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2 Lo spazio rituale punico La sfera semantica del ‘sacro’

Come si è visto nel capitolo precedente per quanto riguardo l’ambito romano non è semplice tracciare un quadro coerente che consenta di chiarire i legami tra lessico e pratiche cultuali.

Per il mondo punico, in particolare modo per l'Africa settentrionale, l'impresa risulta decisamente ardua. Infatti la natura per lo più epigrafica delle fonti dirette, e l'assenza quasi totale di testi rituali e di letteratura erudita, non facilitano una riflessione sul punto di vista interno delle comunità responsabili della costruzione di pratiche religiose che rimangono e sono probabilmente destinate a rimanere in larga parte sconosciute. Il carattere essenzialmente epigrafico della documentazione punica, così come di quella fenicia, permette di intravedere solo alcuni scorci di quella che poteva essere la concezione dello spazio rituale assegnato alle divinità.

Nelle stesse aree in cui alcuni secoli più tardi le iscrizioni latine fioriranno in modo considerevole, l'epigrafia punica non può vantare la stessa diffusione. I rinvenimenti epigrafici, di natura quasi esclusivamente religiosa e funeraria, mostrano non solo diversi livelli di alfabetizzazione rispetto al mondo romano, ma anche un uso differente del mezzo epigrafico; solo in un'epoca successiva il modello epigrafico romano venne in qualche modo imitato, come dimostrano alcune iscrizioni bilingui531. Nonostante il carattere religioso delle iscrizioni pare che le dediche e le invocazioni

indirizzate alle divinità non fossero altrettanto frequenti, dunque non percepite come altrettanto necessarie. Le stele votive inscritte, in molti siti, non costituiscono infatti che una minoranza532.

Per quanto riguarda gli spazi cultuali i rinvenimenti epigrafici finora noti hanno messo in luce per l'epigrafia punica l'uso di due principali termini, bt e mqdš .

Il primo, che riveste il significato generico di 'casa', 'abitazione', è associato nel suo senso cultuale ad un nome divino, e reso in greco con temenos533. Dal punto di vista semantico bt sembra però

rivestire il medesimo significato del latino aedes, che come si è potuto mostrare nei paragrafi precedenti rappresenta uno dei termini maggiormente sfruttati nell'ambito cultuale romano.

Anche per quanto riguarda il mondo punico è però necessario fare delle precisazioni. Presso gli archeologi si è consolidata l'abitudine di conferire alle strutture templari il nome di un dio, applicando la dicitura 'tempio di x', anche in mancanza di fonti epigrafiche che esplicitamente si riferissero al luogo di culto associandolo ad una sola divinità. Come a Roma anche per il mondo

531 Ad es. KAI 120-127, 130.

532 A Timgad, un centro che ha prodotto in epoca romana un numero considerevole di iscrizioni puniche (e per il quale insieme a Lambesi R. Kerr parla di epigraphomania); nel totale delle stele dedicate alla divinità Baal Hammon- Saturnus solo una netta minoranza risulta iscritta, ovvero 9 su 130 stele cfr. R.M. Kerr, Latino-punic Epigraphy, Tübingen 2010, p. 14.

punico tale consuetudine accademica presenta un rischio evidente, ovvero quello di livellare per esigenze di semplicità una realtà cultuale più complessa, adombrando i tratti specifici che dovevano appartenere alla “religione punica” (o meglio ai sistemi religiosi dei centri punici) in quanto religione politeista. È infatti necessario tenere sempre a mente che nelle strutture teologiche dei politeismi la logica cultuale è plurale, se non collegiale; di conseguenza i templi sono fondamentalmente luoghi di culto polivalenti, che normalmente ospitano al loro interno più di una divinità. Tale compresenza si può desumere non solo dalla struttura che può prevedere diverse celle, ma anche dalla presenza di statue cultuali o di ex voto dedicati a divinità differenti rispetto a quella principale.

Se i testi ugaritici e mesopotamici descrivono un mondo divino che presenta alcune analogie con quello greco omerico, con periodici incontri e consessi delle divinità in un luogo celeste e remoto534,

per il mondo fenicio-punico le fonti letterarie sono completamente assenti, e questi elementi possono essere solo ipotizzati; allo stesso modo può solo essere solo inferita una sorta di ubiquità tra una sede uranica, o comunque collocata in uno spazio remoto e inaccessibile all'uomo, e le specifiche sedi di culto, denominate bt, e considerate dunque 'case' o 'palazzi' della divinità535. Gli

epiteti topici che emergono nel mondo fenicio punico come in quello greco-romano, sembrano confermare, se non una natura 'una e multipla' delle divinità, più conforme alla concezione egizia536,

una loro 'politopia'537.

Poiché in ambito vicino orientale il sovrano riveste un ruolo strategico, di mediazione fra due livelli, umano e divino, sul piano simbolico il santuario-palazzo (bt) di una divinità può essere così concepito come la manifestazione di un doppio potere, in cui la sovranità divina è riflessa in una sovranità umana.

È possibile che in modo simile sia esistita in ambito punico un'analogia tra divinità e regalità, che potrebbe essere suggerita dall'epiteto dn 'signore', talvolta nella formula con preposizione ľd538.

Tuttavia, non è certo che si possa affermare che alla regalità fosse associata una sorta di ubiquità, sul modello dei re assiri o persiani i quali per dare un'impressione di controllo costante e diffuso sul territorio si spostavano da una residenza all'altra539; in Africa infatti l'esistenza di una fase politica

monarchica antecedente al sistema oligarchico suffetale è ancora dubbia, e sostenuta in misura

534 Cfr. Ch. Penglase, Greeks Myths and Mesopotamia, London-New York 1994, pp. 73-77; M.L. West, The East face

of Helicon, Oxford 1997, pp. 107-116.

535 C. Bonnet, Dove vivono gli dei? Note sulla terminologia fenicio-punica dei luoghi di culto e sui modi di

rappresentazione del mondo divino, in Saturnia tellus, cit. pp. 673-687 (677).

536 E. Hornung, Gli dei dell'antico Egitto, Roma 1992. 537 Cfr. H. S. Versnel, Coping with the gods, cit., p. 102.

538 L’epiteto non è attestato in Africa ma nei siti sardi e a Rabat, cfr. CIS 123 e 123bis.

539 Questa la proposta di C. Bonnet, Dove vivono gli dei? Note sulla terminologia fenicio-punica dei luoghi di culto, cit., pp. 677-679, che attinge in chiave comparativa dalla mitologia Ugaritica e dalla tradizione ebraica.

sempre minore540. Come a Roma la regalità, o piuttosto la sovranità, poteva costituire un attributo

divino fondamentale, da intendersi in ogni caso in un senso 'collegiale', che, occorre sottolinearlo, si configura in modi ben differenti rispetto all'assolutismo monoteista, declinata dal punto di vista politico nel sistema suffetale operante nei centri urbani, a partire da Cartagine.

La polisemia insita nel concetto di santuario-palazzo può comunque indicare, come è d'altronde lecito attendersi in un sistema religioso politeistico, un segno del potere divino sul territorio, in una logica di gerarchia e di interdipendenza tra le divinità541.

Il secondo termine attestato per le strutture cultuali in area punica è mqdš, formato sull'aggettivo

qdš. Com'è noto questa radice semitica triconsonantica rimanda al concetto di 'sacro' che, a seconda

dell'etimologia privilegiata dagli studiosi, si situa nella sfera semantica della purezza o invece in quella della separazione542. Una prima ipotesi è quella che connette qdš con la radice qd(d) che

significa «separare», e che può così indicare ciò che è nettamente definito secondo un punto di vista spaziale, e che talvolta può essere inaccessibile; gli stessi attributi qualificano in ebraico il dio monoteista. La seconda ipotesi fa invece derivare la radice qdš dall’accadico quddušu, che in forma paël significa «brillare», avvicinandosi così al significato di «essere puro» dal punto di vista rituale. Diversamente dal latino sacer e dal greco hieros, l'aggettivo qdš viene attribuito anche alle divinità, tanto che questa attribuzione viene considerata come tipica delle religioni semitiche543:

nell'area cananea sono detti qdš gli dei di Byblos e di Sidone544; in Africa settentrionale qdš

qualifica invece Baal Hamon a Cirta545, mentre a Maktar vengono qualificati con lo stesso aggettivo

sia il dio Hoter Miskar546, sia Baal Hamon547.

L'influenza della concezione della divinità come qdš, comune all'area semitica come a quella punica, si rifletterebbe nell'uso frequente in Africa settentrionale dell'epiteto sanctus, reso in greco con aghios; questo ricorre infatti nelle fonti latine associato a divinità di origine orientale come

540 La confusione è dovuta all'uso da parte delle fonti greche del termine βασιλείς e di reges o duces da parte di quelle latine per il punico sufetes.

541 Nel ciclo ugaritico di Baal la costruzione del palazzo per il dio viene a lungo dibattuta e negoziata tra le altre divinità del pantheon: El, Althirat, Anat, Baal e Kothar; cfr. A. Caquot, M. Sznycer, Textes ougaritiques, t. 1,

Mythes et légendes, Paris 1974.

542 P. Xella, QDŠ: Semantica del 'sacro' a Ugarit, in S. Ribichini – P. Xella (eds.) Materiali lessicali ed epigrafici I, Roma 1982, pp. 9-17.

543 E. Lipiński, Dieux et déesses de l'univers phénicien et punique, Leuven 1995, p. 419. 544 KAI 4 : 'l Gbl qdšm; CIS 1.3=KAI 14: h'lnm hqdšm.

545 A. Berthier – R. Charlier, Le sanctuaire punique d'El-Hofra à Costantine, Paris 1952-55, n. 20.3; 64.3; F. Bertrandy, K. Sznycer, Les stèles puniques de Constantine, Paris 1987, n. 29.1.

546 KAI 145.4: l'lmh qydš. 547 NP 43.1.

Abaddir548, Baal Addir549, o in riferimento a divinità romane come Caelestis550, Ops551, Saturno552,

Mercurio553, Plutone e Ceres554. L'uso dell'aggettivo sanctus viene spesso evocato quale prova

dell'origine africana di divinità che sotto una superficiale patina di interpretatio avrebbero conservato il loro carattere ancestrale, connesso, come l'aggettivo semitico che le qualifica, a un'idea di purezza spirituale e rituale555. Anche in questo frangente valgono le considerazioni

precedentemente espresse, che si muovono nella direzione di una estrema cautela, dovuta alla confermata inadeguatezza di interpretazioni tese a cercare in un'unica chiave di lettura - qui linguistico-terminologica - la 'soluzione' per comprendere processi di contatto e di riformulazione di pantheon che, all'interno di entità civiche a proposito delle quali conosciamo spesso troppo poco, dovevano essere senza dubbio complessi e non automaticamente replicabili.

Un processo analogo riguarda anche le divinità protagoniste dei culti orientali importati a Roma, per le quali l'aggettivo sanctus ricopre anche gli usi di QDŠ. Come sacer, sanctus può indicare ciò che appartiene al dio, ma può anche assumere delle sfumature diverse, in quanto può applicarsi alle divinità stesse556. Rimane interessante il fatto che sebbene la designazione morale di sanctus si

sviluppi già nelle fonti latine successive a Cicerone, costituendo una necessaria premessa per la successiva reinterpretazione cristiana del termine557, in origine l'aggettivo sanctus rimanda al

concetto di inviolabilità e di sanzione, in riferimento soprattutto ai luoghi di confine558.

Al verbo derivato da qdš Edward Lipiński attribuisce il significato di 'consacrare'559, traduzione che

è possibile accettare tenendo presenti le differenze con la consecratio romana, cioè l'attribuzione giuridica del luogo, della persona o dell'oggetto alla sfera divina. Nelle iscrizioni puniche anche le offerte fatte al tempio sono qualificate come qdš, come mostra la tariffa sacrificale di Marsiglia proveniente dal tempio di Baal Sapon a Cartagine560, mentre ïnt qdšt con il probabile significato di

“camera delle cose sacre” può essere usato in riferimento a cripte scavate al di sotto dell'edificio sacro561.

548 CIL 8. 21481. 549 CIL 8. 19122; 19123. 550 CIL 8.8433; 22686. 551 CIL 8.16527.

552 M. Le Glay, Saturne Africain, Histoire, cit., p. 125-126, n. 11. 553 CIL 8. 22656.

554 CIL 8. 9020.

555 Cfr. E. Lipiński, Dieux et déesses de l'universe phénicien, cit., pp. 420.

556 Liv. Andr. Od., 4.513: sancta puer Saturni regina; Enn. Ann. 1.54 sancta dearum riferito a Iuno Saturna riprende il

dia theaon omerico.

557 Ad ex. Iuv. 13.64: sanctum egregiumque virum si cerno. Sull'esempio o forse sotto l'influenza del greco hagios,

sanctus invade in parte l'area semantica di castus, indicando una qualità morale con una connotazione

tendenzialmente negativa; cfr. Quint. 5.12.20. 558 Cfr. supra.

559 Cfr. E. Lipiński, Dieux et déesses de l'universe phénicien, cit, pp. 418–419. 560 CIS 1. 165=KAI 69.12.