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LE AGGREGAZIONI TRA IMPRESE INTERDIPENDENT

8. Classificazione delle aggregazioni tra imprese

Come si è visto sopra, l’interdipendenza consiste in “un condizionamento

significativo (e per lo più reciproco, sebbene non necessariamente simmetrico) tra le strutture decisionali facenti capo alle autonome unità imprenditoriali”87.

Praticamente, ciascuna delle imprese appartenenti ad un’aggregazione del tipo in esame perde una quota della propria autonomia ed indipendenza a favore dell’aggregazione, la quale quindi acquista il potere di determinare, più o meno direttamente, la condotta delle singole imprese88.

Tale fenomeno può manifestarsi nelle forme più diverse. Si pensi ad esempio alle seguenti ipotesi: una filiera produttiva in cui la produzione di ciascun anello di fatto dipende dalla fornitura dell’anello precedente ed è determinata dalla domanda dell’anello successivo; un sistema di franchising in cui l’attività di ciascun singolo affiliato incide direttamente sull’immagine del marchio commercializzato e quindi sul mercato degli altri affilianti, che tra loro non hanno alcun rapporto contrattuale diretto; un distretto produttivo in cui le tecnologie produttive di ciascuna impresa dipendono dal know how prodotto dall’intero sistema ed in esso circolante; una pluralità di imprese che si accorda per costituire gruppi di acquisto o di vendita al fine di ottenere materie a prezzi più vantaggiosi oppure di distribuire i prodotti in modo più efficiente; un consorzio in cui c’è un organo che dirige e coordina le attività di tutte le imprese;

87

Iamiceli P., in Cafaggi F. (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 125.

88

Cafaggi F., in Cafaggi F. (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino 2004, pag. 64, ha ben espresso il trasferimento di potere decisionale che avviene in un caso specifico d’interidpendenza, quello della subfornitura in presenza di dipendenza economica: “...occorre chiedersi, è possibile ritenere

che un forte squlibrio contrattuale, come quello coincidente con la dipendenza economica ed a fortiori con il suo abuso, non abbia alcun riflesso sul governo dell’impresa dipendente, che l’assemblea e gli amministratori della società in situazione di dipendenza economica formino liberamente ed autonomamente la propria volontà, considerando solo ed esclusivamente l’interesse sociale particolare? Di più. È ragionevole ritenere che la dipendenza economica non produca effetti sulle scelte della singola impresa, dai rapporti contrattuali con i propri fornitori a quelli con le banche, ed a fortiori che ciò avvenga quando si operi in contesto di rete sull’insieme delle imprese economicamente dipendenti? In sostanza è possibile che il coordinamento produttivo-industriale che si realizza tramite il contratto di subfornitura non produca effetti sul coordinamento di governo?”

un fornitore in posizione di dipendenza contrattuale al quale il committente dominante chiede di fornirsi a sua volta da una determinata impresa piuttosto che da un'altra, minacciando altrimenti l’interruzione delle relazioni commerciali; la grande impresa che impone termini di pagamento eccessivamente lunghi alla piccola impresa costringendola così ad un strategia finanziaria che altrimenti non avrebbe scelto; e così via…

Nella congerie di forme in cui si manifesta l’interdipendenza è possibile declinare alcune classificazioni.

A seconda di come l’interdipendenza collega tra loro le diverse imprese, si parla di schema a filiera quando i rapporti contrattuali tra le parti si succedono lungo una serie lineare nella quale, escludendo gli estremi, ciascuna impresa è parte di due relazioni bilaterali contigue (ad esempio i contratti di fornitura lungo una catena di produzione). Si parla invece di schemi a raggiera quando un’impresa si pone al centro di una serie di contratti con altre imprese tra loro collegati od omogenei (si pensi al franchising). Si parla infine di schema misto, quando lungo una serie lineare si attestano relazioni a raggiera.

Le aggregazioni di imprese possono essere classificate in base alle modalità e alle forme con cui il potere decisionale viene allocato tra le imprese per effetto dell’interdipendenza. Si è in presenza di una struttura paritaria quando il potere decisionale è ripartito in maniera omogenea tra tutte le imprese del sistema, cioè quando le decisioni di ciascun nodo della rete sono in parte condizionate ed in parte condizionano le decisioni degli altri nodi in maniera pressoché simmetrica. Si è invece in presenza di una struttura gerarchica quando il potere decisionale è maggiormente concentrato su un’impresa o un gruppo di imprese più forti, le cui decisioni determinano le decisioni delle altre imprese, mentre quest’ultime non sono in grado di influire sulle prime.

Le forme di manifestazione dell’interdipendenza possono altresì essere distinte sulla base del rilievo giuridico/formale che le stesse assumono. Da questo punto di

vista, tradizionalmente nella dottrina economica89 si distinguono tre forme di coordinamento tra imprese: si parla di reti proprietarie, reti burocratiche e reti sociali90. Le reti sociali sono quelle in cui le imprese sono legate da relazioni spontanee, non intenzionali e non regolate, quindi non formali e non giuridiche. Sono le reti “che

si costituiscono senza strutture convenzionali e in base a collegamenti di natura precaria i quali molto spesso uniscono le aziende per l’intera gestione ma che, per le loro caratteristiche, possono cessare ove vengano eliminate, anche unilateralmente, le condizioni che li hanno creati”91.

Rientrano sicuramente in questa categoria quei fenomeni che sopra sono stati indicati come embeddedness strutturale ed embeddedness relazionale (amicizia, stima, fiducia, reputazione, consuetudini..).

Nelle categoria delle reti sociali altresì “…si possono collocare i legami che

sorgono sulla base di rapporti personali tra i soggetti che ne sono alla testa. Può trattarsi di più aziende, in genere di piccole dimensioni, che abbiano lo stesso amministratore…; di diverse aziende, in questo caso anche di non modeste proporzioni, controllate da esponenti di una stessa famiglia, sia pure ciascuna da soggetti distinti; infine, come nelle ipotesi di city communities of interests di estrazione statunitense, di aziende unite fra loro per mezzo di consigli di amministrazione interdipendenti perché composti da persone legate da interessi comuni se non dalle stesse persone o loro rappresentanti”92.

Ancora, costituiscono legami riconducili alla categoria in parola i c.d. gentlemen’s agreement, ossia quelle intese il cui rispetto è imposto solo dal senso dell’onore delle parti.

Infine, alle reti sociali, ad avviso di chi scrive, è possibile ricondurre anche quei sistemi in cui vi è una condivisione spontanea e non regolata di risorse, in particolare di conoscenze, come ad esempio i distretti produttivi italiani.

89

Si vedano sul punto Grandori A., Organizzazione e comportamento economico, Il Mulino, 1999, pag. 514 e ss., e G. Soda, Modelli e prospettive per una teoria del coordinamento, Carrocci, 1998, pag. 141 e ss.

90

F. Cafaggi, in F. Cafaggi (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 179 e ss.;

91

Passaponti B., I gruppi e le altre organizzazioni aziendali, Giuffrè Editore, 1994, pag. 14. 92

Le reti burocratiche sono quelle in cui l’interdipendenza non rimane sul piano meramente fattuale ma assume un certo rilievo giuridico venendo formalizzata e regolata, più o meno indirettamente, in contratti. Si pensi alle catene di subfornitura, alle reti di franchising, ai consorzi, agli accordi interimprenditoriali per la condivisione di risorse o per condividere fasi di ricerca e sviluppo… Di questa categoria si tratterà specificamente nel capitolo successivo.

Qui si osserva solamente che in alcuni casi non è possibile quantificare e determinare precisamente, e quindi formalizzare in un contratto, gli apporti, i vantaggi ed gli oneri derivanti dall’appartenenza al sistema.

Alcune situazioni infatti “non permettono quella chiara divisione dei compiti e

dei diritti ai risultati parziali su cui si basano i contratti ad alta intensità burocratica tra imprese. Le attività sono poco controllabili ed è quindi più efficace puntare su meccanismi di incentivo che non su quelli di controllo. Nelle relazioni tra imprese questo significa disegnare in forma adeguata i diritti di proprietà e di partecipazione agli utili”93. Ecco, quindi, che si costituiscono le reti proprietarie94, ossia quelle forme di aggregazione in cui le imprese partecipanti godono congiuntamente di diritti di proprietà e/o di partecipazione ai risultati dell’attività svolta di ciascuna di esse o da una società terza, in modo tale che non è necessario determinarne specificamente la titolarità pro quota.

In sostanza si è in presenza di gruppi societari che si formano mediante partecipazioni sociali incrociate. Vi è un soggetto, capogruppo, che giuridicamente detiene il controllo delle altre imprese, pur essendo formalmente tutti soggetti autonomi e distinti.

Nelle reti proprietarie, la dipendenza è massima perché l’autonomia e l’indipendenza delle imprese che costituiscono il gruppo sono giuridicamente limitate ed il relativo potere decisionale è allocato in capo al soggetto che controlla il gruppo. Per questo motivo il fenomeno delle reti proprietarie, ad avviso di chi scrive, è

93

Grandori A., Organizzazione e comportamento economico, Il Mulino, 1999, pag. 520. 94

Zorzi A., in Cafaggi F. (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 137, definisce le reti proprietarie come: “modelli societari di coordinamento tra imprese; modelli di coordinamento che cioè fanno

uso delle forme societarie per governare le interdipendenze esistenti tra le imprese, nonché i modelli che hanno comunque rilevanza a livello di diritto delle società, pur non essendo propriamente «societari» nel senso di avvalersi in via diretta delle armi del diritto societario”

riconducibile al modello “gerarchia”, piuttosto che a quello “mercato” o a quelli indicati come modelli intermedi tra i due.