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LE AGGREGAZIONI TRA IMPRESE INTERDIPENDENT

5. Forme ibride tra gerarchia e mercato

I rapporti business to business presentano quindi esigenze e problematicità loro proprie, che non si rinvengono negli altri tipi di rapporto di scambio esistenti sul mercato (scambi tra imprese e consumatori e scambi tra soggetti non professionisti). Le imprese hanno la necessità di tutelarsi contro i rischi connessi alla razionalità limitata, all’opportunismo ed alle specificità delle risorse.

Tali tutele rappresentano ovviamente dei costi per le imprese, precisamente costi di transazione, e generalmente portano le imprese ad articolare i loro scambi economici in contenuti complessi che vanno ben oltre il mero scambio di un bene contro un prezzo. Secondo O. E. Williamson “l’economizzazione sui costi di

transazione è una spiegazione ragionevole per molte prassi organizzative e contrattuali atipiche e problematiche”51.

Le transazioni tra imprese richiedono quindi una struttura di governo ulteriore e più ampia del mero contratto di scambio: “in queste circostanze si impone l’imperativo

di organizzare le transazioni in modo da ridurre i costi determinati dai limiti della razionalità, salvaguardandole contemporaneamente dai rischi dell’opportunismo”52.

O. E. Williamson definisce “salvaguardie” gli accorgimenti che le parti adottano nelle loro relazioni contrattuali per tutelarsi contro i rischi e per rispondere

51

Williamson O. E., I Meccanismi del Governo – L’economia dei Costi di Transazione: Concetti, Strumenti, Applicazioni, FrancoAngeli 1998, pag. 65.

52

Williamson O.E., Le Istituzioni Economiche del Capitalismo – Imprese, Mercati, Rapporti Contrattuali, FrancoAngeli 1987, pag. 109.

alle esigenze di cui sopra. In particolare l’Autore individua tre categorie principali di salvaguardie53.

La prima categoria comprende quelle previsioni contrattuali che hanno l’effetto in qualche modo di accumunare, nei profitti o nelle perdite, le sorti delle parti dello scambio: laddove una parte induca col proprio comportamento vantaggi alla controparte ne godrà anch’essa, laddove invece induca pregiudizi, li subirà anch’essa.

La seconda categoria comprende invece quegli accorgimenti volti a sottrarre all’ordinamento giudiziario la risoluzione delle controversie per affidarle a sistemi di giustizia privata, in modo da rendere più rapidi, certi ed efficienti i rimedi e le reazioni agli eventuali inadempimenti.

La terza categoria è costituita da quelle relazioni in cui le parti moltiplicano ed articolano i loro rapporti, andando ben oltre il mero scambio, in modo tale da creare una certa comunanza dei rispettivi interessi ed una certa convergenza delle rispettive volontà.

Può essere utile indicare alcuni esempi di come le imprese strutturino le proprie relazioni per far tutelarsi contro l’opportunismo, la razionalità limitata e la specificità delle risorse.

Con riferimento al problema della razionalità limitata e dell’incertezza, le imprese che si accingono ad impegnarsi in un rapporto di lunga durata possono stipulare contratti c.d.“leggeri” che non specificano in modo rigido i dettagli delle prestazioni ma, al contrario, prevedono meccanismi o procedure per determinarli e

53

Sul punto si veda Williamson O. E., I Meccanismi del Governo – L’economia dei Costi di Transazione: Concetti, Strumenti, Applicazioni, FrancoAngeli 1998, pag. 119: “Le

salvaguardie assumono almeno una delle seguenti tre forme: (1) riallineamento degli incentivi, il ché solitamente comporta un indennizzo di fine rapporto o una penale per la sua cessazione prematura (per quanto importante e argomento centrale della letteratura sulla contrattazione formale, questa garanzia è una soluzione molto limitata); (2) sostituzione dell’ordinamento giudiziario con quello privato: sono esplicitamente previsti l’incompletezza del contratto e il ricorso a forme di giudizio alternative (l’esempio tipico è l’arbitrato); (3) la transazione viene inserita in una rete di scambi più complessa, per rafforzarne la continuità e facilitarne gli adattamenti, un esempio è il passaggio dallo scambio unilaterale a quello bilaterale – ad esempio mediante il ricorso concertato alla reciprocità – in modo da uguagliare i rischi dello scambio. Un altro esempio è il ricorso al processo decisorio collettivo sotto forma di proprietà comune”

modificarli nel corso del rapporto, in modo tale da poter fronteggiare gli imprevedibili futuri stati del mondo.

Allo stesso scopo, le imprese possono distribuire tra loro i rischi derivanti dall’incertezza sul futuro stabilendo che il corrispettivo per l’attività dell’una non sia determinato in misura fissa ma mediante un margine sul suo costo di produzione. Altrimenti possono organizzarsi in modo tale che un’impresa sopporti i rischi dello sviluppo di una nuova produzione ed una o più altre sopportino quelli della sua immissione nel mercato (come ad esempio può avvenire nel franchising).

Ancora, può accadere che diverse imprese tentino (anche illecitamente) di eludere le incertezze e i rischi della concorrenza di mercato stringendo alleanze o coordinando la propria attività, ad esempio con intese sui prezzi o con accordi di spartizione del mercato.

Con riferimento invece al problema dell’opportunismo, come si è già osservato, nei rapporti tra imprese, a differenza che nei rapporti tra professionista e consumatori, assume una certa rilevanza il rischio di inadempimento, sia in relazione alla difficoltà di ottenere la prestazione specifica in via giudiziale, sia in relazione ai tempi e ai costi della relativa azione.

Il rischio di opportunismo, ovviamente, è tanto più alto quanto più si è in presenza di incertezza, come sopra definita, e di relazioni a lungo termine.

In tali condizioni le parti hanno due alternative: o rinunciare alla transazione oppure arricchirne la disciplina con apposite previsioni volte prevenire o limitare i comportamenti opportunistici. In proposito è stato osservato: “...hazards of

opportunism arise in a world of long-term, incomplete contracts implemented under uncertainity. Farsighted responses of several kinds can be distinguished. One would be to refuse to engage in such transactions (in favour of shorter and simpler transactions). A second would be to adjudge the price of the complex transaction to reflect the added hazards. A third and deeper response would be to create an ex ante safeguards (credible commitments), the effects of which are to mitigate the opportunism. This last is to be contrasted with Macchiavelli, who also subscribed the opportunism but viewed contracting myopically. Thus, whereas Macchiavelli advises his Prince to breach contracts with impunity – get them before they get us –

transaction cost economics advises the Prince to devise (give and receive) credible commitments”55.

Come si è accennato sopra, la Teoria dei Costi di Transazione distingue tali previsioni contrattuali in “credible commitments” e “credible threats”, a seconda che siano, sostanzialmente, volti ad incentivare la corretta collaborazione (funzione premiale) oppure siano volte a punire comportamenti opportunistici (funzione deterrente).

Le parti potranno, ad esempio, inserire clausole volte ad incentivare l’esatta e tempestiva esecuzione del contratto con delle clausole premiali per la puntualità nei pagamenti e nelle consegne, oppure volte a devolvere le eventuali controversie a sistemi di risoluzione più efficienti dell’ordinario procedimento giudiziario (clausole arbitrali e obblighi di esperire il tentativo di conciliazione): “Contractual provisions

specifying compulsory arbitration or more directly imposing costs on the opportunist party are alternatives often employed to economize on litigation costs and to create flexibility”56.

Sempre per scoraggiare i possibili inadempimenti ed incentivare invece la collaborazione, due imprese tra cui intercorre un rapporto di fornitura possono, ad esempio, decidere di intrecciare e sovrapporre i loro interessi eseguendo un investimento in un’attività o in una risorsa comune oppure possono prevedere contratti collegati l’uno all’altro in modo che la sorte di uno incida su quello dell’altro. In particolare le imprese possono impegnarsi in scambi reciproci poiché, com’è stato osservato, “La reciprocità trasforma un rapporto di offerta unilaterale – in cui A

vende X a B – in un rapporto bilaterale, in cui A accetta di comprare Y da B, a condizione di vendergli X, ed entrambe le parti sanno che la transazione continuerà solo se viene rispettata la reciprocità”57.

55

Menard C., Transaction Cost Economics – Recent Development, Edward Elgar, 1997, pag. 8.

56

Klein B. – Crawford R. G. – Alchian A. A., Vertical Integration, Appropriable Rents, and the Competitive Contracting Processe, Journal of Law and Economics, XXI October 1987, pag. 301.

57

Williamson O. E., I Meccanismi del Governo – L’economia dei Costi di Transazione: Concetti, Strumenti, Applicazioni, FrancoAngeli, 1998, pag. 135.

Con riferimento alla specificità delle risorse ed ai conseguenti vincoli di interdipendenza economica che ne derivano, la parte in posizione di dipendenza cercherà di articolare il contenuto del rapporto in modo tale da limitare tale dipendenza, o renderla reciproca o, quantomeno, impedire che la controparte possa approfittare della sua posizione economica dominante. Ad esempio, se la produzione di un impresa dipende dalle risorse prodotte da un particolare fornitore, per arginare il rischio che quest’ultimo abusi della sua posizione dominante le parti possono prevedere che egli svolga la propria attività produttiva in immobili concessi in locazione dalla controparte, rendendo così la dipendenza, almeno parzialmente, reciproca.

Particolari problematiche, con conseguenti particolari espedienti giuridico- economici, si pongono poi nel caso in cui l’interdipendenza sussista tra due imprese tra le quali non intercorre alcun rapporto contrattuale diretto. Si pensi ad esempio ai nodi di una filiera produttiva: l’inadempimento di un fornitore a monte della catena produttiva non danneggia solo il suo diretto committente ma, a cascata, tutti i successivi anelli della catena produttiva che da quest’ultimo dipendono, pur non avendo con l’inadempiente alcun rapporto contrattuale. Si pensi anche alla raggiera distributiva: l’abbassamento dello standard qualitativo dei prodotti di un franchisee non danneggia solo il franchisor, ma anche tutti gli altri franchisee che distribuiscono prodotti con il medesimo segno distintivo, pur non avendo questi alcun rapporto contrattuale con il primo58.

Le imprese coinvolte in un contesto di questo tipo escogiteranno dei rimedi contrattuali per prevenire e limitare tali rischi.

Quelli sopra indicati sono solo alcuni esempi di come, all’aumentare dei rischi e delle problematiche connessi alla razionalità limitata, all’opportunismo e alla

58

Sul punto si veda Williamson O.E., Le Istituzioni Economiche del Capitalismo – Imprese, Mercati, Rapporti Contrattuali, Francoangeli, 1987, pag. 118: “Supponiamo dunque che

un’impresa sviluppi un bene o un servizio molto caratterizzati e lo distribuisca attraverso una rete di concessionari. Supponiamo anche che l’incentivo a promuovere quel bene o quel servizio dia luogo ad effetti esterni: alcuni concessionari che servono una popolazione mobile possono tagliare i propri costi, lasciare che la qualità si deteriori e far ricadere sul sistema il discredito derivante da queste pratiche. Perciò i fornitori hanno interesse ad estendere il proprio potere al di là dell’accordo originario di concessione per includervi dei vincoli sulle condizioni di fornitura”.

specificità delle risorse, le imprese rendano i loro rapporti più intensi e complessi. Tale fenomeno “è legato all’esigenza di creare nell’ambito della relazione

interimprenditoriale un assetto di incentivi adeguato alla operazione e al controllo dell’opportunismo, problema questo che, nel contesto di rete, assume peculiarità che non possono essere trascurate, al punto di sollecitare l’introduzione di strumenti contrattuali più sofisticati rispetto a quelli normalmente impiegati nei contratti di durata”60.

Siffatte relazioni economico\contrattuali creano tra le imprese un vincolo di reciproca interdipendenza in quanto la condotta di una di esse, in modo più o meno diretto, incide sulle altre parti del rapporto. In queste situazioni si può dire che, in qualche modo, ciascuna impresa perde una quota della propria indipendenza ed autonomia a favore delle altre.

Considerando quanto esposto sopra sui modelli di organizzazione aziendale, ossia che nel modello mercato la dipendenza e l’autonomia sono massime mentre nel modello gerarchia sono nulle, si osserva che, strutturando così i loro rapporti, le imprese si spostano dal modello mercato verso il modello gerarchia.

Siffatti rapporti si costituiscono quando la relazione di mero scambio immediato e discreto (mercato) non è adeguata ma, al contempo, l’impresa non ritiene conveniente internalizzare la produzione della risorsa scambiata (gerarchia) 61.

Il fenomeno dell’interdipendenza tra imprese si manifesta proprio in queste circostanze, in particolare quando si è in presenza di alti tassi di specificità degli investimenti: “La contrattazione di beni\servizi prodotti con assests specifici della

transazione pone seri problemi. Man mano che cresce la specificità degli assests, la contrattazione canonica di mercato cede il passo allo scambio bilaterale (o, più in generale, alle modalità organizzative ibride), che a loro volta cedono il passo alla proprietà unificata (gerarchia)”63. Tuttavia le imprese, pur costituendo rapporti quanto

60

Iamiceli P., in Cafaggi F. (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 126.

61

Sul punto si veda Cafaggi F., in Cafaggi F. (a cura di), Il contratto di rete – commentario, Il Mulino 2009, pag. 13: “La rete si costituisce quando le relazioni di mercato si rivelano

inadeguate ad organizzare le complementarietà e l’impresa verticalmente orientata richiede costi eccessivi e riduce la flessibilità”

63

Williamson O. E., I Meccanismi del Governo – L’economia dei Costi di Transazione: Concetti, Strumenti, Applicazioni, FrancoAngeli, 1998, pag. 98.

più strutturati ed organizzati, non approdano completamente al modello gerarchia perché formalmente mantengono la propria autonomia economica e la propria individualità giuridica.

Di fatto, quindi, tali rapporti incidono sull’autonomia e l’indipendenza di ciascuna impresa e le rendono in qualche modo dipendenti le une dalle altre, pur rimanendo soggetti giuridici ed economici distinti: è stato correttamente osservato che i fenomeni reticolari sono quindi caratterizzati da “l’esistenza di uno iato tra

dipendenza o inter-dipendenza economica e in-dipendenza o separazione giuridica” 64. Si può, quindi, parlare di interdipendenza transazionale perché ciascuna impresa non è libera di determinare in modo completamente autonomo ed indipendente la propria attività, ma è invece condizionata dalla condotta delle altre imprese con cui scambia, direttamente o indirettamente, risorse: “Supponiamo di dover

ordinare le transazioni secondo il grado di autonomia mantenuta dalle parti: le transazioni discrete si collocherebbero ad un estremo, quelle gerarchiche all’altro e le transazioni ibride … si collocherebbero fra i due estremi”65

.

Si riconosce quindi, ormai pacificamente, che il mercato e la gerarchia sono solo i due modelli estremi dei possibili sistemi di organizzazione dell’impresa e che esiste un “continuum di forme ibride o intermedie tra mercato e gerarchica”66

nelle quali l’impresa non produce al proprio interno tutte le risorse necessarie (gerarchia), ma neanche si limita a procurarsele solo mediante rapporti di scambio immediato e discreto (mercato)67: “L’attenzione è quindi rivolta all’intera gamma delle istituzioni,

che vanno dallo scambio puntuale di mercato a un estremo, fino all’organizzazione gerarchica centralizzata dall’altro, con una miriade di forme miste o intermedie che si

64

Cafaggi F., in F. Cafaggi (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 3.

65

Williamson O.E., Le Istituzioni Economiche del Capitalismo – Imprese, Mercati, Rapporti Contrattuali, FrancoAngeli, 1987, pag. 174.

66

Così Soda G., Modelli e prospettive per una teoria del coordinamento, Carrocci 1998, pag. 142; Arcari A. M., Il coordinamento e il controllo nelle organizzazioni a rete, Egea, 1996, pag. 26; Parente R., Le gestione strategica dei rapporti di collaborazione tra imprese, Cedam, 1992, pag. 39.

67

Sul punto si veda anche Gentili A., Una prospettiva analitica su reti di imprese e contratti di rete, Obbligazioni e contratti, 2010 – 2, pag. 87.

collocano fra questi due estremi”68. Si osserva infatti che in molti casi le imprese instaurano tra loro “rapporti contrattuali di cooperazione e collaborazione

interorganizzativa”, ossia rapporti nei quali ciascuna impresa adatta e coordina la

propria attività produttiva in ragione delle risorse che un altra imprese le fornisce o le richiede. Praticamente, come nel mercato, l’approvvigionamento delle risorse avviene all’esterno dell’impresa, ma, a differenza del mercato, le relazioni attraverso cui avviene tale approvvigionamento hanno una durata e un contenuto che vanno oltre il mero scambio immediato e incidono, in qualche modo e in qualche misura, sulla determinazione della loro attività69.

Si possono quindi definire le “forme di governo ibride” come quei sistemi di relazioni tra imprese di durata protratta nel tempo, spesso caratterizzate da investimenti specifici e con contenuto tale da rendere le parti interdipendenti. Ormai è pacificamente riconosciuto che i modelli di organizzazione dell’azienda non sono solo i due proposti ma R. H. Coase, in quanto in posizione intermedia tra essi si pone questa categoria dei modelli ibridi70.

Si noti che l’interdipendenza nelle forme di organizzazione ibride, che come detto consiste nell’influenza che l’attività di ciascuna impresa esercita su quella delle altre, è una cosa ben diversa dalla dipendenza economica.

La dipendenza economica è la posizione di soggezione in cui si trova un’impresa debole soggetta al potere contrattuale della controparte forte. Si tratta quindi di una dipendenza unilaterale, in cui un parte perde la propria autonomia a vantaggio dell’altra. L’interdipendenza invece è un fenomeno più ampio e variegato, per lo più reciproco anche se non necessariamente simmetrico: le imprese si influenzano a vicenda, non necessariamente c’è una supremazia di una sulle altre.

68

Williamson O.E., Le Istituzioni Economiche del Capitalismo – Imprese, Mercati, Rapporti Contrattuali, FrancoAngeli 1987, pag. 88.

69

Sul processo storico del passaggio dall’impresa gerarchica ai modelli “ibridi”, con particolare riferimento al fenomeno dell’esternalizzazione, si veda Musso A., La subfornitura, in Commentario del Codice Civile Sciaoja-Branca, Libro IV – Delle obbligazioni, Titolo III – Dei singoli contratti, Supplemento Legge 18 giugno 1998 n. 192, pag. 1 e ss.

70

Sul punto si veda Cafaggi F., Introduction, in AA. VV., Contractual Networks, inter-firm cooperation and economic growth, Edward Elgar, 2011, pag. 4. “Conventional industrial

organization theory distinguishes between different forms of production: markets, hybrids, vertically integrated firms. The more traditional dichotomy between markets and firms, built on Coase’s seminal article, has been broadened and relaxed to include networks and other forms of hybrids”.

A ben vedere, la dipendenza economica è, quindi, solo una forma patologica delle possibili vesti che può assumere l’interdipendenza72.