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EVOLUZIONE DEI DOVERI FIDUCIARI E ESG ISSUES

3. L’EVOLUZIONE DEI DOVERI FIDUCIARI

3.0.1 EVOLUZIONE DEI DOVERI FIDUCIARI E ESG ISSUES

Il tema della possibile lettura evolutiva dei doveri fiduciari si lega, per quanto non in modo indissolubile, a quello del “socially responsible investment”383, al tema dell’attenzione ai “non-financial” interests connessi all’investimento effettuato, ed alle cosiddette ESG (Environmental, Social and Governance) Issues, vale a dire l’integrazione, nelle politiche e nelle scelti inerenti l’investimento, di considerazioni attinenti l’attenzione a temi sociali, ambientali e di governance. Quelli citati sono fondamentalmente approcci diversi, ma che condividono il presupposto dell’integrazione, nelle scelte di investimento, di valutazioni inerenti aspetti di responsabilità sociale ed ambientale. In tutti questi differenti approcci, poi, il fondamento del dovere di integrare valutazioni “etiche” nelle scelte di investimento sta nella generale responsabilità che il settore finanziario ha nel funzionamento del sistema economico e sociale ed in quelle “public responsibilities” che, più in particolare, gravano su operatori che hanno una notevole dimensione e quindi influenza.384

Le ESG Issues possono essere viste come necessario oggetto di attenzione del gestore in quanto implicano una miglior tutela dell’interesse finanziario del fondo, ma le evidenze empiriche a riguardo sono controverse.385.Più appropriato pare però ritenere che il loro fondamento stia nel fatto che nella gestione del portafoglio deve tenersi conto anche delle esternalità prodotte dalla sua gestione che hanno impatto

381 S. LYDENBERGH, Reason, rationality and fiduciary duty, cit., p. 296.

382 K.L.JOHNSON F.J.DE GRAAF, Modernizing Pension Fund Legal Standards for the 21st Century,

in Rotman International Journal of Pension Management, 2009, p. 44.

383 Si tratta di un tema assai risalente, tanto che già nel 1980 veniva preso in considerazione in R.A.

POSNER –J.H.LANGBEIN, Social Investing and the Law of Trusts, cit.

384 B. J. RICHARDSON -W.CRAGG, Being virtuous and prosperous: SRI’s conflicting goals, in Journal of Business Ethics, vol. 92 (2010), p. 21, a p. 22 e 32.

385Taluni studi sembrano in effetti affermare che l’investimento socialmente responsabile comporti

rendimenti più elevati, ma in generale non sembra si possa riscontrare una particolare evidenza in tema, ed in proposito E. HORVÁTHOVÁ, Does Environmental Performance Affect Financial Performance? A

Meta-analysis, in Ecological Economics, vol. 70 (2010), p. 52; anche J. SANDBERG, Socially

Responsible Investment and Fiduciary Duty, cit., p. 150-151, nota come solo un numero minoritario di

studi stabilisca un (poco rilevante) collegamento tra Corporate Social Performance e Corporate

Financial Performance, ed allo stesso tempo nota come neppure ridefinendo quest’ultima, ad esempio

guardando solo al lungo periodo come un Universal Owner dovrebbe fare, vi siano elementi per sostenere la presenza di un robusto legame tra aspetti sociali e rendimento finanziario. Uno studio empirico in tema è quello di J. D. MARGOLIS -H.A.ELFENBEIN –J.P.WALSH, Does it pay to be good?, Working paper, Harvard Business School, in papers.ssrn.com, 2007.

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sull’andamento dell’emittente e, magari, sull’economia nel suo complesso, e tra queste possono essere fatte rientrare sicuramente questioni di governance (ad esempio la promozione di una più accorta gestione del rischio in una società bancaria)386 mentre più difficile è ritenere che assumano rilievo, se non indirettamente, considerazioni di carattere ambientale o sociale, a meno che esse direttamente comportino un maggior rischio per le operazioni svolte dall’emittente e dunque per la sua stabilità finanziaria.387 Ciò porta però a dare alle questioni sociali ed ambientali uno spazio molto minore di quanto i maggiori sostenitori delle stesse auspicherebbero.

Infatti, allargando ancor più la portata del concetto di dovere fiduciario, le ESG issues possono essere tenute in considerazione in quanto insisterebbe un interesse del beneficiario della gestione non solo ad un positivo rendimento finanziario della stessa, ma anche a che il gestore promuova nelle società partecipate condotte responsabili da un punto di vista sociale ed ambientale in modo che l’attività di gestione protegga l’interesse del beneficiario a vivere, in futuro, in un “mondo migliore”.388 Non si amplia dunque soltanto il significato che si attribuisce al concetto di “interesse finanziario” del beneficiario, ma si guarda ad interessi che incidono solo eventualmente ed indirettamente sull’aspetto economico, sulla base di un’interpretazione estremamente (e probabilmente eccessivamente) ampia della nozione di “interesse” del beneficiario, che finisce però in tal modo per divenire vaga “come le stelle dell’orsa”. Si deve ritenere però che, nel momento in cui si attribuisce una tale rilevanza agli aspetti ambientali e sociali dell’investimento, una tale deviazione dal contenuto tipico del rapporto, che attiene ad una gestione che, come visto, ha un obiettivo meramente finanziario, non possa che passare per il consenso degli investitori (su cui infra, para. 3.2).

Un ulteriore collegamento può essere stabilito, in questo senso, tra il tema della tutela dei “non financial interests” e quello degli interessi degli altri stakeholders della società partecipata, categoria anch’essa particolarmente complessa da definire, in quanto vi si possono fare rientrare sia i soggetti tradizionalmente ivi ricompresi, quali

386 Gli UN Principles for Responsible Investment fanno rientrare tra le questioni di governance

“executive pay; bribery and corruption; political lobbying and donations; board diversity and

structure; tax strategy”. Se in alcuni casi il collegamento con l’andamento dell’emittente può essere

meno rilevante, è evidente come la struttura del board o quella della remunerazione degli amministratori sia invece assai importante, quantomeno per limitare il rischio di situazioni di crisi.

387Una convincente analisi da questo punto di vista è svolta da V. HARPER HO, Risk-Related Activism, cit., che esplora il legame tra ESG issues e rischi finanziari delle imprese; nel fare ciò si tende a

parificare, nel lavoro da ultimo citato, l’attivismo relativo a questioni di governance e quello legato questioni di carattere sociale o ambientale, in quanto entrambi tendono ad affrontare rischi per la società partecipata, il che riporta però ad una nozione di ESG dalla portata abbastanza limitata.

388 Si veda ad esempio, in tema, il report UNEP, Fiduciary responsibility. Legal and practical aspects of integrating environmental, social and governance issues into institutional investment, in www.unepfi.org, 2009, p. 10, che proprio allo scopo di far sì che le pratiche di investimento promuovano

un’economia sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, propone che l’analisi sulle ESG e la promozione delle stesse sia la scelta adottata di default nei contratti d’investimento e nelle politiche di investimento, soprattutto tra quegli investitori istituzionali che aderiscano ai Principles for Responsible

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dipendenti e creditori della società, sia soggetti di norma ritenuti ad essa esterni, a partire dal soggetto pubblico.389

La sovrapposizione delle due prospettive rischia però di confondere due aspetti in fin dei conti differenti, facendo rientrare nell’ambito di una innovativa lettura del modo in cui deve massimizzarsi il valore della partecipazione anche un dovere di perseguire interessi differenti e non per forza collegati al miglior interesse dei clienti, se non in maniera indiretta.390 Su questo versante, è assai complesso rendere effettiva l’implementazione di simili politiche “socialmente responsabili” oltre quella che è una dichiarazione di buona volontà da parte degli investitori istituzionali, alla luce del frequentemente labile collegamento con lo scopo primario dell’attività gestoria ed anche della difficoltà a definire cosa sia eticamente responsabile e cosa non lo sia; d’altronde, l’adempimento degli obblighi fiduciari previsti dal legislatore a carico dei gestori è sovente percepito come ostativo di un’attenzione di questi a temi di responsabilità sociale391, che ben rischiano di deviare l’attenzione del gestore dalla priorità di massimizzazione del rendimento dell’investimento. Questo punto è stato affermato in un’importante (ed estremamente dibattuta) decisione inglese, Cowan v.

Scargill392, che ha stabilito come interessi di carattere “etico” non debbano, salvo casi eccezionali, influire sulla massimizzazione del rendimento dell’investimento. In sostanza, il problema del caso specifico era che la connessione tra la tutela dell’interesse dell’industria carbonifera inglese, i cui dipendenti partecipavano al fondo, e la tutela dei beneficiari del fondo era “too remote and unsubstantial”. Pare evidente che a fortiori abbia queste caratteristiche anche la tutela di interessi ancor più distanti dalla causa del contratto di investimento quali quelli ambientali. Ci si è già confrontati, inoltre, con il fatto che financo l’attivismo avente obiettivi di mera massimizzazione del rendimento finanziario è raramente richiesto dal mercato, e

389 T. KADMAN T. MARASENI, Addressing the participation gap in institutional investment: an assessment framework and preliminary results, in J.P.HAWLEY -A.G.F.HOEPNER -K.L.JOHNSON - J.SANDBERG -E.J.WAITZER (a cura di), Cambridge Handbook of Institutional Investment, cit., p. 452.

390 Va chiarito che l’investimento responsabile in quanto tiene conto delle ESG issues è comunque, per

definizione, concepito come compatibile con il perseguimento di obiettivi meramente economico- finanziari. Così esso è definito, ad esempio, nei Principles for responsible investement: “responsible

investment can and should be pursued even by the investor whose sole purpose is financial return, because it argues that to ignore ESG factors is to ignore risks and opportunities that have a material effect on the returns delivered to clients and beneficiaries”, in www.unpri.org/about/what-is- responsible-investment.

391 J. SANDBERG, Socially Responsible Investment and Fiduciary Duty, cit., p. 146.

392 In breve, nel caso in questione i gestori di un fondo pensione di lavoratori dell’industria carbonifera

adottavano una politica di investimento che prevedeva il ritiro dagli investimenti in paesi esteri e da quelli in imprese operanti in settori industriali in concorrenza con l’industria carbonifera. La Corte affermava che “the best interests of the beneficiaries are normally their best financial interests” e che

“In considering what investments to make trustees must put on one side their own personal interests and views. Trustees may have strongly held social or political views. They may be firmly opposed to any investment in South Africa or other countries, or they may object to any form of investment in companies concerned with alcohol, tobacco, armaments or many other things. In the conduct of their own affairs, of course, they are free to abstain from making any such investments. Yet under a trust, if investments of this type would be more beneficial to the beneficiaries than other investments, the trustees must not refrain from making the investments by reason of the views that they hold”.

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dunque anche la valorizzazione delle volontà dei clienti nell’ottica di un investimento socialmente responsabile rischia di portare poco lontano.393

Si può ritenere allora che la dicotomia tra valorizzazione finanziaria dell’investimento e incorporazione delle ESG issues nei doveri fiduciari sia fuorviante, atteso che nel mezzo tra i due profili si può individuare un modo di definire i doveri incombenti sul gestore che, seppur più concreto del riferimento a temi sociali e ambientali, e più vicino alla tutela dell’interesse dei sottoscrittori di quote del fondo, d’altro canto tenga in considerazione esigenze di contenimento del rischio derivante da uno short-termism “di mercato” e di valorizzazione degli investimenti sul lungo termine. Si differenziano allora le questioni di governance e, in generale, quei doveri di attivismo che riposano su ragioni di efficienza economica riscontrabile in maniera più diretta,394 da quelli cui corrispondono tensioni “etiche” che pur se auspicabili non possono pretendersi (a meno che sussista un legame diretto tra questi aspetti e la valorizzazione economica dell’investimento). Anzi, mentre tra investimento socialmente responsabile ed adempimento dei doveri fiduciari vi è una tensione “agonistica”395, restringendo la prospettiva “responsabile” alla necessità di prendere in considerazione gli aspetti economici dell’investimento in una prospettiva più ampia tale antagonismo finisce per essere considerevolmente ridotto (ed anzi, inversamente, si tratta di un modo di risolvere un problema di agency tra end-beneficiaries e gestori).

Una simile “separazione” tra environmental e social issues da un lato e governance

issues dall’altro mi sembra sia suggerita anche nello Stewardship Code inglese (e dalle

simili esperienze di soft law rinvenibili in altri ordinamenti), che tende a differenziare le questioni di governance, legandole alla tematica più generale della performance dell’impresa.396

393 Una scarsa applicazione in concreto dei principi per un investimento responsabile dal punto di vista

ambientale e sociale emerge d’altronde anche nello stesso report UNEP, Fiduciary responsibility, cit., p. 13.

394 Sul nesso tra governance e riduzione dei rischi di crisi dell’emittente o miglioramento della

performance sul lungo periodo, generalmente postulato nel presente lavoro, I. CHIU, The foundations

and anatomy of shareholder activism, cit., p. 30 ss.

395 R. A. POSNER J.H.LANGBEIN, Social Investing and the Law of Trusts, cit., p. 73, nota come “We define it [social investing] to mean excluding the securities of certain otherwise attractive companies from an investor's portfolio because the companies are judged to be socially irresponsible, and including the securities of certain otherwise unattractive companies because they are judged to be behaving in a socially laudable way. By "attractive" and "unattractive" we refer to the conventional objective of investment, which is to make money (…) for the investment beneficiary”. Gli autori, in

particolare, facendo riferimento al criterio della diversificazione come parametro di valutazione di una gestione diligente del portafoglio, notano come inevitabilmente un portafoglio cui sono preclusi taluni investimenti in quanto “non socialmente responsabili” sia meno diversificato, anche alla luce del fatto che le società in cui non è possibile investire non sono casuali, il che implica che il portafoglio di investimento non includerebbe perlopiù imprese appartenenti a determinati settori economici (ad esempio quello degli armamenti o del tabacco), aumentando considerevolmente il rischio cui è esposto il fondo. Un’evidenza empirica parzialmente contrastante, seppure riferita ai soli casi di investimenti in emittenti con c.d. constituency statutes, è rilevata da C.GECZY –J.S.JEFFERS –D.K.MUSTO –A.M. TUCKER, Institutional investing, cit., che notano come questi non spingano i gestori a non investire nelle società che li adottano.

396 Il Principle 4 afferma che “Instances when institutional investors may want to intervene include, but are not limited to, when they have concerns about the company’s strategy, performance, governance,

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Invero, la relazione tra attenzione ai temi sociali ed ambientali e doveri fiduciari sembra essere configurabile come una relazione di “tolleranza”, nel senso che i primi possono essere perseguiti solo nel momento in cui non precludono il raggiungamento degli obiettivi economici del fondo, anche in base ad una valutazione di tipo comparativo con altre scelte disponibili397; in alternativa, pare corretto ritenere che, come già visto, queste possano rilevare in quanto hanno effetti diretti sul rendimento della società (sono, cioè, “financially material” per il portafoglio di investimento, ad esempio perchè fondamentali per la reputazione della società)398o in quanto espressione della volontà dei beneficiari.399 Resta che, nell’ordinaria operatività di un investitore istituzionale, la considerazione di valutazioni sull’impatto ambientale e sociale delle scelte della società partecipata non può avere un rilievo davvero autonomo.

Differentemente, pare corretto fare rientrare i temi di “governance”, in quanto più direttamente connessi alla performance dell’impresa, alla sua gestione del rischio, al suo rendimento (e, dunque, al rendimento del fondo), non tra quelli che sono valutati opzionalmente dall’investitore, ma tra quelli che vanno direttamente integranti nelle sue scelte inerenti la composizione del portafoglio e l’esercizio dei diritti sociali. Il

remuneration or approach to risks, including those that may arise from social and environmental matters”, con il che sembra che queste ultime assumano rilevanza solo ove importino dei rischi per

l’impresa e non autonomamente, come avviene per le questioni di governance. Anche i Principi di Stewardship di Assogestioni al principio 3 separano, pur ponendole sullo stesso piano, le due materie

“Le Società di gestione potrebbero voler intervenire, ad esempio, quando nutrono rilevanti preoccupazioni in merito alla strategia e alle performance dell’emittente quotato partecipato, alla sua governance o al suo approccio a questioni ambientali e sociali”.

397 B. J. RICHARDSON, Keeping Ethical Investment Ethical: Regulatory Issues for Investing for Sustainability, in Journal of Business Ethics, vol. 87 (2009), p. 555, a p. 563. L’autore riporta anche

alcuni esempi di legislazione in questo senso, in cui ad esempio il legislatore svedese nel “National

Pension Insurance Funds” richiede ai fondi pensione di valutare “environmental and social considerations” comunque “without relinquishing the overall goal of a high return on capital”. Un

diretto riferimento viene, in questo senso, dall’interpretazione che il Department of Labor statunitense dà dei doveri fiduciari dei mutual funds e dei fondi pensione rispetto alla scelta di strategie fondate su “Economically Targeted Investments” (cioè “investments that are selected for the economic benefits

they create in addition to the investment return”). Si afferma in particolare nell’“Interpretive Bulletin Relating to the Fiduciary Standard Under ERISA in Considering Economically Targeted Investments”

che “the Department has stated that a plan fiduciary may consider collateral benefits in choosing

between investments that have comparable risks and rates of return, it has consistently held that fiduciaries who are willing to accept expected reduced returns or greater risks to secure collateral benefits are in violation of ERISA” e che “fiduciaries may consider such collateral goals as tie-breakers when choosing between investment alternatives that are otherwise equal with respect to return and risk over the appropriate time horizon”. Bisogna però considerare che “Environmental, social, and governance issues may have a direct relationship to the economic value of the plan's investment” ed

ove si configuri tale relazione diretta la valutazione dei fattori sociali e ambientali verrà “anticipata” alla fase della considerazione della generale profittabilità dell’investimento.

398 B. J. RICHARDSON -W.CRAGG, Being Virtuous and Prosperous: SRI's Conflicting Goals, cit., p. 33,

parla di “business case perspective”, contrapposta all’ipotesi in cui gli investitori istituzionali possano dare “independent weight to third party interests”.

399FRESHFIELDS BRUCKHAUS DERINGER, Freshfields Report, cit., p. 13. La tendenza a dare rilievo a tali

tematiche, ad ogni modo, sembra implicare uno spostamento da quella che è la volontà dei beneficiari a quella che è l’aspettativa che gli asset manager hanno della loro volontà sul temaLAW COMMISSION,

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riferimento al parametro australiano degli “incidental advantage”400 può aiutare a cogliere meglio la differenza, in quanto la promozione di un miglior sistema di governance non produce un vantaggio “accessorio”, ma un vantaggio diretto in termini di migliori rendimenti e maggiore stabilità dell’impresa partecipata.

La scissione tra il rilievo dato all’attivismo in senso di attenzione alla sostenibilità economica della governance sociale, che viene pienamente incorporato nei doveri fiduciari normalmente gravanti sul gestore, e il rilievo dato ad esso in quanto funzionale alla promozione di valori “etici”, che viene promosso senza però configurarsi come obbligo in senso proprio, non è volto a “svalutare” la rilevanza di questi ultimi, quanto a conciliare le esigenze di tutela dei risparmiatori nei confronti dei gestori ed a facilitare un cambio di paradigma generale nell’interpretazione che dei doveri fiduciari danno gli stessi gestori: se pare troppo radicale imporre loro l’obbligatoria considerazione di parametri ambientali e sociali nelle scelte di investimento e di engagement, più accettabile è pretendere che i diritti sociali vengano esercitati in modo responsabile ed in un’ottica di lungo periodo.

In altri termini, si stabilisce una sorta di presunzione di rilevanza per le governance

issues, che dovranno essere valutate dall’investitore istituzionale nell’effettuare le

proprie scelte di investimento. Differentemente, la rilevanza di altri fattori è subordinata alla loro capacità di incidere sul rendimento finanziario dell’investimento. Più corretto, dunque, sembra ritenere che una nuova visione dei doveri fiduciari tenda a rimuovere dall’orizzonte il concetto di massimizzazione dello shareholder value, quantomeno nella sua visione più “ristretta”, come obiettivo dell’attività gestoria degli amministratori in quanto voluto dagli investitori istituzionali.401 Come visto lo

shareholder value difficilmente è in grado di “incorporare” perfettamente le

valutazioni inerenti la stabilità e la profittabilità di lungo termine dell’impresa sociale: di conseguenza, un gestore diligente dovrebbe assumere alla base delle sue valutazioni parametri di riferimento più ampi (e d’altronde dello stesso shareholder value è stata promossa, negli anni, una lettura diversa, che mirasse ad una interpretazione “enlightened” del concetto). Da questo punto di vista, giova rilevare come negli stessi