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L’ORDINAMENTO REGIONALE

2. La nozione di distretto

L’art. 2 della Legge veneta pone la seguente definizione di distretto: “Il distretto

produttivo è espressione della capacità di imprese tra loro integrate in un sistema produttivo rilevante e degli altri soggetti di cui all’articolo 4 di sviluppare una progettualità strategica che si esprime in un patto per lo sviluppo del distretto, in conformità agli strumenti legislativi e programmatori regionali vigenti”.

La formulazione delle norma non brilla certo per chiarezza ed incisività.

Attenendosi al tenore letterale della disposizione, il distretto sarebbe l’espressione di una capacità di sviluppare una progettualità strategica da parte da un insieme di imprese e di altri soggetti indicati, integrati in un sistema produttivo rilevante. A sua volta, l’espressione della capacità di sviluppare una progettualità strategica dovrebbe esprimersi (sic) in un patto per lo sviluppo.

Il distretto sarebbe quindi un patto, non una realtà industriale.

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I bandi sono consultabili nel sito web dei distretti della Regione Veneto: http://www.distrettidelveneto.it/

Tuttavia, superando il dato meramente letterale e interpretando la norma sistematicamente, pare si possa definire il distretto come un sistema produttivo rilevante, composto da imprese e da altri soggetti, che sviluppa un progetto strategico per il suo sviluppo.

2.a. Il sistema produttivo

La legge non stabilisce espressamente cosa sia un sistema produttivo.

L’art. 3, rubricato“Indicatori di rilevanza dei sistemi produttivi locali”, si limita a stabilire quando esso sia rilevante. Tale rilevanza sussiste:

a) quando il sistema “comprende un numero di imprese locali produttive

operanti, anche in sistemi di specializzazione integrata, su una specifica filiera, non inferiore a cento e un numero di addetti non inferiore a mille”;

b) quando il sistema “presenta al suo interno un elevato grado di integrazione

produttiva e di servizio, documentabile dall’analisi organizzativa delle catene di fornitura”;

c) quando il sistema “è in grado di esprimere capacità di innovazione,

comprovata da una descrizione dell’originalità dei prodotti e dei processi, dalla presenza di imprese leader nei singoli settori, dal numero di brevetti registrati dalle imprese, nonché dalla presenza di istituzioni formative specifiche o centri di documentazione sulla cultura locale del prodotto e del lavoro”;

d) quando il sistema “comprende un insieme di soggetti istituzionali aventi

competenze ed operanti nell’attività di sostegno all’economia locale”.

Nonostante il tenore letterale della rubrica, tale articolo in vero non si limita a stabilire quando sia rilevante, ma fornisce altresì elementi per definire in cosa consista un sistema produttivo.

Si rileva infatti che il sistema produttivo è composto da imprese locali operanti

su una specifica filiera (letta A). Emergono in tale locuzione quelli che sono i due

- la concentrazione territoriale di una pluralità di imprese in un circoscritta area geografica locale,

- la specializzazione di tali imprese in un medesimo specifico settore produttivo.

Quello che nella legislazione veneta viene definito come sistema produttivo locale risulta quindi coincidere con ciò che nel contesto nazionale e comunitario (come si vedrà) è l’elemento costitutivo essenziale del distretto: un raggruppamento locale di imprese tutte operanti in un determinato settore produttivo.

Tali prerogative del distretto sono ribadite nel documento indicante i criteri per la valutazione dei Patti di Sviluppo di Distretto e Metadistretto, approvato con Delibera della Giunta Regionale n. 3434 del 7 novembre 2006, allegato B4.

In tale documento, per quanto riguarda la specializzazione, viene chiarito che il sistema produttivo in esame deve essere “caratterizzato dalla unicità e dalla

prevalenza di un prodotto o di una catena di prodotti funzionalmente interconnessi tra di loro”. La caratteristica del distretto, quindi, è il fatto che la pluralità di imprese che

lo compongono sono tutte operanti nella produzione di una determinato bene, direttamente oppure indirettamente mediante attività connesse o funzionali a tale produzione.

Per quanto riguarda la concentrazione, viene specificato che “La rilevanza di

tale concentrazione va intesa rispetto alle altre tipologie produttive presenti nello stesso contesto territoriale considerato. Il numero d’imprese interessate, il numero d’addetti e le ricadute di carattere economico-sociale della filiera produttiva individuata dal distretto, le sue potenzialità innovative … devono risultare manifestamente preponderanti rispetto alle altre produzioni compresenti nello stesso contesto geografico. Quindi, a puro titolo d’esempio, attività di servizio o categorie professionali compresenti, per quantità e/o qualità, in modo omogeneo in tutto il territorio regionale non potranno essere riconosciute quali distretto produttivo regionale”. La concentrazione quindi, è la caratteristica per cui le imprese specializzate

nella medesima produzione (come si è visto sopra) che compongono il distretto

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Consultabile presso il sito Web dell’Ufficio Distretti Produttivi della Regione Veneto, all’indirizzo

http://www.distrettidelveneto.it/index.php?option=com_remository&Itemid=7&func=select& id=21.

rappresentano l’attività economica preponderante e assorbente nel territorio in cui sono stanziate.

Individuata così la definizione di sistema produttivo, la L. Reg. n. 8/03 ammette che un sistema produttivo possa essere formalmente accreditato come distretto solo quando esso sia rilevante. Il resto dell’art. 3 sopra esaminato quindi stabilisce in cosa consista tale rilevanza.

2.b. La rilevanza del sistema produttivo

La prima condizione per la rilevanza è quella della dimensione (art. 3, lettera A: “…comprende un numero di imprese locali … non inferiore a cento e un numero di

addetti non inferiore a mille”).

Il distretto deve essere composto da almeno cento imprese le quali occupino un numero di addetti non inferiore a mille: un peso occupazionale rilevante è elemento costitutivo del distretto. Emerge la concezione tradizionale del distretto veneto come una comunità locale caratterizzata dal fatto di essere, direttamente o indirettamente, tutta occupata, o comunque coinvolta, nella produzione tipica del posto.

La seconda condizione è quella dell’integrazione. Mentre già l’art. 2 parla di “imprese tra loro integrate in un sistema produttivo”, la norma in esame, oltre a fare riferimento alla possibilità che esse operino in “sistemi di specializzazione integrata”, richiede che presentino “un elevato grado di integrazione produttiva e di servizio,

documentabile dall’analisi organizzativa delle catene di fornitura” (art. 3, lettera B).

Da tali prescrizioni emerge chiaramente che tra le imprese del distretto devono sussistere particolari relazioni di tipo economico-organizzativo, che vengono individuate dal Legislatore regionale nel concetto di “integrazione”, senza però specificare in cosa esso consista.

Queste indicazioni impongono che il distretto non sia una mera sommatoria di imprese indipendenti operanti nel medesimo settore, ma un raggruppamento di imprese che intrattengono tra loro particolari rapporti. La formula rievoca alla mente la “peculiare organizzazione interna” tra le imprese che la L. 140/99 richiedeva, come si è visto nel capitolo precedente, per la sussistenza di un sistema produttivo e di un

distretto, pur senza spiegare in cosa tale organizzazione interna consistesse. Anche il requisito dell’integrazione posto dalla normativa regionale non è definito, ma pare anch’esso riconducibile a quella struttura di particolari rapporti tra imprese che all’inizio di questa ricerca si è posta come elemento costitutivo delle aggregazioni tra imprese interdipendenti.

La terza condizione è quella dell’innovazione (art. 3, lettera C: “…è in grado di

esprimere capacità di innovazione…”). La realtà distrettuale deve caratterizzarsi per la

propria capacità innovativa, sia a livello di risultati ottenuti (brevetti, imprese leader, prodotti e processi innovativi…) che a livello di ricerca e formazione (istituzioni formative, centri di documentazione…). In questo la normativa veneta si avvicina molto al concetto europeo di distretto (che sarà esaminato successivamente), il quale vede come propria prerogativa principale proprio la capacità innovativa del cluster.

La quarta ed ultima condizione per il riconoscimento del sistema produttivo quale distretto è che esso coinvolga, oltre ad imprese, anche altri soggetti istituzionali locali attivi nella promozione del sistema economico del luogo (art. 3, lettera D: “comprende un insieme di soggetti istituzionali aventi competenze ed operanti

nell’attività di sostegno all’economia locale”). Si noti che ai sensi di questa norma pare

che il distretto, non solo possa, ma debba necessariamente essere composto anche da soggetti che non sono imprese.

Con riguardo a quest’ultima condizione, l’art. 4 afferma che gli altri soggetti istituzionali che possono costituire il distretto oltre alle imprese sono: gli enti locali, le autonomie funzionali (ossia le Camere di Commercio e le Università), le associazioni di categoria, gli enti e le associazioni pubblici e privati attivi nell’ambito dello sviluppo del sistema produttivo, le istituzioni pubbliche e private attive nel campo dell’istruzione e della formazione professionale.

2.c. L’essenza del distretto

Il distretto quindi non è solo un raggruppamento di imprese, ma una realtà più complessa che coinvolge soggetti e istituzioni locali e che pertanto presenta un

particolare legame con il territorio in cui è stanziato, non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche da quello politico\amministrativo e dell’istruzione.

Nella relazione introduttiva al progetto di legge poi sfociato nella L. Reg. n. 3/08 si legge che “con il concetto di distretto si è inteso considerare non solo le

dimensioni economiche del sistema produttivo ma anche quelle socio istituzionali. (…) l’esistenza di un distretto produttivo non dipende solo dalla possibilità di misurare su un dato territorio alcune variabili strutturali (numero di imprese, occupazione, grado di specializzazione, ecc.) ma anche dalla capacità degli attori locali di costruire strategie cooperative e di investire in progetti e istituzioni comuni”.

In particolare è significativo il passo della relazione in cui si afferma: “Lo

specifico dell’esperienza distrettuale è dato dal modo in cui l’economia delle imprese si integra col suo retroterra sociale e ambientale. Tale retroterra fornisce all’organizzazione produttiva fattori essenziali quali il lavoro, l’imprenditorialità, le infrastrutture materiali e immateriali, la cultura sociale e l’organizzazione istituzionale. Ciascun luogo “mobilita” nella produzione i propri caratteri ambientali, la propria storia, la propria cultura, la propria organizzazione sociale”.

Nella dottrina economica sono state fornite varie definizioni di distretto industriale che sottolineano questo legame con il territorio evidenziato nel sistema veneto. Ad esempio il distretto è stato descritto come “un’entità socio-territoriale caratterizzata

dalla compresenza attiva, in un area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali”5, oppure come “una comunità stabile, che consente l’affermazione di un’identità culturale molto forte e di una diffusa expertise industriale. Il distretto industriale è, in sostanza, un intreccio socio economico, in cui le forze sociali cooperano con quelle economiche e i legami di amicizia e le relazioni di prossimità sono alla base della diffusione della conoscenza”6. Allo stesso modo anche la dottrina giuridica ha registrato l’emersione di tale peculaire aspetto della realtà distrettuale: “Nei primi anni del nuovo decennio si sta assistendo a mutamenti che si traducono nel

tentativo di ridefinire la nozione concettuale e normativa di distretto. Da un

5

Beccantini G., Considerazioni sul concetto di distretto industriale, in Impresa e Stato, n. 4 1989, pag. 49.

6

prospettiva principalmente economico-industriale il distretto diviene sempre più una combinazione di fattori economici e socio-istituzionali”7.

Ancora: “Tradizionalmente, i distretti industriali sono legati a un territorio e

costituiscono un unicum sociale oltre che economico. In essi è presente un'elevata concentrazione di imprese industriali legate da specializzazione produttiva, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e una peculiare organizzazione interna”8.

Da quanto esposto, emerge che nel sistema regionale veneto il distretto risulta costituito dai medesimi elementi che si è visto essere costitutivi della nozione di distretto nella legislazione nazionale:

1) una concentrazione locale di imprese (prevalentemente piccole e medie); 2) la specializzazione in un settore comune;

3) un tessuto di particolari rapporti tra le imprese, che le rende un’aggregazione interdipendenti;

4) un particolare legame con il territorio, dovuto al peso occupazionale locale del settore specifico e dal coinvolgimento di altri soggetti istituzionale locali. Inoltre il distretto veneto risulta altresì caratterizzato da due elementi che si riscontrano, come si vedrà nel prosieguo, nella nozione di distretto a livello europeo. Tali elementi sono la rilevante dimensione del sistema produttivo e la sua propensione all’innovazione.

2.d. Il metadistretto e l’aggregazione di filiera

Oltre ai distretti, la Legge Regionale in esame prevede altre due figure di organizzazione produttiva tra imprese: il metadistretto e l’aggregazione di filiera.

Il metadistretto, sostanzialmente, è un distretto di grandi dimensioni. Per aversi un metadistretto la Legge richiede che siano coinvolte (almeno 250 imprese per un numero di addetti non inferiore a 5.000 (mentre per il distretto le imprese devono

7

Cafaggi F., in Cafaggi F. (a cura di), Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, Il Mulino, 2004, pag. 46

8

Mosco G., Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, Giurisprudenza Commerciale, n. 6/2010, pag. 839

essere almeno 100 per un numero di addetti non inferiore a 1000). È inoltre richiesto che il meta distretto presenti un’estesa diffusione sul territorio regionale: la Delibera Regionale 1262/2006 impone che le imprese che lo costituiscono siano stanziate in almeno 4 delle provincie della Regione. Il metadistretto, quindi, risulta uno strumento strategico per l’economia dell’intera Regione, non solo per una parte di essa.

L’aggregazione di filiera invece è un fenomeno di dimensioni ridotte rispetto al distretto. Per aversi aggregazione di filiera sono sufficienti solo 10 imprese che operino sulla medesima filiera produttiva e che esprimano un progetto comune per una singola misura d’intervento, anziché un patto di sviluppo che preveda programmaticamente diverse misure (come si vedrà essere invece stabilito per i distretti e i metadistretti).

Mentre il metadistretto sostanzialmente è in tutto e per tutto un distretto, solo caratterizzato da grandi dimensioni, l’aggregazione di filiera pare essere una realtà più semplice, che consiste solo in un gruppo di imprese aventi un progetto di sviluppo comune e che non presenta le particolari condizioni di specializzazione, di organizzazione e di legame con il territorio che caratterizzano invece il distretto.

Inoltre è previsto che la Giunta Regionale possa accreditare come distretto o metadistretto anche aggregazioni di imprese in deroga ai suddetti requisiti dimensionali, per ragioni di tutela dell’eccellenza di specifici settori produttivi o di soluzione di crisi produttive in settori strategici per l’economia regionale.