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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Sicurezza Inclusività Orientamento topografico

Vitaincittàdia.

cali, sommati alla rivoluzione dei trasporti.64

si è dovuto porre il problema, e il compito, di comprendere e de- finire la propria identità (nazionale). Fino al XVIII secolo, spiega ancora Bauman (2003), per andare da Parigi a Marsiglia occorreva lo stesso tempo che s’impiegava durante l’Impero Romano e per la maggior parte delle persone, la società intesa come massima espressione della co- abitazione umana, coincideva con il proprio immediato circondario. Il problema dell’identità, almeno di quella nazionale, nasce quindi nel mo- mento in cui diviene più semplice muoversi da una comunità all’altra, da un paese all’altro, e diviene di massima attualità con l’affermarsi del processo di globalizzazione e di urbanizzazione degli ultimi decenni.

Dopo tutto, chiedere «chi sei tu» ha senso solo se tu sai di poter essere qualcosa di diverso da ciò che sei; ha senso, cioè, solo se tu devi fare qualcosa per consolidare e rendere «reale» la scelta. Ma è precisamente ciò che non succede ai residenti dei villaggi più isolati e degli insediamenti nelle foreste, che non hanno mai avuto nean- che occasione di pensare di trasferirsi in altri luoghi, tantomeno di cercare, scoprire o inventare […] «un’altra identità».65

Le considerazioni di Bauman fanno quindi pensare che il concet- to d’identità sia fortemente legato al luogo di appartenenza e alle carat- teristiche da esso possedute, oltre che dal proprio modo di leggerle e di interpretarle.

In un contesto urbano dove tutto è simile, dove mancano i punti di riferimento e i caratteri del luogo, dove gli spazi non sono concepiti pensando alla dimensione umana ma a quella dell’automobile, è difficile provare il senso di appartenenza e di riconoscimento in un ambiente.

Se si considera la questione dello spaesamento, e per contrasto quella dell’identità, in relazione al rapporto tra l’uomo e la città, quali sono gli elementi e i caratteri di natura fisica e di natura sociale che permettono ad A. di non sentirsi estraneo a un luogo? Che cosa contribuisce a gene- rare la sensazione di essere nella propria città, nel proprio ambiente e, in definitiva, di sentirsi a casa?

Per rispondere a questa domanda si può analizzare la questio- ne tenendo conto di due diversi punti di vista. Il primo, che può essere definito biologico, è il punto di vista dell’essere uomo, ovvero un animale di specie umana, dotato di un corpo (e di un cervello) che ha specifiche capacità percettive ed emotive. Il secondo, che si può definire sociolo-

gico, è quello dell’essere persona, ovvero un animale di specie umana

dotato, oltre che di un corpo e di un cervello, anche di coscienza e au- tocoscienza.

Questa distinzione è funzionale a individuare due diverse moda-

64. Bauman Z. 2003, Identity: Conversations with Benedetto Vecchi, Polity Press, Cambrid-

ge, e Blackwell Publisher Ltd, Oxford, ed. It. Intervista sull’identità, Roma, Editori Laterza 2003, p. 17

65. Ibidem p. 18

Gerhard Kallmann, un architetto americano nato in Germania, rac- contò una volta una storia che illustra bene cosa questo [n.d.r. il senso di appartenenza ai luoghi] significhi. Visitando alla fine della seconda guerra mondiale la nativa Berlino, dopo molti anni di as- senza, desiderava vedere la casa dove era cresciuto; come poteva aspettarsi, a Berlino la casa era scomparsa, e il signor Kallmann si sentì smarrito. Poi all’improvviso riconobbe la tipica pavimentazio- ne del marciapiede, le pietre su cui aveva giocato da bambino, e provò una forte emozione, come se fosse tornato a casa.61

Anche Italo Calvino, in un pluricitato passaggio del libro Le città invisibili, sottolinea la centralità dei segni urbani nel processo di identifi- cazione e riconoscimento della città:

Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta da graffi, seghettature, intagli, virgole.62

La condizione di spaesamento di A. può essere vista come una metafora della perdita d’identità, dovuta non solo all’impossibilità di rico- noscere e riconoscersi in un luogo ma anche di riconoscere se stessi.

Se il processo di globalizzazione rende le città del pianeta se non uguali quantomeno sempre più simili, se il processo di urbanizza- zione non conosce rallentamenti e modifica sempre più territori ru- rali in territori «quasi urbani» indistinguibili, se tutto questo avviene, dunque il rischio è che le singole città, in questo amalgama com- plesso, perdano la capacità di costituire ambienti specifici all’in- terno dei quali si verificano fenomeni altrettanto peculiari, fonte di immaginazione sociologica e verve poetica. Laddove il processo di omologazione non ha trovato compimento, sappiamo che in parte ciò è dovuto non solo alle scelte sociali, economiche, culturali e politiche praticate dalle collettività locali, ma anche a quella miste- riosa forza che ancora rende le unità urbane una diversa dall’altra (anche di una stessa regione) e che appunto richiama l’idea di ge- nius loci. […] il genius loci, nella interpretazione di Norberg-Schulz, tende a conferire un carattere indelebile ai luoghi, anche in termini di uniformità e resistenza ai cambiamenti di ordine architettonico che, viceversa, caratterizzano in chiave sempre più provocatoria le città contemporanee.63

La metafora della perdita d’identità rappresenta la condizione dell’uomo contemporaneo che, come spiega Bauman (2003), con

la lenta disintegrazione e l’affievolirsi della tenuta delle comunità lo-

61. Norberg-Schulz C. 1979, Genius loci, Paesaggio, Ambiente, Architettura, Milano, Elec-

ta, p. 21

62. Calvino I. 1972, Le città invisibili, Torino, Einaudi p. 18-19

63. Nuvolati G. 2013, L’interpretazione dei luoghi. Flânerie come esperienza di vita, Firenze

fornisce struttura e significato.67

Se la capacità di interpretare l’ambiente attingendo ai codici con- venzionali appresi viene meno, la sensazione di spaesamento è inevita- bile, ma questo non significa che non si possa fare nulla per trasmettere la sensazione positiva di trovarsi a proprio agio in un dato ambiente. Una progettazione che tenga conto dei limiti fisiologici che la natura ha impo- sto all’uomo sarà in grado, quantomeno, di dare luogo ad ambienti con i quali l’uomo può trovarsi in armonia e nei quali può provare una sensa- zione almeno simile a quella di sentirsi a casa. Tra gli elementi che quindi influiscono sulla sensazione di sentirsi a casa in un dato ambiente, non può mancare una particolare attenzione alle capacità percettive umane, a quella che Gehl chiama “una progettazione alla scala umana”.

Non importa quanta attenzione sia prestata al clima, all’illumi- nazione, all’arredo e ad altri importanti fattori della qualità della città al livello dell’occhio. Lo sforzo risulta comunque vano se manca la qualità spaziale, che è legata alle proporzioni, alle dimensioni e alle distanze tra le cose.

La bassa qualità dello spazio fisico tra gli edifici di alcune grandi città è dovuta anche all’omologazione delle facciate, all’assenza di cura e di dettagli, all’uso di poche varietà di materiali e colori e alla presenza di insegne luminose e cartelloni concepiti per essere percepiti alla velocità dell’automobile e non a quella del pedone, alla dimensione sproporzio- nata degli oggetti (strade troppo larghe, marciapiedi troppo stretti, edifici troppo alti etc.), alla monotonia dei punti di vista che nelle strade rettilinee a sezione costante non cambiano angolazione etc. L’esistenza di questi (non) luoghi è ulteriormente incrementata dalla progressiva espansione degli effetti della globalizzazione, che in ogni parte del mondo vede il proliferare di architetture simili che entrano in scarsa relazione con il con- testo e che non esprimono il carattere del luogo.

Tutti questi elementi, che tendono a uniformare il paesaggio urba- no e a non considerare i limiti fisici della percezione umana, inibiscono o impediscono la capacità di riconoscere uno spazio come proprio e di identificarsi in esso.

L’esperienza di comfort e benessere nella città è strettamente connessa a come la struttura e lo spazio urbano si armonizzino con il corpo dell’uomo e con i suoi sensi e vi corrispondono nelle dimensioni e

67. Hall E.T. 1966, The Hidden Dimension, ed. It. La dimensione nascosta. Vicino e lonta-

no: il significato delle distanze tra le persone, Milano, Bompiani, 1968, p.137

8.3.1 Superare lo spaesamento: dimensione umana e strategie

di progetto

Spazi proporzionati alle capacità percettive umane

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