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3. Gli strumenti della Responsabilità Sociale d’Impresa in campo

3.2. Gli strumenti Giuridici per garantire il rispetto della Responsabilità

3.2.1. Diritto di accesso alle Informazioni Ambientali

Risulta a questo punto necessario passare ad individuare quale organo è atto a garantire la cogenza degli obblighi sociali e ambientali assunti dall’impresa responsabile e quale tipo di sanzione applicare nell’eventualità che tali obblighi vengano violati, ovvero se essa riguardi solo il calo di fiducia da parte dei consumatori ed il deterioramento della reputazione dell’impresa.

Anzitutto, per quanto attiene il controllo sulla qualità dell’ambiente, l’accessibilità da parte dei cittadini ai dati ambientali viene considerata un primo strumento importante. Si prevede, infatti, prima con la Convenzione di Rio a livello internazionale, poi con la Convenzione di Aarhus del 1998 sull’accesso alle informazioni, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e l’accesso alla giustizia in materia ambientale - a livello Europeo ed infine con il D.lgs. 19 Agosto 2005 n. 195 in Italia199, che l’accesso alle informazioni riguardanti lo stato degli

198 D’ANSELMI P., DE GIROLAMO S., La Responsabilità sociale delle organizzazioni- l’impresa sostenibile e lo sviluppo competitivo cit., LAFRATTA P., Strumenti innovativi per lo sviluppo sostenibile, cit., pp. 111-122

199 Dichiarazione di Rio 1992, Principio n° 10:

“Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la

partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli. Al livello nazionale, ciascun individuo avrà adeguato accesso alle informazioni concernenti l'ambiente in possesso delle pubbliche autorità, comprese le informazioni relative alle sostanze ed attività pericolose nelle comunità, ed avrà la possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati faciliteranno ed incoraggeranno la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni. Sarà assicurato un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari ed amministrativi, compresi i mezzi di ricorso e di indennizzo”.

elementi dell’Ambiente, i fattori che possono incidervi, le misure che possono influenzarlo o che sono finalizzate a proteggerlo deve essere reso disponibile in qualsiasi forma. Per “informazione ambientale” si intende, in particolare, qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma concernente l’Ambiente. Il Decreto Legislativo in questione stabilisce il diritto di accedere alle informazioni relative all'ambiente in possesso delle Autorità Pubbliche, comprendendosi in questo concetto non solo le Amministrazioni Pubbliche statali, regionali e locali, ma anche le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi, nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico. Tale diritto viene attribuito a chiunque ne faccia richiesta senza dover dichiarare il proprio interesse, anche in forma scritta200.

Contro le determinazioni di una Amministrazione Statale centrale di diniego o di differimento all’accesso è possibile presentare istanza di riesame alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ricorso al T.A.R. entro trenta giorni, la quale si pronuncia entro ulteriori trenta giorni. In caso di mancata pronuncia, l’istanza si intende respinta. Se la Commissione invece ritiene illegittimi i provvedimenti di diniego o differimento all’accesso, ne informa il richiedente e l’Amministrazione

“L'autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.

200 D.lgs 195/05: A tal fine può essere utilizzato l'apposito modulo. Nella

richiesta deve indicarsi specificamente l'informazione a cui si desidera accedere oppure gli estremi del documento che la contiene e di cui si vuole prendere visione o avere copia (ovvero gli elementi che consentano di individuarlo); è necessario, inoltre, provare la propria identità e gli eventuali poteri rappresentativi. Di norma la risposta deve essere fornita entro trenta giorni a decorrere dalla data di presentazione della richiesta. Nell’ipotesi in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro trenta giorni, l’Amministrazione può fornire la risposta al richiedente entro un termine più lungo, pari a sessanta giorni. Trascorsi inutilmente detti termini la richiesta si intende rifiutata.

interessata. Se quest’ultima non emana un provvedimento confermativo del diniego o del differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione della Commissione, l’accesso è consentito. È inoltre possibile presentare prima l’istanza di riesame e poi il ricorso giurisdizionale, oppure indifferentemente solo l’una o l’altro. Qualora il richiedente si sia rivolto prima alla Commissione per l’accesso, il termine per presentare ricorso al TAR decorre dalla data del ricevimento da parte del richiedente dell’esito della sua istanza alla Commissione stessa. La decisione del TAR è impugnabile entro trenta giorni davanti al Consiglio di Stato.

Il sistema di accesso alle informazioni ambientali implica che l’impresa deve agire con trasparenza:201 l’impresa deve, quindi, provvedere alla

diffusione di tutte le informazioni necessarie, in modo chiaro e coinciso, anche attraverso canali informatici e con aggiornamenti continui e tempestivi.

In definitiva, quindi, gli unici soggetti in grado di assicurare la reale cogenza degli obblighi volontariamente assunti in merito alla RAI sono le imprese stesse: sono queste, infatti, che, annunciando pubblicamente di aver intrapreso un comportamento responsabile in materia ambientale, mettono in gioco la propria immagine e credibilità e che, quindi, a questo scopo tendono ad escluder le imprese che operano in maniera diversa, denunciandole pubblicamente al fine di tutelare la propria categoria202.

3.2.2. Codice di Condotta e Codice Etico

Accanto a tali meccanismi sanzionatori reputazionali e di danno all’immagine, meramente sociali, si pongono vincoli a carattere giuridico, frutto dell’imposizione statuale e dell’autoregolamentazione privata. In tale contesto si collocano i Codici di Condotta,

201 LUCCI S., POLETTI S., Lo sviluppo sostenibile, cit., p. 20.

202 Saggio di CAFAGGI F., IAMICELI P., le reti per la regolazione della responsabilità sociale, in L. SACCONI, Guida critica alla responsabilità sociale d’impresa, cit., p. 454-459.

precedentemente analizzati, con cui l’impresa oltre a dichiarare la responsabilità ambientale assunta e a prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in nome e per conto dell’impresa, autoregolano l’attività interna e gli stessi meccanismi sanzionatori. In particolare, l’attuazione dei principi di responsabilità ambientale contenuti nel codice sono affidati a un Responsabile del Codice di Condotta, nominato all’interno dell’azienda e che monitora l’effettiva attuazione dello stesso, ricevendo segnalazioni in merito e comminando le sanzioni previste203.

Oltre al Codice di Condotta, si parla spesso di Codice Etico, di cui si parlerà più avanti in maniera più approfondita. La necessità che gli enti e le società si dotino di un Codice Etico dettagliato sorge nel 2001 con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 231, di cui più avanti si tratterà in maniera più approfondita. Per il momento basti avere contezza del fatto che gli enti, laddove vogliano evitare di incorrere nella c.d. responsabilità amministrativa degli enti devono predisporre adeguati Modelli di organizzazione e gestione, che hanno una funzione preventiva, ovvero individuano le procedure, i dispositivi informatici, la modulistica, il sistema organizzativo ecc. necessari per prevenire la commissione di quei reati specificati nel suddetto Decreto 231 da parte dei dipendenti o funzionari della persona giuridica. Il modello di gestione prevede, nel suo articolato contenuto, anche la redazione da parte dell'azienda di un Codice Etico (generalmente conosciuto come “Codice Etico 231”): si tratta di un documento adottato ufficialmente dai vertici rappresentativi della persona giuridica e pertanto vincolante per tutti coloro che operano all'interno del suo organigramma, mediante il quale l'azienda individua sostanzialmente la condotta da tenere per evitare di incappare nella responsabilità penale configurata dalla norma.

203 D’ALESIO V., LEPORE G., La certificazione d’Impresa. La norma SA 8000 e il quadro legislativo, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 146, VIVIANI M., I Codici Etici nei sistemi normativi delle imprese, in Governance e Responsabilità Sociale,

Oltre al 231, anche le sentenze dei massimi organismi giudiziari e le Linee guida dettate da Confindustria aiutano a definire il contenuto del Codice Etico: esiste, infatti, un enunciato minimo che detto codice deve predisporre. Innanzitutto, occorre che esso sancisca in modo chiaro che l'ente è tenuto a rispettare le norme giuridiche vigenti in qualunque Stato esso sia operante. Per consentire ciò è necessario agire nella trasparenza più completa, avvalendosi di procedure operative chiare e facilmente tracciabili. Infine è fondamentale specificare i principi di fondo che animano i rapporti della persona giuridica con i terzi siano questi rappresentati da altri operatori commerciali, dipendenti, funzionari o dalla Pubblica Amministrazione.

Inoltre un altro aspetto molto importante - riguardo al 231, al codice etico e alla costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo – è costituito dalla previsione di un adeguato sistema sanzionatorio per la violazione delle norme del Codice etico, nonché delle procedure previste dal modello organizzativo. Si ricorda, a questo proposito, che l’inosservanza delle misure previste dal modello organizzativo deve attivare il meccanismo sanzionatorio previsto da quest’ultimo, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale per il reato eventualmente commesso. Anzi, un modello potrà dirsi attuato in modo efficace solo quando azionerà l’apparato disciplinare per contrastare atti prodromici alla realizzazione della fattispecie criminosa. Infatti, un sistema disciplinare volto a sanzionare comportamenti già di per sé costituenti reato finirebbe per duplicare inutilmente le sanzioni poste dall’ordinamento statale (pena per la persona fisica e sanzione ex decreto 231 per l’ente). Invece, ha senso prevedere un apparato disciplinare se questo opera come presidio interno all’impresa, che si aggiunge e previene l’applicazione di sanzioni ‘esterne’ da parte dello Stato.

E se il sistema disciplinare ha una funzione essenzialmente preventiva, è opportuno che esso contempli una pluralità di sanzioni, graduate in ragione della gravità delle violazioni accertate. Il modello dovrebbe,

cioè, individuare nel dettaglio le misure disciplinari cui si espone chiunque non osservi le misure organizzative adottate, ricollegando a ciascuna violazione o gruppo di violazioni le sanzioni applicabili, in una prospettiva di gravita crescente. Le sanzioni dovrebbero spaziare da misure conservative, per le infrazioni piu tenui, a provvedimenti idonei a recidere il rapporto tra l’agente e l’ente, nel caso di violazioni più gravi.

Dopo aver ricordato che secondo il consolidato orientamento della Corte costituzionale (sent. n. 220 del 1995), l’esercizio del potere disciplinare deve sempre conformarsi ai principi di proporzionalità (commisurare la sanzione irrogata all’entità dell’atto contestato) e contraddittorio (assicurare il coinvolgimento del soggetto interessato), le linee guida indicano che si possono anche prevedere, accanto alle sanzioni disciplinari, “meccanismi premiali riservati a quanti coopereranno al fine dell’efficace attuazione del modello, per esempio denunciando comportamenti individuali devianti204”.

Ed è infine importante definire, all’interno del modello organizzativo adottato da ciascun ente, “quali siano le funzioni aziendali deputate a valutare e disporre i provvedimenti/contestazioni disciplinari per violazioni del Codice Etico e/o del Modello 231, nonché il ruolo dell’ Organismo di Vigilanza (consulenziale, propositivo) nel momento dell’eventuale applicazione della sanzione”.