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Il termine italiano spazio - così come i corrispettivi in molte lingue europee96 - deriva da spatium,

esito latino di una radice indoeuropea (*pet) che, probabilmente, esprimeva un'idea di apertura e di spiegamento, da cui il verbo pătĕo (essere aperto, stare aperto, aprirsi; estendersi; essere manifesto, ma anche accessibile). In latino spatium ha un'accezione necessariamente concreta, non solo spaziale, ma anche temporale97. Ciò che nella modernità si intende per ‘spazio’ è tuttavia una

nozione che risulta da una elaborazione progressiva, la cui storia è stata modellata dalla cultura europea; lo spettro dei significati del concetto si è infatti ampliato parallelamente all'assunzione di un ruolo crescente che le lingue europee, sostituendosi gradualmente al latino, hanno avuto nella comunicazione filosofica e scientifica. Il significato assoluto di 'spazio', come entità nella quale si muovono i corpi, appare nel Cinquecento98, e viene a ricoprire almeno parzialmente il significato di

choros nella riflessione filosofica greca, platonica e soprattutto aristotelica.

Pur presentando un alto grado di elaborazione dei concetti legati alla spazialità, il pensiero greco non contempla una definizione di 'spazio' fissata nel valore astratto dei termini99. Nelle fonti greche

lo spazio non corrisponde a un concetto chiaramente definito e identificato, ma è presente piuttosto in modo implicito: i termini platonici quali choros, chora, chorion, topos suggeriscono talvolta l'idea di supporto neutro, non determinato e atto a ricevere contenuto100, sebbene non si faccia

riferimento esplicito ad uno spazio concepito come ambiente capace di contenere gli oggetti e pertanto ad essi preesistente. Euclide fa riferimento alle proprietà spaziali delle figure e delle loro relazioni, ma elabora un concetto di spazio con connotazioni geometriche proprie. La posizione di Platone pare ambigua; il termine chora con cui viene indicato il principio materiale del cosmo è

95 T. Derks individua queste condizioni in “theoretical consistency, archaeological workability, transcultural validity”. Cfr. T. Derks, God, temples and ritual practices. The trasformation of religious ideas and values in Roman Gaul, Amsterdam 1998, p. 132.

96 fr. espace, ingl. space, sp. espacio, port. espaço, rum. spațiu; diversa la radice del tedesco Raum (cfr. ingl. room) 97 Ad es. hoc spatium: in questo momento, durante questo tempo.

98 Grazie all'osservazione empirica dei fenomeni celesti nel Rinascimento furono elaborate nuove ed innovative riflessioni sullo spazio, a partire da Telesio, il quale delinea l'idea di uno spazio come pura attitudine a ricevere i corpi, omogeneo, privo di differenziazioni e direzioni, riprendendo in questo modo il modello lucreziano del De

rerum natura; cfr. M. Jammer, Storia del concetto di spazio, Milano 1967.

99 Cfr. Keimpe Algra, Concepts of Space in Greek Thought, Leiden 1995, p. 33.

100 La chora di Platone, concettualmente analoga alla hule, è il luogo dove la materia viene a ricevere la forma cfr. Plat. Tim. 50c – 51b, 52d.

interpretato sia come spazio vuoto sia come materia primordiale, luogo metaforico delle forme. In Aristotele invece il concetto di spazio viene piuttosto inteso come la totalità dei luoghi, mentre il termine topos compare come punto di riferimento o fine ultimo del moto, il cosiddetto “luogo naturale”101. Un'alternativa all'aristotelismo è rappresentata dalla concezione cosmologica di

Lucrezio, espressa nel De Rerum Natura:

Lo spazio(...) essendo soltanto un'attitudine a ricevere i corpi(...) e non differendo mai in nulla da se stesso, ma essendo sempre uno ed unico tutto quanto, riceve in qualsiasi sua posizione qualsiasi ente.102

Il tempo, a sua volta, pur essendo percepito insieme al moto, non è una particolare caratteristica del moto. Esso esiste per sé(...) ed è persistenza, durata e spazio(...) nel quale avviene ogni moto e mutamento. 103

Si affaccia in questo modo una concezione dello spazio infinito, omogeneo e isotropo, che si oppone all’idea dei luoghi naturali o privilegiati.

Un'indagine storica e archeologica della spazialità può avvalersi di una guida teorica nella riflessione di Michel de Certeau, filosofo attento alle declinazioni della teoria nella vita quotidiana; in particolare è interessante proporre la distinzione che lo studioso elabora riflettendo sui concetti di luogo (lieu) e di spazio (espace):

«Vi è spazio nel momento in cui si prendono in considerazione i vettori della direzione,

delle quantità di velocità e della variabile del tempo. Lo spazio è un incrociarsi di mobili. Esso è in qualche modo animato dall'insieme dei movimenti che vi si dispiegano.»

Riferendosi al concetto di luogo De Certeau evoca l'ordine (quale che sia) secondo il quale alcuni elementi sono distribuiti in rapporti di coesistenza.

«Vi si trova dunque esclusa la possibilità, per due cose, di essere nello stesso posto. Vi regna la legge del 'proprio': gli elementi considerati sono gli uni a lato degli altri,

101 Per i concetti spaziali in Aristotele cfr. B. Morison On Location. Aristotle's concept of place, Oxford 2002. 102 Lucr. De rer. Nat. 1.25.

ciascuno situato in un luogo proprio e distinto che lo definisce. Un luogo è dunque una configurazione istantanea di posizioni. Implica una indicazione di stabilità.»104

Lo spazio invece risulta dall'interazione di alcuni vettori e variabili fondamentali come la direzione, la velocità e il tempo.

«Lo spazio è un incrociarsi di mobili. Esso è in qualche modo animato dall'insieme dei movimenti che vi si dispiegano. È spazio l'effetto prodotto dalle operazioni che l'orientano, lo circostanziano, lo situano nella dimensione del tempo e lo portano a funzionare in unità polivalente di programmi conflittuali o di prossimità contrattuali. Lo spazio sarebbe al luogo ciò che diviene la parola quando è parlata, cioè quando è presa nell'ambiguità di una effettuazione, mutata in un termine rilevante di multiple convenzioni, posta come l'atto di un presente o di un tempo e modificata dalle trasformazioni dovute a successivi rapporti di vicinanza. A differenza del luogo, non possiede dunque né l'univocità né la stabilità di un 'proprio'. Lo spazio è un luogo praticato. Così la strada geograficamente definita da un’urbanistica è trasformata in spazio dai camminatori. La lettura è lo spazio prodotto attraverso la pratica del luogo che costituisce un sistema di segni».

Tenendo presente che i termini della questione possono essere capovolti, come propone il teorico dell’urbanistica Andrew Merrifield, il quale, rispetto alla nozione di spazio, riconosce il dinamismo del luogo (place)105, tale definizione si riferisce alla stabilità, e prende in considerazione i tratti della

mobilità, della dinamicità, della coesistenza di piani apparentemente contraddittori nella gestione e concettualizzazione delle pratiche rituali.

I diversi spazi coinvolti nella religione sono infatti intrinsecamente dinamici e sincronici. Essi infatti si sovrappongono e coesistono con altri spazi, si trovano tesi tra relazioni e condizioni multiple, risultano dalla stratificazione di molteplici esperienze, che possono afferire al mondo concreto o all’ambito dell’immaginario106. In particolare possiamo guardare agli spazi religiosi quali

sistemi sincronici – e dinamici, in quanto si sovrappongono e coesistono insieme ad altri spazi, e si costituiscono come incontri di relazioni e luoghi multipli, in tensione, reali o immaginari. Essi possono contenere tradizioni spaziali e rituali diverse, risalenti a fase anteriori, specificità

104 M. De Certeau, L'invenction du quotidien, cit., p.

105 A. Merrifield, Place and Space. A lefebvrian reconciliation in « Transactions of the Institut of British Geographers» 18, n. 4, 1993, pp. 516-531 “place is where everyday life is situated. And such a place is practiced space.”

riconosciuta sia De Certeau che Lefebvre, esplicitata attraverso il concetto di palinsesto, di cui la scienza decifra e legge solo l'ultima stesura, da cui segni del passato possono riemergere.

Un esempio concreto di questo processo può essere ricercato nel celeberrimo sito greco di Delfi. È possibile infatti riconoscere come la sua attuale configurazione quale sito archeologico, con le pratiche spaziali legate al turismo odierno in termini concreti e simbolici - che potrebbero essere inseriti in una dimensione ‘rituale’ solo facendo riferimento ad un’accezione straordinariamente ampia del termine – sia più direttamente comprensibile rispetto alla dimensione passata, che contempla la frequentazione romantica ottocentesca, per risalire a quella antica, nella consapevolezza delle enormi trasformazioni che il sito dovette affrontare dalla fondazione del primo nucleo nel VII a.c. alla chiusura in seguito all'editto di Teodosio.

Tale definizione di spazio, come entità dinamica e molteplice, articolata in diversi piani concreti e simbolici rende conto anche della scelta degli altri concetti che strutturano questo lavoro di ricerca, a partire dalla preferenza accordata all'aggettivo 'rituale', il quale, come si mostrerà, implica una qualificazione dello spazio funzionale all'azione; la categoria viene dunque scelta in modo consapevole e alternativo a quella di 'sacro', termine che nella letteratura scientifica, nelle discipline storico religiose come in quelle archeologiche, è riferito tradizionalmente e generalmente a una qualità, considerata per lo più immutabile e statica, associata a un luogo107.

Uno spazio rituale viene così visto come un sistema complesso che si fonda su dati fisici e architettonici più immediatamente rilevabili, e su pratiche, atti, simboli che popolano in modo transitorio lo stesso spazio, ma che ne costituiscono una dimensione fondamentale e irrinunciabile. benché lo spazio sia volontariamente costruito, decorato, il suo accesso e le modalità di frequentazione sono sottoposti a leggi e consuetudini umane, decretate a livello sociale e non imposte dalla potenza divina, esso nel tempo interagisce in modi diversi su coloro che lo frequentano, in quanto sistema semiotico108.

Il concetto di 'costruzione' fa riferimento quindi alle modalità con cui lo spazio del rito viene fondato, organizzato e motivato anche in termini di rappresentazione. L'architettura si configura come elemento di sostegno, che assicura una determinata distribuzione di persone nello spazio, una canalizzazione della loro circolazione- eventualmente una codificazione dei rapporti che esse intrattengono tra loro. Non costituisce solo un elemento dello spazio ma è precisamente pensata come inscritta in un campo di rapporti sociali, nel quale introduce un certo numero di effetti

107 Come è stato sottolineato da Catherine Bell, alla quale si deve una prospettiva sul rito preziosa e feconda anche per gli studi sull'antichità, le azioni che hanno luogo in uno spazio rituale sono in connessione con l'ambiente, in quanto modellano il modo in cui l'ambiente è presentato; C. Bell, Ritual Theory, Ritual Practice, Oxford-New York1992, p. 100.

specifici. la 'percezione' dello stesso spazio sposta il punto di vista su coloro che in semiotica vengono definiti attenti o agenti, ma che in un certo senso dallo spazio vengono 'agiti'109.

La prospettiva che tende ad analizzare i fenomeni religiosi attraverso l’analisi dei quadri spaziali connessi può rivelarsi significativa soprattutto in relazione ad un sistema religioso politeista; le divinità del pantheon possono essere concepite anche quale emanazione di interi sistemi organizzati come strutture spaziali culturalmente determinate, e rappresentate attraverso sistemi di codici culturali. Questi sistemi religiosi-spaziali non solo contribuiscono a creare e definire concetti condivisi ma influiscono anche a livello profondo sul comportamento sociale, che è altamente dipendente da un territorio marcato culturalmente dove si trova in un dato momento un individuo o un gruppo110. In questa prospettiva le “intenzioni” veicolate dagli spazi sono naturalmente

combinate con i modi dell'attività umana, con i loro limiti, socialmente significanti, creando di conseguenza delle basi per ogni forma di attività.