• Non ci sono risultati.

BREVI CONCLUSIONI IN TEMA DI INTERESSE PUBBLICO

3. I LIMITI E LA DEFINIZIONE DELL’ “INTERESSE PUBBLICO”, TRA ESG

3.1 BREVI CONCLUSIONI IN TEMA DI INTERESSE PUBBLICO

DOVERI FIDUCIARI

Possiamo allora trarre qualche conclusione quanto ai casi in cui l’esercizio dei diritti sociali da parte del gestore debba necessariamente prendere in considerazione un interesse pubblico ed esterno a quello dei beneficiari.

Non pare utile individuare in questo interesse pubblico quello al perseguimento di obiettivi di carattere etico o sociale sulla base di due motivi: è inefficiente tutelare quegli interessi tramite gli investitori istituzionali; rischia di emergere un conflitto inestricabile tra interesse dei clienti ed obiettivi citati. Su questa base, gli indici

181

normativi attuali sembrano comunque richiedere un consenso dei clienti perché quegli obiettivi siano necessari.633

È dubbio che si possa individuare tale interesse pubblico necessario nel perseguimento di strutture e pratiche di governance orientate al lungo periodo. Detta in altri termini, solo in determinati casi (es. i fondi pensione) si può ritenere che vi siano dei presupposti sostanziali per cui il gestore è tenuto a perseguire politiche di lungo periodo. Ciò perché residua comunque nel quadro attuale la necessità di un collegamento tra l’orientamento del fondo e l’interesse pubblico, che si affianca, ma non può sostituire, quello dei privati. E tra questi privati vi sono anche gli investitori

short-term, cui pare difficile rifiutare la legittimità di condotte finalizzate alla

massimizzazione del rendimento sul breve periodo. Tuttavia, su questo piano, va detto che può ritenersi sussistente, alla luce delle valutazioni già effettuate sia sul significato dei doveri fiduciari sia sul concetto di interesse pubblico che emerge dalla nuova direttiva e dai codici di stewardship, una sorta di “presunzione di long-termism”. Cosa resta dunque fuori dal perimetro della necessaria coincidenza tra interesse privato e interesse pubblico perché quest’ultimo possa essere in qualche modo imposto al gestore? In cosa l’interesse pubblico si autonomizza rispetto a quello dei beneficiari inteso in senso esteso? Cosa c’è di più nel dovere di condotta degli investitori istituzionali rispetto ai doveri fiduciari “allargati”? Il denominatore comune della condotta necessitata per tutti i gestori sta nel fatto che essi non tengano i citati comportamenti abusivi, non tanto nel generale orientamento ad una condotta eticamente e socialmente responsabile.

Si potrebbe dire che non è certo una novità che gli abusi di mercato debbano essere sanzionati. La novità del ragionamento proposto sta semmai nel ritenere che possa sussistere un interesse pubblico meritevole di tutela, e quindi suscettibile di

enforcement, anche guardando al merito delle scelte di investimento e di engagement.

E sul punto si tornerà più avanti nel cercare di definire i cardini di un nuovo approccio regolatorio.

Vi è una parallela questione che concerne l’esistenza di doveri fiduciari degli azionisti istituzionali verso la società e gli altri titolari di partcipazioni sociali. Alcuni autori634 tra coloro che contrastano una visione shareholder-centric della società e dunque criticano lo shareholder activism come panacea dei problemi della corporate

governance hanno ipotizzato l’esistenza di specifici doveri verso la società allo scopo

di responsabilizzare gli investitori istituzionali, che vengono visti, in una simile prospettiva, come “soci caratterizzati”, vale a dire con una posizione particolare e

633 Essi devono essere ben consapevoli della propensione ad un investimento etico del fondo in cui

investono (in questo senso va anche la tendenza del legislatore europeo alla costituzione di veicoli ad

hoc).

182

tipizzata e regolata dall’ordinamento in virtù dei loro interessi e del loro potere di orientamento nei confronti della società.635

La nuova direttiva, nonostante miri a promuovere la partecipazione di lungo periodo, non pare suggerire in alcun luogo l’esistenza di simili doveri636. Le tutele costruite sono funzionali, oltre allo scontato perseguimento degli interessi dei beneficiari dell’attività gestoria, ad una protezione non degli altri soci, ma di soggetti esterni alla compagine sociale (gli stakeholders) o di un generico interesse pubblico al long-

termism.

Certo, la trasparenza ai clienti ed al pubblico sull’approccio all’esercizio dei diritti sociali di asset owners ed asset managers può contribuire anche ad una positiva maggiore informazione nei confronti degli altri soci. Più in generale, rafforzare la partecipazione e creare doveri di stewardship sui gestori potrà portare beneficio anche agli altri azionisti come effetto collaterale della generazione di maggiori (e differenti) responsabilità verso i clienti. L’esito finale però, non sta tanto nello stabilire un dovere di correttezza verso gli altri soci causato sulla presenza di situazioni di conflitto d’interessi637 (mentre, come visto, un dovere di correttezza può forse ritenersi sussistente verso l’emittente); al contempo, il limite che si pone al perseguimento dell’interesse dei beneficiari della gestione non coincide con il fatto che “gli investitori

istituzionali possono agire non preoccupandosi di altri interessi purché questo sia necessario per la corretta e unitaria gestione del portafoglio”.638 La prospettiva che si è delineata sinora trascende il rapporto privato intercorrente tra l’investitore istituzionale e l’emittente o tra esso e gli altri soci, e per certi versi anche la tutela dell’emittente da abusi dell’investitore istituzionale in quanto tali: l’interesse tutelato è più ampio, un interesse del mercato o del sistema economico nel suo complesso, rispetto a cui la tutela dell’emittente è un mezzo più che un fine in quanto tale e comunque non limitato ad una situazione specifica come quella di conflitto d’interessi, in quanto il perseguimento di obiettivi esclusivamente di breve periodo assume una portata critica a prescindere dal fatto che vi siano altri interessi che condizionano l’engagement o meno.

Si conferma, allora, la necessità che un effettivo cambio di paradigma passi per vie diverse, e cioè attraverso l’attribuzione di nuovi diritti e poteri agli stessi altri

stakeholders. Similmente avviene per quanto concerne il lato pubblico della stewardship, che appare ancora nebuloso: esso dovrà essere eventualmente realizzato

635 C. TEDESCHI, Potere di orientamento, cit., p. 73.

636 Questa è un’ulteriore differenza rispetto ai codici di soft law, che fornirebbero forse un fondamento

più fecondo per ricostruire l’esistenza di doveri fiduciari verso la società ed altri azionisti attraverso il riferimento che essi fanno al ruolo dei gestori come cooperatori nella governance sociale.

637 I. ANABTAWI -L.A.STOUT, Fiduciary duties for activist shareholders, cit., p. 1301, richiedendo che

per configurare una responsabilità per gli azionisti di minoranza sia necessario un “exercise of ad hoc

control” e un “conflict of interes”.

183

radicalmente innovando il paradigma attuale, il che implica riconoscere i limiti del presente assetto regolamentare.639