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R USSIA , B IELORUSSIA , U CRAINA E M OLDAVIA

LA RISTRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO ECONOMICO POST SOVIETICO: REGIONALISMI EUROPEI IN CONFLITTO

2. R USSIA , B IELORUSSIA , U CRAINA E M OLDAVIA

Nonostante in Russia vi sia stata una crescita di produttività industriale negli ultimi decenni (AHREND, 2006), il livello di esportazioni a medio o alto contenuto tecnologico resta al di sotto di

quello di molti Paesi emergenti (CONNOLLY, 2008) e la nazione rimane fortemente dipendente dal

settore dell’energia.

Come emerge dalla figura I, il commercio della Russia con i Paesi dell’area CSI è andato incontro

negli ultimi decenni a un lento declino fino quasi a dimezzarsi. Ciò è il risultato del crollo delle esporta- zioni di carburante che si è verificato alla fine degli anni Novanta e della crescita delle importazioni cinesi, per cui, mentre le importazioni CSI sono passate in vent’anni da livelli del 20-30% a meno del

15%, quelle cinesi sono cresciute dal 2% al 15%. Se si omette la componente energetica, però, la quota di commercio totale con gli stati CSI si è mantenuta sul 20%, risultato di calanti importazioni compen-

sate da crescenti esportazioni.

I rapporti con l’Europa sembrano invece caratterizzati da una fase ascendente interrotta dal- l’erompere della crisi economica globale. Questa pare essere una buona spiegazione per la componente non energetica, dal momento che le esportazioni verso i principali Paesi europei (Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi) conoscono una flessione proprio negli anni della crisi. Le importazioni russe, però, avevano iniziato a declinare già qualche anno prima della crisi, come nel caso di Germania (ora non più partner principale ma solo splendido secondo dopo la Cina), Italia e Finlandia. Se si considerano invece i dati comprensivi di esportazioni energetiche, l’importanza europea inizia a calare già dal 2000 se non fosse per i Paesi Bassi. Questi, infatti, durante gli anni Novanta si rifornivano di idrocarburi principalmente da Norvegia (20%) e Arabia Saudita (15%), mentre la Russia era un fornitore marginale (5%). Nel giro però di pochi anni il Paese ha completamente riorientato i propri acquisti e la Russia già nel 2007 conquistava un terzo del mercato a spese dei due concorrenti. Dal punto di vista della Russia ciò significa che il mercato olandese assorbe al momento un quinto di tutte le sue esportazioni energetiche (Fig. I), mentre gli altri Paesi europei nel loro complesso sono passati da più del 60% a meno del 40%.

Il riorientamento dei rifornimenti olandesi ha coinvolto anche la Bielorussia, la quale importa petrolio russo per raffinarlo e riesportarlo (CONNOLLY, 2008, p. 597). Nell’ultimo decennio infatti gli

idrocarburi hanno finito col rappresentare la quasi totalità delle esportazioni del Paese nei Paesi Bassi, che dopo la Russia sono diventati il principale mercato di sbocco bielorusso, assorbendo circa il 17% delle esportazioni. Senza i Paesi Bassi, la quota di esportazioni in Europa, dopo un picco del 30% nei primi anni del nuovo millennio, sarebbe nuovamente scesa ai valori degli anni Novanta (20% circa). Mentre la struttura delle importazioni si è mantenuta stabile (Russia 60%, 20% UE),le

(2) Si tenga ad ogni modo presente che i dati di commercio per l’area CSI non sono sempre affidabili, specialmente nel caso delle

piccole economie, cfr. CHIARUTTINI (2014a).

(3) Per motivi di spazio i grafici si riferiscono soltanto a una selezione di Paesi particolarmente emblematici.

(4) Un valore, ad esempio, del Kazakistan di 3,5 nel 2010 per i flussi commerciali compresi i combustibili significa che il Paese in

0 10 20 30 40 50 60 70 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 b) Esportazioni di combustibili UE-27 CSI

UE-26 (no Paesi Bassi) Paesi Bassi 0 10 20 30 40 50 60 70 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 a) Commercio totale UE-27 CSI

UE-27 (no combustibili) CSI (no combustibili)

esportazioni verso la Russia sono andate diminuendo a favore dell’Europa per poi stabilizzarsi negli ultimi dieci anni sul 30-40%.

Fig. I – a) Flussi di commercio totali (esportazioni più importazioni) della Russia verso l’Unione Europea (UE-

27) e i Paesi dell’area CSI, 1995-2012 (percentuali sul totale dei flussi complessivi e di quelli al netto dei

combustibili); b) Esportazioni di combustibili della Russia verso l’Unione Europea (UE-27), l’Unione Europea

esclusi i Paesi Bassi, i Paesi Bassi e i Paesi dell’area CSI, 1995-2012 (percentuali sul totale).

Fonte: elaborazione propria su dati UNCTAD.

La situazione in Ucraina è stata invece caratterizzata da un dimezzamento delle esportazioni verso la Russia nella seconda metà degli anni Novanta (dal 40% al 20%) a cui ha fatto seguito una stabi- lizzazione ed infine un aumento nell’ultimo decennio, sfiorando valori del 30%. Il mercato europeo si è evoluto specularmente, con una fase ascendente fino al 2003 seguita da una decrescita quasi ai valori degli anni Novanta (25%), di modo che negli ultimi anni Russia e Europa hanno assorbito all’incirca la medesima quota di esportazioni, mentre l’area CSI nel suo complesso è tornata ad essere il mercato

prevalente (quasi 40%). Ciò è dovuto alla crescita anche di altri ex stati sovietici, come la Bielorussia o il Kazakistan, e alla contemporanea contrazione di mercati importanti quali Germania e Italia. Le importazioni dalla Russia, invece, sono andate costantemente calando (dal 50% al 20%) per poi risalire nel periodo 2009-2012; quelle europee al contrario sono aumentate fino al 2007 (37%) superando quelle russe (28%) per poi lentamente decrescere, cosicché nel 2012 UE e Russia contavano entrambe per un

30%. Interessante è anche notare la composizione asimmetrica delle esportazioni ucraine verso l’Europa e la Russia. Il 70% delle esportazioni in Russia sono costituite da manufatti; verso l’Europa, invece, la quota dei manufatti, cresciuta dal 40% a più del 60% nel 2007, è calata in seguito di più di dieci punti percentuali, mentre sono aumentate le esportazioni alimentari, pari nel 2012 a quasi il 30% del totale. Se si mettono a rapporto le esportazioni verso Europa e Russia nei diversi settori, emerge come il Paese esporti fino a 30 volte più prodotti agricoli non lavorati verso l’Europa (essendo questi virtualmente inesistenti negli scambi russi), a cui si aggiungono le esportazioni quasi tre volte più alte di prodotti alimentari. L’Ucraina esporta anche più metalli e minerali in Europa che in Russia, quasi lo stesso livello di beni a basso contenuto tecnologico, leggermente più prodotti tecnologicamente avanzati ma all’incirca la metà di produzioni intermedie.

In Moldavia, Paese dipendente prevalentemente dall’esportazione di prodotti agricoli (come vino e olio di semi di girasole), tessili e dalle rimesse degli emigranti, la Russia ha perso progressivamente terreno e la UE controlla ormai circa la metà sia dei mercati di esportazione che di importazione. Di

tale sviluppo è responsabile in buona parte la Romania, partner sempre più importante e verso cui nel 2012 è affluito il 20% delle esportazioni (pari alla quota della Russia o dell’intera area euro) e che ora rifornisce la Moldavia per una quota del 15%, superando così da sola di 5 punti percentuali la Russia.

0 0,5 1 1,5 2 2,5 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Ucraina 0 0,2 0,4 0,6 0,8 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Bielorussia

UE-27 UE-27 (no combustibili)

Fig. II - Flussi di commercio totali (esportazioni più importazioni) verso l’Unione Europea (UE-27) in rapporto

ai flussi totali verso la Russia, 1995-2012.

Fonte: elaborazione propria su dati UNCTAD.

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