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IL CONTRATTO DI SUBFORNITURA

4. La tutela del subfornitore

Appurato quindi che la legge in esame si rivolge non a qualsiasi rapporto di subfornitura ma solo a quei rapporti in cui il subfornitore è in una condizione di debolezza e di dipendenza, sia tecnologica che economica, nei confronti del committente, si rileva che – conseguentemente – essa è manifestamente ispirata dalla volontà di dare tutela al subfornitore15.

Su questo punto la dottrina risulta concorde. È stato a proposito autorevolmente affermato e ribadito, non solo che “Della natura e della ispirazione protettiva della

disciplina di cui alla L. 192/98 non è dato dubitare”16, ma che ove non sussista detta soggezione del subfornitore non si possa nemmeno configurare un rapporto di subfornitura ai sensi della Legge in esame: “la ratio di tutela del subfornitore costituisce

motivo ispiratore dell’intera disciplina di cui alla legge n. 192/98, con la conseguenza che la sua applicabilità deve essere limitata ai soli casi in cui si renda effettivamente necessario un intervento volto a riequilibrare le sperequate posizioni negoziali delle parti”17.

Nella fattispecie disegnata dalla Legge quindi non vi sono due parti che reciprocamente dipendono l’una dall’altra, ma piuttosto una parte forte, il committente, che sarebbe in grado di determinare le sorti e la condotta di una parte debole, il subfornitore. Tutte le norme dettate dalla L. 192/1998 avrebbero quindi la funzione di tutelare il subfornitore dallo strapotere del committente, ripristinando così l’equilibrio contrattuale che per definizione manca nei rapporti di subfornitura, almeno per come intesi nella Legge in parola.

15

Si veda la relazione accompagnatoria al disegno di legge originariamente proposto, in www.senato.it/att/ddl/r0637p.htm

16

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 4.

17

G. De Nova (a cura di), La subfornitura – Legge 18 giugno 1998, n. 192, IPSOA 1998, pag. 41.

Per questo motivo la legge in esame presenta numerose norme imperative, inderogabili dalle parti e la cui violazione è sanzionata da nullità. Tuttavia, siffatte norme solo ad un esame superficiale risulterebbero avere l’effetto di limitare l’autonomia negoziale dei contraenti. Al contrario, in vero esse consentirebbero di porre i contraenti in una posizione di parità contrattuale in modo tale da consentire, solo in questo modo, che l’autonomia negoziale di entrambe si esplichi in modo pieno, effettivo e libero. Come è stato osservato, si tratta di “una compressione tuttavia che ancora una volta deve dirsi

solo formale, essendo invece sostanziale il recupero in termini di autonomia della libertà contrattuale dei soggetti privati”18.

Si esaminano di seguito le previsioni normative poste dal Legislatore a difesa della parte debole del rapporto di subfornitura.

4.a. La forma scritta

La legge n. 192/1998 prevede per il contratto di subfornitura la forma scritta a pena di nullità (art. 2). Considerato che – come detto – la finalità della normativa è precipuamente quella di tutelare il subfornitore, si può ragionevolmente affermare che in questo caso “…la forma scritta, tradizionalmente diretta a garantire la serietà e

l’importanza dell’atto, assurge al nuovo ruolo di mezzo di tutela del contraente debole, assicurando chiarezza, trasparenza e comprensibilità dell’impegno assunto dalla parte svantaggiata”19.

Partendo da questo presupposto, autorevole dottrina ha sostenuto che si sia in presenza di una c.d. “nullità relativa”, ossia di una nullità che può essere fatta valere solo dalla parte a favore della quale è prevista, ossia nel caso di specie dal subfornitore.

18

Plaia A., in Castronovo C. – Mazzamuto S. (a cura di), Manuale di diritto privato europeo, Giuffrè 2007, pag. 867.

19

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 51.

La nullità ex art. 2 della L. 192/1998 avrebbe la caratteristica peculiare di essere stabilita non a tutela di un interesse generale dell’ordinamento a tutela dell’interesse particolare del subfornitore quale parte debole del contratto. Per questo motivo, l’art. 1421 C.C., il quale stabilisce che la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, deve essere interpretato nel senso che, in materia di subfornitura, il soggetto avente l’interesse a far dichiarare la nullità è individuato preventivamente dal Legislatore solo ed esclusivamente nel subfornitore.

In dottrina è stato infatti affermato che “…la corretta valutazione dell’interesse

legittimante all’azione di nullità a norma dell’art. 1421 C.C., inteso come interesse meritevole di protezione alla luce della ratio della norma che lo prevede, unitamente al principio di buona fede, induce ad escludere che una nullità di protezione possa essere fatta valere da soggetto diverso rispetto a quello protetto (o, peggio, da chi si presume avere dato luogo alla invalidità), laddove, per l’appunto, nel caso di specie, l’interesse in favore del quale è posta la norma violata è senza dubbio unicamente quello del subfornitore”20.

Diversamente opinando, il committente potrebbe agire per la nullità di un contratto che invece il fornitore ha interesse a mantenere, sovvertendo così lo spirito e la finalità che animano l’intera normativa.

Tuttavia tale interpretazione della norma non è pacifica.

Infatti, l’art. 2, 1° comma, prosegue con una disposizione che è difficile da conciliare con siffatta interpretazione: nel caso in cui il contratto sia nullo per difetto di forma scritta “il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle prestazioni già

effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell'esecuzione del contratto” (art. 2, 1° comma).

Il legislatore permette quindi al subfornitore di mantenere in vita gli effetti del contratto (almeno quelli già prodottisi) contro l’eventuale dichiarazione di nullità.

La concessione al subfornitore di siffatto strumento di difesa contro la dichiarazione di nullità non avrebbe gran senso se la dichiarazione di nullità fosse rimessa

20

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 68.

esclusivamente alla sua disponibilità, sicché viene portato come argomento a favore della tesi per cui la legittimazione a far valere la nullità può essere limitata solo nei casi espressamente previsti dalla legge, e quindi non nel caso in esame che non contiene una previsione espressa in tal senso.

Il Legislatore non si limita a stabilire che il contratto debba avere forma scritta ma si preoccupa altresì dell’aspetto sostanziale dello stesso, precisando dettagliatamente il contenuto che tale contratto deve avere. Infatti, l’art. 2 al 5° comma stabilisce che:

“Nel contratto di subfornitura devono essere specificati:

a) i requisiti specifici del bene o del servizio richiesti dal committente, mediante precise indicazioni che consentano l'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, o anche attraverso il richiamo a norme tecniche che, quando non siano di uso comune per il subfornitore o non siano oggetto di norme di legge o regolamentari, debbono essere allegate in copia;

b) il prezzo pattuito;

c) i termini e le modalità di consegna, di collaudo e di pagamento”.

E ciò dopo che il precedente comma 4° aveva precisato che “il prezzo dei beni o

servizi oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile in modo chiaro e preciso, tale da non ingenerare incertezze nell'interpretazione dell'entità delle reciproche prestazioni e nell'esecuzione del contratto”.

La Legge quindi interviene a definire in modo preciso e dettagliato quale sia l’oggetto del contratto di subfornitura con la conseguenza che, ove le parti mancassero di mettere per iscritto alcuno degli elementi indicati, il contratto, non potendo avere nemmeno parzialmente forma orale, sarebbe nullo per indeterminatezza dell’oggetto.

Tali specifiche previsioni assumono particolare rilevanza in relazione alla sopra prospettata problematica del coordinamento tra la disciplina della subfornitura con i contratti tipici ad essa preesistenti.

In particolare per la compravendita e l’appalto il Codice Civile prevede che, pur essendo il prezzo elemento essenziale dell’oggetto, questi non debba necessariamente essere determinato nel contratto: si vedano rispettivamente gli artt. 1474 e 1657 C.C. che

prevedono le modalità per determinare successivamente il prezzo che le parti hanno omesso di stabilire nel contratto.

Per tanto, nel caso in cui uno di tali contratti sia concluso tra imprenditori ed abbia ad oggetto “prodotti o servizi destinati ad … essere utilizzati nell'ambito dell'attività

economica del committente” ovvero “lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime”, tale etero-integrazione nella determinazione del prezzo prevista in via generale

dal Codice Civile non sarebbe ammissibile.

Già dal solo esame di questo primo articolo della Legge 192/1998 è possibile, quindi, osservare che il Legislatore, nel disciplinare la subfornitura quale specifico rapporto tra imprese, tende a discostarsi dai principi generali del diritto comune dei contratti e perseguire finalità diverse.

4.b. I termini di pagamento

Un’ulteriore disposizione della L. 192/1998 dettata con la chiara finalità di tutelare il subfornitore è quella relativa ai termini di pagamento.

L’art. 3, 2°comma, stabilisce imperativamente il termine massimo entro il quale il committente deve pagare il subfornitore: “Il prezzo pattuito deve essere corrisposto in un

termine che non può eccedere i sessanta giorni dal momento della consegna del bene o della comunicazione dell'avvenuta esecuzione della prestazione”.

In proposito è stato osservato che “L’art. 3 fa dunque obbligo alle parti del

contratto di subfornitura di fissare, nel regolamento contrattuale, il termine di pagamento: esso, tuttavia, non è rimesso alla loro libera volontà, non potendo comunque venire superato il limite normativamente fissato. Si tratta di previsione di carattere imperativo, con conseguente invalidità di ogni deroga convenzionale che non sia disposta in favore del subfornitore”21. Lo scopo è chiaramente quello di evitare che il committente, approfittando della propria forza contrattuale, possa imporre termini di pagamento

21

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 82.

eccessivamente lunghi in modo tale da procurarsi liquidità a scapito del subfornitore, il quale sostanzialmente si troverebbe altrimenti costretto ad eseguire una sorta di finanziamento indiretto a suo favore.

Per inciso si osserva che l’art. 3 prosegue statuendo che il termine di 60 giorni per il pagamento può essere ampliato fino a 90 giorni con accordi nazionali, sottoscritti presso il Ministero dell'Industria, dai rappresentati della categorie dei subfornitori e dei committenti, oppure anche con accordi locali presso le CCIAA, purché tali accordi contengano “apposite clausole per garantire e migliorare i processi di innovazione

tecnologica, di formazione professionale e di integrazione produttiva”. Si segnale tale

norma, che non riveste particolare interesse, solo in quanto sembra richiamare ciò che è stato detto nei capitoli precedenti quando si è esaminato il fenomeno delle aggregazioni d’imprese nell’ordinamento comunitario. Nel capitolo terzo, infatti, si è rilevato che ciò che connota il c.d. cluster nella visione europea è la sua naturale propensione ad essere terreno fertile e volano per lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. La disposizione in esame sembra proprio ispirarsi ad una concezione simile del fenomeno delle aggregazioni di imprese.

4.c. La responsabilità del subfornitore

Ancora, tra le norme di tutela del subfornitore si segnala l’art. 5, rubricato “Responsabilità del subfornitore”, il cui primo comma disciplina la responsabilità del subfornitore stabilendo che egli “ha la responsabilità del funzionamento e della qualità

della parte o dell'assemblaggio da lui prodotti o del servizio fornito secondo le prescrizioni contrattuali e a regola d'arte”

Tale previsione sostanzialmente richiama (e dovrà essere integrata da) il principio generale di diligenza nell’adempimento dettato dall’art. 1176 C.C., nonché le norme dettate per l’adempimento dei tipi contrattuali in cui può manifestarsi il rapporto di

subfornitura, in particolare l’art. 1497 C.C. per la compravendita, l’art. 1667 C.C. per l’appalto e l’art. 2224 C.C. per il contratto d’opera.

Il secondo comma dell’articolo in esame stabilisce che il subfornitore “non può

essere ritenuto responsabile per difetti di materiali o attrezzi fornitigli dal committente per l'esecuzione del contratto, purché li abbia tempestivamente segnalati al committente”.

Tale norma esplicita il principio ricavabile dalle norme dettate per l’appalto e per il contratto d’opera (rispettivamente gli artt. 1658 e 2223 C.C.). per cui, nel caso in cui la materia sia fornita dal committente, chi esegue la prestazione non può essere ritenuto responsabile per i vizi derivanti da difetti della materia stessa purché ne abbia dato tempestivo avviso alla controparte.

Si tratta quindi di previsioni che non apportano alcuna novità sostanziale ai principi di diritto comune in materia di adempimento del contratto.

Tuttavia la novità differenziante c’è ed è nel terzo comma dell’articolo in parola: “Ogni pattuizione contraria ai commi 1 e 2 è da ritenersi nulla”. Mentre nel diritto comune dei contratti la disciplina legale della responsabilità di chi esegue l’opera caratteristica è derogabile dalle parti, per la subfornitura essa è inderogabile (almeno nel contenuto minimo dettato dai commi di cui sopra). Si tratta chiaramente di una previsione volta a tutelare il subfornitore contro il pericolo che il committente possa imporgli una disciplina della responsabilità tale da far gravare su di lui fatti imputabili invece al committente medesimo, ossia la predisposizione delle modalità tecniche di produzione del bene\servizio e l’eventuale fornitura della materia prima.

Anche in questo caso, per gli stessi motivi esposti sopra in relazione alla nullità per difetto di forma scritta, si deve ritenere si tratti di una nullità di protezione e quindi c.d. relativa.

Di più, è stato affermato che essa riguarda solo i patti che aggravano la responsabilità del subfornitore, non anche quelli che la alleviano: “…si tratta di invalidità

volta ad impedire la erosione, sul piano convenzionale, del contenuto minimo della tutela sostanziale a favore del soggetto debole, senza peraltro precludere un assetto di interessi più favorevole al subfornitore, cosicché saranno invalidi solo i patti che prevedano a

carico del subfornitore una responsabilità più gravosa rispetto quella prevista dall’art. 5, e non anche quelli che vi deroghino in senso favorevole al soggetto protetto”22.

Da questa breve panoramica di almeno alcune delle norme di favor per il subfornitore quale parte debole del rapporto emerge come la L. 192/1998 postuli una condizione di disparità contrattuale e persegua una specifica finalità di tutela della parte debole.

Il rilevo è importante perché tale presupposto e tale finalità, che si rinvengo anche nella parallela disciplina consumieristica, costituiscono una rottura del diritto dei rapporti tra imprese con il diritto comune dei contratti, al quale sono assolutamente estranei.