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U N PASSO DALLA SIMBIOS

TURISTICA DELLA RURAL CITY

3. U N PASSO DALLA SIMBIOS

Nel territorio della Tuscia passare dalla dominanza città-campagna alla simbiosi della Rural City sembra arduo, anche se non è da sottovalutare l’antica impostazione del territorio dove i centri ed i nuclei storici, le antiche preesistenze, le infrastrutturazione agricole, rappresentano un vero e proprio complesso organico. Forse basterebbe far leva su questi beni culturali e ambientali in quanto cardini delle struttura territoriale, per un’adeguata e duratura valorizzazione del territorio provinciale, dove come per altri è chiara la necessità di tutelare se non rafforzare l’identità locale e, con le politiche delle

smart cities, anche la Tuscia sta sperimentando come l’innovazione digitale si coniuga con la

promozione turistica del territorio, sia per la valorizzazione del cultural heritage, sia per la tutela della memoria delle comunità, con una particolare attenzione verso il «turismo esperienziale», stimolando la conoscenza dei turisti, ma soprattutto la consapevolezza dei cittadini dell’importanza della tutela del patrimonio sia ambientale e culturale e di come la combinazione tecnologica sia direttamente funzionale a una promozione turistica del territorio come quello della Provincia di Viterbo che deve fare i conti con gli effetti della «scomoda» vicinanza di Roma. Naturalmente cominciare a parlare della Tuscia in termini di Rural City significherebbe affrontare il delicatissimo rapporto tra i quartieri di formazione storica e i quartieri contemporanei. Emerge di fatto come l’ambiente nei quartieri di recente formazione, pur assolvendo alle funzioni abitative, sia privo però di una propria identità ed incapace di richiamare il concetto di sostenibilità. Il sistema insediativo della Provincia di Viterbo mostra, soprattutto per il capoluogo il cui sviluppo si è basato essenzialmente sulla presenza dei servizi civili, militari, sul commercio ed edilizia, di aver raggiunto il limite di saturazione. Ad inasprire la situazione e renderla potenzialmente più conflittuale vi è da una parte l’espansione di Viterbo, che così come per altri centri, è avvenuta in maniera casuale e scoordinata senza una corretta visione urbanistica e dall’altra il rapporto con l’area romana, ovvero i tanti cantieri edilizi che stanno interes- sando i confini della provincia di Roma con i Comuni del basso viterbese, localizzati lungo o nelle vicinanze delle principali via di comunicazione. Un fenomeno che fa pensare all’inglobamento nella periferia di Roma di questi territori rurali, quasi a formare una sorta di hinterland della metropoli. Un tessuto di interposizione tra due ambiti nettamente differenti: quello metropolitano romano caratterizzato dalla continuità invasiva, omologante e senza discontinuità delle forme di insediamento e quello ancora tendenzialmente annucleato ed imperniato attorno a comuni di media e piccola dimen- sione, ma che può offrire anche una nuova alleanza tra città e campagna, e a ben guardare nell’epoca delle Smart cities può rappresentare il vero modello di neo-urbanità ecologicamente orientata, non organizzata attorno al conflitto con la campagna, ma ai suoi valori:

La Tuscia, dunque, non come luogo di mero transito verso Roma, invisibile di per sé, incapace di attrarre risorse se non del tutto marginali, ma terra di accoglienza e di benessere, di cultura e di spiritualità, di paesaggio intatto e di natura non del tutto antropizzata; una delle mete del viaggio che ha anche il vantaggio di essere il punto di snodo fra aeroporto e, da un lato, la città di Roma e dall’altro Civitavecchia, il cui porto è già oggi una base rilevante di viaggi e crociere nel Mediterraneo (DE CAPRIO, 2008, p. 38).

Se in Italia l’istituzione della città metropolitana rappresenta una reale opportunità in materia ambientale: «Poiché essa non solo assorbirà l’intera competenza provinciale, ma assumerà anche la funzione della pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali e quella relativa alla

promozione e al coordinamento dello sviluppo economico e sociale» (BONORA e VITALI, 2013, p. 241), il

modello della Rural City allora potrebbe costituire l’opportunità di ideare una città che progetta il territorio in quanto «bene collettivo da curare e proteggere come patrimonio comune» (ibid., p. 242). Traccerebbe una sorta di cambiamento di rotta nelle politiche urbane, che devono affrontare non solo l’emergenza ambientale, ma anche le dinamiche economiche derivanti dagli effetti negativi di un modello urbano insostenibile, che concepisce la città nella sua forma più aggressiva e dilagante, invece di considerarlo come «il luogo in cui le ragioni dell’ambiente e quelle dello sviluppo si coniugano in direzione della riqualificazione del vivere e dell’abitare di tutti i cittadini» (ibid., p. 236). Una simbiosi tra città e campagna che naturalmente deve nascere dalla mobilitazione intorno a progetti collettivi in grado non solo di prefigurare, ma di realizzare un Rural City, smart ed ecoturistica, in cui il legame sociale è garantito certamente dal passato o meglio dalla vocazione di un territorio, ma deve essere continuamente rafforzato dalla volontà di perseguire uno sviluppo e una progettazione integrata, che possa intervenire sui processi che permettono a una comunità di comprendere le implicazioni territoriali di alcuni fenomeni di ordine spaziale, sociale, culturale, ma anche di riconoscersi nella storia e nella cultura, e come tale di esprimere e di narrare, guardando alla narrazione come valore condiviso della comunità, non solo di un sentimento di appartenenza, ma di una capacità di risposta ai cambiamenti che la interessano, per un nuovo modo di concepire il territorio rurale.

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Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale di Roma del Consiglio Nazionale delle Ricerche; luisa.carbone@ibaf.cnr.it.

RIASSUNTO – È indubbio che la città tenderà sempre più ad avere un’impronta ecologica, superando il binomio marxista città e campagna e ormai anche quello di centro e periferia, entrambi derivati da una funzionalità reciproca e dalla suddivisione del lavoro, che ne fa tuttora spazi di conflitto. Il problema che si vuole indagare è come passare da una condizione di conflitto e di predazione della città sulla campagna, a una condizione di cooperazione e di simbiosi. Assistiamo ad una vera contaminazione, tanto da far parlare di Rural City, dove le residenze, il verde privato e pubblico, le risorse energetiche e le attrezzature per il loro sfruttamento, sono armonizzate con l’architettura ed il paesaggio e dove sostenibilità significa compatibilità fra benessere economico della società e biocapacità.

SUMMARY – There is no doubt that the city will tend to have an ecological footprint, surpassing the Marxist binomial of town and country, and also the one of center and periphery, both derived from a reciprocal functionality and the division of labor, which still turns it into areas of conflict. The problem is that we want to investigate is how to move from a state of conflict and predation of the city over the countryside, in a condition of cooperation and symbiosis. We are witnessing a real contamination, so as to talk about a Rural City, where the residences, the private and public parks, the energy resources and the equipment for their exploitation, are harmonized with the architecture and the landscape and where sustainability means compatibility between the economic well-being of the society and the biocapacity.

Parole chiave: rural city, meta-città, contaminazione. Keywords: rural city, meta-city, contamination.

ANTONIO CIASCHI

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