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L’ORDINAMENTO COMUNITARIO

2. L’European Cluster Observatory

Europe Innova è un’iniziativa del 2006 della Commissione, Direzione Generale Industria e Imprese, nell’ambito del CIP - Competitiveness and Innovation Programme, che si propone come laboratorio per lo sviluppo ed il test di nuovi strumenti per l’innovazione, tra i quali i clusters.

Nell’ambito di questa iniziativa si sono effettuate due operazioni di mappatura dei clusters esistenti. La prima, iniziata nel 2004 e conclusa nel 2006, ha riguardato 10 stati membri ed ha individuato 367 clusters. La seconda, iniziata nel 2006, riguarda 15 stati membri, 3 stati candidati (Turchia, Romania e Bulgaria – le ultime due ora sono membri), nonché Islanda, Israele, Norvegia e Svizzera.

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Cafaggi F., Il nuovo contratto di rete: “learning by doing”?, I Contratti n. 12/2010, pag. 1143.

Sulla base dei dati raccolti con questa mappatura è stato istituito l’European Cluster Observatory, gestito dal Center for Strategy and Competitiveness (CSC) della Stockholm School of Economics, finanziato dalla Commissione Europea.

Si tratta di un osservatorio stabile sui distretti europei la cui attività è strutturata in quattro sezioni:

1) Cluster mapping: per la prosecuzione dell’attività di mappatura dei clusters; 2) Cluster organisations: per un’elencazione degli enti pubblici e privati attivi

nella promozione dei distretti;

3) Cluster policy: per un quadro delle politiche nazionali e regionali in tema di clusters;

4) Cluster library: per un archivio di documenti e studi in materia di clusters. L’European Cluster Observatory sostanzialmente considera il cluster come un modello di localizzazione territoriale delle imprese. Per darne una definizione da porre quale punto di partenza della propria ricerca, l’Observatory si rifà all’esperienza americana. Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano il modello ideale per lo studio della localizzazione delle imprese poiché il loro territorio costituisce da sempre (a differenza dall’Europa4) un esteso mercato unico integrato, privo di qualsiasi barriera interna al

commercio o agli investimenti, nel quale le imprese sono libere di scegliere dove stanziarsi. Per questo motivo l’Observatory riprende la definizione di cluster elaborata nell’Institute for Strategy and Competitiveness della Harvard Business School dal professor Michael E. Porter. Tale teoria distingue tre modelli generali di localizzazione delle imprese.

Il primo modello è costituito dalle c.d. “Local industries”, ossia le imprese che operano esclusivamente nei limiti della porzione di mercato locale in cui sono insediate. Tali imprese non compiono una scelta strategica circa il luogo in cui localizzarsi, semplicemente sorgono nel luogo in cui intendono produrre e commercializzare i propri prodotti, e si trovano quindi diffuse omogeneamente in tutto il territorio della Nazione.

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Per una riflessione sul fatto che l’integrazione del mercato unico europeo possa costituire uno stimolo allo sviluppo di clusters, si veda Ketels C., European Clusters, in Structural Change in Europe 3 – Innovative City and Business Regions, Hagbart Pubblications, 2004.

Il secondo modello è costituito dalle c.d. “Traded cluster-industries”. Si tratta di imprese che, dal luogo in cui sono collocate, operano in tutto il mercato nazionale e che scelgono quindi specificamente di stanziarsi in una determinata area dove si registrano particolari condizioni imprenditoriali.

La terza categoria è rappresentata dalle c.d. “Natural resource-based

industries”, che sono le imprese la cui localizzazione è determinata dalla presenza nel

luogo delle materie prime.

I clusters sono particolari raggruppamenti di imprese all’interno delle “Traded

cluster-industries” e delle “Natural resource-based industries”, che vengono definiti

da Porter come "geographical proximate groups of interconnected companies and

associated institutions in a particular field, linked by commonalities and complementarities”5.

Il cluster, secondo tale teoria, può quindi essere sinteticamente definito come un raggruppamento di imprese che sono concentrate in un area territoriale delimitata, che operano nel medesimo settore e che stabiliscono particolari interazioni tra loro e con le istituzioni locali.

È di tutta evidenza l’analogia con la nozione italiana di distretto che è emersa nelle pagine precedenti.

Sulla base di tale definizione l’Observatory quindi procede ad individuare in concreto i clusters esistenti in Europa. Il procedimento di individuazione si articola in tre fasi:

a. individuazione dei settori di riferimento e delle aree geografiche rilevanti, b. individuazione delle concentrazioni di imprese per settore e per area

geografica,

c. valutazione della rilevanza economica e innovativa della singola concentrazione.

Per quanto riguarda i settori e le aree geografiche di riferimento, l’European Cluster Observatory utilizza i parametri statistici utilizzati generalmente dall’UE, ossia il codice NACE e il sistema delle Regioni NUTS.

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La Classificazione Statistica delle Attività Economiche nelle Comunità Europee - NACE (dal francese Nomenclature statistique des Activités économiques dans la Communauté Européenne) è un sistema di classificazione generale delle attività economico\industriali elaborato dall’Eurostat, sulla base del ISIC – International Standard Industrial Classification of all economic activities, a sua volta elaborato dalla Divisione Statistica delle Nazioni Unite. Il codice NACE viene adottato con Regolamento del Consiglio dell’UE e viene poi recepito e tradotto da ciascuno stato membro al proprio interno (in Italia viene tradotto dall’ISTAT nelle classificazioni ATECO).

In base a tale classificazione sono state riconosciute 38 categorie di distretti. Il sistema di nomenclatura della unità territoriali statistiche - NUTS (dal francese Nomenclature des Unités Territoriales Statistique) ripartisce il territorio dell’UE a fini statistici. Il sistema NUTS è stato ideato dall’Eurostat sulla base delle unità amministrative interne ai singoli stati membri. Esistono quattro livelli di regioni NUTS:

1. NUTS 0: l’area territoriale di ciascuno Stato membro

2. NUTS 1: l’area territoriale interna ad uno Stato membro avente popolazione compresa tra tre e sette milioni di abitanti

3. NUTS 2: l’area territoriale interna ad uno Stato membro avente popolazione compresa tra 800.000 e tre milioni di abitanti

4. NUTS 3: l’area territoriale interna ad uno Stato membro avente popolazione compresa tra 150.000 e 800.000 abitanti.

L’Italia, ad esempio, è suddivisa in cinque Regioni NUTS 1 (Nord-Est, Nord- Ovest, Centro, Sud e Isole), in Regioni NUTS 2 corrispondenti alle Regioni, e in Regioni NUTS 3 corrispondenti alle Provincie.

Nell’ambito delle aree geografiche e dei settori produttivi così determinati, vengono individuati i singoli raggruppamenti di imprese che, costituendo una concentrazione locale di imprese specializzate in uno specifico settore comune, possono essere qualificati come cluster. I parametri utilizzati per stabilire quando una concentrazione di tal fatta assume la qualfica di cluster sono:

1. size (dimensione), 2. focus (focalizzazione),

3. specialization (specializzazione).

Per quanto riguarda la dimensione, “size”, il cluster deve essere una realtà produttiva di dimensioni rilevanti: sono espressamente esclusi i “very small

insignificant clusters”6. La dimensione viene valutata con riferimento al numero totale degli addetti occupati dal raggruppamento di imprese. Sono accreditati come clusters solo i raggruppamenti di imprese che rientrino nel primo 10% dei raggruppamenti del medesimo settore che occupano il maggior numero di addetti in Europa. Sono invece comunque esclusi i raggruppamenti di imprese che occupino un numero di addetti inferiore a 1.000 unità.

Con il paramentro “focus” ci si riferisce al fatto che l’attività produttiva propria del cluster deve avere un importanza nel sistema economico ed occupazionale della regione superiore a quella delle altre attività. Tale fattore è valutato in relazione al rapporto tra il numero degli occupati nel settore specifico e il numero totale degli occupati della regione. Anche in questo caso sono accreditati come cluster solo i raggruppamenti di imprese che rientrino nel primo 10% dei raggruppamenti che presentano il rapporto più alto.

Per “specialization” si intende il fatto che l’attività specifica del cluster deve rivestire nella regione interessata un’importanza superiore a quella che riveste nelle altre regioni europee. Tale parametro è misurato comparando il rapporto tra il numero degli occupati nel settore specifico e il numero degli occupati totali a livello regionale e il medesimo rapporto a livello europeo. Se il valore del rapporto regionale è pari o superiore al doppio del valore del rapporto europeo allora il raggruppamento può essere accreditato come cluster.

Balzano agli occhi le analogie tra la modalità di individuazione dei clusters scelta dall’Observatory e quella scelta dal Legislatore Italiano nel sistema della L. 317/91 e del pedissequo Decreto del Ministero dell’Industria 21 Aprile 1993, c.d. Decreto “Guarino”.

In entrambi i casi infatti l’area geografica fa prendere a riferimento non è determinata a posteriori in base alla localizzazione delle imprese ma è stabilita a priori in modo astratto sulla base delle esistenti circoscrizioni amministrative. Inoltre in

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entrambi l’individuazione in concreto del cluster è operata sulla base di parametri meramente statistici relativi ai valori occupazionali del settore di specializzazione dell’eligendo cluster.

L’Obervatory inoltre, per la promozione a distretto delle concentrazioni di imprese così individuate, richiede in più che esse presentino caratteristiche di forte innovatività e di posizione dominante sul relativo mercato mondiale.

Come si vede la nozione di clsuter adottata dall’Observatory non è distante da quella di distretto propria dell’ordinamento nazionale, salvo una maggiore enfasi sulla capacità di innovazione e di sviluppo quale prerogativa principale del distretto.