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4. Responsabilità Sociale d’Impresa: primi passi verso una normativa

4.3. Collegamento tra Reati Ambientali e Strumenti di Responsabilità

4.3.2. Compatibilità del Sistema di Gestione Ambientale (SGA) con il

Tanto in ISO 14001 quanto in EMAS si stabiliscono i requisiti per elaborare un Sistema di Gestione Ambientale (SGA), ovvero quella parte del sistema di gestione di un’organizzazione utilizzata per sviluppare e attuare la propria politica ambientale attraverso la standardizzazione delle attività gestionali.

A ben vedere, l’obiettivo dei Sistemi di Gestione Ambientale è quello di identificare i principali aspetti ambientali dell’azienda, di tenerli sotto controllo, di coordinare tutte le attività con impatto ambientale e distribuire responsabilità specifiche per la loro realizzazione. In questo modo, quindi, le aziende sono singolarmente responsabilizzate e portate ad adottare un approccio preventivo nella tutela ambientale mediante la Responsabilità Sociale d’Impresa.

Nel carattere non vincolante della disciplina si coglie un tratto comune tra i Sistemi di Gestione Ambientale ed il D.lgs. 231/01: non è prevista, infatti, alcuna sanzione per l’azienda in caso di mancato adeguamento sia alla normativa ISO ed EMAS, sia al sistema disegnato dal succitato D.lgs.

Ciò considerato e visti gli aspetti che accomunano entrambe le discipline, si discute molto circa la possibilità, nonostante la legge taccia sul punto, di riconoscere una presunzione di idoneità ai Modelli Organizzativi laddove definiti conformemente alle certificazioni ambientali volontarie.

Invero, a differenza della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 30 del D.lgs. n. 81/2008) che ha individuato un contenuto minimo dei Modelli organizzativi al fine di poterli ritenere idonei a prevenire tali tipologie di reati, nonché ha stabilito una presunzione di conformità legale degli stessi243, la legislazione in ambientale non è

ancora giunta a questo tipo di conclusione.

Un’indicazione, tuttavia, quanto alla rilevanza delle certificazioni volontarie ambientali ci viene fornita dal Codice dell’Ambiente, approvato con D.Lgs. 03/04/2006 n° 152, che in tema di attività di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi prevede “una riduzione delle garanzie finanziarie a favore dello Stato pari al 40% in caso di imprese in possesso della certificazione ambientale ai sensi della norma Uni En Iso 14001” (art. 212, comma 10 TUA). Inoltre, il Legislatore ha ulteriormente ampliato il rilievo delle certificazioni ambientali con l’art. 30 co. 1 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 - convertito in Legge 6 agosto 2008, n. 133 - , prevedendo che “per le imprese soggette a certificazione ambientale o di qualità rilasciata da un soggetto certificatore accreditato in conformità a norme tecniche europee ed internazionali, i controlli periodici svolti dagli enti certificatori sostituiscono i controlli amministrativi o le ulteriori attività amministrative di verifica, anche ai fini dell’eventuale rinnovo o aggiornamento delle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività. Le verifiche dei competenti organi amministrativi hanno ad oggetto, in questo caso, esclusivamente l’attualità e la completezza della certificazione”.

Ciò premesso, possono essere tratte le seguenti conclusioni quanto al rapporto tra il Modello Organizzativo 231 e un SGA. A tal fine possono essere individuati 5 aspetti, in grado di dimostrare gli elementi di affinità e complementarietà tra le due discipline:

1) Mentre nel SGA viene effettuata l’Analisi Ambientale Iniziale delle attività dell’organizzazione per identificare gli aspetti ambientali delle

243 i modelli di organizzazione aziendale sono presunti idonei laddove definiti

conformemente alle Linee guida UNI – INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGLS) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007.

attività, prodotti e servizi e per determinare quelli che possono avere un impatto ambientale significativo, il Modello 231 prevede una mappatura dei rischi e, dunque, ha la funzione di individuare le modalità di commissione del reato al fine di prevenirlo;

2) La politica ambientale individua principi e valori aziendali nel campo della gestione ambientale, così il Codice etico esprime una serie di principi e valori cui ispirarsi nella conduzione delle attività;

3) I Protocolli generali del Modello 231 e del SGA presentano analoghi ambiti gestionali – operativi finalizzati a verificare la coerenza reciproca e ad individuare eventuali margini di miglioramento. I principali protocolli riguardano:

• La formalizzazione dei ruoli e delle responsabilità; • La pianificazione delle risorse e degli investimenti; • La formazione e addestramento del personale; • La comunicazione, informazione e partecipazione; • La gestione della documentazione e delle registrazioni.

4) Se il SGA prevede la presenza di procedure per il “controllo operativo” dei processi e delle attività a potenziale impatto sull’ambiente, il Modello 231 prevede protocolli specifici per la gestione operativa delle attività sensibili al fine di ridurre ragionevolmente il rischio-reato.

5) Come nel SGA si stabilisce un sistema di monitoraggio, verifica e vigilanza del personale sulla corretta conduzione dell’operatività aziendale in senso ambientale, il Modello 231 individua specifici strumenti di verifica e prevenzione delle fattispecie di reato ambientale. Dunque, alla luce delle caratteristiche sopra riportate, si può affermare che un SGA efficacemente progettato, attuato e, soprattutto, concepito dall’Organizzazione che lo applica come un reale supporto alla gestione ambientale operativa, costituisca già un importante

architettura per la “parte speciale” di un Modello 231 relativamente ai reati ambientali ex D.lgs. 231/01244. Infatti, nonostante le certificazioni

di qualità rispondano a finalità di efficienza produttiva, tuttavia l’attività di normazione tecnica – specie quella attinente ai profili dei sistemi di gestione – presenta alcuni aspetti generali che individuano importanti analogie con le caratteristiche che devono possedere i Modelli di Organizzazione: ciò, in particolare, con riguardo all’approccio organizzativo per “processi e procedure”, alla pianificazione, implementazione, valutazione, aggiornamento, revisione e miglioramento continuo ad opera del management.

Invero, l’aspetto più pregnante è rappresentato “dall’incidenza che il rispetto della normativa tecnica può avere sulla commissione di determinati reati, con particolare riguardo a quelli che costituiscono il presupposto dell’illecito a carico dell’ente”245. Ciò potrebbe accadere ogniqualvolta la

condotta ovvero l’evento sanzionati penalmente costituiscano il risultato di una violazione, dolosa ovvero colposa di regole dell’arte che governano una specifica attività. La norma tecnica, in quanto codifica lo stato dell’arte, potrà rivestire un indubbio effetto preventivo del reato ed essere, quindi, correttamente richiamata ed utilizzata nel singolo Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/01. La predetta norma, dunque, è idonea ad offrire un parametro comune ed integrato sia dell’organizzazione aziendale per una determinata attività da seguire “a regola d’arte”, sia del modello da seguire per prevenire i reati. Ciò, è evidente, proprio al fine di evitare un assurdo e burocratico proliferare di modelli all’interno di un medesimo ente e per garantire maggiore concretezza proprio al modello preventivo di reati da

244 SANTARELLI M., Ambiente, sviluppo e la sostenibilità come strategia d’impresa Perché acquisire la certificazione ambientale ISO 14001 e dotarsi di un Sistema di Gestione Ambientale (SGA), cit.

245 PASTORINO E., Norme Tecniche, Modelli di Organizzazione e responsabilità degli enti operanti nel settore sanitario, in Responsabilità Amministrativa delle Società e degli Enti, n° 11, 2009.

adottare nella singola realtà aziendale mediante la sua integrazione nella generale organizzazione dell’ente stesso.

4.4. Responsabilità Sociale d’Impresa alla luce del D.Lgs. 254/2016 Un significativo passo in avanti verso una traduzione normativa della Responsabilità Sociale d’Impresa si rintraccia nella “Direttiva europea sulla rendicontazione non finanziaria delle imprese”( Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla Direttiva 2013/34/UE in materia di “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni”), recepita in Italia dal D.lgs. 254 del 30 Dicembre 2016, entrato in vigore dal 1 Gennaio 2017, riferito agli esercizi finanziari a partire dal 2018.

Alla luce di tale provvedimento normativo, le società sono tenute a rendere pubbliche le informazioni sulle politiche adottate e i risultati ottenuti in materia ambientale e sociale, nonché quelle attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione, sia attiva sia passiva, rendendo quindi oggetto di rendicontazione tutte le pratiche e le preoccupazioni adottate in materia di Responsabilità Sociale e Responsabilità Ambientale. Tale rendicontazione potrà essere inclusa o nella relazione sulla gestione o all’interno di una relazione distinta. Si prevede, inoltre, che le imprese che non attuano politiche su uno o più aspetti per cui è prevista la divulgazione di queste informazioni dovranno esplicitare le motivazioni di questa scelta secondo il principio del “comply or explain”246.

246 La direttiva 9 aprile 2014 dell’UE impone alle società quotate di allegare alle loro relazioni di gestione anche una relazione di governo societario, che deve indicare il Codice di Governo Societario alla quale l’impresa è soggetta o al quale l’azienda ritiene di dover aderire (Comply) oltre a tutte le informazioni relative alle prassi di Governo societario applicate indipendentemente dagli obblighi previsti dall’ordinamento nazionale. Nel caso in cui l’Impresa si discosti dal dichiarare tale codice, dovrà rendere note le motivazioni (Explain). Così: GENESTRONE I., Commissione UE: società quotate, più rispetto del principio “Comply or Explain”, in Borsa e Mercati

La Direttiva impone l’obbligo di comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario agli Enti di Interesse Pubblico – le società quotate sui mercati regolamentati, gli enti creditizi o le compagnie assicurative – che costituiscano un “gruppo di grandi dimensioni”. Questa tipologia di imprese viene definita dal testo del provvedimento come un “gruppo costituito da una società madre e una o più società figlie che, complessivamente, abbiano avuto su base consolidata, in media, durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 ed il cui bilancio consolidato soddisfi almeno uno dei seguenti criteri: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 20.000.000 di euro; 2) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 40.000.000 di euro247”.

Laddove non sussistano questi requisiti, tuttavia, non è fatto divieto alle aziende di adeguarsi a detta disciplina, anzi sono in corso di previsione alcune forme di privilegi e sgravi fiscali per queste tipologie di aziende.

I principali ambiti che le aziende dovranno rendicontare attraverso questo Bilancio di Sostenibilità sono:

• il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attività dell'impresa;

• le politiche praticate dall’impresa, comprese quelle di dovuta diligenza, i risultati conseguiti ed i relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario; • i principali rischi che derivano dalle attività dell’impresa, dai

suoi prodotti, servizi, rapporti commerciali, incluse, le catene di fornitura e subappalto;

• l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche;

• le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera;

• l’impatto attuale e prevedibile sull’ambiente nonché, ove opportuno, sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio;

• aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le parti sociali;

• rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni;

• pratiche anti-corruzione.

4.5. Il ruolo delle Regioni nella promozione della Responsabilità Sociale d’Impresa