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Bilancio sull’esperienza della ‘Casa MCE’ di Frontale (1956 - 1966)

Nel documento della Cooperazione Educativa in Italia (pagine 190-195)

Sono trascorse due estati dall’avvio dell’esperienza della ‘Casa MCE’ (1956-‘57). La fase pionieristica può considerarsi oramai su-perata e in “Cooperazione Educativa” si affronta un primo bilancio sull’iniziativa.

Raffaele Laporta, una delle figure forse pedagogicamente più si-gnificative di quegli anni, così ricorda:

“Per anni siamo stati abituati ad esser pochi: quattro gatti, ma stavamo sempre a contatto e lavoravamo tranquilli. Poi siamo diventati di più, non molti di più, ma abbastanza per non poterci tener tutti d’occhio.

Io ho sentito ormai da molti mesi dir da qualcuno che ci si può incon-trar fra noi e non riuscire a capirci; cioè che, aumentando il numero, è mancata la possibilità per ognuno di ritrovarsi con ognuno: quando l’occasione ci fa incontrare e si vuol lavorare insieme, questo sembra difficile, si ha il senso di essere un po’ estranei fra noi. Questo ci toglie fiducia nel Movimento, si dice, ci isola di nuovo ciascuno nel proprio guscio: la cooperazione resta soltanto un nome.

Qualcuno me l’ha detto, tutto questo, ed io l’avevo provato da me. Non è certo vero per tutti e con tutti: ma qualcosa di vero c’è.”48

E nello stesso intervento sottolinea:

“Ma abbiamo Frontale. Già nei due anni di esperienza di vita co-mune estiva a Frontale abbiamo potuto constatare che gli incontri in quell’ambiente, senza aver né il carattere organizzato, né le pretese, né i

48 R. Laporta, Due domande, in “Cooperazione Educativa”, anno VII, n. 4-5, marzo 1958, p. 3.

programmi degli stages, esercitano una influenza valida sulla formazio-ne del nostro <spirito cooperativo>. Le testimonianze pubblicate a suo tempo sul bollettino e quelle raccolte dalla viva voce dei colleghi parlano chiaro in proposito.

Frontale è il mezzo (e l’unico mezzo, per il momento) a nostra disposi-zione per determinare fra tutti noi un incremento di relazioni e quindi di capacità di relazione, un approfondimento di lavori che ci stanno a cuore, e quindi di capacità organizzativa del lavoro, in generale. […]

Si tratta di volerci andare a lavorare insieme, di metterci di nuovo tut-ti insieme, turno dopo turno, a risolvere il problema sempre nuovo della nostra cooperazione sia nel suo spirito che nella sua struttura. Si tratta di individuare le nostre rispettive capacità nell’ambito della comune attività e di incominciare ad esercitarle, per poterle poi esercitare nei gruppi di provenienza, negli incontri, nei congressi, e via dicendo.”49 Nel confronto intorno a questa esperienza erano già intervenuti nel Bollettino della CTS Peppino Pappalardo, Giovanna Legatti, Bruno Ciari, Carmela Mungo, Giovanna Zatti.50 In tutti i contributi si sot-tolinea il clima di calda accoglienza, di rapporto fraterno fra vecchi e nuovi, di un rapporto sereno diverso dal distacco e dalla rigidità di un semplice stage d’aggiornamento, quindi occasione di una frut-tuosa permanenza umana e professionale. Non mancano comunque negli interventi di Raffaele Laporta, di Bianca Fassino e di Tamagni-ni nuovi interrogativi.

Carmela Mungo ad esempio definisce...

“... la realtà di Frontale … folle e inusitata”. E annota: “Si tratta di una casa privata messa a disposizione ‘degli altri’, degli amici, dei fra-telli, di un’idea. Ciò contrasta a prima vista con tutte le regole del vivere

49 Ibidem, p. 4.

50 Giovanna Zatti, maestra carnica di Tramonti di Sopra (PN), molto attiva allora nel gruppo friulano, animato dal Direttore didattico Agostino Picot, diventato poi ispet-tore e successivamente animaispet-tore pedagogico della minoranza italiana nella ex Jugosla-via.

comune, dato che chi riesce ad avere una casa, per solito si adopera per utilizzarla a tutto suo vantaggio. Qui no, a un certo momento la casa di Frontale diventa la Casa di Cooperazione educativa, la Casa MCE.

E questo come se fosse la cosa più naturale del mondo, offerta con gioia, tanto che se accetti di andarci sei ringraziato.

[…] Tant’è, Frontale ha la prerogativa di riportarti alle fonti di vita.

Si potrebbe opporre che le fonti della vita appartengono alla preistoria, ai bestioni; oggi è un’altra cosa, secolo ventesimo, bomba atomica, auto-mazione. Chi ricerca più le fonti della vita, e a che scopo?

Tu stabilisci così con la massima naturalezza il dialogo con le cose e le persone, e ogni giorno ti risulta differente dall’altro e stranamente apprezzabile.

[…] Puoi incontrare a Frontale il luminare della pedagogia o della psicologia e il semplice maestro del paesello sperduto: siedono con te alla stessa mensa e te li senti uguali e vicini; e desideri che parlino e raccon-tino le loro esperienze e le loro aspirazioni.

Con questo sistema del dialogo e della vita in comune, del libero e del così bene preordinato che tutto ti sembra ovvio e provvidenziale, tu ca-pisci tante cose di cui prima non ti eri reso conto: tra queste forse la più valida, la più bella, la più semplice che esista: che puoi anche qualche volta avere fiducia nella vita, nella scuola e negli uomini e nel loro avvenire. Per quali vie si arriva a questa conclusione così problematica non so, ma certo ci si arriva. Qualunque sia il punto di partenza.”

Bruno Ciari puntualizza che alla ‘Casa MCE’ di Frontale c’è:

“La reale partecipazione ad una vita di comunità, capace di arricchire e trasformare in profondo la personalità di ciascuno; tutti ricordano i famosi choc degli stages; ognuno di noi sa quanto la propria formazio-ne di educatori è dovuta al lavoro comuformazio-ne ed ai rapporti esistenti formazio-nel Movimento. I risultati di una permanenza a Frontale, dunque, sono da considerarsi sotto questo profilo.

[…] Indipendentemente da ogni attività educativa specifica, Frontale costituisce quindi un centro di formazione umana e di sviluppo educativo;

noi tutti dobbiamo considerarlo non come un qualcosa di esterno al Mo-vimento, ma come uno strumento essenziale per il nostro miglioramento personale, per il potenziamento delle energie esistenti, per il prezioso

ac-quisto di nuove energie. In un Movimento come il nostro, che ha bisogno di crescere di nuovi amici e di personalità responsabili, non ci possiamo affidare solo al collegamento del bollettino, dei convegni, dei congressi.

Occorre un centro di vita comunitaria, e Frontale è tutto questo.” 51

Casa Tamagnini a Frontale di Apiro. Stato attuale.

Superata la fase d’avvio nella terza estate, siamo nel 1958, l’inizia-tiva, orami collaudata, procede sotto la guida sempre attenta e dispo-nibile di Tamagnini. Come era nell’auspicio di Laporta, espresso nel suo intervento “Due domande”, il programma di lavoro è soggetto ad una strutturazione più puntuale: si forma un ‘gruppo scuola ele-mentare’ e uno ‘scuola media’. Il primo in particolare si occupa della didattica dell’apprendimento in prima classe e del perfezionamento delle tecniche di base e affronta la costruzione degli schedari auto correttivi di lingua e di aritmetica. Il secondo cerca d’individuare dei punti d’incontro per una piattaforma didattica convergente. Poi i due gruppi si incontrano in un rapporto di reciproco ascolto, alla ricerca dei nodi comuni e con l’obiettivo di iniziare a rintracciare un

51 Parti tratte da, Problemi e discussioni, in “Cooperazione Educativa”, anno VI, n.10-11, dicembre 1957.

percorso di continuità didattica e formativa. Un tema, quest’ultimo della ‘continuità’, ancora lontano nel nostro paese dal dibattito poli-tico pedagogico generale che attesta il ruolo nettamente anticipatore della riflessione in atto nelle avanguardie MCE. Ma negli incontri, l’attenzione e l’attività offre spazio a temi e problemi che via via negli anni si fanno più urgenti ed attuali.

Nel ’61 a esperienza residenziale oramai consolidata e matura Tama-gnini commenta:

“Non si può non restare per lo meno ammirati di fronte al fatto che degli individui, giovani e anziani, liberamente e senza alcun obbligo, […] sacrifichino metà delle agognate vacanze, rinunciando al ripo-so, alla gioia della famiglia riunita, agli svaghi giovanili, consumano i magri risparmi, e tutto ciò senza altra attrattiva che di incontrarsi tra loro, […] a discutere insieme i problemi inerenti il proprio lavoro, senza attendersi altro vantaggio che quello di migliorare la propria pre-parazione professionale, senza mire né di compensi, né di carriera, né di punti, né di farsi belli agli occhi dei superiori; mossi solo ed esclusiva-mente da un’esigenza di perfezionamento e da un profondo senso morale

… beh, direte che sono il solito sentimentale, ma se penso a queste cose finisco col commuovermi e ritrovarmi con il cuore perfino un po’ di fiducia in questa nostra travagliata umanità.” 52

Alla “Casa MCE” di Frontale, esta-te 1958. In uno dei tanti appunta-menti estivi di incontro e formazio-ne si vede un gruppo impegnato in attività di costruzione e poi prova del suono di un flauto per bambini.

Da sinistra: Giovanna Zatti (in pie-di), Bianca Fassino, Carmela Mun-go, il figlio di Tamagnini, Cesare davanti Gina La Marca e il padre.

52 G. Tamagnini, Il Movimento al bivio, in “Cooperazione Educativa”, anno X, n. 1, gennaio 1961, p. 7.

Nel documento della Cooperazione Educativa in Italia (pagine 190-195)