiasi latitudine e da qualsiasi persona.

La Commedia dell’Arte ha generato un linguaggio che appartiene all’Uomo e si nutre dei sentimenti, di allusioni, di intenzioni ben individuabili, che sono patrimonio di tutti; un linguaggio che affonda le sue radici nella allegoria, carico di segni emblematici riconoscibili, svolge temi ben conosciuti e sentiti perché appartengono all’essere umano: la fame, l’amore, il sesso, il denaro, la violenza, il potere…

Ma è anche un genere trasgressivo, liberatorio, in cui la comicità, l’ilarità, il sarcasmo, lo sberleffo, l’ironia sono il pane che lo alimenta. Invitano a immaginare, a partecipare con la fantasia, a responsabilizzarsi rendendosi consci della propria creatività, coinvolgendo chi guarda e chi agisce in un gioco infinito di specchi.

Questa pratica di Teatro d’Impresa si rivela dunque estremamente efficace, ma necessita di particolari competenze da parte di chi la mette in atto.

È necessario, infatti, che il form-attore abbia non solo il sapere di un pedagogista e il saper essere del pedagogo teatrale87

, ma anche le competenze specifiche di un attore esperto dell’uso della maschera e di commedia. In particolare, il form-attore deve conoscere bene il rapporto che si instaura tra chi indossa la maschera e la maschera stessa, gli effetti che produce sul corpo e sull’inconscio, le differenze fra le varie maschere (ad esempio: l’uso della maschera neutra vuole un approccio completamente diverso da quella che riproduce un carattere), le caratteristiche dei tipi fissi, le modalità di scrittura di un canovaccio, le

dinamiche che si instaurano tra i vari personaggi. Inoltre, è necessario che il form-attore che applica questa metodologia conosca bene i training preparatori e le tecniche di insegnamento dell’uso della maschera.

86

A. Fava, La maschera comica nella commedia dell’arte, Andromeda editrice, Colledara (Te) , 1999, pg. 17. 87

Cfr. E. Tonon, “Le competenze del formattore” in M. Buccolo ( a cura di), Kanbrain, Anno V 08/n. 1.

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Questo conferma l’opinione che il form-attore sia una figura professionale complessa e multisfaccettata che non consente improvvisazionismi, ma una specificità maturata nel tempo attraverso lo studio, la sperimentazione e l’esperienza su di sé in primis.

Perché un form-attore esperto sa che far calzare una maschera è una grossa responsabilità. Perché la maschera è un moltiplicatore. Di cose, di persone, di fatti. Di vita88. “La maschera è viva e vive nutrendosi famelicamente ed urgentemente, della vita che la circonda, restituendola moltiplicata”89.

88

Cfr. A. Fava, op. cit., pg. 160. 89

Ibidem.

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Capitolo II.12

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