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LE REMUNERAZIONI DEGLI ASSET MANAGERS E LO SHORT

4. LE BARRIERE ALL’ATTIVISMO

4.2 BARRIERE “ECONOMICHE”

4.2.4 LE REMUNERAZIONI DEGLI ASSET MANAGERS E LO SHORT

Un ulteriore ostacolo alle condotte attive tenute dagli investitori istituzionali sta nell’adozione di una prospettiva di breve periodo per quanto riguarda le scelte di investimento, c.d. short termism degli investitori, riconducibile a differenti cause che hanno però il comune effetto di rendere poco proficuo l’investimento nel monitoraggio degli emittenti. Tale short termism, al contempo, come si vedrà anche nel prosieguo del lavoro, può essere visto come causa di un disimpegno degli investitori istituzionali o come effetto negativo del loro impegno quando “trasmesso” agli emittenti partecipatei.94

L’assunzione di un’ottica di breve periodo nell’investimento è ricollegabile sia alla facilità nella circolazione delle partecipazioni, da cui consegue la possibilità che un elevato ricambio nelle stesse renda poco rilevante l’incremento di valore nel medio- lungo periodo, sia alla più generale tendenza ad assumere una prospettiva di breve periodo nella “cura” degli investimenti in ragione della tendenza a misurare i risultati gestionali degli asset managers in base alla stessa performance di breve periodo.

93 R. ROMANO, Public Pension funds in corporate governance reexamined, cit., p. 799, svolge un’analisi

di varie vicende in cui i soggetti pubblici sponsor di fondi pensione hanno cercato di influenzare le scelte dei gestori degli stessi sia per quanto concerne la partecipazione alla governance delle società partecipate, sia per quanto riguarda le scelte degli asset in cui investire. In tema anche J. S. TAUB, Able

but not willing: The failure of mutual funds advisers to advocate for shareholders’ rights, in The Journal of corporation law, vol. 34 (2009), p. 843.

94 In generale, sullo short termism, lo studio di L. L. DALLAS, Short-Termism, the Financial Crisis and Corporate Governance, in Iowa J. Corp. L., vol. 37 (2012), p. 265. In particolare, sullo short termism

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Per quel che più rileva ai fini dello svolgimento di una funzione di monitoraggio o di

engagement da parte degli investitori istituzionali è evidente come, nell’ottica del

gestore, i risultati di lungo periodo delle società poco importino, dato che esso potrà sempre optare per alienare i titoli posseduti (in questo gioca sicuramente un ruolo una certa “presunzione” degli asset manager sulla loro capacità di comprendere appieno i meccanismi di mercato e il momento in cui un determinato asset raggiunge il suo massimo valore). Gli inevitabili costi di informazione e “burocratici” connessi all’attivismo sono dunque un investimento non remunerato, dal momento che un miglioramento nella corporate governance delle società partecipate genera i suoi vantaggi su un periodo più lungo di tempo.95

Quando invece gli investitori scelgono di partecipare alla governance, l’assunzione di una prospettiva di breve periodo può comportare che essi premano per la massimizzazione del valore azionario in questo arco di tempo, anche a scapito della redditività e dell’andamento dell’impresa nel lungo termine. Ciò tende a riflettersi sulle scelte degli amministratori, anch’essi sovente incentivati, viste le politiche di remunerazione praticate dalle società, ad adottare un approccio di breve periodo. La presenza di investitori istituzionali caratterizzati da un’ottica di breve periodo è ricollegabile dunque a numerosi “mali” nella governance delle società partecipate, in quanto l’ottica di breve periodo si trasmette alle società attraverso la pressione nei confronti dei suoi amministratori.96

Accanto a fattori di natura culturale, che certo giocano un notevole ruolo nel promuovere l’assunzione di un’ottica particolarmente propensa all’assunzione dei rischi, una causa fondamentale dell’assunzione di una prospettiva di breve termine, come accennato, sta nel modo in cui è strutturata la remunerazione degli asset

managers, in termini di benchmarks e di tempistiche per la misurazione della parte

variabile del compenso parametrata sui risultati conseguiti. Frequentemente le remunerazioni sono strutturate in modo da valorizzare più l’ampio numero di asset gestiti che il rendimento dello stesso, il che disincentiva comportamenti attivi ed anzi porta ad aumentare il numero di titoli detenuti, implicitamente rendendo più sconveniente l’attivismo.97

Inoltre risulta estremamente complesso misurare in termini quantitativi gli effetti positivi dell’attivismo, che non possono essere chiaramente definiti, a differenza di quanto avviene per i risultati positivi di natura strettamente finanziaria. Ciò comporta dunque la necessità di misurare la performance del portafoglio in base agli indici immediatamente disponibili e più facilmente comprensibili, quelli inerenti i risultati finanziari dello stesso, ancor più promuovendo l’adozione di una visione di breve

95 J. C. COFFEE, Liquidity versus control, cit., p. 1325.

96 L. L. DALLAS, Short Termism, the financial crisis and corporate governance, cit.

97 OECD, The Role of Institutional Investors in Promoting Good Corporate Governance, cit., p. 41; P.

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periodo e diminuendo, al contempo, l’interesse ad una partecipazione attiva che tendenzialmente implica condotte che hanno effetto sul lungo termine.98

Le politiche di remunerazione non rilevano solo in quanto scoraggiano l’attivismo promuovendo prospettive poco lungimiranti, ma anche in quanto, essendo misurate in termini relativi, e non in termini assoluti, possono distorcere gli incentivi che guidano la condotta del gestore, danneggiando contemporaneamente i beneficiari della prestazione di investimento e la società partecipata.99

Oltre all’elemento della remunerazione, si è già detto come la facilità nella circolazione delle partecipazioni giochi un ruolo nell’adozione di un’ottica di breve periodo e, di conseguenza, nella non effettuazione di un monitoraggio costante della società partecipata. Volendo brevemente riferirsi a questo aspetto, che certo non è possibile esaurire in questa sede, si deve fare cenno alla possibilità di avere un elevato

turnover degli investimenti, così che la latenza di una specifica partecipazione in

portafoglio è particolarmente ridotta100: di conseguenza, assume più rilievo per le scelte di investimento l’andamento momentaneo del mercato e la possibilità di eventuali fluttuazioni nel prezzo degli strumenti su cui “lucrare” la differenza, con una valutazione condizionata, dunque, dalla situazione contingente, piuttosto che dalle prospettive di sviluppo della società.101

Ciò è possibile grazie alle innovazioni tecnologiche,102 che comportano una maggiore trasparenza dei mercati finanziari e sempre più ridotti costi di transazione (e dalla facilità di transazione stessa) ed incentivata principalmente, ancora una volta, dalla struttura di remunerazione degli asset managers, “ossessionati” dal rendimento di breve periodo perché valutati, come visto in precedenza, in base ai risultati ottenuti in archi di tempo brevi e sottoposti ad una forte pressione competitiva. Una situazione estrema in questo senso è poi quella degli investitori nella cui operatività ha un ruolo

98 J. KAY, Review of equity markets, cit., p. 41.

99Si pensi ad esempio alla pratica dell’underweighting, cioè di investire in uno specifico asset per meno

di quanto il benchmark richiederebbe. In questo caso, l’operatore trae vantaggio, in caso di remunerazione parametrata alla sua performance in termini relativi, da un cattivo rendimento delle azioni, in quanto questo aumenterebbe il differenziale tra il suo risultato di gestione ed il parametro di riferimento: di conseguenza ha interesse ad astenersi dal migliorare la governance della società partecipata ed a fare dunque scelte che peggiorano il rendimento del fondo in termini assoluti, ed in tema S. C. Y. WONG, How conflicts of interest thwart institutional investor stewardship, cit.

100 Qualche numero in proposito è fornito da Y.ALLAIRE -M.E.FIRSIROTU, Hedge Funds as Activist Shareholders: Passing Phenomenon or Grave-Diggers of Public Corporations, in papers.ssrn.com,

2007, i quali notano che “In 1960, the average holding period for American publicly listed company

shares was seven years; it shrank to two years by 1992 and is now estimated at some seven and a half months for companies listed on the New York Stock Exchange. Stated differently, the average annual share turnover was: 1) 12% in 1960; 2) 73% in 1987; 3) 86% in 1999; 4) 87% in 2005.” P. ILIEV –M. LOWRY, Are mutual funds active voters?, cit., notano la presenza di una correlazione tra il fatto che gli investitori istituzionali votino in modo indipendente dalle raccomandazioni dei proxy advisors e un ridotto turnover degli investimenti, in ragione del fatto che ciò incentiva l’investimento in attività di ricerca e di acquisizione di informazioni autonome.

101 L. L. DALLAS, Short Termism, the financial crisis and corporate governance, cit. 102 P. FRENTROP, Short-termism of institutional investors, cit., p. 7.

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di rilievo il c.d. high frequency trading,103 vale a dire l’uso di complessi algoritmi e

software per l’effettuazione di ordini finalizzati a guadagnare da variazioni di

brevissimo periodo dell’andamento dei titoli. Ad un maggior focus sulla capacità di generare profitti attraverso questi mezzi tende a corrispondere una minore attenzione alla performance delle società emittenti i titoli negoziati. Questo aspetto non va però sopravvalutato, in quanto è plausibile che l’elevato ricambio nella proprietà dei titoli sia riconducibile solo ad una parte degli operatori, del tutto disinteressati all’utilizzo di questi per partecipare alla governance sociale. 104

L’assunzione di un’ottica di breve termine in capo all’investitore istituzionale, dovuta anche a ragioni regolamentari,105 genera così liquidità, ma contemporaneamente anche volatilità, sui mercati. Al contempo l’high frequency trading comporta costi, sia per le commissioni sia in quanto può costituire parametro per la remunerazione degli agenti, il che facilita il compimento di transazioni non necessarie (ma la cui non necessarietà difficilmente risulta valutabile dai principals)106 ed utili ad innalzare le commissioni percepite dai gestori del fondo.

Un ruolo nel causare una preferenza degli asset managers per investimenti short-term è svolto anche dall’elevata competitività del settore della gestione del risparmio e dalla tendenziale facilità nel ricambio dei gestori, specialmente in presenza di fondi aperti. I gestori, dinanzi alla necessità di assicurare ritorni elevati sul capitale gestito, e sottoposti ad una costante pressione dipendente dall’eventualità di una loro sostituzione, tenderanno a scegliere asset che non necessitano di un lungo periodo per assicurare un ritorno, dunque percepiti come meno rischiosi, anche in presenza dell’eventualità che sia necessario liquidare l’investimento: ciò tende peraltro ad incoraggiare quell’herd behaviour, vale a dire l’adesione a strategie di investimento

103 Su cui, in generale, V. CAIVANO -S. CICCARELLI -G. DI STEFANO -M. FRATINI -G. GASPARRI -

M. GILIBERTI -N.LINCIANO -I. TAROLA, Il trading ad alta frequenza. Caratteristiche, effetti e questioni

di policy, in www.consob.it, 2012.

104 Il legame tra high frequency trading e short termism, si deve ritenere, si esplica più sul piano del

disincentivo al monitoraggio ed alla partecipazione nella governance che sul piano dell’incentivo ad un monitoraggio “poco sano”, e su quest’ultimo piano si veda la notazione di M.EREDE –G.SANDRELLI,

Attivismo dei soci e investimento short-term: note critiche sul ruolo degli investitori professionali a margine del dibattito europeo sulla corporate governance, in Riv. Soc., 2013, p. 931, i quali ritengono

che la focalizzazione sull’attività di trading e la tendenza a promuovere condotte short-term nelle partecipate restino su piani differenti, mentre maggiori rischi sono comportati da tali tipologie di trading per quanto concerne il corretto funzionamento del mercato, in cui minor rilievo ha, a livello di formazione dei prezzi, l’analisi dei fondamentali delle società partecipate, a vantaggio del rilievo delle

momentum strategies. Nello stesso senso anche T. STRAND, Short termisn in the European Union, in

The Columbia Journal of European Law, vol. 22 (2015), p. 28, contesta l’argomento, sovente utilizzato

in dottrina, della riduzione del periodo medio di detenzione dei titoli, sostenendo che questo sia dovuto non tanto al venir meno della figura dell’investitore di lungo periodo, quanto al fatto che il dato possa essere viziato dalla presenza di intermediari che operano molto frequentemente su pochi titoli.

105 G. S. WILLEMAERS, The European call for more shareholders’ engagement: state of play and way forward, in Revue trimestrielle de droit financier, 2011, p. 161, a p. 165.

106 P. WOOLLEY, Why are financial markets so inefficient and exploitative – and a suggested remedy,

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che replicano quelle di altri intermediari a prescindere dall’analisi dei fondamentali economici degli stessi, che viene ritenuta tra le concause della crisi finanziaria.107 Sul punto si tornerà più avanti, ma risulta opportuno sin d’ora evidenziare come sia ampiamente controverso che lo short-termism costituisca in senso assoluto un impedimento ad un engagement positivo degli investitori istituzionali. Gli investitori di breve termine “per eccellenza”, gli hedge funds, sono infatti al centro di un dibattito assai complesso sull’utilità del ruolo da loro svolto.

Gli ostacoli appena elencati sono ricollegabili, in generale, alla presenza di un doppio problema di agency, non solo quello tra l’investitore istituzionale e la società di cui si acquistano titoli azionari, ma anche quello tra il cliente dell’investitore.108 Il modo in cui sono strutturate le remunerazioni dei gestori ed il fatto che quello che conta è la

performance relativa e non assoluta del portafoglio, la composizione dello stesso, i

conflitti d’interesse, sono disincentivi al monitoraggio della società partecipata che rischiano, in ultima analisi, di andare contro gli interessi del cliente del fondo in quanto frenano l’assunzione da parte del gestore di un impegno nel migliorare il rendimento delle partecipazioni detenute dal fondo. Questo problema di agency, che assume rilievo sotto ulteriori versanti anche regolatori, implica dunque la necessità di esplorare la possibilità di intervenire anche sul rapporto tra clienti e investitori istituzionali per analizzare come questo possa influenzare l’esplicarsi dell’attivismo.