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Il monologo nella formazione, di Renata Borgato

SPAZIATORE

1. Che cos’è un monologo formativo?

Il monologo formativo è un breve testo (5 – 10 minuti al massimo) utilizzato nell’ambito di un percorso di formazione.

Si tratta di un’applicazione della lezione spettacolo, originale variante del modello di teatro a soggetto fisso di Fustier elaborata dalla scuola italiana. Il monologo coglie lo spirito della lezione spettacolo, ma, come si può vedere nella tabella 1, ne semplifica la forma. La riduzione di alcuni aspetti di contorno fa sì che l’attenzione si concentri sul testo, costruito in funzione dei contenuti formativi che devono essere veicolati.

Lezione spettacolo Monologo formativo

Durata 45 m. circa 5 – 10 minuti

Centratura Sullo spettacolo nel suo insieme Sui contenuti del testo Abilità attoriali richieste Alte Basse

Location Palcoscenico o spazio dedicato,

separato dal pubblico Aula

Elementi scenografici Molto utili Non richiesti

Luci Molto utili Non richieste

Musica Molto utili facoltativa

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Filmati Molto utili Facoltativi

Costi Variabili Bassi

Debriefing Facoltativo Sempre presente

Scheda illustrativa Facoltativa Utile

2. Come viene solitamente usato

Non esiste una formula codificata e univoca di utilizzo del monologo formativo.

Tuttavia esso serve abitualmente a introdurre il tema o i temi che verranno successivamente sviluppati dal formatore. Per questo è frequente che sia seguito da un debriefing in cui il conduttore contestualizza l’esperienza vissuta o che serva da stimolo per i partecipanti cui viene richiesto di trarne le conclusioni o di formulare osservazioni su quanto hanno visto.

3. Il caso (descrizione, target, sviluppo, obiettivi, risultati)

Ho utilizzato il monologo in un progetto organizzato dalla società Naichè servizi per l’impresa di Catania indirizzato a tutti i dipendenti di un gruppo di scuole da formare sulla gestione delle emergenze.

La scelta di ricorrere al monologo è stata determinata dal fatto il tema rischiava di essere lontano dagli interessi prevalenti del personale scolastico e di essere accettato con un certo grado di passività o addirittura di insofferenza. Di conseguenza ho pensato di cercare di stimolare l’interesse presentando una storia.

Il monologo, della durata di 7 minuti, costruito ad hoc, racconta l’esperienza – attendibile – di una docente nominata d’ufficio coordinatrice della squadra di emergenza, del tutto impreparata a svolgere il proprio compito e dei problemi che la scomoda designazione le crea.

L’obiettivo era quello di far riflettere sui compiti della squadra di emergenza e sulle procedure da seguire, ma soprattutto di far partecipare attivamente il personale della scuola e di far estrapolare dalla situazione presentata gli errori che possono essere compiuti e le misure correttive.

La presentazione ha suscitato l’immedesimazione dei partecipanti e ha favorito l’empatia: il monologo ha permesso di dare un contesto ai concetti che si volevano veicolare e ha giocato la propria efficacia sul piano estetico, su quello dell'incisività e soprattutto su quello della pregnanza emotiva: ha permesso infatti di caricare emotivamente le informazioni, che sono la leva principale per interessare le persone.

Una volta catturata l’attenzione, il clima è diventato collaborativo e i partecipanti si sono impegnati di buon grado nel lavoro di identificazione delle corrette procedure, producendo una piccola guida da diffondere anche ad altre realtà scolastiche

.

4. Punti di forza e di debolezza di questa metodologia

Il monologo, condivide i punti di forza delle altre tipologie del Teatro d’impresa: crea piccoli cortocircuiti cognitivi dati dalla creazione di uno scenario e dalla sua improvvisa rottura e permette di utilizzare strumenti e registri più ampi di quelli concessi in una formazione tradizionale. Ha il potere di favorire il ricordo, produce emozione, induce le persone a partecipare attivamente all’idea che si vuole trasmettere, supera il limite delle sole enunciazioni che, anche quando sono ben argomentate, hanno poca presa. Le persone infatti

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sono programmate per reagire le une alle altre, non nei confronti di entità astratte. Il monologo mette in scena situazioni, persone con una storia e un contesto e per questo risulta facile immedesimarsi e com-prendere. Gli spettatori sono portati ad ascoltare perché vengono presi dalla narrazione, perché mi stanno sorprendendo, perché viene stimolata la loro curiosità.

Sono le esperienze dei personaggi, unite alla possibilità di comprenderle, che fanno cambiare e in definitiva crescere le persone.

Assistere a una rappresentazione amplia le esperienze, aiuta a immagazzinare nella propria mente un catalogo di situazioni critiche più variegato e più completo di quanto non permetta di fare la propria esperienza personale, inoltre stimola a scegliere modelli adeguati, e sperimenta quindi non solo a riflettere sui temi proposti, ma anche a individuare i comportamenti e gli atteggiamenti da sviluppare in relazione alle situazioni esaminate.

Anche il monologo permette di aggirare le difese che potrebbero essere suscitate da un intervento tradizionale. Quando qualcuno sale in cattedra per insegnare qualcosa, magari per dire che quello che si sta facendo da anni è sbagliato, pone quasi inevitabilmente chi riceve il messaggio nella condizione di difendersi.

Il monologo permette di godere di tutti i vantaggi dell’uso del teatro nella formazione, ma richiede un minor sforzo sia progettuale che organizzativo di altre formule. La breve durata e la soppressione di molti elementi accessori fa sì che sia una formula agile e di uso relativamente semplice.

Proprio quello che sembra essere il suo maggior punto di forza, però, può trasformarsi in un grave limite e compromettere la qualità dell’operazione. È infatti possibile sottovalutare la professionalità richieste per garantire un prodotto di qualità.

Credere che basti una dizione chiara e una minima padronanza della gestione degli spazi per presentare bene un monologo può produrre risultati insoddisfacenti: per raggiungere un buon livello estetico entrano infatti in gioco gli elementi più specifici della tecnica teatrale.

Ma la vera criticità risiede nella qualità del testo attraverso il quale si devono passare i contenuti formativi. Occorre evitare di essere didascalici e predicatori e trovare un equilibrio tra l’obiettivo didattico e quello estetico. Scommessa tutt’altro che facile.

5. Accorgimenti per formatori che lo progettano

Alla base del monologo vi è una storia compiuta, che deve avere un suo svolgimento completo nel breve tempo disponibile. Deve cioè avere un inizio, una parte centrale e una conclusione ed è necessario che essa riesca a introdurre elementi di interesse e sorpresa. Uno svolgimento troppo lineare o che fin dall’inizio faccia presagire gli sviluppi successivi rischia di non interessare neppure per il brevissimo lasso di tempo in cui si svolge. E quindi di fallire nel suo obiettivo di favorire l’attenzione e di predisporre alla successiva rielaborazione.

E’ preferibile che il testo sia redatto usando il registro comico e servendosi dell’ironia: in questo caso esso viene più facilmente accolto e richiede una minore rielaborazione emozionale dei testi drammatici.

Il numero dei messaggi da veicolare con un monologo deve essere molto ridotto per non rendere confuso il testo e per permettere agli spettatori-corsisti di cogliere facilmente le idee centrali che esso contiene.

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Capitolo II.19

Edutainment. Nuovi metodi e strumenti per la formazione, di Giusi Miccoli e

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