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Durata del rapporto e tutela degli investimenti specific

IL CONTRATTO DI SUBFORNITURA

5. Durata del rapporto e tutela degli investimenti specific

Una delle caratteristiche che si è visto essere proprie dei rapporti tra imprese è quella della durata. Generalmente i rapporti business to business sono stabili e permanenti nel tempo, solo eccezionalmente si tratta di scambi discreti ed immediati.

La subfornitura invece ben può configurarsi anche quando la lavorazione su materie o semilavorati del committente o la fornitura di prodotti e servizi da utilizzare nella sua produzione sia richiesta al subfornitore solo una tantum. Infatti l’art. 2, 3° comma, prevede solo come ipotesi particolare il caso in cui il contratto sia ad esecuzione continuata o periodica, prescrivendo che in siffatta ipotesi gli ordinativi relativi alle singole forniture devono avere la medesima forma richiesta per il contratto. Se ne deve ricavare che di regola il rapporto di subfornitura consiste, o almeno può consistere, nella somministrazione di un'unica partita di beni o di un unico servizio.

22

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 151.

Tuttavia, per quanto possa aversi anche una subfornitura una tantum, si tratta di un rapporto che tendenzialmente è di durata23 e che quindi presenta le problematiche che si è visto essere tipiche nei rapporti tra imprese, ossia quelle relative alla stabilità del rapporto. Come si è visto le imprese, per poter organizzare la propria attività razionalmente, hanno la necessità di poter fare affidamento su una certa stabilità nei rapporti con le altre imprese cui forniscono o da cui ricevono prodotti e servizi. Ciò in particolare nel caso in cui abbiano compiuto c.d. investimenti specifici, ossia abbiano appositamente conformato la propria modalità di produzione agli input o agli output relativi alla controparte.

A tal proposito, nella Legge sulla subfornitura, si segnala l’art. 6, 2° comma, il quale stabilisce che nei rapporti ad esecuzione periodica o continuata è nulla la clausola che attribuisce ad una delle parti il diritto di recesso senza congruo preavviso.

Il tenore letterale di tale norma richiama la disposizione del Codice Civile che disciplina la medesima questione del recesso nei rapporti di durata in materia di somministrazione: l’art. 1569 stabilisce che il “Se la durata della somministrazione non è

stata stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della somministrazione”.

Entrambe le norme subordinano la possibilità di recedere dal rapporto di durata ad congruo termine di preavviso.

La questione sostanziale è quella di capire in cosa consista tale congruità.

Una risposta ragionevole e condivisibile, alla luce di quanto esposto nei capitoli precedenti sulla specificità delle risorse, è che – per i rapporti tra imprese – la congruità del preavviso debba essere valutato in relazione a tempi necessari per la parte che ha effettuato degli investimenti specifici per quella operazione ad ammortizzare gli stessi. In proposito è stato osservato che “…occorre comunque stabilire una regola in grado di

stabilire quanto a lungo debba protrarsi il rapporto commerciale … è probabile che una

23

Sul punto si veda G. De Nova (a cura di), La subfornitura – Legge 18 giugno 1998, n. 192, IPSOA 1998, pag. 61: “Il riferimento al contratto ad esecuzione continuata o periodica, coerente

con il riferimento al congruo preavviso del recesso, che è un corollario della natura di durata del contratto, può riferirsi sia al contratto di durata a tempo indeterminato, sia al contratto di durata a tempo indeterminato”.

risposta a queste domande possa essere data dalla c.d. recovery period rule, ovverosia quella regola già proposta in dottrina per indirizzare i giudici chiamati ad effettuare questi delicati bilanciamenti. Tale regola offre un parametro relativamente sicuro: il suo accoglimento, difatti, porta a stabilire la prosecuzione del rapporto soltanto per il tempo strettamente necessario ad ammortizzare il costo degli investimenti altrimenti irrecuperabili”24.

Siffatta interpretazione troverebbe un appoggio sistematico anche nel Codice Civile. L’art. 1671 C.C. in materia di appalto consente al committente di “recedere dal

contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché indenne l’appaltante delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”.

Il principio che emerge è quello per cui se due imprese hanno avviato un rapporto di una certa complessità, per scambiarsi prodotti o servizi ad hoc, diversi da quelli standard commercializzati normalmente, ciascuna di esse può liberamente uscire dal rapporto medesimo solo a condizione che tenga indenne la controparte delle spese che questa ha affrontato esclusivamente e specificamente per avviare il rapporto medesimo.

Le previsioni in parola, così interpretate, potrebbero essere considerate quali manifestazioni di un principio generale valido per tutta la materia dei rapporti tra imprese e volto a tutelare la parte che ha effettuato investimenti specifici.

In dottrina25 è stato osservato che tale principio tutela un interesse generale dell’ordinamento, ossia quello allo sviluppo economico, in quanto gli investimenti specifici favoriscono l’efficienza economica e l’innovazione tecnologica ma gli imprenditori sono restii ad effettuarli perché comportano notevoli rischi che la controparte possa abusare della situazione di dipendenza che essi comportano: se la legge fornisce una tutela specifica gli imprenditori saranno più propensi ad effettuare investimenti specifici con effetto positivo per l’intero sistema economico.

24

Natoli R., L’abuso di dipendenza economica – Il contratto e il mercato, Jovene Editore, 2004, pag. 146.

25

Sulla questione si veda Natoli R., L’abuso di dipendenza economica – Il contratto e il mercato, Jovene Editore, 2004, pag. 70 e ss, il quale significativamente titola un paragrafo del suo volume “Tutela degli investimenti specifici come modalità di tutela delle concorrenza dinamica”.

Si noti, a tale proposito, che – a differenza delle altre ipotesi di nullità della L. 192/1998 (forma scritta e responsabilità del subfornitore) – la nullità delle clausole che attribuiscono il diritto di recedere senza congruo preavviso, è rivolta indifferentemente ad entrambe le parti e non è quindi volta a tutelare specificamente la categoria del subfornitore. Ciò supporta l’idea che si sia in presenza di un principio generale valevole per qualsiasi imprenditore nei rapporti con un altro imprenditore, sia esso committente o subfornitore, appaltante o appaltatore, somministrante o somministrato, acquirente o venditore…

Un’altra norma delle L. 192/1998 volta a garantire la stabilità del rapporto è l’art. 9, 2° comma, il quale sanziona la “interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in

atto” come abuso di dipendenza economica. L’esame della disciplina dell’abuso di

dipendenza economica sarà svolto nel prosieguo, ma si rileva fin d’ora come anche tale previsione tuteli espressamente l’interesse del subfornitore alla stabilità del rapporto. Tuttavia, a differenza della previsione precedente, essa è apertamente ispirata all’esigenza specifica, ed eccezionale, di tutelare la categoria del subfornitore quale parte tipicamente debole. È pertanto più difficile scorgere anche in questa norma la manifestazione di un principio generale dei rapporti tra imprese.

6. Le comunicazioni

Un altro aspetto peculiare dei rapporti business to business, strettamente connesso alla natura continuativa degli stessi, è quello della forma delle comunicazioni.

Le relazioni tra imprese appartenenti ad una aggregazione tipicamente hanno le seguenti caratteristiche. In primo luogo si tratta di relazioni stabili e consolidate nel tempo, in cui le parti maturano un certo grado di fiducia e di dimestichezza nel rapportarsi tra loro. In secondo luogo tali relazioni generalmente hanno ritmi molto serrati e

richiedono scambi di informazioni molto celeri. In terzo luogo le imprese posseggono una certa competenza nell’utilizzo degli strumenti tecnologici più avanzati, in particolare in materia di telecomunicazioni.

Tali prerogative sollecitano e al contempo favoriscono che le comunicazioni tra imprese avvengano in modo più rapido ed informale della tradizionale trasmissione di documenti cartacei.

Si tratta di un aspetto che viene preso in considerazione in modo specifico dalla L. 192/1998 in relazione al possibile contrasto che si viene a creare tra il principio di tutela del subfornitore e le esigenze di snellezza e celerità nelle comunicazioni.

Infatti L’art. 2, al fine - come si è detto - di tutelare la parte debole del rapporto, ha imposto la forma scritta ad substantiam sia per il contratto di subfornitura che per gli ordinativi relativi alle singole partite. Tale rigidità e onerosità della forma del contratto di subfornitura appare palesemente in contrasto con le suddette esigenze di rapidità e semplicità proprie dei rapporti interimprenditoriali.

A tale rilievo sembra rispondere lo stesso art. 2, 1° comma, che, almeno parzialmente, deroga il requisito della forma scritta, stabilendo che la comunicazione degli atti di consenso può avvenire per telefax o per altra via telematica.

Tale previsione, che pure può essere un buono spunto, si riferisce alle comunicazioni telematiche, ma non ne fornisce né una definizione né una disciplina. Essa dovrà quindi essere integrata con il D. Lgs. 82/2005 “Codice dell’amministrazione digitale” e dovrà confrontarsi con tutte le problematiche che esso pone. Tale norma quindi, a livello sistematico, non ha una gran portata, se non quella di un riconoscimento espresso della circostanza per cui nelle reti di imprese si utilizzano strumenti e prassi che riducono i tempi, i costi e la complessità della comunicazioni.

Ma il legislatore va anche oltre, infatti l’art. 2, 2° comma, prevede che a fronte di una proposta scritta del committente “non seguita da accettazione scritta del subfornitore

che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto”.

Praticamente la forma scritta è imposta per una sola delle due manifestazioni di volontà, ossia la proposta del committente, mentre l’altra manifestazione di volontà, ossia l’accettazione conforme, può avvenire anche solo per fatti concludenti. La norma pone quindi “un onere formale asimmetrico dettato dalla necessità di bilanciamento tra

l’esigenza di protezione del subfornitore e quella sottesa alla rapida conclusione dell’accordo: mentre il committente è sempre tenuto a manifestare per iscritto la propria volontà contrattuale, per il subfornitore vale una sorta di finzione di forma scritta” 26.

Si noti che tale previsione non costituisce una mera specificazione dell’art. 1327 C.C.27, che in via generale stabilisce che su richiesta del proponente o per la natura dell’affare o secondo gli usi il contratto possa essere concluso con l’inizio dell’esecuzione da parte dell’accettante, in quanto tale norma non è ovviamente applicabile ai contratti solenni. Anche in questo caso si è quindi in presenza di una previsione speciale volta a rispondere ad un’esigenza propria dei rapporti interimprenditoriali e che non trova corrispondenza nel diritto comune dei contratti.

È opportuno segnalare infine come anche nella disposizione in parola emerga il principio di favor per il subfornitore.

La norma, infatti, prosegue stabilendo che al contratto cosi concluso, che si considera avente forma scritta, “si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma

restando l'applicazione dell'articolo 1341 del codice civile”. Ciò significa che se il

committente invia al subfornitore una proposta contenente clausole vessatorie e quest’ultimo inizia l’esecuzione del contratto senza comunicare la propria accettazione e, soprattutto, senza approvare specificamente le clausole stesse, allora il contratto sarà concluso ma le clausole vessatorie non saranno efficaci nei suoi confronti. Così facendo, praticamente, il committente si ritrova – senza aver prestato alcun consenso in proposito – vincolato ad un contratto diverso da quello che egli aveva proposto, in quanto epurato dalle clausole vessatorie. In proposito è stato infatti affermato che «Il legislatore ha fatto

26

Berti C. – Grazzini B., La disciplina della subfornitura nelle attività produttive, Giuffrè Editore, 2005, pag. 57.

27

Così D’Amico G., La formazione del contratto, in Gitti G. – Villa G., (a cura di), Il terzo contratto, Il Mulino, 2008, pag. 45.

ricorso ad una “finzione” soltanto per certi versi equiparabile a quanto previsto nell’art. 1327 c.c. … Nella fattispecie sopra descritta, infatti, il subfornitore può decidere di iniziare l’esecuzione piuttosto che sottoscrivere il contratto a seguito di una scelta, ad esempio nel caso in cui la proposta contenga una serie di clausole vessatorie. In questo modo, secondo alcuni autori, il contratto si concluderebbe in base all’esecuzione, senza che il subfornitore sia “costretto” a sottoscrivere in forma specifica le clausole vessatorie, che pertanto sarebbero inefficaci»28.

Ancora, trova spiegazione alla luce del favor per il subfornitore la regola, dettata in deroga alla disciplina comune della nullità, per cui nel caso in cui il contratto sia nullo per difetto di forma scritta “il subfornitore ha comunque diritto al pagamento delle

prestazioni già effettuate e al risarcimento delle spese sostenute in buona fede ai fini dell'esecuzione del contratto” (art. 2, 1° comma).

È stato osservato29 che la disciplina della forma del contratto di subfornitura sembra configurare, piuttosto che un onere gravante su entrambe le parti, quale è tradizionalmente il rispetto della forma contrattuale imposta dalla legge, quasi un obbligo a carico del committente, un obbligo la cui violazione viene seriamente sanzionata, sia attraverso il sopra descritto meccanismo che permette al subfornitore di epurare unilateralmente il contratto dalle clausole vessatorie, sia attraverso l’obbligo del committente di pagare comunque le prestazioni effettuate e rimborsare le spese anche se il contratto è nullo per vizio di forma.

28

Patti S., I contratti di impresa: caratteristiche e disciplina, Obbligazioni e Contratti n. 5/2010, pag. 328.

29

D’Amico G., La formazione del contratto, in Gitti G. – Villa G., (a cura di), Il terzo contratto, Il Mulino, 2008, pag. 53: “…deve ritenersi che quella prevista dalla disposizione in esame sia

una vera e propria forma di «responsabilità» (in quanto riconducibile alla violazione di un obbligo). Può qui aggiungersi che questa insolita configurazione (del rispetto) del requisito di forma come contenuto (non già – come normalmente accade – di un semplice «onere», gravante su entrambi i contraenti, bensì) di un vero e proprio «obbligo» posto (per di più) a carico di una sola delle parti”.