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U NIONE E UROPEA

LA RISTRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO ECONOMICO POST SOVIETICO: REGIONALISMI EUROPEI IN CONFLITTO

5. U NIONE E UROPEA

Benché in teoria l’integrazione europea dovrebbe portare a una crescita del commercio interno all’area superiore a quella col resto del mondo, in pratica negli ultimi decenni si è assistito al fenomeno inverso (CHIARUTTINI, 2014b). L’integrazione europea infatti si inserisce storicamente nel quadro più

ampio della globalizzazione, caratterizzato non solo da un generale aumento degli scambi a livello mondiale ma soprattutto dall’emergere sempre più prepotente di nuovi poli economici attorno ai quali si rimodella la rete dei commerci internazionali. Non si tratta semplicemente dell’ascesa cinese: fra i Paesi che hanno guadagnato significative quote di mercato troviamo anche la Russia.

Agli inizi del nuovo millennio gli scambi totali con la Russia (esportazioni più importazioni di beni) rappresentavano poco più del 1,5% dei commerci mondiali della UE, ma per il 2012 ne

costituivano quasi il 4%. A tale incremento hanno naturalmente contribuito i prezzi crescenti degli idrocarburi in quegli anni, ma questi non sono stati l’unica componente. All’origine non vi è una pura illusione statistica dovuta ad andamenti nominali, ma sviluppi più strutturali. Lo si evince chiara- mente dall’evoluzione delle esportazioni europee verso la Russia, inferiori al 1% nel 2000 e salite al 2,7% nel 2012. Non si tratta di un effetto meramente aggregato, bensì di una tendenza ubiquitaria in tutti gli stati europei, con l’unica eccezione della Grecia.

Benché con percentuali decisamente inferiori, sono andati crescendo anche gli scambi fra UE e i

restanti Paesi CSI, in particolare Ucraina, Kazakistan e Azerbaigian. Questi ultimi sono emersi in

qualità di fornitori energetici alternativi alla Russia. Se si considerano le importazioni energetiche della UE, dal 1995 al 2012 la quota russa è aumentata dal 14% al 22%, quella kazaka dallo 0,1% al

3%, mentre quella azera, pressoché nulla negli anni Novanta, ha superato l’1,6%. A livello dei singoli stati vi è un divario fra i Paesi UE-15, dove le forniture russe in termini percentuali tendono ad

aumentare anche cospicuamente, e Paesi dell’est, ad eccezione della Polonia, dove decrescono. I Paesi che meglio sono riusciti a bilanciare i rifornimenti russi con quelli kazaki e azeri sono stati l’Austria, dove il Kazakistan vanta una quota dell’8% (rispetto al 4% della Russia), la Francia, la cui quota di dipendenza dalla Russia, oscillante sul 15%, è stata controbilanciata dalla crescita rispettivamente al 2% e 6% di Azerbaigian e Kazakistan, e infine l’Italia, dove, a fronte di un’analoga quota di mercato russa, l’Azerbaigian ha conquistato quasi il 10% e il Kazakistan il 5% delle forniture.

L’elemento forse più interessante nell’ambito di questa analisi non è però la crescente importanza dei mercati russi e dei Paesi limitrofi come fenomeno generale per i Paesi europei, bensì gli sviluppi avvenuti nei nuovi stati membri dell’est europeo. L’importanza dei commerci con la Russia varia sostanzialmente da Paese a Paese, con economie come la Lituania dove gli scambi europei sono soltanto il doppio di quelli russi o come Romania e Repubblica ceca dove sono 20 volte tanto. Nel corso degli anni vi è stato generalmente un incremento dei traffici europei superiore a quello con la Russia, ma, confrontando i valori di metà degli anni Novanta con quelli contemporanei, raramente si è trattato di variazioni di grande significato. Ciò consegue dall’andamento «a tetto a doppio spiovente» del commercio con la UE rispetto a quello con la Russia (cfr. Fig. IV). Se si considerano i dati totali, che

includono le importazioni energetiche, si nota come negli anni precedenti l’ammissione i traffici europei si siano incrementati a scapito di quelli russi, in misura contenuta per alcuni (Estonia, Lituania e Slovacchia) o sostanziale, come nel caso di Repubblica ceca, Ungheria e Lettonia. Una volta completato l’allargamento a est, però, a differenza di quanto ci si sarebbe aspettati, questa tendenza al rialzo si inverte e la Russia recupera terreno.

Ancora una volta non è questione (soltanto) di idrocarburi. Come abbiamo citato poco sopra, infatti, la quota russa nelle importazioni energetiche dei Paesi dell’est tende a calare, riducendo dunque l’impatto della scalata dei prezzi energetici. Inoltre i medesimi andamenti sono riscontrabili sia nella serie delle sole esportazioni verso UE e Russia, sia in quella del commercio totale depurato

dalla partita energetica. Se si considerano le sole esportazioni, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Estonia, Lituania, Romania e Slovenia esportano ormai verso la Russia in termini relativi altrettanto di quanto facessero negli anni Novanta, mentre unicamente Bulgaria e Ungheria si sono assestate su valori significativamente superiori a quelli dello scorso ventennio. In tutti i Paesi ad ogni modo si riscontra una fase molto pronunciata di boom europeo seguita da un brusco tracollo. Meno esasperato ma analogo l’andamento che si ritrova aggregando esportazioni e importazioni non energetiche (cfr. Fig. IV). Il dato è significativo dal momento che il commercio non energetico corrisponde general- mente almeno al 40% del totale. Sulla scorta di questo indicatore il Paese che si è più nettamente distaccato dall’Unione Europea a profitto della Russia è la Polonia, i cui flussi commerciali con la UE,

20 volte maggiori che con la Russia negli anni Novanta, dopo picchi del 40 sono tornanti ad essere meno di 20 volte tanto. Peraltro anche la Repubblica ceca vanta un indice di poco superiore a quello

0 10 20 30 40 50 60 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Polonia 0 10 20 30 40 50 60 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Slovacchia 0 10 20 30 40 50 60 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Repubblica ceca 0 10 20 30 40 50 60 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 Ungheria

combustibili esclusi combustibili inclusi

di vent’anni fa e lo stesso può dirsi per Slovacchia e Lituania(7). Nel complesso, l’unico Paese dove non

si evidenzi una flessione pluriennale dei traffici europei a favore di quelli ad oriente è la Bulgaria, dove in vent’anni i flussi europei relativamente ai russi sono quadruplicati.

Fig. IV - Flussi di commercio totali (esportazioni più importazioni) verso l’Unione Europea (UE-27) in rapporto

ai flussi totali verso la Russia, 1995-2012.

Fonte: elaborazione propria su dati UNCTAD.

6. CONCLUSIONI

Negli ultimi anni la Russia ha tentato di ricompattare attorno a sé lo spazio post-sovietico propo- nendo un modello di integrazione economica ispirato a quello europeo. Nel farlo è finita inevitabilmente per collidere con gli interessi dell’Unione Europea, che a sua volta, dopo l’allargamento a est, ha perseguito una politica di crescente avvicinamento alle ex repubbliche socialiste, le quali sempre più spesso si sono trovate a dover prendere posizione a favore dell’uno o dell’altro schieramento. Le tensioni risultano poi esacerbate dalla questione energetica, che nolenti o volenti lega ancora strettamente Russia e Europa.

Riassumendo la precedente analisi, si può dire che col tempo la Russia si è in parte distaccata dall’area CSI come pure da quella europea, mentre l’importanza della Russia, anche come mercato di sbocco, per i Paesi europei è andata crescendo. Per quanto riguarda i Paesi oggetto del contendere, le piccole economie di Georgia, Moldavia e Armenia si sono già schierate le une a favore dell’Unione Europea e l’altra di quella euroasiatica(8), con una decisione, nel caso di Moldavia e Armenia, coerente

con le proprie dinamiche commerciali.

(7) Per quest’ultima l’indice è ritornato al valore (4) di fine anni Novanta.

(8) L’adesione dell’Armenia all’UEA è stata concordata sul finire del 2014 e ha comportato la sospensione dei negoziati con la UE per

I grandi produttori di idrocarburi stanno invece diventando sempre più indipendenti dalla Russia: l’Azerbaigian è cresciuto soprattutto sui mercati europei, il Turkmenistan su quello cinese e il Kazakistan su entrambi. La Bielorussia mantiene i suoi legami preferenziali ma non esclusivi con la Russia, mentre l’Ucraina appare un Paese diviso anche commercialmente. Il riavvicinamento all’Europa dopo il crollo dell’URSS si è infatti col tempo ridimensionato rispetto ai traffici con la

Russia. Essendo l’Ucraina un Paese relativamente arretrato rispetto all’Europa ma non rispetto alla Russia, gli scambi a ovest tendono a privilegiare il settore primario a scapito dell’industria, al contrario di quanto avviene a oriente. La dapprima crescente e poi declinante attrazione dei mercati europei a paragone di quelli russi è una caratteristica che accomuna l’Ucraina anche agli altri Paesi dell’est membri della UE, dinamiche che non possono essere attribuite soltanto alla dipendenza energetica.

L’analisi dimostra pertanto come dal punto di vista dei traffici commerciali non si delinei una zona corrispondente a perimetri di natura politica o geo-strategica. In Asia centrale la presenza della Russia, se non sempre in termini assoluti, si è andata perlomeno rafforzando rispetto a quella europea nelle piccole repubbliche di Tagikistan e Kirghizistan e in Uzbekistan, benché ciò sia avvenuto di pari passo alla penetrazione cinese. Un’espansione della UEA in queste aree appare pertanto almeno parzialmente

sostenuta dai precedenti sviluppi economici e permetterebbe alla Russia di contrastare più efficacemente la crescente influenza cinese. La partecipazione, invece, del Kazakistan alla UEA

potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Da una parte un eventuale allineamento del Paese alle politiche russe rafforzerebbe la posizione di Mosca nei confronti dell’occidente a motivo della crescente dipendenza della UE dal petrolio kazako. Più verosimilmente, però, il Kazakistan sfrutterà la sua

posizione di Paese petrolifero in ascesa per affermare con maggior assertività la propria autonomia all’interno della UEA.

La mancata adesione dell’Ucraina alla UEA limita fortemente il potenziale di quest’ultima, ma

già la coesione interna dell’attuale configurazione potrebbe rivelarsi precaria. Le chance della Russia nello spazio post-sovietico dipenderanno dalla credibilità con la quale verrà portato avanti il progetto euroasiatico, sia pur su scala ridotta, e dai maggiori o minori successi degli accordi di associazione europei nell’aumentare la prosperità degli stati segnatari. Tutto ciò, s’intende, nell’ipotesi ottimista che la diplomazia internazionale trovi finalmente una soluzione pacifica per la crisi ucraina scoppiata nel 2013. Qualora ciò non avvenisse, lo scenario cambierebbe radicalmente: il presente contributo varrebbe comunque a ricostruire l’evoluzione dei rapporti economici nell’Europa orientale alla vigilia di una pagina drammatica nella storia dell’integrazione del nostro continente.

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RIASSUNTO – Negli ultimi decenni si è assistito all’emergere di una nuova ondata di regionalismo economico, non soltanto a livello mondiale ma più di recente persino all’interno del vecchio continente, dove la supremazia della UE ha iniziato ad

essere messa alla prova dai tentativi della Russia di riconsolidare lo spazio post-sovietico, così da contrastare il crescente attivismo UE nell’area. L’articolo analizza le principali svolte avvenute nei traffici commerciali dei Paesi UE e CSI a partire

dagli anni Novanta, mostrando come la mappa delle relazioni commerciali non corrisponda esattamente a quella delineata sulla base di considerazioni politiche.

SUMMARY – The last decades have witnessed the rise of a new wave of economic regionalism, not only at a global level, but more recently even within the old continent, where the supremacy of the EU has begun to be challenged by Russia in

an attempt to reconsolidate the post-Soviet space, thus tempering the increasing EU engagement in the area. The article

analyses the main shifts occurred in the trade patterns of the EU and the CIS countries since the 1990s, showing that the

map of trade relations does not perfectly overlap with that drawn by political concerns.

Parole chiave: Unione Europea, Unione euroasiatica, spazio post-sovietico. Keywords: European Union, Eurasian Union, post-soviet space.

STEFANIA CERUTTI

COOPERAZIONE TERRITORIALE EUROPEA E MODELLO DELLE

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