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Le fasi della Ricerca nel Progetto TEJACO

Come la formazione va in scena: presentazione del Progetto europeo TEJACO Théâtre et jeux pour l’accompagnement du changement dans les organisations,

2. Le fasi della Ricerca nel Progetto TEJACO

Il progetto Tejaco come più volte ricordato ha avuto come obiettivo principale quello di Favorire l’inserimento professionale degli immigrati in azienda, pertanto, è utile ripercorrere alcune fasi del progetto che hanno poi portato alla realizzazione della Sperimentazione della metodologia del Teatro d’Impresa in Italia.

Nella prima fase del Progetto Tejaco sono stati somministrati in tutti i paesi coinvolti dei questionari in aziende ed agenzie di formazione che svolgono percorsi formativi per facilitare l’inserimento dei lavoratori nelle organizzazioni. Nel nostro paese si è rilevato che non ci sono sostanziali differenze tra l’inserimento di lavoratori italiani e stranieri, o particolari approcci differenziati per etnie o genere. Le uniche differenze si possono rintracciare eventualmente nei percorsi di formazione eventualmente seguiti dagli stranieri, che includono ovviamente, corsi di lingua italiana. Le aziende assumono personale tramite centri per l’impiego o tramite agenzie di lavoro interinali, talvolta anche per conoscenza diretta. Talvolta l’assunzione viene dopo un periodo di formazione, di stage in azienda, di affiancamento o di accompagnamento da parte di figure professionali più esperte o da parte di tutor nominati internamente all’azienda o provenienti dal mondo esterno, con specifiche mansioni di monitoraggio del percorso di inserimento in azienda del futuro lavoratore.

Alcune aziende in fase di reclutamento si avvalgono di test di ingresso e giochi di simulazione per verificare non solo le competenze e le conoscenze del soggetto rispetto alle mansioni da svolgere previste per il ruolo da ricoprire, ma anche per verificare altre capacità ed abilità soggettive quali per esempio, la capacità di intrattenere buone relazioni con i colleghi, di essere leader, di avere spirito collaborativo, di riuscire a concludere trattative in tempi brevi, o anche essere predisposto al contatto interpersonale ecc. L’impiego di test psico- attitudinali è però, in genere, una prerogativa di grandi aziende, che reclutano o direttamente o tramite agenzie di lavoro interinali e che utilizzano questi strumenti per selezionare una rosa ristretta di candidati, all’interno di centinaia di domande e candidature di lavoro. Alcune di queste aziende svolgono attraverso loro strutture o avvalendosi di altre agenzie di formazione, una formazione professionalizzante, finalizzata all’acquisizione delle competenze necessarie ai ruoli da ricoprire in ambito lavorativo e destinata ai candidati che hanno superato abilmente le prove di selezione in ingresso. Tra queste si possono indicare ad esempio le aziende del settore alimentare o telefonico, talvolta anche quelle del settore dell’arredamento –oggettistica. Altre aziende, invece, preferiscono, già in fase di reclutamento selezionare in base alle esperienze pregresse dei soggetti, non prevedendo una formazione propedeutica all’inserimento in azienda. Altre, scelgono il personale direttamente, senza avvalersi dei servizi di intermediazione tra domanda o offerta di lavoro.

Tuttavia, dall’analisi effettuata non risultano particolari difficoltà di inserimento dei lavoratori stranieri in azienda, l’unico requisito che appare trasversalmente condiviso dalla

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Cfr., P. Orefice, Introduzione alla Pedagogia ludica - La trama dei saperi emozionali e razionali nella "formazione leggera" in LLL Focus on Lifelong Lifewide Learning Rivista Internazionale di Edaforum Anno 2/n°12- Ottobre, 2008 Firenze.

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grande maggioranza delle imprese è la conoscenza dell’italiano, almeno a livello sufficiente da poter comprendere le indicazioni e le istruzioni lavorative.

Nonostante sul questionario nessuno abbia espressamente menzionato le donne e le problematiche legate alle differenze di genere, in via del tutto informale, però emerge ancora una volta una particolare differenza tra i ruoli e le mansioni svolte da donne e da uomini, nonché una generale tendenza a preferire, in certi ambiti, gli uni, rispetto alle altre. Soprattutto in certi ambiti aziendali, tra cui il settore delle calzature e della pelletteria, mentre nell’ambito dei servizi alla persona, nel settore tessile e delle confezioni, nel settore dei servizi generali, spesso le donne sono in numero doppio rispetto agli uomini. Le donne entrano in azienda con diverse mansioni, tuttavia la possibilità di ottenere subito un contratto stabile dipende non solo dalle loro competenze e grado di professionalità, ma anche dalla loro età e dalla loro prossimità alla maternità. Ecco ancora che se discriminazione si parla, ritorna la questione spinosa del mercato del lavoro e della cultura di genere, con tutte le implicazioni che ne derivano. In genere le donne immigrate trovano ancora più difficoltà ad inserirsi in contesti lavorativi, molto più delle donne italiane e molto più dei loro colleghi uomini. Ciò dipende da una serie di fattori: dal grado di scolarizzazione, di solito più basso rispetto alle donne italiane; dalla cultura di provenienza, che spesso le relega ancora una volta nell’ambito familiare della cura; dalla tipologia di lavori che possono ricercare e trovare. In generale gli immigrati uomini, anche se con bassi livelli di scolarizzazione, trovano lavoro come operai, commessi, corrieri, cuochi, ed altro. Le donne, invece, anche se talvolta hanno gradi di scolarizzazione più alti, incontrano ancora delle difficoltà a cercare lavoro per esempio come impiegate, già più semplice è da trovare il lavoro nelle aziende come operaie, commesse, pulizie, o ancora come addette all’assistenza di anziani, badanti o colf.

Inoltre a diverse etnie corrispondono diverse tipologie di lavoro. Per esempio nell’industria agricola lavora un maggior numero di addetti di origine africana, piuttosto che nell’edilizia, in cui i lavoratori provenienti dagli ex paesi dell’unione sovietica, è maggiore; o ancora, nel settore della cura domestica lavorano un numero maggiore di donne provenienti dai paesi dell’Indocina o ex Unione Sovietica, piuttosto che dall’Africa o sud America. La collocazione di tali lavoratori sul mercato del lavoro non è poi cosa semplice. I permessi di soggiorno e le procedure di regolarizzazione sono talvolta estenuanti e molti rinunciano alla legalità, pur di trovare uno spazio di lavoro e di libertà individuale e spesso, come accade, lavorano in clandestinità presso conoscenti, amici o imprecisati datori di lavoro.

Tornando alla formazione, quindi il panorama non appare molto florido. Le aziende, soprattutto le PMI, non svolgono formazione interna, a parte, al massimo corsi per la conoscenza delle norme sulla sicurezza, sull’antincendio, sul pronto soccorso o sulla qualità. Solo rari casi di grandi aziende lavorano sull’innovazione, cercando di formare un clima relazionale più positivo, migliorare la produttività degli impiegati e di proporsi sul mercato con un’immagine sempre più competitiva. Questi però sono interventi che spesso sono sostenuti attraverso finanziamenti dal FSE, e raramente con investimenti personali. Nonostante il panorama della formazione sia abbastanza difficile, però all’interno di questo, come è già stato detto, alcune aziende lavorano per l’aggiornamento del personale e la formazione di nove competenze in ambito professionale, alcuni esempi sono per esempio cooperative del settore socio-sanitario, talvolta pubbliche amministrazioni, imprese che producono beni e servizi e che operano nel settore secondario e terziario.

Le strategie di formazione adottate sono in prevalenza orientamento formativo/informativo praticato dai Centri Impiego e sportelli di orientamento al lavoro presenti presso agenzie o strutture del territorio (es. sportello CNA immigrati), che consiste in una serie di attività realizzate con strumenti che si avvalgono del bilancio di competenze, delle tecniche di empowerment e di percorsi formativi professionalizzanti o finalizzati al conseguimento di titoli di studio, qualifiche o al rafforzamento di competenze e conoscenze. L’orientamento, svolto in maniera diversa, a seconda della struttura proponente, prevede, comunque, un servizio di

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accompagnamento del soggetto, propedeutico all’inserimento lavorativo di questi, anche con l’impiego di strumenti informatici per la proposizione di candidature o selezioni di offerte di lavoro.

Lo Stage praticato da centri Impiego, agenzie formative, aziende stesse, che prevede l’inserimento e la formazione del soggetto direttamente nel contesto lavorativo. Questi in genere dopo un periodo di prova viene assunto dall’azienda o trova facilmente un altro impiego nello stesso settore, proprio per l’esperienza pregressa di tirocinio formativo.

I corsi di formazione professionalizzanti sono realizzati dalle varie agenzie di formazione, con la collaborazione di formatori o esperti di settore, spesso anche in compartecipazione con le aziende o con altri soggetti provenienti dal mondo della scuola e del lavoro. Nell’ambito di tali strategie formative in genere la formazione viene erogata seguendo diverse impostazioni metodologiche che variano a seconda della tipologia dei destinatari e degli obiettivi del corso stesso.

Spesso sono corsi che si avvalgono ancora delle metodologie tradizionali, o al massimo di modalità o strumenti propri dell’educazione attiva, ma non ancora di metodologie di formazione esperienziale come il teatro d’impresa.

Il teatro d’impresa risulta una modalità pressoché sconosciuta alla maggior parte del campione intervistato.

Le aziende conoscono poco tale modalità formativa e di conseguenza non la praticano, mentre tra le agenzie, alcuni responsabili della formazione o docenti ne conoscono i principi teorici ma non lo hanno ancora mai praticato o sperimentato direttamente sul campo.

Tutti hanno però mostrato un certo interesse nei confronti di questa metodologia ed anche l’apertura a partecipare, ad esempio, a dei seminari di informazione/formazione.

Le principali difficoltà si rifanno alla comprensione dei questionari, ma anche parzialmente alla difficoltà e reticenza da parte dei responsabili delle risorse umane ad essere intervistati. Questi strumenti infatti non sono risultati chiari ed efficaci per il 90% del campione intervistato. In particolare le aziende sostengono che lo strumento è troppo rigido e dà per scontate alcuni nodi cruciali, alcuni passaggi che non sono affatto irrisori. Per esempio non si chiede quanti impiegati/operai stranieri le aziende hanno nel loro organico, con che tipi di contratto e per esempio la qualità delle relazioni all’interno dell’azienda, nonché il clima generalmente percepito.

Inoltre il questionario è finalizzato soltanto ad indagare se le aziende o le agenzie di formazione che applicano la metodologia del teatro d’impresa, senza però affrontare le difficoltà della formazione sia in azienda, che finanziata dal FSE o privata. Lo strumento è inadeguato, secondo i responsabili delle risorse umane delle aziende, poiché non è assolutamente calibrato sulle realtà aziendali italiane (la maggior parte sono PMI) e non riesce a leggere realmente la condizione dei lavoratori immigrati in azienda.

Le agenzie di formazione dal canto loro avvalorano la teoria dello strumento inadeguato poiché, anche in questo caso, il questionario, non riesce a cogliere le strategie che stanno a monte e danno ragione alla realizzazione di alcuni interventi piuttosto che di altri.

Difficoltà nella somministrazione del questionario spesso i responsabili che avevano in carico la compilazione del questionario si sono negati oppure non hanno rinviato il documento compilato, talvolta per noncuranza, talvolta per mancanza di tempo. Su 30 questionari inviati soltanto 12 sono stati restituiti. Inoltre le pubbliche amministrazioni non ci hanno concesso la possibilità di intervistare i loro dipendenti, per la mancanza dei tempi tecnici necessari all’apertura dell’iter di autorizzazione. Quindi il materiale raccolto, spesso è frutto di un lavoro difficile di intervista sul campo, spesso della buona volontà dei soggetti, e talvolta della curiosità di alcuni, che sono intervenuti come soggetti autonomi, anche se afferenti ad istituzioni o enti privati o pubblici.

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Infine, la metodologia del Teatro di impresa è ancora una pratica formativa sconosciuta, anche se incuriosisce, tuttavia, occorre abbattere il muro di resistenza delle imprese alla formazione e favorire la pratica di attività formative che facilitino il clima aziendale, ma anche la permanenza dei lavoratori in un clima produttivo, sereno in cui possano percepire significativi miglioramenti nelle modalità di produzione/erogazione dei servizi, attraverso la formazione. Innanzitutto occorre quindi sensibilizzare il management ed indirizzarlo verso le potenzialità della formazione esperienziale e ludica, piuttosto che verso isolate metodologie.

3. I risultati del Progetto TEJACO: “le buone pratiche di formazione ludica in

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