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C OESIONE E QUITÀ , S TABILITÀ F ISCAL COMPACT

RIORDINO TERRITORIALE: LA GEOMETRIA VARIABILE DELLA COESIONE

3. C OESIONE E QUITÀ , S TABILITÀ F ISCAL COMPACT

Nella terza fase riassunta nella tabella II risulta evidente come la tematica della crisi economica si imponga come criterio dirimente nei temi della coesione che deve rispondere al tema della disomogeneità della disuguaglianza e della differenza intesa come distanza dai livelli di convergenza e dunque dell’instabilità. In ultima analisi si può sintetizzare che gli squilibri sono l’origine della mancata coesione e della mancata stabilità. L’Europa, dunque, bilancia il principio di coesione che si esplica con l’equità delle politiche redistributive con il principio della stabilità che si ottiene con il Fiscal compact (Decisione del Consiglio Europeo 25 marzo 2011, e con il Trattato sul meccanismo di stabilità – TMES, e del Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance nell’Unione

Economica e Monetaria – TSCG, del 2012).

A livello nazionale l’avvenuto inserimento della regola aurea nella Costituzione italiana, legge costituzionale n. 1/2012, e la sua estensione ai bilanci delle ripartizioni territoriali ripropone il tema della realizzazione di una struttura (intesa come articolazione territoriale)(1) maggiormente

rispondente ai processi di integrazione europea e al sistema economico internazionale.

(1) Tema caro e noto ai geografi che in più di un’occasione hanno sottolineato la crescente inadeguatezza della maglia amministrativa

Il tema è e ricorsivo poiché all’incontestata valenza del ruolo regionale nell’organizzazione terri- toriale italiana manca l’attuazione del federalismo fiscale. Ma la carenza di un’effettiva perequazione orizzontale, come sottolinea la crisi economica, rimarca il tema della disomogeneità regionale: impedimento ai percorsi di avviamento del federalismo fiscale o se si vuole di reale governance che si scontra con i criteri di uniformità ed equità con cui si opera la ripartizione economica.

L’argomento degli squilibri quindi non è passato di moda e sottolinea l’incapacità che ha avuto lo stato nello svolgimento della funzione perequatrice. Incapacità correlata col mancato accoglimento delle riflessioni degli studi sulla regionalizzazione. Non vi è, infatti, una corrispondenza tra gli attuali areali con livelli di omogeneità: geografica, di popolazione, economica ma sono presenti anche situazioni di incomparabilità nella densità in termini di distribuzione urbana e di integrazione dei rapporti città campagna. Allo scarso risultato perequativo si associa, inoltre, un altro fattore che contribuisce alla vischiosità del processo di riordino: la mancata diminuzione della spesa statale a fronte del trasferimento di funzioni agli altri enti territoriali (MANGIAMELI, 2012).

4. CONCLUSIONE

Un’adeguata ripartizione territoriale può essere quindi maggiormente rispondente ad un sistema di governance fiscale. Le regioni potrebbero assumere una responsabilità diretta nelle questioni perequative insieme allo Stato innescando processi virtuosi di competizione. Tale re-scaling potrebbe essere premiale per le regioni che raggiungono i migliori risultati. Garante della coesione interna rimarrebbe lo Stato.

Le regioni hanno svolto un ruolo importante come laboratori di federalismo e potrebbero sfruttare gli squilibri regionali come volano di crescita in una visione coesa dello sviluppo prevedendo strategie macroregionali con funzione principalmente perequativa e promozionale. Tale rafforzamento interno del federalismo cooperativo gioverebbe allo Stato nell’esplicitare la sua funzione di negoziazione nelle sedi internazionali a tutela dell’interesse nazionale attuando una ricomposizione del parallelismo che si basa su una logica di scale di potere territoriale che non può essere scorporata da ragionamenti su ampiezza e forma perché sono questi che sostanziano l’effettivo contributo della valenza territoriale alla perequazione e allo sviluppo rispetto ai criteri di sussidiarietà adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost., introdotto con la l. Cost. n. 3/2001).

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RIASSUNTO – Nel lavoro si propone una lettura dei processi di riordino territoriale in Italia interpretandoli alla luce del processo di integrazione europea. Barometro, questo, della situazione politica che cerca un equilibrio chiasmatico tra coesione-equità, autonomia e centralizzazione. Baricentro del conflitto è la dimensione regionale collocata in un contesto squilibrato, di conseguenza ineguale, dunque impossibilitata a svolgere ovunque le stesse competenze. L’impianto delle soluzioni europee macro-regionali è un suggerimento, anche alla scala nazionale, per avviare processi di re-scaling territoriale volti a un rafforzamento interno del federalismo cooperativo favorendo l’unione tra ragionamenti su ampiezza e forma che sostanziano l’effettivo contributo della valenza territoriale alla perequazione e allo sviluppo rispetto ai criteri di sussidiarietà adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost., introdotto con la l. Cost. n. 3/2001).

SUMMARY – The aim of this paper is to interpret of the Italian territorial reorganization process in the light of the European integration process. Consequently this becomes a barometer about political question that seeks a balance chiasmatic between cohesion-equity, autonomy and centrality. Regional dimension in a unbalanced territorial context is the barycentre of conflicts between rising of competencies of region, linked to integration process, and their capability to realize them. The European Macro-Region experiences suggest a re-scaling solution also at a national level to promote, in a juridical concept about subsidiarity, adequacy and differentiation (art. 118 Cost., introduced with l. Cost. n. 3/2001), the territorial dimension through cooperative federalism.

Parole chiave: integrazione europea, riordino territoriale, coesione.

SERGIO ZILLI

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