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Prime aggregazioni intorno alla proposta coo- coo-perativa delle ‘tecniche Freinet’

Nel documento della Cooperazione Educativa in Italia (pagine 111-121)

Tamagnini, dopo aver costruito il complessino tipografico per il maestro Giovanetti, s’impegna a costruirne altri esemplari per poter garantire ad altri colleghi la sperimentazione cooperativa in classe delle tecniche freinetiane, inclusa la composizione e stampa dei testi.

Un onere non da poco che si aggiunge all’impegno professionale quotidiano all’Istituto Magistrale e a quello pure particolarmente impegnativo della corrispondenza che via via cresce.

Da subito Tamagnini inizia a precisare l’atteggiamento da tenere al fine di evitare l’accusa di un passivo ed acritico allineamento al Freinet scrivendo:

“… Sia detto ben chiaro: noi ci ispiriamo nel nostro lavoro a un’espe-rienza in atto le cui realizzazioni hanno un indiscusso valore pedagogi-co: le tecniche Frenet; e, pur riservandoci la più ampia libertà di azione e non volendo nel modo più assoluto imitare pedissequamente nessuno, sentiamo la necessità, la convenienza, l’utilità di affiancarci a quella seria e poderosa organizzazione internazionale, unica nel suo genere, che è l’Institut coopératif de l’école moderne: il che, mentre non ci impegna, nel modo più assoluto, all’accettazione di alcun presupposto, né ideologico, né pratico, né organizzativo, ci permette al contrario di inserirci, con la nostra individualità, in un mondo pedagogico senza frontiere nel quale la sola aspirazione e meta comune è quella di prepa-rare il bambino al ‘difficile mestiere di essere uomo’, ci consente di gio-varci di una vasta esperienza didattica e di una preziosa collaborazione.

Noi certo, non mancheremo di fare qualcosa di nostro, di adeguare cioè

il nostro lavoro alle reali e attuali esigenze e possibilità nostre, delle nostre scuole, dei nostri alunni: ciò che necessariamente ci porterà a fare qualcosa di diverso da quanto è stato già fatto da altri (se non giungeremo a ciò non faremo nulla di buono e il nostro lavoro sarà stato pressoché sterile); tutto ciò è fuori di dubbio, ma è anche vero che noi per ora partiamo dal Freinet e non c’è alcuna ragione plausibile per tacerlo o sottovalutarlo.

Ciò premesso crediamo di non peccare di presunzione affermando che la nostra iniziativa ha in sé tutti i requisiti per un fecondo e originale sviluppo: fecondo e originale perché non sarà il Freinet e non saremo neppure noi a determinare l’orientamento, ma saranno gli stessi nostri alunni ad indicarcelo con i loro problemi, con le loro esigenze, con la loro inesauribile attività.”29

Così a seguito degli intensi contatti e interventi da lui svolti, alla fine del ‘51 già si stanno avviando piccoli gruppi locali di maestri sperimentatori: oltre a Fano e a Rimini sorgono a Venezia, Roma, Firenze, Follonica, Rieti, Signa e Mondolfo. L’impegno è alquanto gravoso. Occorre seguire e sostenere con consigli e indicazioni i nuo-vi maestri aderenti a questo eversivo progetto didattico. Così...

“... alla sede della CTS a Fano (in casa della collega Anna Fantini) ar-rivano giornalini scolastici sempre più numerosi: (oltre a) ‘Il Gabbiano’

da Marotta (Fantini), ‘Eco’ da Pianacci (Giovanetti),’Il Ciuchino a Scuola’ da Firenze (Pettini), ‘Il campanile’ da Venezia (Fiorini), ‘La Gondola’ da Venezia (Bean), ‘Quattro meno’ dall’Istituto Magistrale di Monopoli (Giacobini), ‘Il Limografo’ dalla scuola media di Bisaccia (Cecere). Poi altri già in gestazione ad Avezzano, Roma, Rimini, Viter-bo, Follonica, Rieti, ... andavamo abbastanza in fretta!”30

29 Dalla Circolare n. 4 del 3 ottobre 1951.

30 Intervista di Augusto Scocchera, Giuseppe Tamagnini e il Movimento di Cooperazione Educativa, cit., p. 52.

Nonostante le molteplici difficoltà organizzative ed economiche egli non si limita a scrivere lettere e circolari ma, approfittando delle relazioni sviluppate negli incontri sindacali, contatta le persone e promuove incontri. Pertanto accade che quasi ogni fine settimana egli prenda la valigetta con il complessino tipografico, unitamente ad alcuni esemplari didattici, e se ne vada in giro per la penisola per incontri nelle scuole, dove svolge pratiche dimostrazioni sull’uso della tipografia scolastica e chiarisce le finalità didattiche ed il senso educativo della composizione di ‘testi liberi’, della loro ‘scelta collet-tiva’, della ‘messa a punto del testo prescelto’ ed infine della ‘stampa cooperativa’ e del ‘giornalino di classe’.

Così infatti egli ricorda:

“Per entrare in una nuova visone della scuola è molto importante il contatto personale … Quando c’era qualche collega che si avvicinava a noi per la prima volta, che chiedeva spiegazioni … allora io andavo, organizzavamo un incontro ed invitavamo altri insegnanti della zona

… perché in tutti i luoghi, anche i più piccoli e sperduti c’era la possibi-lità di fare qualche cosa di nuovo. E così io tutte le settimane avevo un impegno … avendo un giorno libero dalla scuola, in genere mi facevo assegnare o il sabato o il lunedì e, potendo disporre di due giorni di se-guito, potevo muovermi più facilmente. All’inizio, i primi anni, facevo il commesso viaggiatore del Movimento e portavo con me la pressa, i caratteri … per fare delle prove nelle scuole dove andavo. Anche succes-sivamente viaggiai sempre molto, perché uno dei principali compiti che ci si proponeva era quello di togliere l’insegnante dall’isolamento, perché un insegnante isolato finisce con l’esaurire quella carica di volontà e di entusiasmo che può avere. E come fai a togliere dall’isolamento se non mantieni i contatti?”31.

Naturalmente prima e dopo ogni incontro c’era la corrisponden-za postale. Contattare nuovi recapiti e, in un costante crescendo,

31 Intervista di L. Bettini, cit., p.112.

rispondere alle tante lettere, dare consigli a interrogativi e quesiti didattici, oltre che, ovviamente, fornire i materiali richiesti. Con la crescita delle adesioni quindi aumentava considerevolmente anche il lavoro per Tamagnini. Infatti egli ricorda che in quegli anni di avvìo “passavo parte delle mie notti a preparar materiale e confezionare pacchi”.32

A pochi giorni dalla costituzione della C.T.S. egli sottolinea fra l’al-tro nella circolare del 7 novembre del 1951 in merito alle finalità specifiche della cooperazione:

Abbiamo più volte, insistentemente, sottolineato la nostra volontà di larga collaborazione al di fuori e al di sopra di ogni considerazione estranea agli interessi della scuola e l’assoluta autonomia e libertà per ogni singolo socio, su tutto quanto concerne il lavoro didattico. Il pro-gramma minimo comune all’accettazione del quale noi subordiniamo la nostra collaborazione, consiste fondamentalmente nell’impegno per ogni aderente di mettere in comune le proprie esperienze e di tenersi in contatto con l’organizzazione traducendo in sempre nuove iniziative gli stimoli delle esperienze collettive.

Nella nostra organizzazione non vi è posto per il semplice disincantato, indifferente spettatore. Noi ci rivolgiamo a tutti coloro che si interessa-no attivamente ai problemi della scuola; ma dichiariamo apertamente che il primo posto non spetta ai teorici, ai pedagogisti da tavolino, ma a coloro che nella scuola e per la scuola vivono; a coloro che i problemi pedagogici e didattici non li trattano metafisicamente, in astratto, ma li affrontano (e spesso ne sono affrontati) ogni giorno sul terreno pratico, trovandoseli dinnanzi sotto le concretissime specie in una classe di bam-bini (o giovanetti) in carne e ossa, ad essi affidati per essere educati.”33 Sull’accusa rivolta all’Associazione di voler solo privilegiare la tecnica a scapito della teoria, lo stesso Tamagnini scrive:

32 Intervista di A. Scocchera, cit., p. 25.

33 G. Tamagnini, Tecnici non empirici, Circolare C.T.S., 7 novembre 1951, p. 2.

“Noi ci definiamo dei tecnici della scuola, o meglio dei tecnici dell’atti-vismo pedagogico ma rifiutiamo come offensiva la qualifica di empiri-ci. Ogni tecnica presuppone necessariamente una teoria: parafrasando Kant potremmo dire che la tecnica senza teoria è cieca e la teoria senza tecnica è vuota; la tecnica dell’attivismo presuppone la teoria dell’attivi-smo […] volgiamo tutta la nostra opera alla ricerca di quei mezzi pra-tici, concreti, che permettano o facilitino il trasferimento di quei prin-cipi dalla stratosfera della teoria al terreno concreto della scuola, di ogni scuola, naturalmente, e non di privilegiati vivai da esperimento” 34. Già nel marzo del ’52 esce nel bollettino della CTS, sotto il titolo Cooperazione pedagogica, una dichiarazione d’intenti compendiata in quattro punti:

1°) Vogliamo che il maestro scaraventi via la sua sedia e si metta in cammino. Fuor di metafora vogliamo che egli si convinca che la sua preparazione non può esser mai compiuta, che è suo precipuo dovere aggiornarsi, abbandonare i procedimenti arcaici che potevano andar bene al tempo in cui le finalità della scuola si riassumevano nel leggere, scrivere e far di conto […].

2°) Per facilitare questo costante aggiornamento vogliamo raccogliere, provare, far conoscere tutte le esperienze didattiche positive di cui noi veniamo a conoscenza, realizzate entro o fuori il nostro gruppo. Voglia-mo discuterne il valore, stiVoglia-molare i colleghi alla critica e all’esperienza diretta. Tutto ciò riteniamo di poterlo attuare sia attraverso il nostro bollettino, i nostri giornalini scolastici, la nostra corrispondenza; sia con periodici abboccamenti e convegni […].

3°) Ci proponiamo di combattere l’isolamento in cui sono le nostre scuole: isolamento dal mondo che le circonda e isolamento reciproco anche fra scuole dello stesso grado e persino fra classi di uno stesso plesso.

[…] Figurarsi poi tra scuole lontane e di gradi diversi. […]

Per realizzare una scuola nuova in conformità ai principi esposti è in-dispensabile disporre di una certa attrezzatura; non potendo per questo

34 Idem, p. 2.

contare eccessivamente né sul contributo delle autorità scolastiche, né di enti, dobbiamo realizzare noi per conto nostro, ‘cooperativamente’, alle migliori condizioni possibili, il materiale indispensabile.” 35

Si giunge così, concluso l’anno scolastico 1951/52, al primo Con-gresso della C.T.S. (il 29-30 giugno del ‘52).

“Ci sono già dieci scuole, afferma Tamagnini, che stampano nelle ele-mentari; nella secondaria superiore si ha “Quattro meno” alle Magi-strali di Monopoli e “L’Ulisse” al Liceo scientifico di Pisa; “Il limo-grafo” nella scuola media di Bisaccia (Avellino)”36 si può già trarre un primo positivo bilancio.

L’appuntamento congressuale si svolge naturalmente al C.E.I.S. di Ri-mini, quasi a rievocare l’esito positivo della coraggiosa scelta lì com-piuta da pochi un anno prima. Lo presiede e ne apre i lavori ovvia-mente Tamagnini. Vi partecipa anche Célestin Freinet, ad attestare la sua soddisfazione ed il suo riconoscimento per la riuscita dell’impresa avviata così rapidamente dal ‘compagno Tamagnini’. Tema ovviamen-te dell’incontro sono “Le ovviamen-tecniche Freinet e la scuola attiva”. Vi par-tecipano più di una sessantina di insegnanti, alcuni dei quali hanno già avviato nella loro classe primi tentativi di testi liberi e di messa in opera del complessino, cioè di prime applicazioni delle tecniche didattiche connesse. Lo attesta la ampia mostra esposta di stampe e giornalini curata da Anna Fantini. Il bilancio non può che essere forte-mente positivo, sia per le adesioni che per l’attenzione registrata: sono significativamente presenti Ernesto Codignola, Célestin Freinet, Car-mela Mungo37 e l’inviato della rivista didattica “I diritti della Scuola”.

35 G. Tamagnini, Cooperazione pedagogica, in “C.T.S. – Circolare n. 9”, marzo 1952, p.

2-3.

36 Da A. Pettini, Origini e sviluppo della Cooperazione Educativa in Italia, cit., p. 31.

37 Carmela Mungo, (Roma, 1894-1980), attiva pedagogista, allieva e collaboratrice di Giuseppe Lombardo Radice, direttrice didattica dal 1923. Negli anni 30 lavorò a Bar-cellona, Londra e Charleroi. Ha diretto le riviste “Tecnica dell’insegnare” (1946-’51),

“Athena” (1951-’53), “Scuola Viva” (1953-’58 e 1970-‘72). Impegnata nello studio e nella attuazione di nuove metodologie di insegnamento, realizzava le indicazioni

Tamagnini nella sua relazione introduttiva al 1° Congresso della C.T.S. così puntualizza:

“Noi non siamo dei fanatici delle tecniche Freinet; non ci poniamo di fronte ad esse in una posizione di accettazione passiva; (il che sarebbe poi la negazione proprio dello spirito animatore di tutta l’opera del Freinet: spirito eminentemente antidogmatico) noi assumiamo invece un atteggiamento critico e le accettiamo solo in quanto e nella misura in cui esse sono suscettibili di adeguarsi alle reali esigenze della nostra opera educativa e della nostra scuola considerate nella loro più realistica concretezza.

[…] Noi non consideriamo le tecniche, nessuna tecnica come tale, in grado di risolvere in sé tutti i problemi educativi, ma le vediamo come utili strumenti per facilitare il raggiungimento di particolari finalità educative”38.

Come si può notare fin dal primo congresso, e nonostante la presen-za del Freinet, Tamagnini puntualizpresen-za con fermezpresen-za l’autonomia del percorso di sperimentazione e di ricerca cooperativa del movimento da lui avviato. E a sostegno di tale affermazione indica fra le esigenze del momento alcuni principi essenziali da salvaguardare e perseguire, che così esplicita:

“1) Esigenza dell’insegnamento individualizzato, la così detta ‘Scuola su misura’, che deriva dalla considerazione psicologica che ogni alunno è una

didattico-pedagogiche di Lombardo Radice. Il Centro educativo “Scuola Viva” è sor-to nel 1969 in località Pian Due Torri (Magliana - Roma), come scuola materna ed elementare, dall’iniziativa un gruppo di insegnanti e genitori sulle orme pedagogiche della Mungo. Ha pubblicato: Arte e tecnica nell’insegnamento elementare, Bari, 1947; La grammatica e la lingua, Roma, Marzioli, 1948; Cento lezioni base, Roma, OET, 1950, Pensieri sull’educare, Roma, Ed. Scuola Viva, 1954; Diario di bordo, idem, 1971; libri di testo per le scuole elementari. Cfr., AA.VV., Scuola Viva. Origini di una esperienza educativa, Roma, Edizioni Internazionali, 1998.

38 Le tecniche Freinet e la scuola attiva, in “Atti del 1° Congresso della CTS”, 29-30 giugno 1952, p.7.

individualità assolutamente irriducibile ad un comune denominatore.

2) Unità e organicità di insegnamento che va considerata sotto due aspetti:

a) organicità delle materie di insegnamento: organicità della singola materia e organicità fra le varie materie che debbono costituire una unità armonica in funzione della formazione armonica della personalità dell’educando;

b) organicità – e si potrebbe dire socialità - del lavoro di classe, cioè collaborazione fra tutti i membri della classe alla realizzazione di un compito comune. Questo principio integra (e in un certo senso corregge) il concetto contenuto nel primo punto in quanto l’indivi-dualizzazione dell’insegnamento (attuato sia con lavoro a gruppi sia individuale nel vero senso della parola) non deve portare ad un lavoro ‘individualistico’ ma ad un lavoro appunto coordinato in modo che ognuno possa portare il proprio contributo al lavoro comune. Questo principio pone anche una esigenza che va oltre la singola classe e investe il problema della collaborazione fra classi e fra scuole diverse.

3) Ogni insegnamento deve partire da una esperienza diretta e concreta del bambino e meglio ancora se da un interesse in atto. Ciò significa non altro che dobbiamo accogliere nella scuola il mondo del bambino;

dobbiamo accogliere il mondo di ciascuno dei nostri alunni. Invece di tentare l’assurdo di trar fuori il bambino dal proprio mondo per intro-durlo in quello vuoto e artificioso che noi (il libro di testo) gli abbiamo approntato, entriamo noi nel suo, studiamolo insieme a lui, e vi tro-veremo materia d’avanzo per lo svolgimento di tutti i programmi di questo mondo. Questo non significa naturalmente che dobbiamo restare nei limiti di quel mondo: significa solo che dobbiamo partire da esso per favorire e determinare il suo chiarirsi e il suo svolgersi graduale e armonico, in orizzonti sempre più vasti e in motivi sempre più ricchi.

Questo principio si collega al secondo punto in quanto pone il proble-ma della collaborazione tra scuola e ambiente sociale che la circonda (informazioni, interviste, documentazioni, studi d’ambiente, ecc.)”.39

39 G. Tamagnini, La relazione generale, in “Atti del I congresso della CTS”, 29-30 giugno 1952, p. 8.

Egli dunque, oltre a sottolineare il valore dell’individualizzazione didattica, che deve partire dall’esperienza diretta e concreta del bam-bino e dai suoi interessi, giustamente sottolinea che l’individualiz-zazione non deve portare ad un lavoro individualistico (come talora accade anche attualmente), ma ad un lavoro appunto coordinato, in modo che ognuno possa rispecchiarsi e insieme concorrere con il proprio contributo al lavoro reciproco di riconoscimento e d’ap-prendimento.

Alla conclusione dei lavori, Freinet, invitato e presente al congresso, saluta i convenuti dicendo tra le altre cose:

“Avete creato in Italia questo movimento allo scopo di diffondere nuove iniziative didattiche per rinnovare il vostro insegnamento. Ebbene noi vi portiamo le nostre esperienze; a voi prendere tutto ciò che vi può essere utile, dalla nostra tipografia al nostro schedario, dal nostro indirizzo educativo fino alle nostre minime realizzazioni. Noi vi offriamo tutto senza secondi fini. Se fossimo stati dei commercianti avremmo tenuto tutto per noi, come fece la Montessori, la quale ebbe sì il merito di aver saputo passare nella pratica le teorie pedagogiche, ma ebbe il torto di far brevettare il suo materiale e di monopolizzarlo. Noi facciamo il contrario; non siamo esclusivisti perciò vi diciamo: prendete, copiate, traducete i nostri opuscoli, fate ciò che volete.

[…] Tanto più voi lavorerete in cooperativa tanto più noi vi verremo incontro volentieri. Voi ci porterete in cambio la vostra collaborazione, i vostri dubbi, le vostre obiezioni, le vostre scoperte, i vostri miglioramen-ti che gioveranno sempre più al reciproco progresso.” 40

Freinet dunque testimonia con tali dichiarazioni il valore etico e so-ciale della cooperazione, intesa non semplicemente come pura tec-nica didattica ma come valore universale, da ciò il riconoscimento dell’autonomia e insieme la disponibilità a concorrere liberamente insieme a costruire la nuova scuola della ‘cooperazione educativa’.

40 Dall’intervento conclusivo di C. Freinet in “Atti del 1° Congresso della CTS”, cit., p.

24.

Foto di gruppo dei partecipanti al 1° Congresso della C.T.S., svolto a Rimini presso il CEIS (Centro Educativo Italo Svizzero) il 29-30 giugno del 1952, grazie all’ac-coglienza offerta dalla sua direttrice Margherita Zoebeli. Al centro della foto si vede Célestin Freinet con alla sua destra Giuseppe Tamagnini. All’estrema sinistra c’è Aldo Pettini, davanti in piedi Nora Giacobini e a destra posta ultima nel retro del gruppo Carmela Mungo. I partecipanti, fra i quali Luisa Bigiaretti e Lidia Biagini in prima riga, al Congresso provenivano da molte regioni del centro-nord, nessuno però dal centro-sud della penisola, al di là del Lazio e dell’Abruzzo. Una assenza che caratteriz-zerà a lungo la vita del Movimento italiano della “cooperazione educativa”.

Le difficoltà di avviare e condurre

Nel documento della Cooperazione Educativa in Italia (pagine 111-121)