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NEL DETTAGLIO: LE PREVISIONI DEL CODE

6. I PRINCIPI DI STEWARDSHIP COME REGOLAZIONE DELL’ADEMPIMENTO

6.2 NEL DETTAGLIO: LE PREVISIONI DEL CODE

Volendo analizzare nel dettaglio le singole previsioni contenute nello Stewardship

Code (e simmetricamente quelle contenute nel Codice di Assogestioni, peraltro

recentemente rivisto e modificato), bisogna innanzitutto svolgere una notazione preliminare: rispetto alle regole in materia di voto che si sono analizzate in precedenza, la disciplina in materia di Stewardship si segnala per il fatto di essere caratterizzata da una portata molto più ampia, atteso che non solo il voto viene “regolato”, ma vengono promosse anche numerose altre forme di confronto e di impegno nella partecipazione alla gestione, in modo da ritenersi necessario un impegno specifico degli investitori istituzionali anche nelle forme di incontri con il management e in generale di un bel più complesso monitoraggio, quindi raccolta e uso di informazioni. In un certo senso, ciò finisce per richiedere uno sforzo in proposito anche alle società, i cui consigli di amministrazione dovrebbero organizzare in modo sistematico occasioni di incontro con gli investitori istituzionali.

L’altra premessa da svolgere ha un carattere più marcatamente contenutistico: qual è il fine a cui deve mirare l’investitore istituzionale, l’obiettivo che deve raggiungere? Lo Stewardship Code inglese fa riferimento all’intento di “promote the long term

success of companies in such a way that the ultimate providers of capital also prosper”. Individua inoltre come attività e materie di attenzione “monitoring and engaging with companies on matters such as strategy, performance, risk, capital structure, and corporate governance, including culture and remuneration” (nel codice

italiano si fa anche cenno alla corporate social responsibility). Ciò non fa che suffragare quanto sostenuto in precedenza con specifico riferimento ad una differenziazione tra aspetti di “governance” e “aspetti ambientali e sociali”, con questi ultimi relegati ad un ruolo del tutto marginale nella definizione delle materie che devono essere oggetto dell’attenzione dell’investitore istituzionale.

Il primo principio del Code525 concerne la “public disclosure” sulla politica di adempimento delle stewardship responsibilities, il che soddisfa la necessità di

organizzazioni internazionali promuovono l’adozione di pratiche orientate verso la stewardship. Ad esempio, l’International Corporate Governance Network ha recentemente pubblicato i suoi

Stewardship Principles, contribuendo dunque ad un’accettazione globale del concetto. 522 Disponibile in www.efama.org.

523 Disponibile in www.assogestioni.it

524EumedionBest Practices for engaged share-ownership, in www.eumedion.nl.

525 Così nel Codice di Assogestioni, “le società di gestione adottano una politica documentata, a disposizione del pubblico, che illustri la strategia per l’esercizio dei diritti inerenti agli strumenti finanziari di pertinenza degli OICR e dei portafogli gestiti.” Da notare che l’EFAMA Code for external governance ha invece connotato molto più ipotetico, affermando che “IMC [investment management

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comunicare ai clienti (e non solo, visto che la trasparenza è, per l’appunto, rivolta al pubblico) come i loro interessi siano protetti attraverso le attività di stewardship.526 Da notare che, a livello contenutistico, il primo principio del codice ialiano detta un contenuto minimo della policy ben più articolato del Code inglese (facendo ad esempio riferimento a “come vengono gestite le questioni relative alle informazioni

privilegiate” ed a “l’approccio alle operazioni di prestito titoli e restituzione dei titoli concessi in prestito”).

Un secondo principio riguarda la necessità di stabilire (e, come nel caso precedente,

“publicly disclose”), una robust policy per la gestione dei conflitti di

interesse.527Come si vedrà, le raccomandazioni su questa materia potrebbero essere più forti (nel senso di un dovere di evitare i conflitti di interesse o di una più incisiva disciplina sulla trasparenza a riguardo).528

Il terzo principio prevede che gli investitori istituzionali dovrebbero monitorare gli emittenti partecipati, ed un identico principio è affermato nel Codice di Assogestioni. Su questo punto possono notarsi delle interessanti divergenze contenutistiche nei due ordinamenti presi in esame. Il codice inglese, infatti, presta particolare attenzione al fatto che gli investitori istituzionali debbano monitorare l’adesione degli emittenti al

Corporate Governance Code (che quindi lavora “in sinergia” con lo Stewardship Code) e relazionarsi con esse su questo aspetto.

Il codice di Assogestioni, d’altro canto, alla luce delle peculiarità del sistema di

corporate governance italiano, specifica come il monitoraggio possa realizzarsi anche

tramite l’elezione di “un numero adeguato di componenti indipendenti, anche di

minoranza, negli organi sociali degli emittenti quotati partecipati”.

Il quarto principio stabilisce che gli investitori istituzionali fissino chiaramente in quali circostanze intensificheranno le attività di stewardship. È questa una possibilità prevista non solo per quegli investitori che hanno scelto una strategia attiva o per quelli che hanno partecipazioni particolarmente rilevanti, il che implica che anche investitori con una strategia prevalentemente “passiva” (come quelli indicizzati), normalmente riluttanti ad impegnarsi nel partecipare alla governance, dovrebbero valutare di assumere un atteggiamento attivo. Invero, questo sembra comportare un cambiamento rispetto al fatto che normalmente solo specifici investitori, come gli hedge funds,

companies] should have a documented policy available to the public on whether, and if so how, they exercise their ownership responsibilities”.

526 Il modo in cui è descritto il principio sembra alludere al fatto che una valutazione delle scelte di

investimento potrebbere incorporare anche la possibilità di partecipare alla governance per gli asset

managers, o, più in generale, la possibilità di un’effettiva attività di stewardship. In particolare, si

sottolinea che“The disclosure should describe arrangements for integrating stewardship within the

wider investment process”.

527 Nel Codice di Assogestioni la questione dei conflitti di interesse, cui pure si fa riferimento nella

“guidance” inerente il primo principio, viene rinviata al Protocollo di Autonomia della stessa Assogestioni.

528 L. ROACH, The UK Stewardsip Code, in Journal of Corporate Law Studies, vol. 11 (2011), p. 481,

che sottolinea anche la mancanza di una definizione di cosa è considerato essere un conflitto di interesse nell’attività di asset management.

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provano concretamente ad influenzare il comportamento delle partecipate.529 La

Guidance al principio fa riferimento al fatto che l’approccio della società a “environmental and social risks” dovrebbe essere preso in considerazione. In

generale, il Code presta molta attenzione al modo in cui i gestori dovrebbero comportarsi, e sottolinea non solo a quali materie questi dovrebbero prestare attenzione, ma anche quali attività questi dovrebbero portare avanti e l’ordine in cui sarebbe preferibile che ciò avvenisse.530

Anche in quest’ambito si notano le specificità del Codice italiano, che prevede che

“La presentazione di candidati per l’elezione di componenti di minoranza indipendenti degli organi sociali degli emittenti quotati partecipati, anche svolta attraverso il Comitato dei gestori, rappresenta una modalità di esercizio dell'attività di engagement continuativo e costruttivo con gli emittenti partecipati”. Confrontarsi

con tali componenti di minoranza è però una forma di engagement valida ove segua delle procedure che garantiscano l’indipendenza degli amministratori di minoranza, la riservatezza delle informazioni da questi conosciute nei confronti dei gestori che ne hanno supportato l’elezione e al contempo si preveda un’informazione da fornire all’emittente a riguardo.

Sia lo Stewarship Code che il Codice di Assogestioni pongono un principio specifico sulla cooperazione tra investitori istituzionali, che dovrebbero considerare la possibilità di agire collettivamente allo scopo di esercitare una maggiore influenza sulla governance degli emittenti partecipati, il che come già rilevato è fondamentale per evitare i problemi di collective action che possono insorgere nell’attivismo.531 Nonostante possano esservi alcune barriere regolamentari alla cooperazione, come analizzato in precedenza in via di superamento, questa è considerata un efficace strumento di attivismo, di modo che risulta necessario stabilire e divulgare una politica sul “collective engagement”.

L’idea di cooperazione non si deve ritenere limitata alla partecipazione alle associazioni di categoria, che promovono, come visto, specifiche iniziative. Essa ha un significato più penetrante di coordinamento con gli altri investitori istituzionali nel caso vi sia un particolare bisogno di intervenire nella governance della partecipata (in particolare si fa cenno a “significant corporate or wider economic stress” o, nel caso italiano, a “problematiche di interesse pubblico”).

529Il Codice di Assogestioni prevede che “le società di gestione definiscono chiare linee guida sulle tempistiche e le modalità di intervento negli emittenti quotati partecipati al fine di tutelarne e incrementarne il valore”.

530 I. MCNEIL, Activism and collaboration among shareholders in UK listed companies, in Capital Markets Law Journal, vol. 5 (2010), p. 429, sottolinea come in questa “graduazione”, il Code limiti lo

spazio per l’intervento comunicato al pubblico, che potrebbe essere dannoso per l’emittente.

531Da notare che si richiede una forma di trasparenza sulle politiche riguardanti la cooperazione tra

investitori istituzionali, il che può aiutare gli investitori strutturalmente attivi a meglio pianificare le loro campagne attiviste, comprendendo quale tipo di supporto le loro proposte possano avere e dunque riducendo i costi dell’attivismo ed aumentando le probabilità di successo delle stesse campagne attiviste, come sottolineato da D.W. ROBERTS, Agreement in Principle, cit., p. 572.

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Sul punto, sarebbe stato interessante se gli Stewardship Codes avessero fatto riferimento alla concreta dinamica dell’attivismo, in cui gli hedge funds svolgono il ruolo di “leader” e gli altri fondi hanno un ruolo reattivo e di “followers”, che scelgono se aderire o meno alle iniziative dei primi. Alla luce del fatto che le campagne attiviste degli hedge funds sono spesso accusate di essere eccessivamente “short-termist” e dannose per le società, sarebbe stato interessante delineare come un investitore istituzionale dovrebbe relazionarsi con le campagne dei gestori più aggressivi.

Un ulteriore principio, presente sia nel Codice inglese che in quello italiano, riguarda la necessità di predisporre una strategia efficace ed adeguata per l’esercizio dei diritti di voto. Per il timore che la raccomandazione di esercitare il diritto di voto possa portare ad un’acritica adesione alle posizioni del board, entrambi i Codici affermano che gli investitori istituzionali non dovrebbero automaticamente seguire quanto sostenuto da questo. Nel codice inglese si stabilisce poi che la trasparenza debba riguardare anche l’uso fatto da parte del gestore dei proxy advisors, in particolare comunicando il modo in cui si è fatto affidamento su tali raccomandazioni.

L’ultimo principio riguarda, sempre sia nel codice dell’FRC che in quello di Assogestioni, la necessità di un report periodico sulle attività di stewardship e sull’esercizio del voto. Tale report dovrebbe essere comunicato a clienti ed asset

owners, allo scopo di incrementare la trasparenza sulla condotta degli investitori

istituzionali e renderli maggiormente responsabili del modo in cui utilizzano i diritti sociali.