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LO SHAREHOLDER ACTIVISM E IL CASO ITALIANO

L’ordinamento italiano non costituisce probabilmente un caso di studio particolarmente interessante per quanto riguarda l’attivismo degli investitori istituzionali, ben più presenti e attivi in altri sistemi come quelli anglosassoni, cui infatti si è sinora fatto prevalentemente riferimento. Il nostro ordinamento non sembrerebbe a prima vista prestarsi all’attribuzione di un ruolo particolarmente forte agli investitori istituzionali in virtù soprattutto della presenza di assetti proprietari fortemente concentrati e della prevalenza del modello della proprietà familiare, così come della limitatezza della “minaccia” dell’offerta pubblica di acquisto.246

Storicamente, inoltre, il nostro non veniva riconosciuto come un ordinamento particolarmente in grado di favorire le minoranze247, ma si tratta di una situazione notevolmente modificatasi con numerosi provvedimenti legislativi, già in precedenza nominati, a partire dal Testo Unico della Finanza per arrivare fino ai più recenti interventi di recepimento della direttiva shareholder’s rights (in particolare il d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27 ed il successivo decreto correttivo d. lgs. 18 giugno 2012, n. 91), con i quali si è provveduto anche nel contesto italiano ad attribuire alle minoranze

243 Ridurre le occasioni in cui gli azionisti possono votare potrebbe rispondere anche allo scopo di

indurre ad una migliore ponderazione del voto, che come visto sovente soffre di carenze valutative anche ove si ricorra a proxy advisors, così L. E. STRINE, Can we do better by ordinary investors?, cit., p. 485 ss.

244 L. L. DALLAS, Short Termism, Financial Crisis and Corporate Governance, cit., cita in questo senso

il ruolo dei dipendenti e degli amministratori di loro espressione nelle società tedesche come bilanciamento del potere attribuito agli azionisti di minoranza, quindi agli investitori istituzionali.

245 A. M. PACCES, Exit, Voice and Loyalty, cit.

246 Altri fattori influenti che hanno scoraggiato il coinvolgimento degli investitori istituzionali nel nostro

ordinamento sono, nell’analisi di M. BIANCHI, L’attivismo degli investitori istituzionali, cit., p. 10, la presenza di una coalizione di azionisti piuttosto che di un singolo come controllante ed il fatto che una società operi in un settore regolato. Lo stesso autore illustra come stiano maturando talune condizioni, nei mercati italiani, utili a ridurre l’influenza di tali elementi.

247 M. BELCREDI - L. ENRIQUES, Institutional Investor activism in a context of concentrated ownership and high private benefits of control: the case of Italy, in J.G.HILL –R.S.THOMAS (a cura di), Research

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consistenti diritti di voice e ad agevolarne l’esercizio, anche attraverso il tendenziale abbassamento dei quorum di capitale necessari per esercitare tali diritti.

Così si possono citare, a titolo meramente esemplificativo, regole che facilitano l’accesso alle informazioni da parte dei soci (teoricamente a vantaggio di tutti, praticamente a beneficio degli investitori istituzionali in quanto tendenzialmente gli unici in grado di valutarle effettivamente248), che consentono a minoranze qualificate di convocare l’assemblea, di richiedere l’integrazione dell’ordine del giorno (art. 126-

bis TUF),249 di esercitare l’azione di responsabilità.

Ancora, assai peculiare e caratteristico del nostro ordinamento è il meccanismo del c.d. voto di lista, teso a garantire nelle società quotate la nomina di almeno un amministratore indipendente da parte della minoranza azionaria, con funzioni evidentemente di tutela della stessa.250

Si possono riportare poi le regole in materia di offerta pubblica di acquisto, che attribuiscono agli azionisti, e solo ad essi, il diritto di decidere sull’adozione di eventuali misure difensive in caso di offerta (art. 104 TUF), attribuendo agli amministratori semplicemente il ruolo di fornire un parere sulla stessa (si tratta, come noto, di una regola stabilita dall’art. 9 della direttiva 2004/25/CE, c.d. direttiva OPA, che caratterizza dunque tutta la disciplina europea in materia).

In tempi più recenti si sono introdotti strumenti volti ad agevolare l’intervento degli investitori istituzionali in ambiti settoriali, come d’altronde fisiologico, viste le criticità sollevate dall’esperienza in materia, la scarsa utilità di taluni strumenti e, in generale, la necessità di adattarsi ai fisiologici mutamenti della realtà, che ha messo in mostra nuove, specifiche, esigenze. In questo senso sicuramente risulta, ad esempio, l’innovazione legislativa in tema di record date, già precedentemente illustrata. Guardando alla materia della remunerazione degli amministratori, da sempre strumento fondamentale per allineare gli interessi degli amministratori e quelli degli azionisti, numerose raccomandazioni europee (ad esempio la Raccomandazione 2009/385/CE) hanno promosso una più attiva partecipazione degli azionisti alla determinazione della stessa, e proprio in conseguenza di tali sollecitazioni l’art. 123-

ter TUF rende necessaria l’approvazione assembleare della relazione sulla

remunerazione prevista dallo stesso articolo, per quanto con un voto soltanto

248 P. MONTALENTI, Corporate Governance: la tutela delle minoranze nella riforma della società quotate, in Giur. Comm., 1998, p. 329.

249 Su limiti e condizioni per l’esercizio di tali diritti S. BRUNO, I poteri di iniziativa assembleare degli azionisti, in Giur. Comm., 2010, p. 736.

250 Il ruolo dell’amministratore di minoranza resta comunque discusso, anche alla luce della possibilità

che si presti ad abusi della minoranza o venga piegato alla rappresentanza di interessi particolaristici. In tema S.ALVARO –G.MOLLO -G.SICILIANO, Il voto di lista per la rappresentanza di azionisti di

minoranza nell’organo di amministrazione delle società quotate, in www.consob.it, 2012; M.STELLA RICHTER, Sulla composizione e sulla elezione dell’organo amministrativo di una società quotata, in Riv.

dir. comm., 2012, p. 51; M.BELCREDI –S.BOZZI –C.DI NOIA, Board elections and shareholder

activism: The Italian experiment, in M.BELCREDI –G.FERRARINI (a cura di), Boards and Shareholders

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consultivo, differentemente da quanto previsto in altri ordinamenti (c.d. say on pay),251 mentre l’articolo 114-bis TUF stabilisce la necessità dell’approvazione assembleare per i piani di stock option.

All’idea di attribuire una funzione di monitoraggio della condotta dell’organo amministrativo agli investitori istituzionali, e dunque evitare comportamenti opportunistici da parte dello stesso, risponde, nella disciplina delle operazioni con parti correlate, l’attribuzione di un ruolo fondamentale al whitewash, in particolare in presenza di operazioni di particolare rilievo, come previsto dal Regolamento in materia di operazioni con parti correlate.252

La complessa regolazione volta ad agevolare la partecipazione degli investitori istituzionali alla governance delle società italiane e, quel che più conta, ad attribuire loro specifici diritti e poteri di influenza sull’organo amministrativo, non ha dato sin da subito particolari riscontri, se non quando stimolata da interventi dell’associazione di categoria. Ciò è avvenuto anche nel caso di fondi tipicamente attivisti come gli

Hedge Funds,253 il che è probabilmente in larga parte dovuto a caratteristiche strutturali del nostro capitalismo, ma anche alla struttura del mercato italiano dei servizi di investimento collettivo, tra cui, ad esempio, la presenza di notevoli conflitti d’interesse dovuti alla struttura proprietaria degli stessi, che vede sovente forti collegamenti tra essi e altre società (ciò che peraltro differenzia investitori domestici e investitori esteri che di tali collegamenti dovrebbero essere teoricamente privi).254 Inoltre, non può non rilevarsi come la quota di azioni di società quotate italiane detenute da fondi comuni domestici sia oggi pari a circa l’1% del totale, una quota assai ridotta, mentre assai più rilevante è la quota di partecipazioni detenute da fondi esteri.255

251 Ovviamente, pur avendo natura consultiva, il voto degli azionisti può esprimere una disaffezione

degli stessi nei confronti delle scelte degli amministratori in tema di remunerazione, e dunque avere un valore di moral suasion, anche per i potenziali effetti sul mercato. Va peraltro notato che risulta nell’analisi di M.BELCREDI –S.BOZZI –A.CIAVARELLA –V.NOVEMBRE, Say-on-pay in a context of

concentrated ownership, in www.consob.com, 2014.che la vincolatività del voto, presente nella

disciplina delle banche, non risulta implicare una maggiore incisività dell’attivismo degli investitori istituzionali. In generale, in tema, per un inquadramento della disciplina, S. BRUNO -F.BIANCONI, Il

voto assembleare sulle politiche di remunerazione degli amministratori, cit.

252 M. BELCREDI -L.ENRIQUES, Institutional Investor activism in a context of concentrated ownership, cit. Va detto che nuove regole, sia sul say on pay che sulle operazioni con parti correlate, verranno

probabilmente introdotte nel recepire la nuova direttiva sui diritti degli azionisti.

253 C. BELLAVITE PELLEGRINI, Corporate Governance e assemblea delle società quotate in Italia, cit.,

giudicava “scarsa” la partecipazione degli investitori istituzionali in assemblea e così il loro comportamento attivo e la loro influenza, con l’eccezione di taluni, specifici casi come la (mancata) fusione Falck-Montedison. Similmente, V. CALANDRA BUONAURA, Intermediari finanziari e corporate

governance, cit., parlava di “esperienza desolante”. Sugli hedge funds in particolare così M. EREDE,

Governing Corporations with Concentrated Ownership Structure: Can Hedge Funds Activism Play Any Role in Italy?, in papers.ssrn.com, 2012.

254Supra, para. 4.2.3.

255 CONSOB, Rapporto 2015 sulla corporate governance delle società quotate italiane, in www.consob.it, 2015. In generale, dunque, i fondi italiani si caratterizzano per una “anomala apatia”,

come afferma M. BIANCHI, L’attivismo degli investitori istituzionali, cit., p. 9. Proprio per questo in Italia si pone ancor più che in altri ordinamenti il problema dei proxy advisors, che improntano in maniera particolarmente forte il voto di fondi stranieri particolarmente diversificati, così M.BELCREDI

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Secondo alcuni autori, il modello di attivismo che ha prevalso è stato, salvo per alcuni casi, quello informale e “relazionale”. In particolare, quanto a tale ultimo aspetto, si è sostenuto che i fondi abbiano preferito “sedersi al tavolo” con i gruppi di controllo piuttosto che “ribaltare il tavolo”256. Altri autori, invece, sembrano più propensi a ritenere che il comportamento dei fondi, ed in particolare degli hedge funds, abbia, con il tempo, assunto caratteristiche sostanzialmente analoghe a quanto avvenuto in altri ordinamenti.257

La situazione sembra poi essere almeno parzialmente mutata, sul piano delle modalità di partecipazione alla governance, in tempi più recenti, anche grazie alle citate modificazioni in tema di record date, che paiono aver avuto effetti positivi sulla partecipazione assembleare degli investitori istituzionali. Ciò ha avuto conseguenze anche sull’istituto del voto di lista per l’elezione di amministratori di minoranza che costituisce una peculiarità del nostro ordinamento, particolarmente adatta allo scopo di aumentare il coinvolgimento degli investitori istituzionali a livello dell’organo amministrativo. In particolare, gli effetti positivi si sono riscontrati soprattutto per quanto concernente la partecipazione da parte di investitori istituzionali stranieri.258 La maggiore partecipazione e la capacità di coordinamento hanno comportato financo che in recenti assemblee di società quotate italiane (Telecom, UBI, da ultimo Unicredit) la lista di minoranza, presentata dall’organismo associativo del risparmio gestito italiano, Assogestioni, è riuscita ad ottenere la maggioranza dei voti, pur non potendo eleggere la maggioranza degli amministratori, non avendo presentato un numero sufficiente di candidati (come d’altronde normale, attesa la funzione di monitoraggio attribuita agli investitori istituzionali stessi). Altri casi hanno mostrato una simile tendenza verso un rinnovato protagonismo degli investitori istituzionali in occasione di proxy fights rese possibili dalle modifiche legislative in tema di regime di delega.259

Ancora, altri studi hanno affrontato la questioni degli effetti delle regole in tema di say

on pay. Nonostante assetti proprietari concentrati scoraggino (o rendano poco utile, in

virtù del controllo che l’azionista di maggioranza esercita sugli amministratori) la partecipazione degli investitori istituzionali, si è notato come l’espressione di un

–S.BOZZI –A.CIAVARELLA –V.NOVEMBRE, Proxy advisors and shareholder engagement, cit., i quali rinvengono in Italia una correlazione più forte che in altri ordinamenti tra consulenza dei proxy advisors e voto degli investitori istituzionali.

256 M. EREDE, Governing Corporations with Concentrated Ownership Structure, cit.

257 M. BELCREDI -L.ENRIQUES, Institutional Investor activism in a context of concentrated ownership, cit., p. 400. Da notare che secondo lo studio comparativo effettuato da M.BECHT –J.FRANKS –J.GRANT –H.WAGNER, The Returns to Hedge Fund Activism, cit., p. 8, l’Italia risulta in proporzione alle dimensioni del mercato il secondo Paese tra quelli considerati per attivismo degli hedge funds.

258 S. BRUNO, Legal rules, shareholders and corporate governance, cit., p. 403. Interessante notare

come un recente studio statunitense concernente l’attivismo in società aventi un socio di maggioranza individui proprio nella possibilità dei fondi di nominare uno o più amministratori una delle chiavi che essi hanno per influenzare il board della stessa, tanto da proporre di importare negli Stati Uniti, in modo da consentirne un’applicazione generale, il modello del voto di lista, K. KASTIEL, Against all odds, cit., p. 24 e 55.

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dissenso sulle politiche di remunerazione non risulti particolarmente minore rispetto a quanto avviene in altri ordinamenti. In particolare, si rinviene come esso sia inversamente correlato alla natura concentrata della proprietà e direttamente correlato proprio all’attivismo (nelle forme dell’elezione di un amministratore di minoranza e della partecipazione all’assemblea). Si segnala poi, in materia, una differenza tra fondi nazionali e fondi esteri: un ruolo di particolare rilievo è assunto dai fondi italiani, in particolare nella segnalazione del dissenso ma, in ragione del maggior peso delle partecipazioni degli investitori stranieri, è l’adesione di questi (più rara, forse proprio a causa del maggior potere da essi detenuto) a influenzare l’entità dei voti contrari. 260 Ciò sembra esprimere una volta di più il sempre maggiore rilievo degli investitori istituzionali nella governance, e, di conseguenza, la loro sempre maggiore capacità di improntare le scelte degli amministratori, sollecitando l’importanza di una riflessione sulle modalità e la trasparenza dell’esercizio di tali poteri, sugli obiettivi perseguiti (effettivamente positivi per la governance della società o finalizzati a tutelare interessi particolaristici?) e gli effetti dell’attivismo. Il nostro ordinamento sta probabilmente “maturando” dal punto di vista della partecipazione degli investitori istituzionali, vuoi per la tendenza alla rimozione degli ostacoli ad essa, vuoi per l’attribuzione di maggiori poteri, vuoi per le evoluzioni degli assetti proprietari verso una diluizione del controllo, ed anche in tale contesto risulta opportuna un’analisi sull’interazione tra le regole di corporate governance e il possibile maggiore protagonismo dei fondi.