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4. Responsabilità Sociale d’Impresa: primi passi verso una normativa

4.1. Responsabilità Amministrativa e Responsabilità Sociale d’Impresa:

4.1.2. Responsabilità Sociale, in particolare la Responsabilità

Amministrativa

Di pari passo alla Responsabilità amministrativa degli enti si muove la Responsabilità Sociale d’Impresa. Come già accennato, è possibile operare un confronto tra le due discipline in esame, mettendo in luce punti di contatto e divergenze.

Anzitutto sarà necessario mettere a fuoco il significato del termine “responsabilità” in entrambe le ipotesi. La dottrina è univocamente favorevole a non assegnare alla RSI un significato di tipo strettamente giuridico, bensì a intenderlo, più propriamente, come “sensibilità” sociale d’impresa: il riferimento non è infatti a norme da rispettare e la cui inosservanza causa responsabilità, bensì ci si muove nell’ambito di valutazioni e scelte discrezionali circa l’opportunità o meno di assumere determinati comportamenti, la cui mancata assunzione non determina alcuna sanzione di tipo giuridico, disciplinare o simile. Per cui è possibile affermare che la responsabilità amministrativa è una responsabilità giuridica, mentre la responsabilità sociale è una responsabilità metagiuridica: può trasformarsi in

221 DE SIMONE G., La responsabilità da reato degli enti nel sistema sanzionatorio italiano: alcuni aspetti problematici, in Rivista trimestrale di diritto penale

dell’economia, 3/4, 2004, pag. 664-665. SCOLETTA M.M., La responsabilità da

reato delle società: principi generali e criteri imputativi del d.lgs. n. 231/2001, in

CANZIO G., CERQUA L.D., LUPARIA L., Diritto penale delle società, Cedam, Padova, 2014, pag. 906

giuridica allorché non ci sia soltanto inosservanza di enunciazioni di principio, ma violazione di norme positive222. In altre parole, il termine

Responsabilità evoca la conseguenza che deriva dalla violazione di una norma giuridica, di una regola disciplinare, di un principio che comunque fa sorgere a carico di chi commette la violazione un dovere di riparazione. Nel caso della responsabilità introdotta dal D.lgs. 231/01 il collegamento tra violazione e sanzione riparatrice è immediato: gli artt. 9 e ss. del decreto sono infatti dedicati alla disciplina sanzionatoria223.

Il termine Responsabilità nel caso di quella sociale può apparire improprio e frutto di una forzatura semantica. In questo caso non si dovrebbe parlare di responsabilità, in quanto il riferimento non è a norme giuridiche o di altra natura comunque cogenti da rispettare e la cui inosservanza causa responsabilità. La mancata assunzione di questi comportamenti socialmente apprezzabili non comporta sanzione di tipo giuridico, disciplinare o simile, come già visto in precedenza. Ciò non toglie che, anche se la manifestazione della sanzione risulta diversa, si realizzi comunque un danno in capo a chi si macchia di questo tipo di responsabilità. Inoltre, la RSI può ben trasformarsi in Responsabilità giuridica in senso proprio, laddove vi sia violazione di norme positive. La responsabilità ambientale è un chiaro esempio: se in

222 Così MANACORDA C., Responsabilità amministrativa e responsabilità sociale delle imprese: divergenze, convergenze, in La responsabilità amministrativa delle

società e degli enti, 4, 2007, pag. 62-3.

223 Art. 9 D.Lgs 231/01:

1. Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono: a) la sanzione pecuniaria;

b) le sanzioni interdittive; c) la confisca;

d) la pubblicazione della sentenza. 2. Le sanzioni interdittive sono:

a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;

origine essa afferiva al solo campo della responsabilità sociale, col tempo la sensibilità verso l’interesse giuridico Ambiente è progressivamente aumentata, sino a giungere all’introduzione dei c.d. reati ambientali: la Legge 22 maggio 2015, n. 68 in materia di riforma dei reati ambientali, si è posta quale obiettivo proprio quello di garantire un netto salto di qualità nella protezione della salute e dei beni naturali, introducendo all’interno del Codice Penale un nuovo titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”224.

Guardando a questi fenomeni espansivi non ci si meraviglia del fatto che di pari passo all’aumentare degli interessi per la Responsabilità Sociale si registri una progressiva espansione dell’area di punibilità dell’ente, legato all’ampliamento delle fattispecie di reato comprese nel catalogo della Responsabilità amministrativa. Si può altrimenti dire che la responsabilità sociale rappresenti un primo approccio di sensibilizzazione ad una tematica, su cui poi la normativa penale va ad intervenire positivamente. Secondo questo ragionamento è possibile, quindi, guardare al Modello 231 come ad uno dei primi tentativi di normazione della RSI.

Altra analogia apprezzabile è rappresentata dalla facoltatività di adozione delle discipline: come un ente non può essere obbligato ad adottare il Modello organizzativo, salvo poi incorrere in eventuali responsabilità, esso non può essere, alla stessa stregua, agire coattivamente secondo le direttrici della RSI. Potrà allora sorgere, come già è successo in tema di Modelli organizzativi, la questione sui motivi che possono spingere una società a conformarsi ai dettami della responsabilità sociale d’impresa. Le motivazioni afferiscono, anzitutto, all’ottenimento di un vantaggio di immagine e di reputazione dell’ente,

224 Libro II, Titolo VI-bis, artt. 452-bis-452-terdecies c.p. In particolare le

fattispecie:

• inquinamento ambientale; • disastro ambientale;

• traffico ed abbandono di materiale radioattivo; • impedimento di controllo;

il quale può più facilmente godere di evidenti benefici in tema di marchio, relazioni e posizionamento sul mercato; in secondo luogo, nel caso della responsabilità amministrativa, l’adozione del Modello risulta ormai essenziale per evitare di incorrere in responsabilità; infine, laddove un’organizzazione decida di adottare un Modello organizzativo improntato ad un sistema di RSI si troverà in una posizione di vantaggio e di anticipazione rispetto alla normativa vigente, in quanto tenendo in considerazione delle aree di rischio ancora non positivamente tutelate, non limitate alle sole ipotesi di cui al D.lgs. 231/2001, la società non dovrà “inseguire” gli interventi normativi di integrazione del succitato decreto, bensì sarà in grado addirittura di poterli anticipare225.

Da quanto detto sinora si comprende come vi sia una significativa sovrapposizione tra le due aree (di responsabilità): la ragion d’essere della responsabilità degli enti è quella di colpire la criminalità del profitto, mentre quella della responsabilità sociale di sanzionare condotte non eticamente compatibili degli enti226, tuttavia entrambe si configurano come specie

appartenenti al più ampio genus dell’etica di impresa227.

4.1.3. Il Codice Etico, come strumento di Autocontrollo rilevante ai fini delle due tipologie di Responsabilità

Il Codice Etico rappresenta uno strumento di connessione tra le due Responsabilità: appartiene, infatti, agli strumenti di autocontrollo e prevenzione del rischio finalizzati ad attuare il Modello 231, ma esso ha origine all’interno della RSI, come abbiamo già avuto modo di evidenziare in precedenza.

Il Codice Etico, in particolare, si impone come strumento privilegiato per disciplinare la RSI all’interno dell’ente, in quanto esprime l’insieme

225 ROMOLOTTI T.E., Modello organizzativo e Corporate Social Responsibility: la via etica alla 231, cit., pag. 127-8.

226 Così IELO P., Corporate Social Responsibility e responsabilità amministrativa degli enti, cit., pag. 193-4.

227 Così: MANACORDA C., Responsabilità amministrativa e responsabilità sociale delle imprese: divergenze, convergenze, cit., pag. 62-3.

dei valori, dei diritti e dei principi di condotta rilevanti per la società, nonché dei diritti, doveri e responsabilità dei soggetti destinatari dello stesso. Esso può essere adottato anche in assenza di un Modello Organizzativo ex D.lgs. 231/2001228, nei confronti del quale si pone in

un rapporto di complementarietà ed integrazione. Rispetto a quest’ultimo, infatti, esso si propone di definire i principi di condotta degli affari della società, nonché gli impegni e le responsabilità dei propri collaboratori, fornendo inoltre informazioni per la soluzione di problemi di natura etica e commerciale, nonché è dotato di una platea di destinatari decisamente più vasta, ovvero gli stakeholders.

Con il D.Lgs 231/2001 il Codice Etico (generalmente conosciuto come “Codice Etico 231”) ha ottenuto anche un ulteriore valore: esso, adottato dai vertici rappresentativi della persona giuridica e pertanto vincolante per tutti coloro che operano all'interno del suo organigramma, segna i tratti della condotta che l’ente deve tenere al fine di evitare di incorrere in responsabilità229. Oltre al Decreto 231, anche le sentenze dei

massimiorganismi giudiziari230 e le Linee guida dettate da

228 Si veda: IPPOLITO M., La responsabilità amministrativa delle società e

degli enti, 4, 2012, pag. 63, RUSTIONI A., Modello 231 e Responsabilità Sociale

d’Impresa: principali correlazioni, 29 gennaio 2010, www.bilanciarsi.it

229 In particolare, il D.lgs. 231/2001 all’art. 6 fa riferimento all’adozione di un

Codice di Comportamento con il quale si intende “un insieme di regole che

definiscono le responsabilità ed i comportamenti per individui o organizzazioni (come per esempio i codici deontologici o i codici che garantiscono la correttezza nello svolgimento degli affari)”.

230 BATTAGLIA M., Coordinamento Nazionale di Giustizia, L’Editoriale, Roma,

settimanale 2 aprile 2014, in merito alla Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 7105 del 26 marzo 2014:

Legittimità delle sanzioni disciplinari per violazione del "minimo etico”. Le sanzioni disciplinari sono normalmente irrogabili all'interno dell'azienda sulla base di un codice etico reso noto a tutti i dipendenti. Ma ci sono casi in cui dette sanzioni - ad esclusione di quelle espulsive come il licenziamento, per il quale occorrono determinate cautele - possono essere irrogate anche in assenza di idonea pubblicità. Nel caso di specie un dipendente, dopo aver inviato un fax contenente accuse gravi e non fondate su prove a un dirigente e ad altri colleghi, è stato sospeso dal servizio per un mese. Contro tale decisione lo stesso ha proposto impugnazione, ma la legittimità della sanzione è stata confermata sia in primo che in secondo grado di giudizio. Contro tale statuizione l'interessato ha proposto ricorso in Cassazione. Se il codice etico adottato dall'azienda, adeguatamente pubblicizzato, è idoneo a fondare responsabilità disciplinare, essa è comunque riscontrabile anche nel caso in cui risulti violato il c.d. "minimo etico", per questo intendendosi la violazione sia di norme di rilevanza penale

Confindustria231 aiutano a definire il contenuto del Codice Etico. Esiste,

infatti, un enunciato minimo che detto codice deve predisporre. Innanzitutto, occorre che esso sancisca in modo chiaro che l'ente è tenuto a rispettare le norme giuridiche vigenti in qualunque Stato esso sia operante. Per consentire ciò è necessario agire nella trasparenza più completa, avvalendosi di procedure operative chiare e facilmente tracciabili. Infine, è fondamentale specificare i principi di fondo che animano i rapporti della persona giuridica con i terzi, siano questi rappresentati da altri operatori commerciali, dipendenti, funzionari o

che comportamenti percepibili dal dipendente stesso come illeciti. La Suprema Corte rileva come in questo caso "non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare, in quanto il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta". La gravità della condotta tenuta dal dipendente era tale per cui chiunque ne avrebbe compreso la portata lesiva non solo sul piano disciplinare ma anche penale. Il ricorso è rigettato.

231 CONFINDUSTRIA, Linee guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione: le indicazioni per elaborare il codice etico e il sistema disciplinare. L’importanza del sistema sanzionatorio interno per la validità del SGSL. D.Lgs. 231/2001: codice etico e sistema sanzionatorio, 17/04/2015, www.confindustria.it:

Riguardo al codice etico le linee guida si soffermano in particolare sui: - contenuti minimi del Codice etico in relazione ai reati dolosi;

- contenuti minimi del Codice etico in relazione ai reati colposi.

Riguardo a questi ultimi si indica che l’impresa dovrebbe esplicitare e rendere noti i principi e criteri fondamentali in base ai quali vengono prese le decisioni, di ogni tipo e ad ogni livello, in materia di salute e sicurezza sul lavoro. E in relazione alle attività a possibile impatto ambientale, il Codice etico deve enunciare chiaramente l’impegno dei vertici aziendali a rispettare la legislazione in materia ambientale e ad attuare misure preventive per evitare o quantomeno minimizzare l’impatto ambientale. La condivisione di questi valori va estesa anche ad altri soggetti estranei alla compagine aziendale, legati all’impresa da rapporti negoziali, mediante clausole contrattuali specifiche. L’altro aspetto su cui ci soffermiamo, con riferimento al contenuto delle linee guida, è il sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello di organizzazione e i meccanismi sanzionatori. Si ricorda, a questo proposito, che l’inosservanza delle misure previste dal modello organizzativo “deve attivare il meccanismo sanzionatorio previsto da quest’ultimo, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale per il reato eventualmente commesso. Anzi, un modello potrà dirsi attuato in modo efficace solo quando azionerà l’apparato disciplinare per contrastare comportamenti prodromici al reato. Infatti, un sistema disciplinare volto a sanzionare comportamenti già di per sé costituenti reato finirebbe per duplicare inutilmente le sanzioni poste dall’ordinamento statale, ha senso prevedere un apparato disciplinare se questo opera come presidio interno all’impresa, che si aggiunge e previene l’applicazione di sanzioni ‘esterne’ da parte dello Stato”.

dalla Pubblica Amministrazione232. È possibile constatare, quindi, che

il Codice Etico rappresenta uno strumento in grado di perseguire al meglio gli obiettivi del Modelli 231233, come già emerso nei paragrafi

precedenti.

Il Codice Etico si inserisce, quindi, nel quadro dell’attuazione delle previsioni del D.lgs. 231/2001, dettando i principi generali di gestione, vigilanza e controllo cui i modelli di organizzazione devono ispirarsi. Non bisogna infatti dimenticare che l’analisi del Codice Etico costituisce un’azione fondamentale per realizzare la miglior mappatura del rischio aziendale, prevista per implementare il Modello 231. Il Codice costituisce quindi uno “strumento responsabile” complementare che propone una serie di linee guida a cui si devono ispirare i comportamenti dei membri dell’azienda, affinché essa possa dirsi realmente responsabile verso i propri stakeholder.

4.2. Made in Italy e la Responsabilità Ambientale d’Impresa

Un altro interessante elemento che segna un passo della Responsabilità Sociale d’impresa verso la normativa è la relazione esistente tra la RSI ed il “Made in Italy”, termine indicante il processo di rivalutazione della produzione artigianale e industriale italiana che ha spesso portato i prodotti italiani ad eccellere nella competizione commerciale internazionale. Il Made in Italy costituisce una grande opportunità per lo sviluppo delle imprese italiane, un punto di forza da implementare e quindi sfruttare e che funge da motore propulsore per tutto il sistema imprenditoriale. E’ dunque necessario che le piccole e medie imprese, per competere con successo nel panorama economico mondiale, investano sugli assi portanti del Made in Italy e cioè nelle conoscenze ed abilità delle risorse umane, nell’immagine aziendale ed estetica dei

232 MANACORDA C., Responsabilità amministrativa e responsabilità sociale delle imprese: divergenze, convergenze, in La responsabilità amministrativa delle

società e degli enti, 4, 2007.

233 RUSTIONI A., Modello 231 e Responsabilità Sociale d’Impresa: principali correlazioni, 29 gennaio 2010, www.bilanciarsi.it