Come già notato in precedenza, ricostruire il tema dei rapporti tra investitori e gestori come se nel rapporto di gestione fossero coinvolti esclusivamente tali soggetti peccherebbe eccessivamente di semplificazione. In realtà, l’attività di gestione collettiva del risparmio si articola su più piani e con la partecipazione di più soggetti che svolgono ruoli differenti allo scopo di garantire una maggiore specializzazione delle varie fasi ed una migliore efficienza del servizio.
La distinzione fondamentale è quella tra asset owners ed asset managers, ed è su tale distinzione che si fonda l’approccio all’esercizio dei diritti sociali ed alla partecipazione alla governance degli azionisti istituzionali di cui ai principi di
stewardship ed alla direttiva di modifica della shareholders’ rights directive che sono
oggetto di approfondimento nel prosieguo del lavoro. Gli asset owners coincidono, ad esempio, con i trustee o gestori di un fondo pensione o con un’impresa di assicurazione, mentre nella categoria degli asset managers rientrano quei soggetti che in concreto gestiscono il portafoglio di investimento, cui i primi si affidano. Ulteriori ruoli sono poi svolti dai proxy advisors o dagli investment consultans degli asset
owners, che contribuiscono alle scelte in tema di esercizio dei diritti sociali (nel primo
caso) e di definizione delle strategie di investimento (nel secondo). Al termine della “catena”, al capo opposto rispetto all’asset manager, si situa l’end investor. Ovviamente, quella tra asset owners ed asset managers non è una separazione che avviene necessariamente, dato che i primi possono scegliere di svolgere l’attività di
asset management “in house”, tuttavia è molto frequente in presenza di piccoli fondi
che non hanno le risorse adeguate per gestire in proprio il portafoglio. Sul punto, va poi ricordato per quanto specificamente concernente l’ordinamento italiano che i fondi
492 Si prevede poi l’obbligo di stabilire specifiche procedure per determinare il modo di esercizio dei
diritti sociali, e di documentarle; il divieto di delegare l’esercizio del diritto di voto ad altri soggetti del gruppo che non siano società di gestione, impegnando in ogni altro caso di delega la società di gestione a verificare che sia tutelato l’interesse dei clienti; il dovere di dare trasparenza al voto ed in generale ai comportamenti tenuti nell’esercizio di questa facoltà.
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pensione, ai sensi del d.lgs. 252/2005 art. 6 c. 1 tendono a dover necessariamente ricorrere ad un gestore esterno (tale rapporto, per quanto specificamente regolato, è riportato in via generale alla gestione individuale di portafogli).493
La struttura multilivello della gestione in monte del risparmio comporta ovviamente il rischio di una deviazione dal perseguimento degli interessi dell’end-investor, moltiplicandosi i problemi di agency che insistono tra i beneficiari del servizio di gestione ed i soggetti che prendono le decisioni di investimento. Proprio in ragione di ciò, nella Kay Review veniva suggerita l’estensione dei doveri fiduciari “to all
relationships in the investment chain which involve discretion over the investments of others, or advice on investment decisions”,494 a prescindere dal fatto che lo specifico rapporto intercorra tra un intermediario ed altri operatori professionali e dunque sollevi il problema della necessità di una disciplina protettiva (come nel caso, appunto, del fondo pensione che ricorre ad un asset manager esterno o ad altre tipologie di consulenti)495, in virtù del fatto che gli effetti finali delle scelte dell’operatore del mercato si producono comunque in capo ad un soggetto “non professionale”, nei confronti dei quali può essere opportuno prevedere uno standard più elevato di tutela, quello caratterizzante i doveri fiduciari.496 In effetti, i rapporti tra i vari soggetti coinvolti nella gestione del risparmio in monte (investment managers, advisors) in quel contesto si possono prestare, in base al modo in cui in concreto è strutturato il rapporto, ad una ricostruzione in termini di rapporti fiduciari497, giungendosi financo a poter ritenere configurabili dei doveri fiduciari che gravano sull’investment manager verso i clienti del suo mandante. Quest’ultima opzione ermeneutica risulta però poco convincente, ed anche nel nostro ordinamento le norme in tema di delega contenute nell’art. 33 c.4 TUF e nel Regolamento Congiunto si focalizzano più sull’evitare che le deleghe abbiano carattere spoliativo e sul riaffermare la persistenza di una
493 P. CORRIAS, Convenzioni di gestione in regime di contribuzione definita e finalità previdenziali,
in Resp. civ. prev., 2010, p. 500; M. MOIA, La gestione collettiva del risparmio, cit., rileva come questo valga anche per il diritto di voto, che spetta al fondo pensione come nella gestione di portafogli continua a spettare al beneficiario della gestione.
494 J. KAY, Review of equity markets, cit., p. 67. Va notato sul punto che invece, ai sensi
dell’interpretazione che dà la SEC del rapporto tra mutual funds ed investment advisers, questi ultimi hanno un dovere fiduciario di agire nel miglior interesse del fondo e dei suoi clienti, J. S. TAUB, Able
but not willing, cit.
495 Non si deve, ovviamente, trascurare la possibilità che anche tra soggetti professionali vengano in
rilievo esigenze di protezione della parte meno informata nei confronti di quella più informata, e si è già notato come sovente gli asset owners siano caratterizzati da scarse capacità valutative della condotta e delle strategie degli asset managers. In una prospettiva più generale in tema A. PERRONE, Mercato
all’ingrosso e regole di comportamento, in Riv. Soc., 2010, p. 522.
496 J. KAY, Review of equity markets, cit., p. 65, a partire dalla considerazione che l’operato dei vari
intermediari “involve discretion over the investments of others, or advice on investment decisions”.
497 LAW COMMISSION, Fiduciary duties of investment intermediaries, cit., pp. 190 – 191 e 203. In
generale, la Law Commission rileva però come le Corti nei sistemi di Common Law tendano a ritenere ampiamente derogabili i doveri fiduciari per via contrattuale, e dunque, stante l’autonomia contrattuale delle parti, non ritengano di norma opportuno “superimpose a fiduciary relationship upon a contract”. Ciò soprattutto laddove si tratti di rapporti contrattuali insistenti tra operatori professionali.
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responsabilità diretta del gestore delegante che sul definire specifici doveri del delegato.
Opportuno è forse distinguere tra la mera delega di alcune funzioni (cui sono forse assimilabili le convenzioni di gestione stipulate tra un fondo pensione ed una SGR, atteso il potere direttivo riservato al primo, la facoltà di recesso e l’attribuzione del diritto di voto allo stesso di cui al D.lgs. n. 252/2005 art. 6 c. 8 lett. c) e la delega della gestione tout court, che si aveva, ad esempio, nell’ipotesi di separazione tra promozione e gestione. Va rammentato infatti che la delega come disciplinata dal nostro regolatore, peraltro richiamandosi direttamente al legislatore europeo (regolamento 231/2013, art. 75 e ss.) ha natura tendenzialmente limitata, quantomeno dal punto di vista qualitativo delle operazioni che sono liberamente eseguibili da parte del gestore delegato, garantendosi un forte potere direttivo al delegante (tanto da essere assimilata alla gestione individuale di portafogli)498. Da ciò si fa derivare l’assenza di un rapporto diretto tra gestore delegato e cliente del fondo, in quanto il primo è legato da un rapporto contrattuale solo con il delegante499, per quanto questo sia funzionale all’espletamento dell’attività gestoria nei confronti del beneficiario.
Se, dunque, nel contesto della investment chain non si può ritenere universalizzabile la sussistenza di rapporti fiduciari, tantomeno nei confronti del cliente, il rapporto triangolare tra asset owner, asset manager ed end-beneficiaries per onnicomprensività della delega potrebbe richiamare quello tra SGR promotrice, SGR gestore e clienti, che attribuiva, prima della recente riforma (che esclude la separazione genetica delle due funzioni)500 uguali responsabilità ad entrambe nei confronti dei clienti del fondo, verso i quali anche secondo il dettato attuale del TUF entrambe “agiscono in modo
indipendente e nell’interesse dei partecipanti al fondo,assumendo verso questi ultimi gli obblighi e le responsabilità del mandatario”501, vale a dire che per entrambe
sussiste un rapporto contrattuale di carattere fiduciario con il cliente, oltre che un rapporto fiduciario tra le stesse in virtù degli obblighi di cooperazione che la stessa legge attribuisce loro.502 Tale forma di doppia responsabilità potrebbe allora estendersi anche all’ipotesi in cui, anche nel contesto attuale, permanga una delega particolarmente ampia se non della totalità dell’attività gestoria all’asset manager. Si spiega allora in quali termini il Green Paper The EU Corporate Governance
Framework, dianzi citato, ricolleghi l’adempimento di doveri fiduciari alla posizione
dell’asset manager, che si avrà laddove il compito gestionale ad esso attribuito abbia una particolare ampiezza e, pur nel quadro delle scelte “di fondo” effettuate dall’asset
owner, attribuisca poi al gestore dell’investimento una libertà amplissima quanto alla
498 L. PICARDI, Impresa e contratto nella gestione del risparmio, cit., p. 238 ss.
499 V. TROIANO, Commento all’art. 37, in M.FRATINI –G.GASPARRI (a cura di), Il testo unico della finanza, cit., p. 582; L. PICARDI, Impresa e contratto nella gestione del risparmio, cit., p. 251.
500 R.LENER –C.PETRONZIO, La gestione collettiva del risparmio a 15 anni dal TUF, cit., p. 177. 501 In questo senso la rimozione del riferimento al fatto che le due SGR rispondono “solidalmente” nei
confronti del beneficiario della gestione non implica un mutare della loro responsabilità, così P. SPOLAORE, Gestione collettiva del risparmio, cit.
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concreta attuazione del programma gestorio: ciò connota altri ordinamenti europei (che peraltro erano caratterizzati da regimi meno restrittivi del nostro per quanto riguarda la limitazione dei poteri del delegato).503 A tale tipo di differenziazione può forse riportarsi, nel contesto attuale, la distinzione tra delega ordinaria (artt. 50 del Regolamento Congiunto e 75 del Regolamento UE 231/2013) e delega della gestione del portafoglio e del rischio (artt. 53 del Regolamento Congiunto e 78 del Regolamento UE 231/2013) che richiede maggiori cautele, essendo presente una specifica riserva di attività e dandosi regole più incisive anche per quanto concerne il riconoscimento di conflitti d’interessi (art. 80 Regolamento UE 231/2013). In effetti, come si noterà, la definizione di asset manager contenuta nuova direttiva shareholders’ rights è particolarmente ampia, in quanto coincide con quella dei gestori di organismi di investimento collettivo del risparmio tout court.
Ove però la ricostruzione venisse effettuata in questi termini, essa potrebbe ritenersi insoddisfacente quanto al livello di diligenza e di cura dell’interesse dei beneficiari che auspicabilmente dovrebbe essere richiesto ai gestori delegati e, più in generale, ai vari soggetti coinvolti nella investment chain, come delineato nella Kay Review. Proprio in ragione di ciò, allora, una definizione di uno standard più elevato di diligenza, quale quello appunto richiesto dal riconoscimento di doveri fiduciari, potrebbe essere particolamente opportuno, ove maggiore sia la discrezionalità attribuita al gestore delegato. Quantomeno, sarebbe auspicabile una specificazione dei doveri del soggetto delegato, a prescindere dalla definizione contrattuale dei suoi doveri che è affidata alla responsabilità del gestore delegante.504
In effetti, il concetto alla base della disciplina della delega stava nel tracciare delle cautele volte a proteggere il beneficiario, e sostanziate in particolare nell’impossibilità che il gestore delegante fosse esonerato a causa di queste dalle proprie responsabilità. Se però cambia lo scenario che ci troviamo di fronte, e quella tra asset owner ed asset
manager viene a configurarsi come una relazione in cui è quest’ultimo ad avere un
ruolo dominante, come rilevano alcuni osservatori,505 le esigenze di tutela dei beneficiari richiedono che anche ad esso si estendano i doveri di perseguimento dei loro interessi, fermo restando il ruolo protettivo della regolazione delle convenzioni di gestione (nel caso dei fondi pensione) e delle deleghe (nel caso dei fondi comuni).506 In realtà, espressione di un simile approccio mi sembra possa essere rintracciata, per quanto concerne la figura dei proxy advisors, nella direttiva di modifica della
503 L. PICARDI, Impresa e contratto nella gestione del risparmio, cit., p. 254.
504 LAW COMMISSION, Fiduciary duties of investment intermediaries, cit., p. 207, si schiera contro la
possibilità, suggerita dalla Kay review, di definire dei doveri fiduciari più ampi in via legale, proponendo in alternativa una maggiore possibilità di agire in via giudiziale per il risarcimento dei danni nei confronti di un intermediario che non abbia adeguatamente tenuto in considerazione di interessi del beneficiario della gestione.
505 A. TILBA –T.MCNULTY, Engaged versus Disengaged Ownership, cit., p. 171. 506 L. PICARDI, Impresa e contratto nella gestione del risparmio, cit., p. 262.
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shareholders’ rights directive,507 che verrà analizzata nelle prossime pagine, che richiede che questi assicurino l’accuratezza delle loro raccomandazioni di voto ed il fatto che queste siano sviluppate nell’esclusivo interesse dei loro clienti.508 A fortiori allora, simili requisiti dovrebbero essere imposti agli asset managers che, pur se delegati da un investitore istituzionale, prendono in prima persona le decisioni gestorie.