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Jane Jacobs e i marciapiedi, l’occhio sulla strada e l’identificazione dei cittadini con il proprio territorio

che sulla sicurezza, come scrive Cardia (2005)22, hanno tre grandi orien-

tamenti:

1. il controllo attraverso gli strumenti della legge e della polizia; 2. la prevenzione del crimine attraverso misure sociali come la ridu-

zione del degrado e della miseria e l’abbassamento dei casi di recidiva;

3. la prevenzione ambientale23, che si focalizza sul crimine e sulle

vittime e mette in moto metodi di dissuasione che intervengono sull’atto criminoso prima che questo possa prodursi.

Mentre riguardo il primo e il secondo orientamento delle politiche urbane sulla sicurezza gli attori coinvolti sono le forze dell’ordine e i servizi socia- li, relativamente al terzo sono invece un insieme eterogeneo di figure che collaborano per definire i criteri di sicurezza ambientale e per renderla una realtà concreta. Essi sono medici, criminologici, psicologi, sociologi, urbanisti, architetti, politici, cittadini etc. che insieme contribuiscono alla definizione e alla creazione di spazi più sicuri.

Questo terzo orientamento, ovvero la prevenzione ambientale, ha dato origine a tre tipi di azioni e di politiche: Ccp (community crime

prevention); Cp (community policing); Cpted (crime prevention through environmental design). La Community crime prevention (Ccp), prevede la

mobilitazione della comunità per la prevenzione del crimine e ha le sue origini nella Scuola di Chicago; la Community policing (Cp) mira ad avere una polizia più attenta non solo ai problemi di repressione ma anche e soprattutto a quelli di prevenzione, e fu il governo Kennedy a metterla in atto per primo; la Crime prevention through environmental design (Cpted) indica invece l’organizzazione degli spazi come deterrente al riprodursi del crimine mettendo in relazione lo spazio fisico con la sicurezza [Cardia 2005].

In riferimento ai rischi di natura sociale, ovvero ad azioni di violen- za e criminalità che possono ledere lo stato fisico o psichico di una per- sona, lo strumento di cui anche la Cpted (Crime prevention through en-

vironmental design) si avvale è quello del controllo sociale dello spazio.

La figura che ha prestato grandissima attenzione al problema della si- curezza urbana in riferimento alla paura di essere vittima di attacchi cri- minali è l’antropologa e attivista statunitense Jane Jacobs, che ha indi- viduato due concetti chiave: l’occhio sulla strada e l’identificazione dei

22. Cardia C. 2005, “Urbanistica per la sicurezza”, Territorio, 32, p. 105

23. Si tratta del filone criminologico dell’Environmental Criminology, i cui riferimen-

ti riferimenti teorici sono le Opportunity Theories, le Routine Activity Theories, la Situational Crime

Prevention. Queste teorie sostengono che le motivazioni dell’atto criminoso non dipendono solo

dall’ambiente interno (internal environment) di chi lo compie, quindi problemi sociali o mentali, ma anche dall’ambiente esterno (external environment) e dalle opportunità che questo offre.

7.3.1 Migliorare la sicurezza al livello sociale: controllo sociale

e strategie di progetto

laddove non sono presenti attività o servizi di uso comune, gli attraver- samenti della strada sono molto minori, e persino la presenza di persone sedute decresceva. Nello spazio urbano, secondo Jacobs,

persino gli studenti schivano la solitudine, e preferiscono oziare, studiare o guardare chi passa standosene seduti nei luoghi in cui passano altre persone.28

Un altro aspetto importante che Jacobs fa notare, riguardo l’os- servazione della strada da parte dei residenti e il contributo che questa offre alla sicurezza, è dato dalla possibilità di ricevere informazioni, av- vertimenti, indicazioni senza aver bisogno di chiederle. A questo propo- sito riporta l’esempio di una volta in cui stava aspettando un autobus in una delle strade “animate e ben sorvegliate” nel Lower East Side di Manhattan. Dopo pochi minuti che si trovava lì, una signora affacciata alla finestra del terzo piano di una casa la avvisava, spontaneamente, che quel giorno l’autobus si sarebbe fermato da un’altra parte.

Questo esempio è particolarmente interessante nel caso specifi- co in cui si pensi al progetto della città in relazione alle condizioni di A. Al pari di una persona estranea a un dato contesto urbano, ad esempio un turista, A. può trovarsi spaesato e non avere coscienza, esattamente, di dove si trovi o di dove voglia andare. La presenza di chi ha un perfetto controllo della propria strada e conosce le dinamiche e le persone che la attraversano, può contribuire ad attenuare gli eventuali pericoli cui rischia di andare incontro chi non ha una totale consapevolezza dell’ambiente in cui si trova.

Jacobs fa anche una descrizione del tipo di persone che sorve- gliano, in modo naturale, la propria strada. Non è, infatti, sufficiente che essi siano coloro che vi abitano, e anche tra questi, non basta che lo facciano sporadicamente o solo nelle fasce orarie notturne.

Il controllo maggiore è, infatti, esercitato da chi trascorre molto del suo tempo in quella determinata area, per ragioni lavorative o meno, ed è importante che si tratti di una presenza costante e ben distribuita nelle varie fasce orarie della giornata. Anche la presenza massiccia degli estranei può, secondo Jacobs, contribuire a migliorare il livello di sicurez- za della strada. Infatti, se esiste un elemento attrattore capace di richia- mare anche chi non è un frequentatore abituale o un residente di quella strada, il numero di osservatori “temporanei” aumenta. La frequenza con cui un abitante della strada la osserva e la controlla fa pensare che, salvo il caso in cui non eserciti la propria attività lavorativa in quel dato luogo e all’interno di uno spazio da cui gli è possibile osservare la strada, egli abbia molto tempo libero da trascorrere affacciato alla finestra, seduto sulla soglia della porta di casa o in una panchina in cui è solito incontrarsi con altri.

28. Jacobs J. 1961, The death and life of great American cities, Random House, New York

[tr. It. Vita e morte delle grandi città. Saggio sulla metropoli americana; Comunità, Milano], p. 34 di quell’area; dall’altro quello dei passanti stessi, che per il semplice fatto

di “passare” inibiscono la possibilità di azione di malviventi e aggressori. Non c’è bisogno di molti casi di violenza in una strada o in un quar- tiere perché la gente cominci a temere di andare in giro; e una volta che ha cominciato ad aver paura, usa meno quelle strade, che di- ventano così ancor più malsicure.26

Secondo Jacobs, la sicurezza urbana non è garantita dalla pre- senza delle forze dell’ordine pubblico, ma piuttosto da una complessa e inconscia rete di controllo spontaneo e di norme accettate e fatte osser- vare dagli abitanti stessi.

Affinché una strada sia in grado di accogliere gli estranei e di approfittar- ne per accrescere la propria sicurezza, deve avere tre qualità principali (Jacobs 1961):

• la separazione netta tra spazi pubblici e privati;

• la sorveglianza costante di coloro che vi abitano e che si consi- derano, in qualche modo, i suoi proprietari naturali, resa possibile dalla collocazione degli affacci degli edifici sul fronte strada; • la frequentazione costante e continua dei marciapiedi, che rende

la strada animata, suscitando da un lato il controllo da parte delle persone che vi si muovono, dall’altro quello di chi vive su quella strada, che attratto dalla vitalità e dai movimenti che la animano, prova piacere a osservarla.

Condizione essenziale per attuare tale sorveglianza è la presenza di negozi e luoghi pubblici, specialmente quelli frequentati durante le ore notturne. Questi esercizi offrono ai residenti e agli estranei le motivazioni per percorrere e sostare nei marciapiedi su cui insistono. Attirano la gen- te a passare non solo perché interessata ad andare in un servizio specifi- co, ma anche perché le persone preferiscono muoversi in luoghi dove ce ne sono altre. Se le attività sono varie e diverse tra loro, contribuiscono alla formazione di una rete di percorsi che s’intersecano, e favoriscono gli scambi tra persone diverse – per classe sociale, interessi, abitudini, condizioni economiche etc. [Gehl 1971].

Chi lavora nei servizi collocati lungo una data strada, ha tutto l’in- teresse a mantenere l’ordine e la tranquillità, in quanto sono condizioni essenziali per la presenza delle persone, che ha la caratteristica di auto- alimentarsi: la gente viene dove altra gente sta.27

Sempre e dappertutto, dice Jacobs, appare evidente che la gente provi piacere per l’animazione e la vista degli altri. Riportando, infatti, l’esempio di alcune strade di New York, che a parità di condizioni fisi- che presentavano un diverso grado di frequentazione, Jacobs dice che

26. Ibidem, p. 28

27. Famoso proverbio scandinavo, Gehl J. (1971), Liven Mellet Husen, Denmark, Arki-

tektens Forlag, [2° ed. trad. it., a cura di Borghi, A., 2012, Vita in città, spazio urbano e relazioni sociali, Segrate (Milano), Maggioli Editore], p. 40

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Sicurezza Inclusività Orientamento topografico

Vitaincittàdia.

ristrutturata perde anche, necessariamente, la propria libertà.29

Da un punto di vista operativo sembra che per garantire la si- curezza in termini di assenza di rischio di subire maltrattamento fisico o psichico da parte di altre persone, senza per questo incorrere nella soluzione “segregante”, sia necessario creare le condizioni affinché gli abitanti di una città esercitino un naturale controllo sociale.

Gehl (2010) sostiene che se la vita urbana viene rivitalizzata al punto che molte più persone camminano e trascorrono il loro tempo ne- gli spazi comuni, in quasi tutti i casi sia la sicurezza reale che quella per- cepita crescono. Le aree urbane con funzioni miste forniscono un più alto numero di attività sia all’interno che in prossimità degli edifici. Un aspetto che fa notare Gehl è che nelle aree residenziali, anche quando la strada è deserta, le luci dalle finestre delle case mandano un segnale confortante della presenza di altre persone nelle vicinanze.

Il progetto dei piani terra degli edifici riveste un ruolo di primaria importanza nel potenziare la vita e la forza attrattiva dello spazio urbano. I piani terra sono, infatti, ciò che si vede quando si cammina tra gli edifici, ed è soprattutto da questo livello che le persone riescono a vedere cosa accade fuori dall’edificio e viceversa. Se sono accoglienti, permeabili e soprattutto popolati, i pedoni sono circondati da attività umane. Anche durante la notte, quando i pochi movimenti sono concentrati nei locali notturni, le persone si sentono rassicurate se vedono, ad esempio, le biciclette parcheggiate per strada, i giochi dei bambini dimenticati nei cortili delle case o altri dettagli che fanno percepire la presenza di una comunità stabile. Persino la luce che proviene dalle vetrine dei negozi, degli uffici e di altri servizi collocati sul fronte strada è un elemento che aumenta il senso di sicurezza nella strada. Confini morbidi segnalano alle persone che una città è ospitale.

Al contrario, le strade in cui manchino gli affacci sul fronte stra- da, in cui il piano terra degli edifici sia costituito da un fronte murato e continuo, privo di permeabilità, in cui le varie attività commerciali siano chiuse da serrande di ferro e non siano illuminate durante le ore notturne, produce un senso di rifiuto e di insicurezza.

Gehl suggerisce soluzioni di design ben precise per migliorare non solo la presenza dell’occhio sulla strada, ma anche per rendere quest’ultima più attrattiva, quindi più vitale e conseguentemente anche più sicura.

La vita nella e sulla strada, la presenza di funzioni miste e di aree con confini permeabili sono, secondo Gehl (2010), qualità chiave per buone città, anche in termini di sicurezza e protezione.

Gehl sottolinea anche l’importanza della configurazione del lay-

29. Ibidem, p. 46

Jan Gehl e la città ad altezza dell’occhio

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