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DONNE. GARANTE BRUNO E PRESIDENTE COMMISSIONE MORI A FORLÌ PER PRESENTAZIONE RICERCA SU DETENZIONE FEMMINILE: “NESSUNA AUTONOMIA

Nel documento case di lavoro private libertà della (pagine 123-126)

Casa circondariale di Forlì

DONNE. GARANTE BRUNO E PRESIDENTE COMMISSIONE MORI A FORLÌ PER PRESENTAZIONE RICERCA SU DETENZIONE FEMMINILE: “NESSUNA AUTONOMIA

ORGANIZZATIVA E BRICIOLE DI RISORSE”; “CAPIRE PER PREVENIRE I REATI”

La vita delle donne detenute “non è un argomento che suscita particolare attenzione neppure tra gli addetti ai lavori”: proprio per questo motivo, oggi, in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’uomo, la Garante regionale delle persone private della libertà dell’Emilia-Romagna, Desi Bruno, e la presidente della commissione Parità e diritti delle persone dell’Assemblea legislativa regionale, Roberta Mori, sono state alla casa circondariale di Forlì per presentare i risultati della ricerca “Detenzione al femminile - Ricerca sulla condizione detentiva della donne nelle carceri di Piacenza, Modena, Bologna e Forlì”, promossa dall’Ufficio della Garante e realizzata dall’associazione di volontariato ‘Con…tatto’. “Le recluse sono sempre state poche, meno del 5%

della intera popolazione ristretta, e la loro esiguità numerica non le ha costrette a quel trattamento inumano e degradante costituito dalla mancanza dello spazio minimo vitale- commenta la Garante, Desi Bruno-. Eppure sono ingombranti, anche se la reclusione delle donne non ha una autonomia organizzativa, e vive spesso di quanto accade nel carcere maschile, dal quale riceve briciole, in termini di risorse”. “Ci interessiamo, attraverso l’importante lavoro della Garante, a una ricerca rispetto alla detenzione femminile perché la popolazione femminile carceraria è del 4%, quindi veramente esigua rispetto alla popolazione carceraria tutta, e proprio per questo le esigenze e i bisogni che possono esprimere le donne detenute, ma anche le operatrici delle carceri, sono per noi importanti per capire e approfondire la loro relazione con il carcere e la vita al suo interno- commenta la presidente Mori-. Questo perché poi tutto si riflette anche sulla vita che sarà all’infuori del carcere e quindi speriamo e confidiamo che una ricerca approfondita su questo tema ci dia spunti utili alla prevenzione e al contrasto dei reati”. In Emilia-Romagna le donne in carcere, alla data del 2 dicembre 2015, erano 123, di cui 44 straniere – in prevalenza provenienti dall’Est Europa. Sono 5 gli Istituti che ospitano al loro interno sezioni dedicate all’espiazione di pena per le donne: Piacenza, Modena Sant’Anna, Bologna, Forlì e Reggio Emilia. Nel 2014 si è registrato un parto in carcere, mentre erano 10 le detenute madri: ben tre di queste hanno scelto di non vedere i figli, o “perché il contatto è breve e il distacco è fonte di sofferenza” o per “non farli entrare in contatto con l’istituzione penitenziaria”. Oggetto della ricerca, che Bruno e Mori hanno presentato insieme alla direttrice del carcere di Forlì, Palma Mercurio, e a esponenti nel mondo dell’associazionismo tra cui l’autrice, Lisa di Paolo, è la condizione di detenzione delle donne detenute all’interno degli Istituti dell’Emilia-Romagna, al fine di conoscere quali sono le modalità di organizzazione delle sezioni femminili, le attività, il rapporto con gli operatori, le opportunità di incontro con i familiari e figli, le difficoltà di convivenza. Si vogliono rilevare sia le

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variabili di tipo oggettivo – numero di detenute, nazionalità, tipologia di reato-che soggettivo– modalità di adattamento all’ambiente, sostegno e attività dedicate.

Paola Cigarini, referente della Conferenza regionale del volontariato, ha poi presentato tutte le attività realizzate nelle altre carceri in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’uomo.

“È proprio nella progettualità per un carcere diverso che si deve partire dall’uso del tempo della pena in funzione di costruzione di opportunità- sostiene Bruno-. E si potrebbe partire dalle donne detenute, riconoscendo alle stesse una diversa capacità di relazione e di cura, nella consapevolezza che lavorare per i diritti nei luoghi di privazione della libertà personale trova un limite insuperabile nella esigibilità degli stessi in quel contesto, la soggettività delle recluse appare come una opportunità da cogliere, e non da accantonare, incentivando capacità, occasioni, riflessioni, cambiamenti: questa ricerca- conclude la figura di Garanzia dell’Assemblea legislativa- vuole essere un piccolo, ma significativo, contributo”.

Casa circondariale di Forlì

Problematiche presentate nelle segnalazioni Totale segnalazioni al

Garante dei detenuti

409

64

345

Tipo di attività

114 141

25

124 5

Segnalazioni

Nr. visite negli istituti penitenziari regionali

Nr. colloqui/incontri individuali con i detenuti

25

239

125

Il Centro di giustizia minorile (CGM) per l’Emilia Romagna è un organo decentrato del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità1 e ha il compito di garantire l’esecuzione dei provvedimenti emessi dal Giudice minorile nei confronti di minori autori di reato; mette altresì in atto una politica di prevenzione del disagio minorile, interagendo con gli Enti locali e la Regione.

Nel contesto della giustizia penale minorile, il carcere è da concepirsi come ipotesi di natura residuale, cui ricorrere, come ultima ratio, quando è impossibile applicare una delle soluzioni alternative previste dall’ordinamento.

Il CGM si articola in Istituto penale minorile (IPM), Centro di prima accoglienza (CPA), Comunità ministeriale per l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, e Ufficio servizi sociale per i minorenni (USSM).

L’Istituto penale minorile “Pietro Siciliani” di Bologna è una struttura carceraria che accoglie minori o giovani adulti di sesso maschile sottoposti a provvedimenti di custodia cautelare e/o in espiazione pena: nell’Istituto sono ospitati non solo minori tra i 14 e i 18 anni ma anche giovani, fino al compimento del 25° anno di età, sottoposti a misura penale per un reato commesso da minorenni.

1 Il DPCM del 15 giugno 2015 n. 84, “Regolamento di riorganizzazione del Ministero della giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche”, all’art. 7 istituisce il nuovo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Co-munità. Il Dipartimento esercita le funzioni e i compiti inerenti l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile in area penale esterna ed interna e quelli inerenti l’esecuzione penale esterna e la messa alla prova degli adulti. La messa alla prova è una forma di probation giudiziale, già presente nelle “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”, d.p.r. 22 settembre 1988 n. 448, e innovativa nel settore degli adulti, introdotta con la legge 28 aprile 2014 n. 67 e consiste nella sospensione del procedimento penale nella fase decisoria di primo grado, su richiesta di persona imputata per reati di minore allarme sociale. Con la sospensione del procedimento, l’imputato viene affidato all’ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento che prevede come attività obbli-gatorie, l’esecuzione di un lavoro di pubblica utilità, consistente in una prestazione gratuita in favore della collettività, l’attuazione di condotte riparative, volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché il risarcimento del danno dallo stesso cagionato e, ove possibile, l’attività di mediazione con la vittima del reato. Per approfondire, dal sito www.giustizia.it

» La Riforma del ministero https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_9_11.wp

» Carcere e Probation https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3_1_2.wp

Nel documento case di lavoro private libertà della (pagine 123-126)

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