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LE STRATEGIE PER L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO

4. LE REGOLE SULL’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO

4.1 LE STRATEGIE PER L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO

Il regolamento congiunto Banca d’Italia-CONSOB in materia di servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio prevedeva già nella sua versione originaria del 2007, all’art. 32, l’obbligo per l’organismo di investimento collettivo del risparmio di predisporre un’apposita strategia concernente l’esercizio dei diritti di intervento e di voto nelle società partecipate, riconfermandosi anche in quest’ambito il fatto che tale strategia dovesse mirare all’adempimento di tali doveri “nell’esclusivo

interesse dei partecipanti agli OICR”. Il fine era quello di definire le modalità di

monitoraggio475 dell’andamento delle società i cui titoli erano detenuti in portafoglio e valutare, nel contesto del più complesso quadro delle caratteristiche del singolo OICR, se e come intervenire direttamente presso la società attraverso l’esercizio dei propri diritti sociali. Anche in questo caso, dunque, l’esercizio del voto veniva visto

473 Sul punto V. TROIANO, Commento all’art. 40, cit., p. 421; F. VELLA, Commento all’art. 40, cit., p.

361. Più scettico appare R. COSTI, Risparmio gestito e governo societario, cit., p. 321.

474 Questa la prospettiva di R.MONKS A.SYKES, Capitalism without owners will fail: a policymaker’s guide to reform, cit., p. 31 e 33, che suggeriscono che dovrebbe essere affidato allo scrutinio delle

Autorità di settore, come la SEC negli USA o la FSA in Gran Bretagna, il controllo sul modo in cui sono esercitati i diritti sociali da parte del gestore. In questa prospettiva infra, cap. III, para. 5.

475 In tale ambito, il monitoraggio ha per oggetto la selezione e valutazione di quelle “informazioni sulla gestione tali da consentire di verificarne la conformità con gli interessi cui essa debba essere funzionale”. Così F. BORDIGA, Partecipazione degli investitori istituzionali alla s.p.a. e doveri

fiduciari, cit., il quale distingue in questo senso la funzione di monitoraggio, attribuita agli investitori

istituzionali nell’interesse dei loro clienti, e quella di controllo, che spetta invece a specifici organi della società. Alla posizione di controllo corrisponde un simmetrico potere di intervenire sugli atti della società, mentre la funzione di monitoraggio ha effetti indiretti, dato che in base ad essa gli investitori istituzionali prendono le loro decisioni inerenti l’attività di investimento o disinvestimento o l’esercizio dei diritti sociali.

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come eventuale ed anzi, la disposizione in questione chiariva proprio come anche la più controversa norma contenuta nell’art. 40 TUF andasse interpretata nel senso che il voto fosse meramente eventuale.

Della strategia ex art. 32 andava data comunicazione ai partecipanti agli OICR, garantendosi così un’informazione preventiva in merito all’approccio tenuto dall’investitore istituzionale nel relazionarsi con le società partecipate e nell’esercitare i diritti sociali. Quanto al contenuto della disclosure in tema, si ipotizzava, sulla base di una simmetria con il rapporto fiduciario insistente tra società ed amministratori, che il suo contenuto potesse essere assimilato a quanto previsto dall’art. 2391 c.c. in materia di interessi degli amministratori nella gestione sociale.476

A partire dal 2015 il regolamento congiunto ha rimosso la disposizione appena descritta, prevedendo all’art. 34 un rinvio all’art. 37 del regolamento UE 231/2013, di attuazione della AIFMD 477 , il quale non sembra però avere un contenuto particolarmente innovativo a riguardo rispetto alla norma previgente, fatta eccezione per l’aggiunta di un riferimento alla necessità che la strategia riguardi anche le modalità di prevenzione e gestione dei conflitti di interesse, che dunque assumono un rilievo “specifico” quando inerenti i diritti sociali (in questo senso, la strategia per l’esercizio dei diritti di voto potrebbe sovrapporsi con la politica di gestione dei conflitti d’interesse). Si rimuove inoltre il riferimento al fatto che la strategia sia obbligata “ove richiesto dalle caratteristiche del servizio di gestione prestato”, sostituito dall’esclusione per i soli gestori sottosoglia di cui all’art. 35-undecies TUF.478

La strategia contiene allora misure e procedure per “monitorare le pertinenti

operazioni sul capitale; assicurare che i diritti di voto siano esercitati conformemente agli obiettivi e alla politica di investimento del FIA interessato; prevenire o gestire ogni conflitto di interesse risultante dall’esercizio dei diritti di voto”. Il riferimento a

“misure e procedure” ha portato a definire il voto come un “dovere organizzativo” della SGR479 (si noti però come l’ESMA parli di “behavioural and not organisational

476 F. BORDIGA, Partecipazione degli investitori istituzionali alla s.p.a. e doveri fiduciari, cit.

477 “Il GEFIA elabora strategie adeguate ed efficaci per determinare quando e come vadano esercitati i diritti di voto detenuti nel portafoglio del FIA gestito, a esclusivo beneficio del FIA e dei suoi investitori.

La strategia di cui al paragrafo 1 definisce misure e procedure per: a) monitorare le pertinenti operazioni sul capitale (corporate action); b) assicurare che i diritti di voto siano esercitati conformemente agli obiettivi e alla politica di investimento del FIA interessato; c) prevenire o gestire ogni conflitto di interesse risultante dall’esercizio dei diritti di voto.

Una sintesi delle strategie e i dettagli delle misure adottate sulla base di dette strategie sono messi a disposizione degli investitori su loro richiesta.”

Risulta opportuno precisare che sostanzialmente analoghe sono le disposizioni inerenti le “strategie per l’esercizio dei diritti di voto” contenute all’art. 21 della direttiva 2010/43/UE, attuativa della direttiva UCITS.

478Questa disposizione veniva ricollegata ai casi di fondi caratterizzati da una gestione meramente

passiva, come nota G. LEGGIERI, Commento all’art. 40, cit., p. 627.

479 M. MAUGERI, Proxy Advisors, esercizio del voto e doveri "fiduciari" del gestore, in Rivista Orizzonti del Diritto Commerciale, 2016, p. 10.

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requirements”, allo scopo di giustificare la mancata previsione di un criterio di

proporzionalità per imporre l’adozione delle stesse).480

Si riconferma, anche in questo caso, la natura meramente eventuale dell’esercizio del diritto di voto, e con ciò la disciplina europea finisce per rimuovere qualsiasi dubbio che potesse residuare su questo aspetto. Si ritiene che da ciò consegua anche la possibilità del fondo di adottare una strategia di investimento del tutto passiva, che già in partenza prevede un totale disinteresse per l’esercizio dei diritti sociali, il che implicherebbe, d’altro canto, una riduzione dei costi per i clienti degli OICR.481Tuttavia, in senso contrario il considerando 16 della direttiva 2010/43/UE sembra “sconsigliare” che si escluda del tutto l’esercizio dei diritti di voto482 e d’altronde legarsi le mani in questo senso potrebbe, in linea di principio, costituire una violazione del dovere di tutelare gli interessi degli investitori, e quindi degli obblighi di correttezza incombenti sul gestore.483 Da questo punto di vista, allora, sarà la strategia a dover individuare i presupposti in base a cui il gestore decide di esercitare o meno i propri diritti.484

Si prevede inoltre la messa a disposizione degli investitori di un documento sintetico concernente la strategia, a condizione però che gli stessi investitori ne facciano richiesta. A differenza che nell’originaria disciplina italiana, però, si fa cenno anche alle “misure adottate sulla base di dette strategie”, il che sembrerebbe assicurare che l’informazione, seppur fornita su richiesta, non sia solo preventiva ma anche successiva, riguardante cioè la condotta effettivamente tenuta dal gestore, che sarebbe obbligato a tenere dei “voting records” ed eventualmente a comunicarli.485 Ciò risulta coerente con il fatto che l’ampliamento dell’informazione inerente l’esercizio dei diritti sociali, e del diritto di voto in particolare, viene tradizionalmente considerato una delle chiavi per incentivare l’attivismo ed un uso degli stessi diritti sociali.

Possono valere, anche con riferimento alle norme di matrice europea, attesa la sua somiglianza con l’originaria disciplina italiana, le considerazioni di chi ritiene che il livello di attivismo imposto dall’ordinamento non sia particolarmente elevato, essendo che il contenuto minimo della strategia, predisposto dal legislatore, non pare essere caratterizzato da particolare complessità e completezza, a differenza delle strategie di

480 AIFMD Impact Assessment, p. 128.

481 M. STELLA RICHTER, Intervento e voto, cit., p. 445. Contro, invece M. MAUGERI, Proxy Advisors, esercizio del voto e doveri "fiduciari", cit.

482 Afferma infatti la norma in questione “A seconda dei casi, in determinate circostanze si può considerare la decisione di non esercitare i diritti di voto ad esclusivo beneficio dell’OICVM, in funzione della strategia di investimento da esso perseguita. Tuttavia, è opportuno che non venga esclusa la possibilità che una società di investimento voti direttamente o impartisca specifiche istruzioni di voto alla sua società di gestione.”

483 F. VELLA, Commento all’art. 40, cit., p. 361.

484 ASSOGESTIONI, Linee guida “La strategia per l’esercizio dei diritti inerenti agli strumenti finanziari degli OICR gestiti”, in www.assogestioni.it, 2008, parla di criteri sia quantitativi (sostanzialmente il numero di titoli detenuti in portafoglio) che qualitativi (ad esempio la nazionalità degli emittenti).

485 F. BORDIGA, Partecipazione degli investitori istituzionali alla s.p.a. e doveri fiduciari, cit., parla in

questo senso di una vera e propria “lacuna” della disciplina italiana di secondo livello prima dell’avvento della regolamentazione europea.

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voto rinvenibili in altri sistemi ove si stabiliscono specifiche procedure ed obiettivi nell’esercizio dei diritti sociali, e non solamente di assicurare che venga valutata l’opportunità di tale esercizio.486 Tale contenuto più complesso veniva comunque auspicato come “buona pratica” nella redazione della strategia ad opera dell’investitore istituzionale. 487Allo stesso modo, anche per quanto concerne lo svolgimento dell’attività di monitoraggio, al di là dell’indicazione generica della necessità di esplicarla, viene garantita all’investitore istituzionale un’amplissima libertà di scelta sulle modalità attraverso cui svolgerla. Come già visto in precedenza, la sua attività si potrà dunque concretare nella mera verifica dell’andamento dell’investimento, in un più o meno articolato esercizio dei diritti sociali o, addirittura, nello svolgimento di incontri informali con gli amministratori della società o con altri azionisti della stessa al fine di coordinare il proprio modo di agire. L’esercizio di tale dovere non è dunque specificamente regolato dal legislatore, che lascia spazio alla discrezionalità del gestore.

Un elemento di particolare interesse sta poi nel fatto che l’oggetto del monitoraggio che deve obbligatoriamente essere effettuato dal gestore riguarda specificamente le

“corporate actions”, vale a dire, si potrebbe ritenere, non la generalità delle operazioni

compiute dalla società partecipata, ma solo quelle operazioni sul capitale che hanno effetto sul valore degli strumenti finanziari.488 Tale restrizione sembra da un lato confermare l’approccio adottato finora, che distingue tra financial e non financial

matters, soprattutto ove si intenda il monitoraggio in un senso ampio di precondizione

dell’esercizio del diritto di voto. D’altro canto, anche adottando tale prospettiva, esso

486 Negli Stati Uniti, ad esempio, alcuni fondi pensione stabiliscono dei criteri estremamente specifici

che guidano le loro scelte di voto (a titolo esemplificativo si veda CALPERS, Statement of Investment

Policy and Global Governance Principles, in www.calpers.ca.gov/page/investments/governance/proxy- voting) o, addirittura predefiniscono quali proposte avranno un voto positivo e quali negativo (a titolo

esemplificativo si veda NYSTRS, New York State teachers’ retirement system investment policy

manual, Stock Proxy Voting, in www.nystrs.org/NYSTRS/media/PDF/IPM.pdf, che, ad esempio, quanto

alle stakeholder proposals, stabilisce che in linea generale “The System does not support stakeholder

proposals which give corporations broad discretion when considering business propositions. Stakeholder proposals can easily result in the replacement of shareholder rights by the interests of other constituencies and the System believes the interests of the shareholder should normally override those of other constituencies”.

487 M. STELLA RICHTER, Intervento e voto, cit., p. 447, suggerisce che in tali strategie vadano incluse le

determinazioni delle procedure per il monitoraggio delle assemblee, per lo studio dei documenti messi a disposizione dalla società, per l’utilizzo delle valutazioni dei proxy advisors come parametro per determinare il modo di valutazione del voto. Si aggiunge inoltre che la strategia dovrebbe: specificamente individuare i soggetti che effettuano l’attività di monitoraggio e le conseguenti valutazioni e decidono come esercitare i diritti sociali; prevedere un onere di motivazione per le scelte in materia di voto, in modo da consentire che venga valutata la diligenza tenuta nell’adempimento di questo compito; stabilire dei criteri cui si ispira la società di gestione nel determinare se ed in che modo esercitare il diritto di voto.

488 In particolare, l’Annex 1 all’Impact Assessment della AIFMD qualifica la corporate action come “an action or event decided by the issuer of a security which has an impact on the holders of that security. This may be optional, in which case those holders have a choice (e.g. they may have the right to purchase more shares, subject to conditions specified by the issuer). Alternatively it may be mandatory, whereby those holders have no choice (e.g. dividend payment). Corporate actions can relate to cash payments or the registration of rights”.

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potrebbe essere ritenuto eccessivamente limitativo degli elementi che devono essere considerati dal gestore.

Restringe poi il campo di azione della strategia di voto il fatto che essa riguardi, in fin dei conti, solo ed esclusivamente il diritto di voto e il monitoraggio, senza far cenno alla necessità che essa riguardi l’esercizio del complesso di diritti sociali che vengono riconosciuti agli azionisti di minoranza e che oggi, peraltro, a livello europeo sono parzialmente armonizzati. Allo stesso tempo, se si pone l’accento sulla necessità di promuovere la cooperazione tra gli investitori di minoranza, sarebbe opportuno che le strategie di voto venissero configurate a livello regolamentare più generalmente come strategie di partecipazione in base a cui l’investitore istituzionale determina il suo approccio alla generale congerie di attività che esso può esplicare in quanto socio. Altra notazione importante riguardo il modello prescelto dal legislatore concerne lo spazio dato alla trasparenza, e dunque alla comunicazione alla clientela, tanto più importante alla luce delle asimmetrie informative presenti nella fattispecie. I risparmiatori che investono in un fondo sono tutelati attraverso la messa a loro disposizione di un apposito documento di sintesi, anche se su espressa richiesta489, come espressa richiesta deve esservi dei voting records descritti.

All’esito dell’analisi svolta, dunque, il complesso normativo, oltre che assai scarno, risulta complessivamente opaco e poco funzionale. Manca una piena trasparenza delle informazioni, così come manca uno specifico dovere di conformità delle scelte compiute alla strategia di voto (la quale d’altronde ha tendenzialmente contenuto vago) che rendano effettivamente suscettibile di enforcement una violazione della stessa. Ad oggi, le modalità di esercizio dei diritti sociali sono però dettate anche da ulteriori strumenti di self-regulation, cui gli investitori istituzionali tendono ad aderire in quanto “promossi” da associazioni di categoria. Si tratta, in ogni caso, di codici che seguono un modello “comply-or-explain”, e dunque dall’efficacia forse limitata. Innanzitutto si può citare, nel nostro sistema, quanto previsto dal Protocollo di Autonomia per la Gestione dei Conflitti di Interessi di Assogestioni.490 Questo individua tra le criticità sollevate dai conflitti di interessi quelle attinenti l’esercizio del diritto di voto, e ribadisce in questo senso la necessità di perseguire l’esclusivo interesse dei clienti. Così, si stabilisce il dovere di individuare i conflitti d’interessi, fra cui rientrano, quanto all’esercizio dei diritti sociali, anche quelli concernenti strumenti emessi da società con cui società del gruppo della SGR hanno “rapporti di natura strategica”.491 In seconda battuta, si richiede che le aderenti al codice sviluppino anche “specifiche misure organizzative” ed una limitazione della possibilità di delega. Amplificate sono poi anche le disposizioni in tema di trasparenza, in quanto in questo caso si prescrive la comunicazione ai clienti delle attività esercitate per quanto riguarda

489Critico sulla ridotta portata di tali norme in tema di trasparenza è G. LEGGIERI, Commento all’art. 40, cit., p. 627.

490 Su cui, in via generale, M. MAUGERI, Sul nuovo “protocollo di autonomia” della Assogestioni, in Riv. Trim. Dir. Ec., 2011, p. 75.

491 Vale a dire l’ipotesi tipica di possibile conflitto d’interessi nell’esercizio dei diritti sociali, e in tema supra, cap. I, para. 4.2.3.

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l’esercizio dei diritti sociali (e del relativo “processo decisionale”)492, pur trattandosi, in generale, di una disciplina assai scarna.

Sul punto intervengono poi a livello italiano ed europeo i già citati codici di

stewardship, su cui ci si concentrerà nel resto del lavoro.

Si aggiunge poi oggi la nuova direttiva di modifica della shareholders’ rights directive in tema di engagement policy, che si sovrappone almeno in parte alla disciplina in tema di strategie di voto pur avendo, come si vedrà, una portata ben più ampia del mero intento di soddisfare l’interesse dei clienti ad una diligente gestione dei titoli detenuti. In entrambi i casi però l’approccio della regolamentazione tiene oggi particolare conto della natura stratificata della gestione dell’investimento e della sussistenza di una

investment chain come precondizione necessaria per comprendere come configurare

l’esercizio dei diritti sociali nella realtà pratica delle scelte gestorie.