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Strade divise o strade condivise?sive o di gradini che rendono difficoltoso il movimento e/o l’utilizzo del

carrellino per la spesa, all’intensità e alla velocità del traffico, che pur non essendo caratteristiche fisiche intrinseche dello spazio, sono da queste determinate e/o favorite. Ad esempio, la dimensione della sezione della carreggiata influisce sulla velocità dei veicoli14.

Inoltre, l’assenza o la bassa qualità delle aree destinate ai pedoni può essere fonte di pericolo; queste aree talvolta hanno, infatti, dimen- sioni eccessivamente ridotte e dislivelli di circa 15/16 cm (l’altezza di un gradino), che costringono il pedone a camminare quasi strisciando sulla parete degli edifici accanto oppure con un piede sopra il marciapiede e l’altro sotto. In questi casi si preferisce spesso camminare direttamente sulla strada perché ci si sente più sicuri. L’ampiezza delle aree pedonali, al pari di quella delle aree veicolari, determina il flusso e la velocità del traffico. Anche un intenso e rapido movimento di persone può rappresen- tare un elemento di pericolo per chi ha ridotta mobilità o altri deficit legati al processo di invecchiamento.

Agli ostacoli di natura fisica che influiscono in maniera diretta sulla capacità di movimento o che aumentano il rischio di cadute e/o di urti tra l’utente debole e altri oggetti o persone, si aggiungono gli elementi che costituiscono invece una barriera sensoriale. Ad esempio, l’utilizzo di materiali eccessivamente riflettenti nella pavimentazione o nelle superfici murarie può causare abbagliamento; l’assenza di segnali acustici ade- guati nelle aree di sosta e d’intersezione di differenti tipologie di traffico può costituire un pericolo nel caso di persone ipovedenti o non vedenti; la mancanza di indicazioni adeguate circa la segnaletica e la leggibilità dello spazio può essere causa di disorientamento e alienazione spaziale.

Al fine di superare i rischi di natura fisica un requisito chiave che deve essere soddisfatto è quello dell’accessibilità.

L’accessibilità si riferisce alla misura in cui lo spazio costruito consente alle persone di camminare, raggiungere, entrare e utilizzare i luoghi di cui hanno bisogno o che desiderano visitare, indipendentemente da qual- siasi disabilità fisica, sensoriale o mentale. Gli spazi accessibili hanno servizi e strutture locali, sono collegati tra loro, hanno marciapiedi ampi e con pendenze minime e attraversamenti pedonali segnalati e controllati a livello del suolo [Burton et al. 2006].

Parlare di accessibilità come strumento per migliorare la sicu-

14. Ad esempio, una strada adibita al traffico veicolare (autocarro + automobile) con una

velocità massima consentita di 50 km/h ha una sezione stradale di 5.50 metri. La stessa strada, ma con una velocità massima consentita £ 40 km/h ha una sezione stradale di 5.75 metri. Neufert E., 1996, Bauentwurfslehre, Braunschweig/Wiesbaden, Vieweg &Sohn Verlagsgesellschaft mbH; ed. it. a cura di Baglioni A. e Gottfried A., 1999, Enciclopedia pratica per progettare e costruire. VIII edizione, Milano, Hoepli, pag. 251

7.1.1 Migliorare la sicurezza al livello fisico: accessibilità

e strategie di progetto

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Sicurezza Inclusività Orientamento topografico

Vitaincittàdia.

rischio non si possa opporre un comportamento imprudente per il fatto di averne respinto la percezione e mette in evidenza come tale sistema di strade condiviso possa andare bene solo in contesti in cui i flussi sia- no di per sé già contenuti. A dimostrazione di questo porta l’esempio di numerosi movimenti di protesta a opera di associazioni di ciechi che in Inghilterra si stanno battendo per mantenere cordoli e marciapiedi, i quali rappresentano attualmente una guida naturale per il loro orientamento e movimento in città.

Il caso delle strade condivise dimostra che l’eliminazione di ogni vincolo e delle barriere di separazione presenti nella strada può diven- tare un eccesso di sicurezza che produce l’effetto opposto, ovvero può innescare una sensazione di assenza di rischio tale da far abbassare completamente la guardia contro i possibili pericoli. Viceversa, la com- presenza, in una stessa area urbana, di livelli e flussi di traffico molto differenti, separati però da limiti di demarcazione troppo rigidi, può costi- tuire un elemento di pericolo qualora, per distrazione o per incapacità di decodificare la segnaletica, si invada lo spazio di pertinenza di un flusso veicolare diverso dal proprio. Ad esempio, il pedone cammina distratta- mente sulla pista dedicata all’uso esclusivo del ciclista che, consapevole di questo, se esclude completamente la possibilità di un’invasione della propria area e non limita la velocità, rischia più facilmente di travolgerlo.

In altre parole, la presenza di limiti troppo rigidi, che impone il divieto assoluto di compiere determinate azioni incoraggia, al pari della totale assenza di vincoli delle strade condivise, comportamenti impru- denti, perché induce le persone a escludere completamente l’imprevisto. Ad esempio, in un incrocio tra due strade a senso unico, l’autista fermo allo stop potrebbe escludere la possibilità che un’auto, una moto, una bicicletta (ma anche un pedone) etc., possano aver imbucato l’altra stra- da contromano e potrebbe, quindi, controllare soltanto il lato del senso di marcia corretto e non l’altro (sul quale però potrebbe trovarsi, anche non contromano nel caso del pedone, un’altra persona in procinto di at- traversare l’incrocio). Questi esempi dimostrano, oltre alle conseguenze che vincoli troppo rigidi o totalmente assenti possono comportare, anche un altro aspetto, sul quale si ritornerà quando verrà affrontata la cate- goria progettuale dell’orientamento topografico: la segnaletica non può sostituire una corretta progettazione e configurazione dello spazio, né è in grado di sopperire completamente a errori di questo tipo. In auto, ad esempio, mentre può capitare facilmente di non vedere, di non leggere o di non comprendere un’indicazione stradale (per distrazione, perché non si comprende la lingua di un altro paese o perché si è persa, ad esempio, la capacità di interpretare i simboli), è molto più difficile imbucare una strada troppo stretta rispetto alle dimensioni del mezzo, o entrare in un varco tra gli edifici in cui sia situata una scalinata e non una strada o un piano inclinato.

Un’altra criticità della mobilità pedonale che incide sulla sicurezza fisica, sempre individuata nell’ambito della ricerca PROMPT, riguarda la mente trattate nell’ambito delle normative specifiche16, ci sono quelle le-

gate alla definizione degli spazi dedicati ai diversi flussi di traffico. Riguardo l’interferenza del traffico pedonale con quelle dei veicoli motorizzati, il gruppo di ricerca PROMPT sopra menzionato propone una diversa intensità delle aree urbane destinate al traffico veicolare. In par- ticolare alcune aree della città, come quelle residenziali, dovrebbero es- sere escluse al traffico veicolare17, mentre altre, come quelle in cui sono

presenti scuole o altri servizi pubblici frequentati da bambini e persone maggiormente esposte ai rischi, dovrebbero avere un traffico veicolare molto basso. In generale il traffico di attraversamento della città dovreb- be essere ridotto, introducendo l’uso di pedaggi all’ingresso della città, limitando la possibilità di soste in determinate aree urbane e introducen- do zone a traffico misto in cui la priorità sia data ai pedoni.

Un’altra soluzione, molto dibattuta, in risposta a questa problema- tica è quella delle strade condivise18, in cui non ci sono marciapiedi né

cordoli né carreggiate ma solo uno spazio aperto dove traffico pedonale e veicolare convivono partendo da una semplice premessa: l’attenzione e la priorità al più debole. Così pedoni, biciclette, automobili e autobus circolano più lentamente, cedendosi lo spazio condiviso in un ordine (o caos) autogestito; non vi sono strisce pedonali né semafori, solamente il traffico attento e rispettoso di tutti coloro che condividono la strada. Sia gli automobilisti che i pedoni si comportano con più cautela quando si sentono vulnerabili, come nel caso di uno spazio senza barriere di sepa- razione. Fernando Alonso López (2013) scrive che il concetto delle strade condivise si basa sull’effetto Peltzman, secondo cui le persone tendono a regolare il loro comportamento in base al livello di rischio percepito e che questo può essere constatato in città che hanno promosso la mobili- tà con l’auto privata: nelle strade in cui è migliorata la sensazione di sepa- razione attraverso cordoli, recinzioni o tunnel gli automobilisti diventano più impazienti e aggressivi con i pedoni e tendono a muoversi più velo- cemente. Ma, scrive ancora López, questo effetto ne ricorda anche un altro proveniente dal campo della psicologia e denominato “dissonanza cognitiva”, che indica la tendenza a ignorare o evitare l’informazione che mostra l’esistenza di discrepanza tra ciò che è previsto o desiderato e la realtà. In questo modo un individuo può adottare comportamenti rischio- si (non indossare dispositivi di sicurezza in ambienti di lavoro pericolosi, per esempio), sulla base di un’autoconvinzione di sicurezza.

López si chiede se a un comportamento attento conseguente al

16. Per ciò che riguarda la normativa italiana in materia di abbattimento delle barriere

architettoniche, si vedano i seguenti riferimenti normativi: Legge 13/89; D.M.236/89; Legge 104/92; DPR 503/1996; DPR 380/2001 (Artt. 77-82)

17. Sull’eliminazione totale dei veicoli dalla strada bisogna fare attenzione, in quanto,

come dice Jacobs (1961), la loro assenza può essere la causa di spazi deserti durante la notte, con una conseguente riduzione della sicurezza urbana.

18. L’idea delle strade condivise nasce in Olanda negli anni ’90, incentivata dall’inge-

meno della gentrification19 porta i precedenti residenti, tra cui anche le

persone anziane, alla perdita di familiarità dei luoghi dovuta al trasferi- mento in altre aree urbane. Inoltre la gentrificazione trasforma i centri sto- rici in luoghi (o non-luoghi?!) attrattivi destinati esclusivamente al turismo, in cui gli spazi adibiti alla residenza diminuiscono a vantaggio di quelli destinati alle attività commerciali. Tali spazi, proprio in conseguenza del fatto che non sono presidiati costantemente da persone che li sentono come propri, sono, in determinate fasce orarie in cui le attività commer- ciali sono chiuse, luoghi in cui crescono i rischi reali legati alla criminalità.

Un altro aspetto che riguarda le modificazioni dello spazio ester- no e che interessa tanto i centri storici quanto le aree di espansione residenziale è legato alla diffusione dei centri commerciali, che vanno sostituendosi ai piccoli negozi di quartiere. In questo caso, contrariamen- te a quanto avviene con la gentrificazione, le aree urbane interessate perdono qualità e valore, diventando luoghi esclusivamente destinati alla residenza (aree dormitorio).

Jane Jacobs (1961) e Jan Gehl (1971) hanno scritto molto sull’as- senza delle attività commerciali che presidiano e rendono vitali gli spazi urbani esterni, e anche Stipo, uno studio di architettura olandese, par- lando di Eye Level Space, mette in evidenza le qualità ambientali che assumono gli spazi urbani esterni in presenza di negozi e altre attività commerciali. Non solo esse costituiscono una ragione di attrazione delle persone, contribuendo a rendere vitale lo spazio di strade e piazze, ma fungono anche da presidio di controllo sul territorio e costituiscono un punto di riferimento per chi si muove nella città [Jacobs J. 1961; Gehl J. 1971; AA.VV. 2010; Glaser et al. 2012].

Al fine di ridurre gli elementi che minano la sicurezza percepita, un requisito è costituito dal comfort ambientale. Per comfort si intende lo stato fisico e mentale di benessere ottenuto dallo stare, vedere, sentire o muoversi in un dato luogo. Spazi confortevoli sono luoghi tranquilli, in cui le persone si sentono bene accolte e in cui sono presenti strutture e servizi adatti anche a chi ha disabilità temporanea o permanente. In particolare la sensazione di benessere data da un determinato spazio è generata soprattutto dalla sua capacità di far sentire le persone a proprio agio grazie alla familiarità e alla riconoscibilità dei propri elementi e delle dinamiche che in esso hanno luogo.

I disagi psicologici indotti dall’ambiente circostante, pur non rap- presentando un pericolo reale nel senso stretto del termine, sono deter-

19. La gentrification consiste nel cambiamento socio-culturale di un’area a opera di una

classe medio-alta. Essa porta come conseguenze l’innalzamento dei prezzi degli affitti e di acquisto degli immobili e quindi l’esclusione delle fasce di popolazione meno abbienti, tra cui spesso immi- grati, giovani coppie o persone anziane.

7.2.1 Migliorare la sicurezza al livello psicologico: comfort

e strategie di progetto

mancanza di spazi attrezzati e di servizi. A tale proposito sono suggerite azioni che mirano all’attuazione di politiche di localizzazione di servizi, attività commerciali e attrezzature, la cui distanza gli uni dagli altri sia suf- ficientemente calibrata in base alle capacità di spostamento dei vari attori urbani e la cui presenza riguardi anche le aree periferiche e non solo quelle centrali; e alla concezione dello spazio pubblico come “salotto” urbano, ovvero con pavimentazioni appropriate di alta qualità, protezione dagli agenti atmosferici, arredo e illuminazione appropriati.

Quando si parla di sicurezza in termini di “riduzione della sensa- zione di disagio e malessere psicologico” ci si riferisce al modo in cui gli elementi ambientali, sia fisici che sociali, vengono percepiti da parte di chi osserva e si muove nello spazio urbano. In questo caso la rottura dei codici tradizionali di comportamento civile o di cura e decoro del- lo spazio possono causare sensazioni di disagio psicologico. Anche la consapevolezza della propria fragilità può far aumentare la percezione dei pericoli e il senso d’insicurezza.

Elementi che possono indurre le persone a sentirsi insicure in un dato ambiente sono lo squallore urbano, l’assenza di qualità architetto- nica e spaziale, l’incuria, l’abbandono, la sporcizia, il degrado, la ridotta illuminazione e l’assenza di vita nelle strade, nei quartieri e negli spazi pubblici [Gehl 1971, 2010; Glaser M. et al. 2012; Jacobs 1961]. Le interfe- renze di differenti traffici e flussi male organizzati e distribuiti, la ridondan- za di elementi informativi, segnali, insegne etc. suscitano sensazioni di spaesamento e riducono la capacità di controllare e comprendere l’am- biente circostante. Anche la scarsità di elementi di riferimento, di segnali, di indicazioni, di definizione dei percorsi, delle funzioni degli edifici, degli accessi e dei collegamenti favoriscono il disorientamento spaziale au- mentando sensazioni di panico, di smarrimento e di ansia.

Tra i fattori di maggior disturbo per la popolazione anziana e con demenza c’è la modificazione rapida e frequente delle caratteristiche ambientali dello spazio esterno e la conseguente perdita di familiarità e di riconoscibilità: strade che cambiano nome, edifici storici che ven- gono abbattuti per essere sostituiti da architetture con linguaggi spesso incomprensibili, attività commerciali che chiudono, cambiano collocazio- ne o genere, spazi che vengono abbandonati e lasciati in condizioni di degrado e di incuria.

L’abbandono delle residenze di alcuni centri storici, dovuto a ra- gioni di inadattabilità alle nuove esigenze, di insalubrità oppure al feno-

7.2

Sicurezza come riduzione della sensazione di

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