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R IQUALIFICAZIONE DELLA «S TAZIONE C ENTRALE » DI M ILANO PER IL RINNOVO DELLA CITTÀ

UNA «PERIFERIA» NEL CENTRO DELLA CITTÀ IL CASO DELLA «STAZIONE CENTRALE» DI MILANO

4. R IQUALIFICAZIONE DELLA «S TAZIONE C ENTRALE » DI M ILANO PER IL RINNOVO DELLA CITTÀ

La riqualificazione della Centrale, principale terminal ferroviario di Milano, centro nevralgico delle mobilità milanese e porta di accesso alla città anche per i visitatori di «Expo 2015», segna una tappa fondamentale per il potenziamento dei trasporti regionali e metropolitani e valorizza il ruolo della stazione come crocevia della nuova linea Alta Velocità/Alta Capacità (www.rpapg.it).

La trasformazione della stazione da luogo destinato alla clientela ferroviaria e, peggio ancora, ai diseredati in luogo urbano centrale equivale a far sì che la ferrovia e la stazione ferroviaria in particolare cessino di rappresentare una «barriera» tra il «centro» e la «periferia», un luogo sostanzialmente estraneo al resto del tessuto urbano, ma che diventino luoghi di connessione e di nuova centralità, capaci di attirare e di sostenere le più diverse funzioni commerciali, direzionali e di servizi.

Il nodo-stazione più che rappresentare un esempio interessante delle ridefinizione della rete in termine di «insieme di punti», diventa un luogo attorno al quale si compie il processo di territoria- lizzazione dell’infrastruttura di trasporto, poiché «cerniera». Quale nodo di interconnessione tra rete e territorio, la stazione rappresenta, pertanto, il luogo dove intervenire a livello di pianificazione urbanistica per definire funzioni, assetti, strategie che valorizzino le potenzialità della rete secondo logiche che non prescindano dagli aspetti tecnici della stessa e anche dal contesto fisico di riferimento, poiché la relazione tra infrastruttura e creazione di nuove polarità non può non essere posta unicamente come rapporto tra progetto di trasporto ed effetti indotti, in quanto l’intervento infrastrutturale spesso è portatore anche di un «progetto di localizzazione» che dovrebbe discendere dalle qualità stesse delle reti e dei nodi» (PUCCI, 1996, p. 59).

Il caso di ristrutturazione delle «Stazione Centrale» di Milano è squisitamente significativo. Oltre al restauro dell’edificio storico, il progetto ha previsto la riorganizzazione ed il potenziamento dei servizi offerti ai viaggiatori ed ai cittadini e la riorganizzazione dei sistemi di accessibilità e di mobilità interna, per cercare di gestire al meglio il flusso giornaliero di fruitori provenienti dalla città, aumentando la permeabilità ed i collegamenti tra i quartieri circostanti e creando, così, nuove relazioni urbane. A tal fine, la «Galleria delle Carrozze» è stata resa pedonale, mettendo in comuni- cazione diretta Piazza Luigi di Savoia e Piazza IV Novembre. Lo smistamento dei flussi di passeggeri provenienti dalla città e diretti ai treni è stato riorganizzato attraverso l’installazione di nuove pedane mobili ed ascensori di grandi dimensioni, che consentono di ridurre le rotture di carico.

L’opera di ristrutturazione ha permesso il restauro dell’edificio storico e degli spazi interni ad esso, ma ha previsto anche la massiccia introduzione di attività commerciali all’interno degli spazi un tempo destinati ai servizi ferroviari, conferendo alla stazione un’immagine molto vicina a quella di uno shopping

mall. Una scelta progettuale criticabile attiene la nuova configurazione dei percorsi interni, che tendono

a convogliare i viaggiatori verso il «percorso commerciale», piuttosto che garantire un collegamento direttamente percepibile con le banchine. In modo specifico, le pedane mobili, poste in senso ortogonale all’itinerario più breve per raggiungere i binari, all’uscita della metropolitana o dall’ingresso principale, diventano un ostacolo per i viaggiatori che vogliono raggiungere in breve tempo le banchine, ma assecondano pienamente il percorso dei consumatori (CONTICELLI, 2012, pp. 72-73).

Quanto al versante della sicurezza, fino ad una decina di anni fa, qualcuno osservava che, a differenza di altre stazioni europee, la «Stazione Centrale» di Milano esprimeva un’anomalia, dato che i sistemi di controllo non apparivano radicalmente innovati, ma piuttosto adattati alla situazione preesistente.

In Italia, solo con le modifiche contemplate dal cosiddetto «Pacchetto Pisanu» (Dl. Consiglio dei Ministri del 22 luglio 2005, art. 18), per la prima volta è stato possibile introdurre guardie giurate nelle stazioni, in precedenza considerate spazi soggetti unicamente al controllo delle polizie di Stato.

In questa prima fase, la presenza delle polizie private appare marginale e riservata alla custodia di passaggi delicati, di aree «sensibili», mentre è prevalentemente la Polfer a continuare ad occuparsi dei viaggiatori e di chi sosta in stazione.

Foriera di grandi cambiamenti è apparsa, invece, la privatizzazione del sistema ferroviario, che in effetti ha condotto ad altri interventi nelle «Grandi Stazioni» italiane (PETRILLO, 2006, pp. 335-

336). Inoltre, soprattutto sotto l’impulso di «Expo 2015» sono state intensificate le misure antidegrado e di prevenzione contro la criminalità.

È stata ristrutturata la «Galleria delle Carrozze», grazie alla realizzazione di box trasparenti in vetro, per ospitare attività commerciali, due al centro e quattro agli angoli. Le uscite della metropolitana ritenute più a rischio, dove si formano bivacchi notturni, sono state chiuse, come, di notte, i binari, dove porte scorrevoli di vetro impediscono l’ingresso agli estranei ed intrusioni sui vagoni, peraltro permesso soltanto ai possessori di regolare biglietto. Sono stati ricavati nuovi spazi in Via Sammartini, per accogliere e garantire un’assistenza più dignitosa ai profughi. Novità anche dal punto di vista dei controlli, con il potenziamento, in particolare, di alcuni reparti, quale quello delle unità cinofile. È stata ampliata la lotta all’abusivismo commerciale e di servizi, oltre quella diretta alla prevenzione di situazioni di microcriminalità. A tale proposito, volantini e cartelloni invitano a prevenire gli scippi.

«Expo 2015» è in appuntamento molto importante e come ha affermato pure il Prefetto Francesco Paolo Tronca bisogna far sì che la «Stazione Centrale» raggiunga standard di sicurezza e vivibilità degni di Milano, senza anomalie di sorta. Dal canto loro, «Rete Ferrovie» e «Grandi Stazioni» hanno messo in essere una razionalizzazione degli interventi di polizia. In definitiva, la stazione deve diventare un passaggio sereno e nelle strade circostanti sono state potenziate le azioni di controllo ed il contrasto al parcheggio selvaggio.

5. CONCLUSIONE

«Porta del lavoro, ponte della necessità, estuario del sangue semplice»: così la scrittrice Anna Maria Ortese descrive la «Stazione Centrale» di Milano (ORTESE, 1958, p. 44). Forse il più noto esempio

in Italia di passaggio tra eclettismo, liberty e razionalismo fascista (Malvicini), la «Stazione Centrale» è un monumento alla città industriale, un gigante di pietra, marmo, vetro e ferro (FOOT, 2008, p. 18).

Come tutte le stazioni di testa, che contraddistinguono le capitali europee all’avvento della ferrovia, anche la «Stazione Centrale» di Milano è, al tempo stesso, parte della città e passaggio verso l’esterno. La sua stessa struttura sembra richiamare questa doppia funzione, con il suo aspetto bifronte: da una parte, la facciata classicheggiante, con le composizioni dei marmi e delle pietre pregiate, quella rivolta allo spazio urbano, al quale si affaccia in forme volutamente ricercate e convenienti alla funzione; quello rivolto verso lo spazio extraurbano, dove dominano il ferro ed il vetro, materiali nuovi e versatili del XIX secolo (PIZZUOLI, 2010).

I nuovi arrivati sono consapevoli di varcare la soglia della «città operosa» (ibidem; BIGATTI, 2007),

nel miraggio, spesso disilluso, di un posto di lavoro. Ma la «Stazione Centrale» è pure un paesaggio sonoro. Interessanti, a questo proposito, ci sembrano le osservazioni di Laura Barra e di Simone Carlo:

È possibile suddividere idealmente lo spazio della stazione Centrale di Milano in 5 aree. La prima corrisponde all’area taxi e all’imbocco della metropolitana (Galleria delle Carrozze): luogo ibrido, che unisce un uso dello spazio in termini di transito (soggetti che entrano ed escono dalla stazione) e di attesa (dei taxi, di altre persone). L’ambiente sonoro è dominato da suoni «naturali» (auto, gente in attesa e in transito).

La seconda area è quella delle biglietterie e delle scale che portano al primo piano, articolata in tre spazi (Atrio centrale, Ovest, Est): di nuovo uno spazio di transito (in entrata e uscita dalla stazione) e di attesa (è un tipico luogo di appuntamento, ma anche quello di fila per le biglietterie). Ai suoni ambientali naturali si aggiunge l’audio-diffusione degli annunci di servizio.

La terza area è quella in corrispondenza del primo piano della stazione, prima dell’accesso ai binari. Lo spazio è ancora sia del transito sia dell’attesa, mentre i suoni ambientali convivono con l’audio-diffusione degli annunci di servizio e aumentano di rumorosità, vista la vicinanza dei treni.

La quarta area (Area Fronte binari) è il cuore della stazione, suddivisa nell’atrio di testa e nelle banchine: qui compaiono gli schermi, con la conseguente moltiplicazione dei piani sonori.

L’Area Fronte Binari della Stazione Centrale è un ambiente estremamente denso: la presenza di punti commerciali (bar, edicole, chioschi) e di persone in attesa lo rendono saturo di suoni. Alla densità di sonoro «umano» (le voci, i rumori delle valigie) si sommano i suoni diffusi da sistemi tecnologici (altoparlanti, schermi pubblicitari) e quelli meccanici (i treni fermi in stazione, i mezzi di servizio che percorrono l’atrio). La molteplicità di piani sonori è amplificata dall’organizzazione architettonica della stazione (estesa in verticale nella campata ad archi, con atrio ridotto) (BARRA e CARLO, 2009, pp. 35-36).

A pochi passi dalla massicciata della «Stazione Centrale», quella casa un tempo «in mezzo all’erba», al numero 14 di una strada stretta e lunga, Via Gluck, cantata da Adriano Celentano, sussiste. E, se molto è cambiato dagli anni Sessanta, in cui «Il ragazzo delle Via Gluck» incominciò a diventare la ballata simbolo degli ambientalisti, contro l’avanzata del cemento, se, all’orizzonte, nuovi grattacieli hanno ridisegnato lo skyline di Milano, se quella strada, che si fa fatica a scovare, è diventata anonima e multietnica, se quella palazzina a tre piani celebrata dal cantautore, con il ballatoio delle vecchie abitazioni di ringhiera milanesi, ha i muri scrostati, confuso tra i rumori del traffico, si può udire ancora «l’amico treno che fischia così… uaua».

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LUIGI SCROFANI

AREA URBANA, AREA DI CONFLITTI PERMANENTI?

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