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Mumford L 1956, “For Older People Not Segregation But Integration”, Architectural

Descrizione degli esempi progettuali scelt

19. Mumford L 1956, “For Older People Not Segregation But Integration”, Architectural

luogo alle proprie esigenze, allora è anche vero che sentirsi a proprio agio nei luoghi che si abitano è un bisogno fondamentale e che le città in cui si vive – in cui vivevano i residenti delle gated community per anziani – non sempre riescono a soddisfarlo.

L’auto-segregazione può essere interpretata come la fuga da una realtà che si rivela ostile alla vita di molti anziani, tanto sul piano sociale quanto su quello fisico. Se l’alternativa è, infatti, risiedere in un luogo in cui si è costretti a vivere in solitudine – perché la comunità esclude e l’a- bitazione, con l’uscita dei figli da casa (se erano presenti) si è trasformata in un nido vuoto; o condividere lo spazio privato con altri anziani – scono- sciuti e probabilmente in condizioni psico-fisiche peggiori delle proprie – trasferendosi in una residenza assistita; chi non sceglierebbe di abitare in un luogo in cui altre persone condividono gli stessi desideri e bisogni? In cui ognuno mantiene il proprio spazio privato e ha l’opportunità di mo- strarsi non nelle vesti di una persona fragile ma in quelle di una persona nel pieno delle proprie capacità? Ancora in grado di esercitare il proprio potere e di decidere consapevolmente sulla propria vita? Ancora libera di manifestare i propri interessi, di dedicarsi liberamente alle proprie passio- ni e perché no, anche di instaurare nuove relazioni sentimentali?

Le comunità private sembrano aver compreso a fondo non solo i desideri specifici dell’anziano, ma anche gli ostacoli che a tali desideri si oppongono nelle comunità integrate per età, in cui continuano a non mancare lo stigma e la discriminazione verso chi non rientra nei canoni di un ideale uomo standard, soggetto privilegiato delle città dell’ultimo secolo.

La residenza assistita progetta dagli architetti Francisco e Manuel Aires Mateus è situata nella periferia di Alcácer do Sal, un paese di circa 20.000 abitanti a 90 km a sud di Lisbona. È stata commissionata dalla Santa Casa da Misericordia, progettata nel biennio 2006-2007 e costrui- ta nel triennio successivo 2008-2010. La progettazione paesaggistica è stata eseguita dallo studio Luis Alçada Batista – ABAP. L’intervento con- siste nell’ampliamento e nella riqualificazione dell’esistente complesso residenziale per anziani di Santa Casa de la Misericordia. L’edificio ha una superficie coperta di 1.560 mq, una superficie costruita di 3.640 mq ed è collocato all’interno di un’area di 10.435 mq. Il costo di costruzione è stato di 3.5 milioni di euro.

Obiettivo prioritario dei progettisti era garantire ai residenti un rap- porto equilibrato tra vita comunitaria e privacy, al fine di permettere la massima libertà di scelta nell’interpretazione dei luoghi relazionali e abi- tativi in funzione del grado d’intimità desiderato. Da questo fondamento teorico trae origine la configurazione formale dell’edificio: un corpo di fabbrica, disposto al margine sud-est del lotto, si staglia come una linea spezzata lungo l’orografia del terreno, delimitando gli spazi aperti e de- finendo la rigorosa impostazione gerarchica dei luoghi pubblici e privati, sia esterni che interni.

È collocato nella parte orientale di Alcácer do Sal, in un’area pe- riferica della città, al confine con la campagna. La città e le sue aree principali si trovano complessivamente sul lato occidentale dell’edificio, mentre in quelli a nord e a sud si trovano quartieri prevalentemente resi- denziali.

Esternamente l’edificio racchiude a nord-ovest un’ampia corte centrale, che funge da nodo di connessione con le preesistenze ed è un riferimento indispensabile per la vita di relazione dell’intero complesso, e a sud-est, nell’area tra il fabbricato e il confine del lotto, piccoli giardini dal carattere più appartato. L’intero lotto su cui si sviluppa è cinto da una recinzione che impedisce una connessione diretta con lo spazio esterno. Sul lato a nord-ovest l’edificio confina con una scuola elementare, unica funzione di carattere non residenziale presente nelle sue immediate vici- nanze.

Lo spazio della corte rappresenta l’elemento primario di connes- sione tra gli ambienti privati interni e funge da spazio di relazione per le attività all’aperto e le passeggiate. Al suo interno è presente un unico per- corso pavimentato, che si articola secondo una linea spezzata seguendo il dislivello del terreno. Lungo il percorso sono presenti alcuni punti di so- sta e alberature per la creazione di punti d’ombra utili soprattutto durante il periodo estivo.

La struttura si compone di un corpo di fabbrica principale, di co- lore bianco e con una configurazione formale lineare, e di un corpo di

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Dal modello a isola al modello integrato LeformedeLL’abitaredia.

fabbrica secondario, di colore scuro, di forma rettangolare. L’edificio prin- cipale, sviluppato su tre piani fuori terra risalta per il colore chiaro in netto contrasto con il colore bruno della terra, e il suo aspetto ricorda quello di una scacchiera in cui la superficie bianca è perforata a intervalli dall’om- bra e dalle rientranze delle terrazze. L’elemento principale per l’organiz- zazione dello spazio interno è dettato dalla particolare forma dell’edificio stesso che, sviluppandosi secondo una linearità primaria, dà origine a un unico percorso lungo il quale si affacciano le stanze private degli ospi- ti della struttura. La composizione dei prospetti è caratterizzata da un design nitido ed essenziale: le aperture sul lato in cui si dispongono gli spazi abitativi sono ampie, mentre quelle sul lato opposto adiacente al percorso interno sono strette e strombate [Pagliari, 2011].

Il piano terra è interamente destinato agli spazi e ai servizi comu- ni, e si compone di un ingresso principale, di due grandi sale collettive, della cucina, del guardaroba e di altri servizi utili per attività di gruppo o incontri; il primo e il secondo piano sono invece interamente destinati alle camere private e hanno ciascuno piccole aree di relazione. L’ingresso all’edificio avviene su uno degli elementi della “scacchiera”, e non è par- ticolarmente riconoscibile e distinguibile rispetto alle altre aperture, cia- scuna delle quali è disegnata secondo linee precise e chiare. Le camere, trentotto in totale, prevalentemente doppie, sono dotate di servizi privati e di un balcone e hanno un design bianco, con pavimenti in materiale antibatterico di colore grigio chiaro. L’introspezione visiva dall’esterno è negata al fine massimizzare la privacy. L’illuminazione della camera, al pari di quella delle aree comuni, non è mai diretta, grazie all’arretratezza dell’infisso rispetto al piano di facciata e ai tagli e all’inclinazione delle superfici laterali delle aperture. I balconi rimangono all’interno del filo di facciata, dando origine a uno spazio a trapezio che si allunga e rastrema fino al corridoio. La parete vetrata è fonte di luce per il percorso distribu- tivo interno.

Tutto ciò genera un deciso contrasto tra pieni e vuoti e tra luci e ombre. Il profilo del complesso ai livelli superiori si sagoma sui volumi delle stanze separati dalle terrazze, in un andamento che la luce solare proietta a terra come l’ombra di una merlatura antica. I materiali utilizzati sono semplici e naturali, per assicurare la durabilità dell’opera e il comfort dei locali. La struttura è realizzata in calcestruzzo armato, le pareti interne in mattoni, poi intonacate e dipinte [Testoni, 2012]. La forma minimale dell’edificio crea un piacevole contrasto con l’ambiente naturale, più mor- bido, assumendo un aspetto pulito, chiaro e ordinato.

L’organizzazione dello spazio interno è dettata dalla struttura stessa dell’edificio che, come è stato già detto, si sviluppa lungo una linea spezzata che attraversa il lotto in senso trasversale. Gli interni, oltre a ricevere una luce solare indiretta attraverso le particolari aperture, ri- prendono la pulizia e il design minimale dell’esterno e sono caratterizzati da superfici lisce e bianche, sia orizzontali che verticali. Sul soffitto del percorso interno è collocata una luce lineare continua, che serve come

punto di riferimento durante la notte. Anche nelle camere la luce è posta lungo una linea continua al di sopra della testata dei letti. Ogni spigolo dei muri è rivestito da una superficie in metallo, fino a un’altezza di circa 90 cm dal pavimento. La presenza di tale rivestimento non è dovuta a questioni legate alla sicurezza e al rischio caduta dell’anziano, ma alla protezione del muro stesso da eventuali collisioni dovute alle manovre delle sedie a rotelle. Le pareti adiacenti alle aree di camminamento inter- no sono tutte dotate di corrimano continuo, necessario punto di appog- gio per le persone con ridotta capacità di movimento. Ogni stanza si pre- senta identica alle altre nella forma, nella tipologia e nella disposizione degli arredi. Gli elementi distintivi sono costituiti dai soli effetti personali e dalla presenza, sul lato adiacente la porta d’ingresso, di un portafoto con dentro una fototessera dell’ospite. Poiché l’edificio si articola lungo una linea spezzata, le aperture e l’orientamento delle singole camere non sono identiche, e il grado di luminosità all’interno di ciascuna di esse è variabile.

La porta d’ingresso all’edificio, che si apre liberamente dall’ester- no, rimane invece bloccata dall’interno, al fine di controllare le uscite ed evitare che gli ospiti con malattia di Alzheimer escano inavvertitamente dalla struttura (cosa che potrebbe comportargli il rischio di perdersi). Il colore delle superfici interne e degli infissi è prevalentemente il bianco, ma è anche presente un pannello giallo, aggiunto in una fase successiva a quella di progetto, sulla porta di un locale utilizzato per attività artistiche e ricreative, collocato nei piani delle camere. L’uso di questo diverso colo- re si è reso necessario, come spiegato dal medico che dirige la struttura, per permettere agli ospiti di distinguere quello spazio da quelli privati delle camere.

Nel complesso abitano nella residenza assistita di Alcàcer do Sal circa 75 anziani con ogni genere di problemi, 15 dei quali hanno la malat- tia di Alzheimer. La loro età oscilla tra i 75 e i 100 anni, e molti provengono da comunità diverse da quella di Alcácer do Sal, in quanto, ad esempio a Lisbona, i costi per la retta mensile sono molto più alti. L’organizzazione e il funzionamento della struttura sono in linea con quelli delle tradizionali case di riposo, in cui gli ospiti sono seguiti nell’assistenza medica, nella cura della persona e nell’erogazione dei pasti. Le attività di gruppo utili alla socializzazione e al mantenimento delle capacità residue hanno una frequenza piuttosto bassa, comprendono esclusivamente la pittura e il gioco e sono limitate ai residenti della struttura. Saltuariamente vengono organizzate attività congiunte con la scuola primaria limitrofa.

Gli ospiti trascorrono il tempo quasi interamente all’interno della struttura o nel giardino circostante, e possono recarsi all’esterno solo gli anziani che sono ancora autonomi. Non c’è, infatti, un sistema di tra- sporto pubblico che connette la struttura con il centro del paese, e non è stata avviata una costruzione di reti e sensibilizzazione della comunità che faciliti l’accessibilità urbana per questi anziani. All’esterno è presente un piccolo orto che può essere un elemento di stimolo per chi in passato

ha fatto il contadino, e alcune pecore con gli agnellini, a cui gli ospiti possono dare da mangiare. Gli anziani residenti trascorrono il tempo a giocare a carte o a domino, a fare passeggiate, a guardare la tv oppure partecipano ad attività organizzate. Le visite dei parenti e di chiunque voglia andare a fare compagnia ai residenti sono sempre possibili e bene accolte.

La struttura è di proprietà della chiesa ed è gestita dalla Santa Casa da Misericordia. Il costo della retta mensile è pari a circa 750 euro. A fronte di 75 ospiti, il personale che lavora nella residenza è compo- sto da oltre 100 persone20. Alcuni ospiti della struttura, ai quali è stato

possibile rivolgere delle domande, hanno detto che spesso nel weekend vanno a casa dai loro familiari e che sebbene stiano molto bene in questa residenza, la casa è sempre la casa, quella non si dimentica mai.

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La residenza assistita di Alcácer do Sal, che rappresenta il mo- dello “classico” e più tradizionale della casa di riposo per l’anziano, si distingue dalle altre per due ragioni principali: da un lato perché l’at- tenzione che i progettisti hanno posto nel disegno e nella realizzazione dell’edificio l’hanno resa uno dei capolavori dell’architettura per anziani degli ultimi tempi, tanto da essere recensito nelle principali riviste di ar- chitettura di tutto il mondo; dall’altro perché, pur essendo stata costruita in un momento in cui si discutono e si diffondono numerose politiche e programmi sull’invecchiamento attivo e in salute, sull’invecchiamento nella propria abitazione e sull’integrazione per età, ricalca un modello organizzativo e funzionale affatto innovativo.

Un progetto di cui si può sottolineare una non apparente con- traddizione: all’estrema cura delle forme, dei materiali, dell’organizzazio- ne degli spazi, della luce, della chiarezza e della pulizia dei volumi, non sembra corrispondere altrettanta attenzione per le esigenze specifiche dell’anziano con disabilità. Fatta eccezione per l’eliminazione delle bar- riere architettoniche, infatti, alcune soluzioni progettuali non solo non si adattano alle esigenze di A., ma addirittura rischiano di accentuarne i deficit: la ripetizione costante e l’uguaglianza delle stanze private, orga- nizzate e arredate sempre nello stesso modo, non favoriscono il ricono- scimento del proprio spazio personale, che è lasciato alla sola presenza degli effetti personali. Sebbene tale disattenzione possa essere giusti- ficata dal fatto che la struttura non nasce come residenza assistita per malati di Alzheimer, non si deve dimenticare che le esigenze di riconosci- bilità ambientale sono comuni a ciascuna persona e che i deficit cognitivi che possono produrre disorientamento spazio-temporale possono com- parire anche durante il normale processo di invecchiamento.

Anche l’utilizzo degli stessi colori per le superfici verticali e oriz-

20. 1 medico, 1 infermiera, 2 tirocinanti di scienze infermieristiche, 14 operatori per le

pulizie, oltre 33 assistenti, 11 persone tra cucina e lavanderia, 4 tecnici informatici, 2 manutentori, 1 giardiniere con due aiutanti e circa 8 amministrativi

zontali non contribuisce alla leggibilità dello spazio. Mentre rispetto al contesto circostante l’edificio è visibilmente distinguibile e facilmente ri- conoscibile e identificabile, non è altrettanto semplice notare le differenze tra gli spazi al suo interno, soprattutto per quanto riguarda il primo e il se- condo piano, riservati alle aree private. Oltre alla ripetizione delle stanze, che sono tutte uguali e hanno un elevato grado di somiglianza, anche la parete opposta si rivela ripetitiva per la presenza delle numerose apertu- re poste a distanze regolari. Nonostante l’effetto “corridoio” sia smorzato dalle diverse direzionalità che assume l’edificio lungo la sua estensio- ne, e dai diversi inquadramenti del paesaggio incorniciati dalle singole aperture, l’effetto ottenuto è simile a quello della gradazione, difficilmen- te percepibile in maniera puntuale. Pertanto, una persona che cammini lungo il corridoio, se non è in grado di cogliere le sfumature nell’intensità luminosa, nella rotazione del percorso e nella variazione del paesaggio esterno, ha la percezione di trovarsi sempre nello stesso punto.

Alle possibili difficoltà di tipo percettivo e psicologico che la costruzione e l’organizzazione dell’edificio possono comportare, si ag- giungono quelle di carattere sociale. La collocazione stessa dell’edificio, situato in un’area marginale rispetto al centro urbano e non servita da mezzi di trasporto pubblico, né ricca di attività ma dedicata all’uso quasi esclusivo della residenza, non favorisce lo sviluppo delle relazioni sociali e non stimola a mantenere uno stile di vita attivo, in quanto gli ospiti sono quasi costretti a trascorrere il tempo all’interno della struttura o al più nel giardino circostante. Giardino che, trattandosi di una costruzione molto recente, non ha ancora una vegetazione adeguata per le attività all’ester- no, e in cui i punti d’ombra sono quasi totalmente assenti. Manca ancora l’arredo esterno, e allo stato attuale c’è una sola area di sosta attrezzata. Le attività di gruppo e di stimolazione delle capacità residue non avven- gono con un’elevata frequenza e la maggior parte degli ospiti della strut- tura, soprattutto quelli che non sono completamente autonomi, trascorre buona parte del tempo seduta nella grande area comune a guardare la televisione o semplicemente il soffitto o il pavimento. Entrando in questo spazio, l’impressione che si ha è quella di trovarsi in una sala d’attesa, in cui ciascuno aspetta il proprio turno.

Bisogna però considerare che, diversamente da altre strutture, il costo della retta mensile è piuttosto basso e che per molte persone anziane, che non sono più in grado di muoversi né di interagire con gli altri, è già un grande passo avanti stare sedute piuttosto che a letto. Inol- tre, l’alta qualità dello spazio e della luce, sebbene non siano adatti alle esigenze di chi soffre di malattie come l’Alzheimer o ha un indebolimen- to cognitivo lieve – che come si è detto fa parte del normale processo d’invecchiamento del cervello – dovrebbero suscitare sensazioni positive in chi vi risiede. Diversamente da altre case di riposo per anziani o da istituti di cura e ambienti ospedalieri tradizionali, la residenza assistita di Alcácer do Sal ha una qualità architettonica elevatissima, che la rende un luogo in cui è piacevole stare. In particolare la luce solare e il modo in cui

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Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari Vita in città di A. L’abitare dell’anziano oltre una progettazione a isola: Sicurezza, Inclusività, Orientamento

Giuliana Frau tesi di dottorato in architettura e pianificazione Università degli Studi di Sassari

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Dal modello a isola al modello integrato LeformedeLL’abitaredia.

viene filtrata all’interno dell’edificio rappresentano un elemento essenzia- le per il benessere dell’anziano. Anche la possibilità di avere accesso a uno spazio esterno in cui è possibile passeggiare, prendersi cura delle piante e dare da mangiare agli agnellini, sono fattori che influiscono po- sitivamente sulla qualità della vita dei residenti.

Al di là delle questioni legate al design interno dell’edificio, la sua collocazione in un’area periferica e poco connessa con gli spazi della vita sociale e urbana è forse l’aspetto più problematico dell’intera struttura. Una residenza che si ponga come tale e non abbia la pretesa di riprodur- re l’ambiente di un quartiere dovrebbe, infatti, essere ben connessa con gli spazi urbani circostanti e permettere ai residenti di svolgere una vita attiva e dinamica, garantendo l’accesso agli spazi della città in cui si era soliti andare anche in precedenza. Se la città non può entrare all’interno della struttura, a maggior ragione i suoi ospiti devono potervi accedere.

Situato nel quartiere di Hogewey, a Weesp, nella periferia di Am- sterdam, “De Hogeweyk” è una struttura residenziale di cura per persone anziane con demenza, progettata sul modello del villaggio. Dista dieci minuti a piedi dal cuore del paese e si erge in mezzo a una quinta di al- beri che lo separa da casermoni “popolari” a otto piani, da una zona di piccole aziende, un campo sportivo e un terreno in cui dovrebbe sorgere un nuovo insediamento di villette. Il suo nome ufficiale è “Vivium zorggro- pe Hogewey”, anche se per i residenti è conosciuto come De Hogeweyk, perché “weyk” in olandese significa quartiere.

Il progetto è stato sviluppato dal gruppo MBVDA (Molenaar&Bol& VanDillenarchitecten), guidato dai progettisti Michael Bol, Frank Van Dil- len, Ivo van den Thillart, per commissione di Vivium Zorggroep (gruppo di cura Vivium, statale, offre servizi di assistenza domiciliare e gestisce undici strutture per anziani). Terminato nel 2009, si estende all’interno di un’area delimitata di 12.000 mq, in cui si articolano volumi e spazi aperti,

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