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Casa di reclusione di Castelfranco Emilia

Nel documento case di lavoro private libertà della (pagine 103-106)

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della misura di sicurezza della casa di lavoro, nell’ambito del proprio territorio di residenza, potendo così diventare più agevole trovare le risorse per garantire il reinserimento della persona internata. Nel corso del mandato, proprio in questo senso, come rappresentato nelle precedenti relazioni, si è segnalato al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) l’opportunità di iniziare a valutare forme di territorializzazione delle misure di sicurezza detentive, agevolando il rientro e l’avvicinamento ai luoghi di residenza o di frequentazione abituale, così da consentire la presa in carico da parte dei servizi. Esiste, inoltre, la criticità legata agli stranieri per i quali c’è l’assenza di percorsi praticabili di regolarizzazione e, al contempo, il mancato riconoscimento da parte del Paese di provenienza, per i quali è ancora più improbabile la “fuoriuscita” dalla misura di sicurezza.

L’assenza di lavoro. Il problema più rilevante della struttura riguarda la scarsissima possibilità di lavorare, come anche sottolineato nelle precedenti relazioni annuali. E ciò avviene nonostante il lavoro debba rappresentare il contenuto caratterizzante della misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro. Il quadro relativo alla possibilità di lavorare all’interno della struttura è sconfortante: mancano progetti di lavoro effettivo e remunerato, lavorando le persone, per lo più, nelle mansioni alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, a rotazione, e solo pochi internati sono impiegati nell’azienda zootecnica e nel lavoro agricolo e delle serre, che dovrebbero essere la vera ricchezza della struttura. Senza l’avvio di attività lavorative all’interno della struttura, anche con il coinvolgimento della società esterna, continuerà a mancare il lavoro che dovrebbe essere proprio il presupposto stesso dell’esistenza della struttura, avendosi un evidente spreco delle potenzialità a disposizione, che vanno dal ricco patrimonio agrario (una superficie di 22 ettari) e a quello degli spazi laboratoriali a disposizione, da anni ormai del tutto inutilizzati.

Per il link della “Relazione sull’attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti”

presentata dal Ministro della giustizia al Senato della Repubblica v. antea, Casa circondariale di Bologna.

Il regime a celle aperte. Proprio in ragione della tipologia dei ristretti (internati e detenuti a custodia attenuata), nelle sezioni detentive, anche in passato, si è sempre applicato il regime aperto dalle ore 8.30 fino alle 19 (alle ore 11.30 c’è la chiusura per 30 minuti e un’ulteriore chiusura dalle 15.30 alle 16.30; si può fare richiesta per poter effettuare la socialità serale con le camere chiuse sino alle ore 22).

La mancanza del magistrato di sorveglianza (titolare). Analogamente a quanto segnalato nella precedente relazione, perdura la mancanza del magistrato di sorveglianza di Modena (attualmente per ragioni di ordine personale) che ha titolarità della funzione, il cui ruolo viene temporaneamente affidato, in supplenza, ad altri magistrati. In ragione di ciò, talvolta, nell’ultimo biennio, si è verificato il blocco dell’attività ordinaria di esame delle istanze presentate dagli internati (e detenuti), con conseguente interruzione dei percorsi trattamentali esterni, anche se è giusto sottolineare che, negli ultimi mesi, in questo senso, il

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riscontro dell’attività della magistratura di sorveglianza è stato positivo

Da agosto 2014, l’Ufficio del Garante ha segnalato la questione al Ministero della Giustizia, al Consiglio superiore della Magistratura e ai Parlamentari eletti in Emilia-Romagna, da quando cioè non viene garantita la piena operatività dell’Ufficio di Sorveglianza di Modena, mancando, nei fatti, il magistrato di sorveglianza con la titolarità della funzione.

La proposta del Tavolo 11 degli Stati Generali. La Garante ha partecipato al tavolo di lavoro 11 sulle misure di sicurezza, promosso dal Ministero della Giustizia all’interno degli

“Stati generali sull’esecuzione penale”. Le proposte, per quanto riguarda le misure di sicurezza detentive per soggetti imputabili, proprio come l’inquadramento giuridico degli internati di Castelfranco Emilia, sono state nel senso del definitivo superamento dell’esperienza delle case di lavoro, nel rispetto di quanto previsto dal testo del disegno di legge in materia, introducendo un termine massimo di durata per le misure di sicurezza, che in ogni caso dovranno riguardare solo casi di concreto pericolo della commissione di ulteriori gravi reati e applicandosi la misura di sicurezza solo in presenza di reati presupposti di rilevante gravità.

I componenti del tavolo di lavoro a maggioranza si sono espressi come contrari al sistema del doppio binario - pene e misure di sicurezza - ma, tenuto conto del limite indicato dalla legge delega, è stato mantenuto, seppur interpretato in chiave garantista, con l’affermazione del principio di territorialità dell’esecuzione della misura di sicurezza.

Si prevede l’iniziale attivazione di una misura non detentiva consistente nella libertà vigilata, quindi, solo in casi eccezionali, a seguito della continua reiterazione di gravi violazioni, si è prevista la possibilità di sostituire la misura non detentiva con una misura contenitiva, dapprima a contenuto domiciliare e poi detentivo comunque con un alto contenuto trattamentale, nel senso di concrete opportunità di lavoro.

L’ ipotesi (superata) di accorpamento delle sedi penitenziarie. Rispetto all’ipotizzato accorpamento delle sedi penitenziarie di Castelfranco Emilia e Modena, che prevedeva l’attribuzione del ruolo direttivo a una figura unica, il parere era stato di sostanziale condivisione perché in questa maniera ci sarebbe stato un primo passo verso la razionalizzazione e il superamento dell’esperienza della casa di lavoro, ma il Decreto del Ministro della giustizia 2 marzo 2016 (si veda il seguente link https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.wp?facetN ode_1=1_1(2016)&previsiousPage=mg_1_8&contentId=SDC1218936) ha superato tale ipotesi, lasciando immutata l’attuale organizzazione.

Al seguente link la scheda dell’istituto sul sito del Ministero della Giustizia: https://www.

giustizia.it/giustizia/it/mg_data_view.wp?liveUid=2014DAPCARD&Nome=UFF56817

Per i comunicati stampa sulla casa di reclusione di Castelfranco Emilia v. antea, NODI IN EVIDENZA – Casa di lavoro.

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I numeri. Al 31.12.15 il dato ministeriale relativo alle presenze era di 302 persone (di cui 118 stranieri) a fronte di una capienza regolamentare di 252. I condannati in via definitiva erano 241 e gli imputati 61.

Fra le specificità dell’istituto penitenziario ferrarese si registra l’organizzazione di una sezione riservata ai collaboratori di giustizia e una sezione del circuito detentivo dell’Alta Sicurezza (AS2, dove vengono assegnati soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza).

Le condizioni igienico-sanitarie. Le relazioni sugli esiti delle attività di vigilanza effettuate dal Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda USL di Ferrara hanno certificato sufficienti condizioni igienico-sanitarie. Pur in un contesto che non denota particolari criticità, sono state sottolineate comunque, alcune carenze, relative alla presenza in alcune parti all’interno dei fabbricati di infiltrazioni di acqua meteorica dai tetti e dalle pareti esterne e al distacco, in cucina, degli intonaci con il conseguente rischio di caduta sui tavoli di lavorazione degli alimenti. Proprio per evitare la caduta di polveri sui tavoli sottostanti, in cui si effettua la lavorazione degli alimenti, le pareti sono scrostate e sottoposte a manutenzione (raschiatura e pulitura), ma sarebbe necessario un intervento strutturale per prevenire la risalita di umidità dalla zona basale del pavimento.

Il regime a celle aperte. Risulta pienamente applicata la disposizione dipartimentale che

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