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È emersa l’importanza di due diverse questioni: da un lato, la ne- cessità dell’anziano di ricorrere a un tipo di conoscenza spaziale con prospettiva “egocentrica”, che gli permette di stabilire una relazione diret- ta (e immediata) con lo spazio – motivo per cui ha bisogno di esperirlo in prima persona; dall’altro, e proprio in funzione dell’uso della prospettiva egocentrica, la centralità degli elementi utilizzati per costruire una cono- scenza di tipo Landmark e Route, e quindi dei riferimenti spaziali e delle abitudini motorie che permettono di costruire i percorsi. Tanto i riferimenti quanto le abitudini, sono supportati dal sistema visuo-percettivo e da quello motorio che, come già evidenziato più volte, si preservano per un tempo più lungo nonostante l’azione neurodegenerativa della malattia.

I ragionamenti che seguiranno si sviluppano dall’analisi degli elementi base della conoscenza Landmark e Route (i riferimenti), e si limitano alla modalità di spostamento privilegiata dalle persone anziane, ovvero quella pedonale. Infatti, come già detto e com’è determinato an- che dal codice della strada82, superata una certa età (generalmente gli

80 anni), molti anziani non guidano più e spesso preferiscono muoversi a piedi piuttosto che decifrare mappe e codici per l’uso dei mezzi di tra- sporto pubblico83, senza considerare che camminare a piedi favorisce

esperienze sensoriali più ricche e intense:

L’automobile non solo rinchiude i suoi occupanti in un bozzolo di metallo e di vetro, tagliandoli fuori dal mondo esterno, ma impo- verisce anche la sensazione del movimento attraverso lo spazio, isolando i viaggiatori dalla strada e dai suoi rumori e, soprattutto, contraendo il campo visivo: il guidatore si muove nella corrente del traffico, e i particolari più prossimi del paesaggio gli passano via sfocati dalla velocità. L’organismo umano è fatto per muoversi at- traverso il suo ambiente a una velocità inferiore agli otto chilometri all’ora. […] A mano a mano che la velocità aumenta, il coinvolgi- mento col mondo sensoriale esterno diminuisce, finchè si arriva a una vera e propria privazione. […] L’automobile isola l’uomo tanto dall’ambiente quanto dai contatti umani; permette soltanto i tipi più

82. Secondo il “Nuovo codice della strada”, decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e

successive modificazioni, in Italia, fino al compimento del cinquantesimo anno di età la patente di guida è valida per 10 anni e si rinnova ogni 5 anni fino ai 70 e ogni 3 fino agli 80. Una volta compiuto l’ottantesimo anno di età si rinnova ogni due anni, ammesso che sussistano le condizioni fisiche e psichiche richieste.

83. L’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico è limitato dalle numerose difficoltà che com-

porta prenderli, specialmente per gli anziani con deficit cognitivi come quelli causati dall’Alzheimer. Se, infatti, non si è in grado di decifrare le mappe e i codici di riferimento delle linee della metropoli- tana, dei bus etc., bisogna almeno ricordare il nome degli autobus (o delle destinazioni o entrambi), gli orari in cui arrivano e ripartono, la fermata in cui si prendono o in cui si deve scendere etc. La complessità d’uso di questo sistema, non solo in riferimento alle persone malate di Alzheimer ma anche agli anziani in generale e a varie categorie di persone considerate fragili, è oggetto di nume- rose ricerche in corso, come quelle portate avanti dalla città di San Sebastian proprio in merito a un progetto sull’accessibilità urbana degli anziani (AA.VV. 2010, “La ciudad y los mayores”, Barcelona METROPOLIS, quaderno central, Revista de informaciòn y pensamento urbanos, nùm. 80, otoño 2010, Ajuntament de Barcelona editors)

non solo possono essere veduti, ma anche acutamente e intensa- mente presentati ai sensi.81

Tanto la familiarità quanto la leggibilità sono componenti essen- ziali nel progetto dello spazio fisico per persone con demenza di tipo Alzheimer. Infatti, alcune ricerche che hanno indagato il tema del wayfin- ding per malati di Alzheimer [Passini et al. 1998, 1996; Rainville et al. 2002; Wilkniss et al. 1997, Marquardt 2011], sebbene limitate all’ambiente interno delle strutture residenziali, convengono nel dire che spazi di facile leggibilità, con informazioni immediatamente accessibili e con configu- razione semplice ma non monotona, sono un utile supporto per l’orien- tamento. In particolare mettono in evidenza la necessità di semplificare i percorsi ma evitando la monotonia (ad es. corridoi troppo lunghi con ri- petizione costante di aperture), e privilegiando piuttosto l’uso di elementi di riferimento singolari e caratteristici. Anche le ricerche portate avanti dal gruppo guidato da Burton presso il WISE (Wellbeing in Substainable En- vironmental) dell’università di Warwick, e in particolare i lavori sull’acces- sibilità e sull’inclusività dello spazio esterno [Blackman et al. 2007, 2003; Burton et al. 2006, 2004; Mitchell et al. 2012, 2010, 2006, 2004a/b, 2003; Sheehan et al. 2006], tra i temi fondamentali per il wayfinding delle per- sone con demenza individuano la familiarità, la leggibilità e la singolarità.

Per familiarità Burton et al. (2006) intendono il livello a cui le strade sono riconoscibili, o facilmente comprensibili, dalle persone anziane, e individuano due qualità che dovrebbero avere gli elementi dello spazio costruito: una durata lunga e un’elevata riconoscibilità, rafforzata anche da una forte corrispondenza tra le forme e le funzioni (chiarezza fun- zionale); per leggibilità intendono invece la facilità di lettura e l’efficacia comunicativa possedute dagli elementi spaziali: strade leggibili hanno un network di percorsi e di intersezioni di facile comprensione, una lun- ghezza e un andamento che consentano di avere una visione generale e di mantenere la concentrazione, segni espliciti e visibili e caratteristiche spaziali non ambigue, specialmente nei punti di decisione (incroci); per singolarità intendono, infine, il grado di distinguibilità di un edificio, area o percorso rispetto al contesto, tale da dare una chiara immagine del punto in cui ci si trova, da permettere di mantenere la concentrazione, da su- scitare un senso di appartenenza: spazi “singolari e distinguibili” hanno un carattere locale, variabilità nelle forme urbane e architettoniche, nelle funzioni, nelle qualità e nelle caratteristiche estetiche.

Si è detto che l’orientamento topografico è un processo di ap- prendimento che si sviluppa in più fasi e che richiede l’uso di diverse abi- lità cognitive. Allo stesso tempo sono state messe in evidenza le difficoltà specifiche e le abilità residue, utili ai fini dell’orientamento, di un anziano che si trova ai primi stadi della malattia di Alzheimer.

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

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Sicurezza Inclusività Orientamento topografico

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tinue svolte del percorso appena marcato, anche se la sua desti- nazione era a lui chiaramente visibile attraverso l’aperto deserto. Il suo affidamento derivava dall’abitudine, poiché tempeste e miraggi rendono spesso inattendibili i riferimenti lontani (Jaccard 1932); [e quello] del Medjbed del Sahara, il percorso intercontinentale usato dai cammelli, che per centinaia e centinaia di chilometri attraversa la terra vuota, da pozza d’acqua a pozza d’acqua, marcato negli incroci da mucchi di pietre. Smarrirlo può significare la morte. (Gau- tier 1908) parla della forte personalità, del carattere quasi sacro che acquista questo sentiero.86

E ancora, Lynch racconta che

per trovare la direzione e riconoscere la geografia, due gruppi primi- tivi sviluppano un sapere, che la cartografia occidentale ha potuto superare solo di recente. Questi sono gli Eschimesi e i navigatori dei Mari del Sud. Gli Eschimesi sono in grado di tracciare a mano libera mappe utilizzabili che a volte coprono territori di 400 o 500 miglia di estensione. Questa è un’impresa di cui pochi popoli al mondo sono capaci, senza riferirsi preventivamente a carte costruite. Analoga- mente, nel Pacifico, i piloti addestrati delle Isole Caroline posse- devano un elaborato sistema di direzioni di navigazione che erano accuratamente relazionate a costellazioni, ubicazioni di isole, venti, correnti, posizioni del sole e direzioni delle onde.87

Nel riportare questi esempi sulle capacità di orientamento topo- grafico di culture capaci di produrre simili trionfi di abilità astrattiva e di attenzione percettiva, Lynch non dimentica di sottolineare un aspetto chiave che le accomuna, oltre a quello del vivere in ambienti di sabbia, di neve o di acqua, sostanzialmente privi di caratteristiche o solo tenue- mente differenziati: la necessità (esistenziale) di muoversi.

L’eschimese, se vuol vivere, deve a ogni stagione trasferirsi da un territorio di caccia a un altro. I migliori navigatori dei Mari del Sud non vennero dalle fertili isole alte, ma da quelle piccole in basso, ove le risorse naturali erano povere e la carestia era sempre vicina.88

Lynch con questi esempi fa notare che la necessità di muoversi induce anche all’abitudine di farlo, e all’acquisizione dunque di strategie di orientamento estremamente forti e personalizzate. Per quanto ammire- voli e sorprendenti siano le capacità di navigazione di queste popolazio- ni, esse non prescindono dall’uso di riferimenti spaziali, sebbene questi possano non dare alcuna informazione di rilievo a chi non è abituato a utilizzarli. Paesaggi indefiniti e privi di riferimenti spaziali generano, infatti, disorientamento anche alle guide più esperte:

Strehlow (1907-1920) narra d’aver vagato per ore nella macchia mul- ga australiana con un indigeno esperto, il quale ripetutamente si

86. Ibidem pp. 139-140 87. Ibidem p.142 88. Ibidem

rozzi e limitati dei rapporti di relazione […].84

Nel caso di A. questo tipo di esperienze sono d’importanza vitale per il mantenimento di un rapporto significativo con l’ambiente circostante.

In primo luogo è necessario chiarire che cosa s’intende con il ter- mine “riferimenti”. K. Lynch (1960), infatti, lo utilizzava per indicare uno dei cinque tipi di elementi in cui ha classificato i contenuti, riferibili alle forme fisiche, delle immagini urbane (percorsi, nodi, quartieri, margini, riferimenti). Con questo termine Lynch voleva indicare gli elementi pun- tiformi, non attraversabili fisicamente dall’osservatore, generalmente co- stituiti da un oggetto fisico piuttosto definito: edificio, insegna, negozio, o montagna.

Negli studi sulla formazione della conoscenza spaziale e sull’o- rientamento topografico viene invece utilizzato il termine “Landmark” (ri- ferimento) per indicare i riferimenti spaziali in senso generale. Secondo quest’accezione, un Landmark può quindi essere un nodo, un percorso, un quartiere etc. e le sue caratteristiche possono essere influenzate da fattori di natura sociale, oltre che fisica.

In questo lavoro ci si avvale del significato più esteso conferito al termine Landmark/riferimento. I due elementi base che concorrono a de- finire le strategie di orientamento percettivo spontaneo sono costituiti dai Landmark (o riferimenti ambientali) e dalle azioni motorie (reali o simu- late) necessarie per lo spostamento da un punto a un altro dello spazio urbano. L’obiettivo è, infatti, costruire un modello spaziale le cui caratteri- stiche fisiche e sociali dell’ambiente consentano ad A. di muoversi nella città e di ritornare a casa agevolmente e senza perdersi.

I riferimenti ambientali costituiscono i punti di ancoraggio degli spostamenti, a qualunque sistema essi appartengano. Non c’è, infatti, un solo sistema di riferimento per l’organizzazione delle immagini spa- ziali, ma esso “può essere […] astratto e generalizzato, a volte esplicito, a volte invece costituito dalla consuetudine di riferirsi alle località e alle relazioni di elementi85”. E nessun sistema di riferimento può prescindere

dalle abitudini e dalle abilità specifiche sviluppate da chi lo utilizza. Tra i vari tipi di sistemi di riferimento riportati da Lynch, sono particolarmente interessanti quello

di una famosa guida araba nel Sahara, che era in grado di seguire la più debole traccia, e per la quale il deserto intero era una trama di sentieri. In un’occasione (tale guida) seguì instancabilmente le con-

84. Hall E. T. 1966, The Hidden Dimension [trad. it. La dimensione nascosta, Milano,

Bompiani, 1999], pp. 233-234

85. Lynch K. 1960, The Image of the City, Cambridge MA, MIT Press [trad. it. L’immagine

della città, Venezia, Marsilio, 2006] p.137

Alcuni di essi sono suscettibili di modifiche da parte dell’architetto e dell’urbanista, sia attraverso interventi progettuali nello spazio costruito (ad esempio si possono migliorare la distinguibilità e la leggibilità spa- ziale attraverso piani dell’arredo, della vegetazione, del trattamento delle superfici orizzontali e verticali etc.), sia attraverso politiche urbane che incoraggino determinati usi dello spazio piuttosto che altri (ad esempio si può aumentare la sicurezza urbana nello spazio pubblico della strada favorendo l’inserimento di attività commerciali che abbiano un rapporto diretto con il fronte strada, come ad esempio le edicole, i bar, i negozi di quartiere etc.).

I riferimenti ambientali assumono un’importanza centrale per l’orienta- mento di A. in quanto, oltre a fungere da elemento di riconoscimento lungo un percorso, lo invitano a compiere alcune azioni, fungendo da vero e proprio stimolo, cioè

un complesso di accadimenti sensori che provocano una certa risposta. Questa risposta può essere immediata (una luce mi ab- baglia, chiudo gli occhi; lo stimolo sensorio non si è ancora risolto in percezione, non riguarda quindi neppure la mia intelligenza, ma ha generato una risposta motoria) o può essere mediata (vedo una macchina che arriva a grande velocità e mi faccio da parte).90

I riferimenti utili per un orientamento percettivo spontaneo au- mentano di efficacia quando generano stimoli a cui segue una risposta immediata e non richiedono il passaggio a un processo intellettivo di interpretazione dei segni.

A questo proposito viene naturale chiedersi se ci siano, o meno, ele- menti dello spazio costruito le cui qualità siano in grado di farne coglie- re simultaneamente il significato, e quindi di rendere l’elemento stesso comprensibile e distinguibile in maniera immediata rispetto al contesto. L’esistenza di queste qualità si rivelerebbe estremamente utile nel caso di A., che può in una certa misura essere visto come il caso di chi si muo- ve in un ambiente del tutto nuovo e ignoto. E ancora, se queste qualità appartenessero a elementi “privilegiati” dell’ambiente, e quindi, ad esem- pio, a quelli che si possono considerare i “fondamentali della città”, esse potrebbero non solo innalzare il livello di identificabilità, ma anche quello di familiarità, e quindi, il senso del luogo. In altre parole, se l’edificio che ospita la funzione “chiesa”, ad esempio, ripropone un modello già codi- ficato e acquisito nel corso dei secoli in un certo contesto sociocultura- le, indipendentemente dal linguaggio utilizzato, non solo si renderebbe distinguibile in quanto tale rispetto al contesto, ma anche rafforzerebbe il senso di appartenenza al luogo, essendo la chiesa uno degli elementi cardine della città, oltre che espressione di una cultura millenaria.

In questo senso si può parlare dell’influenza che il modello eser- cita nella costruzione di un codice condiviso da una data cultura e nel

90. Eco U. 1968, La struttura assente, Milano, Bompiani, ed. 2004, p. 194

arrampicò sugli alberi nel tentativo di dedurre la sua ubicazione da riferimenti lontani.89

I riferimenti ambientali, pertanto, sono una condizione imprescin- dibile per definire strategie di orientamento, di qualunque tipo esse siano. Nel caso di A., che come si visto è reso ulteriormente complesso da un funzionamento molto ridotto delle capacità cognitive del linguag- gio, del calcolo e, soprattutto, della memoria, i riferimenti ambientali, oltre a dover essere necessariamente presenti, devono anche essere partico- larmente evidenti e riconoscibili e rispondere a criteri di leggibilità, fami- liarità e singolarità [Burton et al. 2006].

I riferimenti dell’ambiente urbano possono avere qualità di rilie- vo “fisiche” e/o “sociali”, ovvero assumere una certa rilevanza/carattere/ singolarità, rispetto a un dato contesto, che può essere di natura non solo fisica ma anche sociale. Queste qualità possono a loro volta essere intrinseche o estrinseche, cioè appartenere al riferimento in senso stretto oppure manifestarsi in seguito alla relazione con altri elementi del conte- sto. Tra le qualità di natura strettamente fisica, possono essere conside- rate, ad esempio, la forma, il materiale, il peso, la dimensione, la struttura, la collocazione, la superficie etc.; tra quelle di natura strettamente socia- le, l’età, la condizione economica, la cultura, l’etnia di appartenenza, la professione etc.

Le qualità, sia fisiche che sociali, si relazionano con il tempo, e possono quindi avere una natura statica, nel senso che permangono per un tempo lungo, come ad esempio una montagna, un monumento, un ospedale, una scuola etc.; oppure una natura dinamica, nel senso che sono soggette a cambiamenti o spostamenti repentini, come ad esem- pio la luce solare (che non dipende solo dalla latitudine ma anche dalla rotazione della terra), la temperatura (che dipende anche dalle condi- zioni ambientali e dal momento della giornata), la vegetazione (che a seconda delle latitudini e soggetta alle variazioni climatiche), le attività commerciali (che sono legate all’andamento del mercato), le installazioni e le performance artistiche (che sono spesso temporanee), i flussi e le aggregazioni di persone (che dipendono, oltre che dalla collocazione dei servizi, anche dal loro funzionamento durante l’arco della giornata) etc.

La differente natura delle loro qualità e la relazione tra esse per- mette di distinguere i riferimenti in effimeri e non effimeri, ovvero in ele- menti su cui si può fare affidamento solo per un certo periodo o solo in qualche ora della giornata e in alcune condizioni (ad esempio i lavori di ristrutturazione o di costruzione di un edificio o di un’infrastruttura, l’espo- sizione artistica temporanea in una piazza o in una strada, il flusso di per- sone nelle fermate dei mezzi di trasporto pubblico, nelle strade commer- ciali, nei mercati etc.) e in elementi che sono sempre a disposizione (ad esempio gli edifici, l’arredo urbano, la vegetazione, le infrastrutture etc.).

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ambiente e la loro qualità in termini di familiarità, singolarità e leggibilità, ma altrettanto importante è il ruolo che la forma esercita sull’efficacia di questa qualità. In altre parole, quanto più un edificio ha caratteristiche formali riconducibili a quelle del suo tipo originario, tanto più sarà sempli- ce riconoscerne la funzione.

Questi elementi, insieme all’adozione di una prospettiva egocen- trica durante la “navigazione” nello spazio urbano, costituiscono i pre- supposti su cui si basa l’orientamento che è stato definito “percettivo spontaneo”.

I ragionamenti che seguiranno, come già anticipato all’apertura di questo capitolo sull’orientamento topografico, sono stati sviluppati pren- dendo in considerazione l’area urbana dell’Ensanche di Barcellona. Il suo layout a griglia ortogonale regolare, con blocchi quadrati di 113 x 113 m separati da strade di 20 m, costituisce, infatti, un elemento di mas- sima complessità per l’orientamento percettivo spontaneo che, come già detto, si basa, tra le altre cose, sulla singolarità dei riferimenti ambientali e non sulla ripetizione costante e sull’uniformità degli elementi architet- tonici e urbani.

Si potrebbe obiettare che anche un layout a struttura “labirintica”, quale è quello, ad esempio, delle città islamiche o di alcune città medie- vali particolarmente complesse come Venezia93, rappresenti un ambiente

di grande complessità per l’orientamento di A. Contrariamente a quanto accade in un sistema di assi ortogonali, infatti, all’interno di una matrice intricata le direzioni e i versi delle singole strade sono numerosissimi e cambiano continuamente, producendo un effetto di spaesamento altret- tanto problematico. Senza voler ridurre la complessità che questi spazi mostrano nell’ambito del tema considerato, e senza quindi escludere che sarebbe opportuno condurvi un’analisi specifica, la ragione per cui è sta- ta data priorità a uno studio sull’area urbana dell’Ensanche di Barcellona risiede nel fatto che, diversamente da quelli, quest’ultima non offre un’e-

93. Interessante il modo in cui si apre una piacevole e curiosa guida su Venezia, che sug-

gerisce al lettore un percorso a caso e senza meta. “Dove stai andando? Butta via la cartina! Perché vuoi sapere a tutti i costi dove ti trovi in questo momento? D’accordo: in tutte le città, nei centri commerciali, alle fermate degli autobus o della metropolitana sei abituata a farti prendere per mano dalla segnaletica; […]. Anche a Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai molti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: Alla Ferrovia, Per san Marco, All’Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure.

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