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La corretta gestione dell’energia nella tradizione tolteca

Sciamanesimo e nuove vie della formazione, di Massimo Borgatt

3. La corretta gestione dell’energia nella tradizione tolteca

Il livello di energia di ogni persona dipende, secondo gli sciamani sudamericani, dalla quantità di energia con cui è stato concepito, dalla maniera in cui ha incrementato o dissipato tale energia nel suo passato e dal modo in cui la usa nella sua vita attuale. In particolare la modalità di impiego dell’energia nella nostra vita di ogni giorno è ciò che può fare di noi persone libere e predisposte al cambiamento oppure automi condannati alla ripetitività di pensieri, emozioni e azioni.

Ecco quindi che non siamo del tutto impotenti di fronte alla nostra carenza energetica: ciascuno di noi ha la possibilità di effettuare piccoli cambiamenti non appena riesce a rendere disponibile la quantità di energia minima sufficiente. A ogni cambiamento effettuato con successo, corrisponde un ritorno di energia che ci permette di attuare nuove modifiche alle nostre attitudini, questo instaura un circolo virtuoso verso l’incremento del potere personale e quindi verso la libertà. La chiave di tutto sta nell’acquisire il quantitativo minimo sufficiente per innescare il processo. Le strade che abbiamo a disposizione per incrementare il nostro potere personale sono:

• l’incremento dell’energia - la capacità di acquisire energia in maniera consapevole dall’ambiente circostante;

• la ricanalizzazione dell’uso dell’energia - la capacità di rimettere in movimento energia cristallizzata in routine;

• il risparmio dell’energia - la gestione consapevole e strategica della propria energia;

4. Formazione esperienziale, punto d’unione ed energia

Una formazione che, per contesto o modalità di conduzione, non trasmetta energia, non crea i presupposti per dare fluidità di movimento al punto d’unione.

Una formazione che resti troppo vicina agli schemi quotidiani, mancando di stimoli forti, lascia il punto d’unione fermo dove è, non apre orizzonti, non fornisce visioni e non spinge concretamente al cambiamento.

Una formazione che non renda il singolo consapevole del nesso tra energia e cambiamento (magari fornendogli strategie per coltivare il proprio benessere energetico) non è in grado di sorreggere il processo del cambiamento nel post corso.

Un intervento formativo, analizzato in termini di energia, deve quindi:

a. Fornire ai partecipanti l’energia necessaria per rendere fluido il punto d’unione; b. Offrire stimoli concreti e spinte efficaci al movimento del punto d’unione;

c. Mettere i partecipanti in condizione di mantenere il proprio livello energetico per dare continuità al processo di cambiamento;

Queste esigenze trovano puntuali risposte nelle tre diverse modalità di gestione dell’energia viste al paragrafo precedente.

a) Fornire ai partecipanti l’energia necessaria per rendere fluido il punto d’unione

Siamo nati per vivere nel flusso di vibrazione della natura. La separazione che sperimentiamo oggi dal resto del creato, è frutto esclusivo di nostre scelte e di nostre convinzioni. Siamo nati per vivere nel flusso della natura, per questo siamo strutturati per

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acquisire energia dal cibo sano, dal contatto diretto con la terra, dall’irraggiamento del sole o semplicemente respirando aria pura a pieni polmoni. La nostra civiltà (leggi: le nostre paure e le nostre scelte opportunistiche) ci ha portato sempre più lontani dalle condizioni di vita naturali. Ci siamo ammassati gli uni sugli altri vivendo in ambienti claustrofobici e artificiali. Abbiamo perso quasi completamente ogni possibilità di contatto diretto con la natura: nelle nostre giornate sono rari gli attimi in cui osserviamo il sole, sentiamo il vento, calpestiamo la terra nuda o vediamo un cielo stellato. Il cibo che mangiamo arriva a noi dopo avere perso, attraverso trattamenti fisici e chimici, gran parte del proprio contenuto energetico. Tutto questo ci rende energicamente inadeguati alla sopravvivenza. Separato dalla natura e sottoposto a ritmi frenetici, il nostro corpo non è più in grado di ricaricarsi spontaneamente e noi non sappiamo come fare avvenire deliberatamente il processo di acquisizione dell’energia dall’ambiente circostante.

In questa condizione, ci appare più semplice acquisire energia attraverso la relazione con le altre persone. In effetti, quando due esseri umani entrano in contatto, avvengono degli scambi energetici: ciascuna relazione interpersonale può generare un bilancio di energia positivo, nullo o negativo. Il punto è che se l’approccio di entrambi gli interlocutori è quello di ricercare energia dalla relazione, piuttosto che di mettere in flusso l’energia di cui dispone, si va inevitabilmente incontro a giochi a somma zero o addirittura a bilanci negativi.

Eccoci allora in costante affanno, alla ricerca goffa e maldestra di energia, sotto forma di conferme al nostro ego e di approvazione per la nostra importanza personale. In quest’artefatta e disperata caccia al potere, cozziamo gli uni contro gli altri generando conflitti e tensioni, vivendo nell’ansia e nella frustrazione, proprio perché inconsciamente accettiamo l’assunto che non ci sia energia sufficiente per tutti. Di conseguenza: o io o te! Inoltre in queste dinamiche di sopravvivenza, il punto d’unione di ciascuno rimane ben arroccato nella posizione che preserva lo status quo.

Ecco allora i suggerimenti per fornire ai partecipanti l’energia necessaria per rendere fluido il punto d’unione.

• Una location naturale e avulsa dal contesto lavorativo quotidiano.

• Il contatto diretto con la natura e l’utilizzo delle differenti energie naturali per momenti diversi del percorso.

• Momenti di silenzio e di rigenerazione energetica individuale tra una attività e l’altra. • Cibo sano, poco lavorato, carico di energia.

• Un trainer il più possibile immune dalle dinamiche dell’ego. E’ difficile da trovare (il formatore è narcisista di natura) ma è fondamentale: se affronto un gruppo con il bisogno di vedere rafforzata la mia immagine personale, inevitabilmente sottraggo energia alla dinamica del gruppo e freno il potenziale dei singoli.

b) Offrire stimoli concreti e spinte efficaci al movimento del punto d’unione

Le nostre abitudini, comportamenti e convinzioni, sono in gran parte condizionate dalla nostra storia personale: siamo stati “addomesticati” fin da bambini, abbiamo abbracciato il sogno sociale che ci è stato presentato costruendo su di esso il nostro sogno personale, abbiamo scritto (o lasciato che altri scrivessero) un nostro “libro della legge” e abbiamo posto a sua custodia l’incessante voce del “dialogo interiore”. Così, oggi vediamo il mondo attraverso i giudizi impressi nel nostro libro della legge e viviamo le nostre emozioni sballottati tra la voce del giudice e quella della vittima del nostro dialogo interiore. Anche quando ci sembra di scegliere liberamente, lo facciamo in base agli schemi con i quali siamo stati programmati, come se il nostro essere fosse guidato da un software che non abbiamo scelto né realizzato noi e del quale molto spesso non abbiamo la totale consapevolezza. Crediamo di scegliere quali persone frequentare, quali tendenze seguire, in quali luoghi recarci, quali attività svolgere… ma, dietro a queste apparenti scelte, si cela il nostro ego e la sua necessità di auto preservarsi evitando qualunque messaggio di disconferma. Le nostre reali scelte sono assai ristrette,

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circoscritte a tutto ciò che non mina la nostra immagine di noi stessi. Questo conduce a un uso non strategico della nostra energia, spesso logorante e di rado gratificante. L’insieme di questi comportamenti è ciò che i Toltechi chiamano il fare. Durante il fare, il punto d’unione resta immobile e non ci sono stimoli al cambiamento.

E’ il fare la base sulla quale un processo formativo deve incidere, modificando convinzioni o routine in funzione di una maggior efficacia e un miglior benessere.

Le tecniche sciamaniche di ricanalizzazione dell’energia mirano appunto ad interrompere il fare con degli specifici non fare, capaci di minare come autentici virus il software con il quale siamo stati programmati e di indurre piccoli o grandi spostamenti del nostro punto d’unione. Tutte le azioni che non nascono dal nostro condizionamento del passato, e che non sono coerenti con la nostra storia personale, hanno come effetto quello di scardinare i vecchi schemi mentali, emozionali e comportamentali, lasciando spazio al nuovo, all’esplorazione, alla creatività e al potere personale. Ogni non fare, spostando il punto d’unione, dischiude una porta sul cambiamento e apre una breccia di visione su nuove possibilità.

Ecco allora alcuni suggerimenti per offrire, durante la formazione, stimoli concreti e spinte efficaci al movimento del punto d’unione.

• Privare i partecipanti, per quanto possibile (e senza forzature), di ogni appiglio forte con la loro storia personale. E’ davvero importante che all’inizio del percorso ciascuno si presenti dando così forza al passato e all’immagine sociale di se stesso?

• Spesso chiediamo addirittura ai partecipanti di usare nomi di fantasia e di non raccontare alcunché della loro vita quotidiana fino alla chiusura del corso (quando ciascuno si riappropria pubblicamente della propria identità).

• Tendere agguati alle abitudini dei singoli mettendoli in condizione di inventare individualmente nuovi percorsi e nuove risposte.

• Portare il gruppo ad affrontare sfide inaspettate e fuori dagli schemi usuali. • Stimolare sapientemente e all’interno di un processo, picchi di emozione.

• Ricordare comunque che i non fare più efficaci sono quelli semplici: il silenzio, la solitudine, il cammino, il contatto con il mistero.

c) Mettere i partecipanti in condizione di mantenere il proprio livello energetico per dare continuità al processo di cambiamento

Presa consapevolezza del fatto che abbiamo un quantitativo limitato di energia per attraversare ogni nostra giornata, appare indispensabile farne un uso strategico, specialmente se decidiamo di affrontare un cambiamento.

Una pratica fondamentale nell’addestramento degli aspiranti sciamani è quella dell’inventario dell’energia. Si tratta di osservare i propri comportamenti, emozioni e pensieri durante la giornata, tentando di inventariare con accuratezza dove impieghiamo quotidianamente le nostre energie. Analizzando l’inventario, si potranno identificare tutte quelle abitudini, quei pensieri ricorrenti o quegli stati emozionali che assorbono gran parte della nostra energia, senza darci un adeguato ritorno: saranno questi i primi a dover essere eliminati dalla nostra vita.

Tutti i comportamenti energeticamente dispendiosi e quindi paralizzanti in un cammino di crescita, sono generati da accordi impressi nel nostro libro della legge e rafforzati dalla voce del giudice e della vittima: sono accordi basati sul mantenimento dello status quo. E’ necessario individuare questi accordi e sostituirli con accordi alternativi, fondati sulla gestione impeccabile della nostra energia. Questo processo richiede comunque tempo, dedizione e pazienza perché gli accordi sono radicati in profondità. Per adottare nuovi accordi servono una forte volontà e una costante ripetizione.

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L’addestramento di un allievo sciamano è ovviamente più totalizzante del follow up di un intervento formativo. In ogni caso, se vogliamo che i semi piantati durante la formazione germoglino, dobbiamo mettere ciascun corsista in condizione di gestire in autonomia la propria energia.

Ecco allora alcuni suggerimenti per mettere i partecipanti in condizione di mantenere il proprio livello energetico per dare continuità al processo di cambiamento.

• Durante il corso ciascuno dovrebbe acquisire la capacità di percepire il proprio livello energetico. In ogni situazione è importante riconoscere se stiamo acquisendo, bloccando o dissipando energia.

• In uscita dal corso ciascun partecipante dovrebbe avere non solo un piano dettagliato delle azioni da mettere in atto per realizzare il cambiamento ma anche una mappa di dove andare a recuperare le energie che gli saranno necessarie.

• E’ importante porre l’enfasi sulla celebrazione di ogni minimo successo: questo fornisce l’energia per andare avanti.

• La rete di relazioni che si crea durante il corso può divenire un supporto energetico per il singolo se si trovano modalità efficaci di mantenere vivo e vitale il contatto tra i partecipanti.

La metafora della camminata al buio, attività che spesso proponiamo nei corsi outdoor, si presta molto bene a illustrare il percorso individuale dopo l’intervento formativo:

a. Hai un punto di partenza e uno di arrivo

b. Durante il percorso devi attraversare un bosco nel buio più completo.

c. Ti sentirai solo e forse affioreranno in te paure legate a convinzioni e accordi personali riguardanti quello specifico cammino.

d. Gran parte delle paure che cercheranno di paralizzarti, vivono solo nella tua mente. e. Non ti è possibile vedere tutta la strada che dovrai percorrere ma hai chiara la direzione. f. In ogni momento del cammino, non è sulla distanza mancante che devi concentrarti ma sul

singolo passo che adesso può portarti più vicino alla mèta.

g. In ogni momento sei libero di fermarti, di accendere la torcia o di rinunciare: mantieni sempre e comunque tu il controllo e la scelta.

Conclusioni

Abbiamo approfondito il legame tra formazione esperienziale, cambiamento ed energia. Possiamo sintetizzare il nostro contributo affermando che l’efficacia di un intervento formativo esperienziale sembra non essere tanto connessa alla metafora usata (orienteering, rafting, cooking, vela e chi più ne ha più ne metta) quanto alle dinamiche energetiche che il team di progetto è in grado di creare e gestire, prima, dopo e durante l’intervento.

Di fronte a questa affermazione che risulterà sempre più vera, quanto più le organizzazioni dovranno/vorranno perseguire reali cambiamenti nel loro management, la consapevolezza e la capacità di gestire l’energia umana sarà certamente una prerogativa di efficacia per i trainer esperienziali.

Si sta aprendo per ciascuno di noi formatori un cammino nuovo e stimolante dove la vera ricerca non sarà più focalizzata su attività innovative o metafore rivoluzionarie quanto su noi stessi, sulla nostra consapevolezza, sulla nostra capacità di gestire l’energia in maniera strategica, compresa la capacità di stare davvero in disparte e favore delle dinamiche energetiche del gruppo e dello spazio di espressione del singolo.

Buon cammino.

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Capitolo II.23

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