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L’ORDINAMENTO COMUNITARIO

5. La Comunicazione COM (2008)

Nella Comunicazione COM (2008) 652 del 05.11.08 “Towards world-class

clusters in the European Union: implementing the broad-based innovation strategy”,

la Commissione sottolinea la grande importanza del fenomeno dei distretti d’imprese per lo sviluppo dell’economia europea ed indica quali sono i principali interventi ed attività a livello europeo in materia di clusters.

Tale comunicazione riprende le indicazioni del Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, il quale aveva affermato che il futuro dell’economia europea si gioca sulla conoscenza e sull’innovazione ed aveva posto come obiettivo quello di rendere entro il 2010 l’Europa "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e

dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale" (c.d. “Strategia di

Lisbona”).

La Commissione riprende tale insegnamento concentrando la propria attenzione sul cluster, considerato come il contesto economico\produttivo più fertile per lo sviluppo della conoscenza e l’innovazione: “Una crescita sostenibile e la creazione di

posti di lavoro nell'UE dipendono sempre più dall'eccellenza e dall'innovazione, che costituiscono i principali motori della competitività europea. Riconoscendo questo fatto, l'Unione Europea ha adottato nel 2006 un'ampia strategia d'innovazione e ha definito il rafforzamento dei clusters in Europa come una delle nove priorità strategiche per promuovere con successo l'innovazione”.

La Commissione fornisce una, seppur generica, definizione del cluster, che “può essere definito, globalmente, come un gruppo di imprese, di operatori economici

collegati e di istituzioni geograficamente vicine le une alle altre e che ha raggiunto una scala sufficiente per sviluppare perizie, servizi, risorse, fornitori e competenze specializzate”. Emergono anche in questa dichiarazione quelli che si sono più volte

visti essere gli elementi costitutivi del distretto: la concentrazione locale di imprese, la specializzazione in un settore comune, i rapporti non competitivi tra le imprese, i legami con i soggetti istituzionali locali.

In particolare la Commissione aggiunge poi che tipica del cluster è la “compresenza di concorrenza e cooperazione”: tale espressione pare riassumere l’assunto base da cui ha preso le mosse la presente ricerca, ossia che nei sistemi produttivi di tipo distrettuale e similari le imprese sono tra loro legate non solo rapporti competitivi, ma anche da rapporti diversi e ulteriori, che la Commissione indica come cooperazione e che in queste pagine sono stati indicati quali elemento costitutivo delle aggregazioni tra imprese interdipendenti.

La vicinanza fisica e l’interazione tra imprese ed altri enti, tutti specializzati in uno specifico settore, produrrebbero un elevato livello di circolazione, e quindi di sviluppo, della conoscenza. La vera essenza del cluster, secondo la Commissione, è pertanto la sua naturale propensione all’innovazione: “Cluster forti offrono una fertile

combinazione di dinamismo imprenditoriale, collegamenti solidi con le istituzioni dotate di un elevato livello di conoscenza e sinergie rafforzate tra i soggetti impegnati nell'innovazione”.

Conseguentemente il ruolo delle Istituzioni in materia di cluster è quello “di

facilitare tali sforzi e di contribuirvi, in particolare migliorando le condizioni generali, promuovendo la ricerca, l'eccellenza in materia di formazione e lo spirito imprenditoriale, favorendo migliori collegamenti tra le imprese (in particolare le PMI) e il mondo scientifico e incoraggiando l'apprendimento reciproco delle politiche e la cooperazione tra cluster in tutta l'UE”.

Coerentemente con tale impostazioni, e con le sue competenze, la CE non si occupa invece di quale sia la natura giuridica e la disciplina privatistica dei rapporti tra le imprese e gli altri enti che costituiscono il cluster.

La Commissione si limita ad osservare che la struttura di tali rapporti può essere la più varia: “Le iniziative di cluster sono sempre più spesso gestite da istituzioni

specializzate, conosciute con il nome di "organizzazioni di cluster”, che possono assumere diverse forme che vanno dalle associazioni di sostegno senza fini di lucro alle agenzie pubbliche, passando per le strutture imprenditoriali”.

6. Conclusioni

Dalla sintetica analisi delle principali iniziative europee in materia di clusters sopra svolta, emerge chiaramente che neanche a livello europeo si registrano interventi volti a definire e a disciplinare il cluster dal punto di vista privatistico. Quello che rileva è l’intervento pubblico a sostegno dei clusters, mentre non interessa quale sia la loro natura giuridica e quali siano i rapporti tra i soggetti che lo costituiscono e tra questo e i terzi.

Tuttavia, dai diversi interventi sopra esaminati è possibili enucleare una nozione di cluster, che in buona misura corrisponde a quella di distretto rinvenibile nell’ordinamento nazionale.

Si è visto infatti che anche in Europea il concetto di cluster si fonda sui seguenti elementi:

1) una concentrazione locale di imprese (prevalentemente piccole e medie); 2) la specializzazione in un settore comune;

3) un tessuto di particolari rapporti diversi dal mero scambio che rende le imprese interdipendenti;

4) un particolare legame con altri soggetti locali, e quindi con il territorio. In Europa però viene posta molta enfasi su quella che viene considerata la prerogativa più importante del cluster, ossia la sua naturale tendenza all’innovazione9

. Mentre in Italia l’idea di distretto viene generalmente associata a quelle di tradizione e di prodotti tipici locali, in Europa quello che rende il cluster un fenomeno degno di così grande interesse è proprio l’intensità con cui circola e si moltiplica la conoscenza e la conseguente spinta all’innovazione e allo sviluppo che ne deriva.

Tuttavia è innegabile che anche nell’ordinamento italiano inizia ad affacciarsi l’idea del distretto come volano di conoscenza e innovazione, e che quindi le due nozioni tendono sempre più a convergere.

9

Per un’approfondita analisi delle capacità innovative delle reti d’imprese si veda Garibaldo F. - Grandi A. (a cura di), Forme organizzative a rete per la competitività delle PMI - Modelli teorici ed esperienze aziendali, Bologna, Timeo Editore, 2007.

Infatti l’ultimo intervento legislativo in materia, la Legge 23 luglio 2009 n. 99, seppur in materia di reti piuttosto che specificamente di distretti, richiede che esse “dimostrino il miglioramento della capacità innovativa e della competitività sul

mercato”, mentre già precedentemente, a livello regionale, la L. Reg. Veneto n. 8/03

richiede che il distretto sia una realtà produttiva “in grado di esprimere capacità di

innovazione, comprovata da una descrizione dell’originalità dei prodotti e dei processi, dalla presenza di imprese leader nei singoli settori, dal numero di brevetti registrati dalle imprese, nonché dalla presenza di istituzioni formative specifiche o centri di documentazione sulla cultura locale del prodotto e del lavoro”.

CAPITOLO IV