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I blocchi non dovevano essere costruiti su tutti e quattro i lati ma soltanto su due, e

percettivo spontaneo nell’Ensanche di Barcellona

95. I blocchi non dovevano essere costruiti su tutti e quattro i lati ma soltanto su due, e

9.3.1 L’area urbana dell’Ensanche di Barcellona e

la difficoltà a orientarsi di A.

La griglia ortogonale regolare di Barcellona

Visuale prospettica in un incrocio dell’Ensanche: la scelta della direzione da prendere è resa complessa dall’omogeneità delle alternative possibili

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Sicurezza Inclusività Orientamento topografico

Vitaincittàdia.

gestione originarie, e per la quale, come riporta ancora Bohigas (1985), l’architetto Joan Busquets e l’ingegnere Josep L. Gómez Ordóñez, su in- carico del Municipio, elaborarono uno studio di diagnosi atto a individua- re con chiarezza i diversi problemi e le rispettive strategie di intervento. Di questa diagnosi si riportano alcune considerazioni, che ai fini di questo lavoro si rivelano particolarmente interessanti:

1) La forma generale dell’Eixample (cioè lo schema morfologico che deriva dal Piano Cerdà) mantiene ancora l’immagine che lo definisce e che va difesa al fine di salvaguardare la sua duplice identità di quartieri e di centro urbano: la sequenza ritmica delle strade e degli incroci e la continuità visiva dell’edificato. Posizio- ne, questa, che comporta […] la difficoltà d’inserimento di archi- tetture o di spazi troppo singolari; o il considerare gli angoli come quattro facciate che introducono un secondo reticolo a 45° […]. 2) L’organizzazione delle strade possiede una complessità supe- riore a quella che normalmente viene considerata quando si fa rife- rimento all’uniformità e perfino alla monotonia dell’Eixample. Léon Jaussely sosteneva che nel Piano Cerdà «non c’è né struttura, né piazze, né centri monumentali interessanti, né il livellamento di stra- de, né giardini, né servizi collettivi, né particolarità dell’edificazione, né effetti prospettici, né senso visivo, né proporzione, né varietà, né carattere, né arte, perché tutto scompare nel suo tracciato immuta- bile, rigorosamente geometrico».

Al contrario, la complessità viaria si manifesta già con i diversi tipi di sezione trasversale: strade con ampiezza che va dai 20 ai 60 me- tri, passaggi di diversa tipologia, sezioni tanto differenti come quelle del viale di Gràcia, il Parallel, la Gran Via, la Diagonal, la Rambla de Catalun- ya, la Meridiana, la via Urgell, il viale San Joan, la via Balmes etc., con differenze sostanziali rispetto alla sezione generale di 20 metri, per una metà destinata alle auto e per l’altra ai pedoni. Complessità che si scopre anche nella forma geometrica dell’impianto: le strade ortogonali com- pongono lo schema di base, le diagonali assumono funzioni e significati diversi, gli assi periferici hanno ruolo di passaggi come quelli puramente interni, che iniziano e finiscono nella trama stessa.

3) […] L’uso delle strade deve consentire la leggibilità del- la struttura e la facilità di orientamento nella città; cose che oggi incontrano molte difficoltà a causa dei cambi improv- visi di direzione, dell’utilizzazione a senso unico di arte- rie che hanno una sezione teoricamente simmetrica etc. 8) Quello che potremmo definire il tessuto morfologico conserva, malgrado gli squilibri, una coerenza recuperabile; la strada e l’iso- lato sono gli elementi della trama e dell’ordito. L’isolato si è formato configurando tre tipi, tutti e tre derivati dalle proposte di Cerdà. Il primo è rappresentato dall’edificazione periferica col cortile centra- le […]. Un altro è quello con il tracciato di un passaggio che at- traversa l’isolato, che Cerdà aveva previsto, con diverse situazioni e con attenzione più alla struttura generale che alla singola solu- zione ambientale. Attualmente questa tipologia è più importante di quanto possa apparire perché interessa il 20% degli isolati; ma anche perché ha consentito la realizzazione di microambienti dotati si articola in diversi periodi, nella sua fase finale e negli anni più recenti

giunge a una trasformazione abbastanza forte rispetto a quelli che erano i suoi propositi98. Come spiega Bohigas (1985), mentre fino al 1891 la

regolamentazione si riferiva alle singole particelle in cui era stato suddi- viso l’isolato, e consentiva un’occupazione pari al 50% della superficie di ciascuna particella e con un’altezza massima di 16 metri, a partire dal 1891 la regolamentazione si estende all’intero isolato e nel periodo che va dal 1950 al 1976, che è quello di massima congestione, è consenti- ta una profondità edificabile di 28 metri dal fronte della strada (pari al 73,6 % della superficie delle particelle), l’edificazione del patio con un’al- tezza di 5,5 metri, e si raggiunge un’altezza di 24.40 metri, sulla quale sono ulteriormente consentiti attico e superattico (quindi altri 6-7 metri, raggiungendo nel complesso circa 30 metri di altezza). Alla fine, dice Bohigas (1985), il Piano Generale Metropolitano (PGM) assume l’unica misura assennata, che riduce l’occupazione al 70% e abbassa l’altezza di riferimento a 20,75 metri e quella del patio a 4.50 metri. Nonostante i buoni propositi della nuova normativa, però, buona parte dell’Ensanche era stata già realizzata negli anni della regolamentazione più permissiva, in coincidenza con l’esplosione demografica e con la corrispondente ri- sposta speculativa. Prova ne sia anche il fatto che mentre tra il 1890 e il 1940 la densità potenziale era di 977 abitanti per isolato, nel 1953 arrivava a 3.087 (densità che il PGM ha poi ridotto a 1.944).

L’Ensanche di Barcellona rappresenta ormai un’area consolidata con caratteristiche ben lontane dalle circostanze della progettazione e

98. “Nel progetto del 1859, Cerdà inizia il suo discorso dal riconoscimento del reticolo

come tracciato che unisce alcuni vantaggi di tipo circolatorio, topologico, costruttivo, giuridico e urbanistico, superiore a ogni altro, e inizia subito dopo la ricerca dell’isolato tipo. Per calcolarlo, formula un’equazione generale, e dopo aver provato diverse grandezze a partire dagli isolati sempre quadrati e secondo la doppia modalità, che siano aperti a due blocchi o chiusi, giunge alla con- clusione che il più adeguato è quello di 113 x 113 m, con strade di 20 m di larghezza. […] Nella proposta del 1863, nonostante sia mantenuto lo stesso tracciato viario generale del progetto del 1859, né la sezione della strada tipo, né la smussatura sono gli stessi. Cerdà […] stabilisce una nuova relazione, più giusta nella distribuzione dell’occupazione della strada tra i differenti mezzi di locomozione: 10 m per i pedoni e 10 m per il trasporto in ferro e con carri. Vengono, inoltre, ripartiti 5 m tra i passanti che procedono senza carico, e 5 m per quelli che lavorano trasportando mercanzie, distribuiti in forma di due marciapiedi per ogni lato, suddivisi in 2,5 m per i pedoni senza carico e 2,5 m per quelli con carico. Il dettaglio della sezione viaria è così completo che giunge a definire gli scavi circolari per gli alberi dei marciapiedi ogni 8 m, i lampioni ogni 28 m, le panchine per il riposo di facchini con i loro carichi, il trattamento del pavimento, a seconda che siano marciapiedi o strade, con il selciato o il macadam pertinente e la disposizione di alcuni passaggi per pedoni nella parte mediana dell’isolato, con una piccola isola pedonale nel mezzo con sedili e lampioni. Se teniamo in considerazione che in ogni incrocio era prevista l’installazione di un orologio elettrico, che se ci fosse stato un chiosco centrale logicamente questo orologio sarebbe stato situato in cima al tetto, e che le strade perpendicolari al mare venivano denominate con un numero, e quelle parallele al mare con una lettera, è semplice capirne la razionalità, la trasparenza e come dovesse essere facile spostarsi e orientarsi nello spazio e nel tempo in questa città”. AA.VV. 2002, Cerdà. Città e Territorio, Barcellona 2002, Generalitat de Catalunya-Regione Sicilia, pp. 7-8

Punti ed elementi di rottura (in rosso) all’interno della maglia ortogonale di Barcellona

ferimenti è molto bassa.

Mentre punti di rottura rilevanti rispetto al contesto, in numero ri- dotto e occasionali sono percepibili in maniera immediata e divengono punti di riferimento importanti per l’orientamento; piccole differenze, ri- petute, frequenti e presenti in numero elevato passano in secondo pia- no rispetto a uno sfondo omogeneo e non vengono percepite in modo immediato.

Davanti a questo quadro sembra necessario introdurre un siste- ma “guida” che favorisca l’orientamento di A. Di seguito sono proposti quattro diversi modelli per un orientamento percettivo spontaneo, cia- scuno dei quali è stato pensato per funzionare in maniera autonoma e indipendente, ovvero enfatizzando quelle che sono le caratteristiche proprie della sua natura. Così, ad esempio, se la caratteristica propria del modello punti è la forza catalizzatrice dei riferimenti urbani, mentre quella del modello anello è la continuità (e l’obbligatorietà) del percorso, si è evitato, nel primo (punti), di pensare a un’unione effettiva dei punti attraverso percorsi prestabili, in quanto avrebbe implicato l’uso della ca- ratteristica propria del secondo (anello).

Alla descrizione delle caratteristiche e del funzionamento dei singoli modelli seguono alcune considerazioni che prevedono invece una loro ibridazione, che ne permette, come si vedrà, un miglioramento dell’efficacia. Tutti i ragionamenti assumono una situazione astratta priva degli elementi di rottura presenti nella dimensione reale dell’Ensanche. Tale scelta metodologica è stata compiuta perché la volontà non è tanto quella di effettuare un progetto che sia realmente applicabile all’area ur- bana considerata, quanto, piuttosto, quella di ragionare in termini spaziali e attraverso le categorie proprie del progetto di architettura alla scala urbana (configurazioni formali, visuali prospettiche, superfici orizzontali e verticali, materiali, texture, verde, arredo etc.) sul tema dell’orientamento di A. in città. Ciò nonostante, si ritiene che possano fungere da guida per la realizzazione di un progetto vero e proprio sull’area considerata e/o su altre aree analoghe, e che alcune delle particolarità e delle peculiarità presenti nella città reale, che si è volutamente scelto di non considerare (i punti di rottura cui si è fatto cenno prima), fungerebbero da elementi di supporto (e non di ostacolo) per il funzionamento dei modelli.

9.3.2 I modelli spaziali teorici per l’orientamento percettivo

di A.: l’anello, il gradiente, l’area, i punti, modelli ibridi

di particolare qualità abitativa, quasi come isole fuori contesto. Il terzo è costituito dall’occupazione totale con un edificio di servizio avente organizzazione particolare. Questo tipo è molto ricorrente nel progetto Cerdà e corrisponde agli isolati che erano destinati alla localizzazione di un edificio pubblico e che, nel modello teorico, erano i centri di riferimento locali e di differenziazione gerarchica delle strade. 99

Queste considerazioni mettono in evidenza quattro aspetti impor- tanti per i ragionamenti che seguiranno. In primo luogo sottolineano la volontà di mantenere un tessuto uniforme, evitando l’introduzione di ele- menti troppo singolari rispetto al contesto; in secondo luogo evidenziano le differenze morfologiche e funzionali che sussistono tra i diversi tipi di strade, che variano nelle dimensioni e nell’organizzazione spaziale; in terzo luogo fanno riferimento alla necessità di migliorare l’orientamento in città, sebbene in funzione degli spostamenti medianti l’uso dell’automo- bile; e in quarto luogo mostrano l’esistenza di varianti tipologiche dell’iso- lato adibito a ospitare funzioni e servizi pubblici.

In altre parole dicono che da un lato è importante mantenere uno sfondo omogeneo, dato dall’impianto urbanistico disegnato da Cerdà, e dall’al- tro mettere in risalto le differenze attraverso gli interventi sullo spazio pub- blico della strada e dei servizi.

Se si osserva la griglia dell’Ensanche, si può notare che oltre all’isolato di base di dimensioni 113 x 113 m con gli angoli tagliati a 45° all’altezza di 14 m, ci sono anche isolati che in una delle due dimensioni raggiungono i 157 m, e che all’incrocio standard ampio 48 x 48 m nelle sue dimensioni più estese, se ne aggiunge un altro di 138 x 138 m, al cui interno è generalmente collocata una piazza.

Sono presenti quindi diversi “punti di rottura” rispetto all’omoge- neità dell’impianto, riguardanti sia le dimensioni degli isolati, degli incroci e delle strade, sia la disposizione di aree verdi, piazze, monumenti ed edifici “speciali” (scuole, mercati, ospedali etc.). Anche la modalità di riempimento dell’isolato, sebbene prevalga la tipologia a corte interna con tutti i lati edificati, presenta alcune variazioni con riempimenti a L, a doppia I e a U.

Nonostante questo, però, l’elevata estensione della griglia e l’ampiezza degli isolati e delle strade, considerata anche la capacità di movimento di A. (generalmente limitata a distanze comprese tra i 500 e gli 800 me- tri), non permettono una percezione immediata di queste differenze, che sono distribuite nelle lunghe distanze. Per questo motivo si è scelto di considerare una situazione “tipo” che non presenta tali punti di rottura, e nella quale gli incroci si differenziano esclusivamente per il trattamento superficiale delle facciate degli edifici. Ma poiché ogni facciata differisce dalle altre nei dettagli architettonici e nelle decorazioni, l’efficacia dei ri-

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