Spazi rituali da Baal Hammon a Saturno: continuità e rifunzionalizzazion
2.1 Saturno Africano
Il modo in cui la bibliografia tradizionale ha affrontato e tuttora talvolta affronta la vita religiosa in Africa romana mostra come in quest'area, forse in modo più marcato rispetto ad altri contesti, sono state visioni tendenzialmente omogeneizzanti e unificanti a costituire l'ossatura dei quadri interpretativi con cui si affrontano i politeismi; le ragioni possono essere diverse, e se in parte risultano da prospettive e sensibilità tendenzialmente monoteiste, dall'altra possono essere esito dell'attitudine scientifica e accademica ad elaborare degli assunti sintetici e generali sui fenomeni, in modo da coglierne globalmente i tratti salienti. Declinato in modi diversi, e parzialmente giustificato da una certa lettura delle fonti, questo tipo di approccio ha creato per l'ambito punico interpretazioni totalizzanti ed unificanti, che riguardano sia le aree cultuali, sia le divinità che vi erano venerate.
L'idea del contatto immediato con la divinità veicolato da specifici contesti topografici, sia nelle premesse dedicate alle più tradizionali prospettive sullo 'spazio sacro' punico, ritorna ancora con insistenza, a dare forma a una religiosità punica legata alla concezione ancestrale, urania e trascendentale di Ba'al, e che viene delineata per contrasto con il modello romano, con cui Roma avrebbe imposto agli africani una ritualità e dei modelli santuariali differenti, ma senza riuscirvi fino in fondo. Una prospettiva unificante si è andata infatti formando nella ricerca scientifica intorno alla figura di Saturno, considerato non solo erede e continuatore della divinità punica Ba'al Hammon, ma anche simbolo stesso della resistenza e della permanenza dello ‘spirito religioso’ africano.
Venerato in numerosi templi che in molti casi si sostituirono o si affiancarono alle aree rituali tradizionali, in Africa Saturno è stato considerato a lungo una divinità in tutto e per tutto africana, più potente e pervasivo del Saturno italico che nelle fonti letterarie, da Ennio fino a Virgilio, è connesso alla evocazione nostalgica di un passato di cui si vagheggia il ritorno, dio sovrano di un'epoca pacifica, caratterizzata dall'assenza di fatica, dalla facilità e dall'abbondanza656. Infatti se
nel mito di Kronos, interpretatio greca di Ba'al Hammon, sono ben riconoscibili tratti di
656 Secondo Dario Sabbatucci «Il Saturno dei Romani non era ricordato per aver regnato nel mondo prima di Giove, ma per aver regnato sul Lazio (o sull'Italia) prima di Roma. Il punto di vista romano non conosce altro cosmo che Roma e il suo impero; non per niente a Roma il mito di nascita della città tiene il posto di un mito cosmogonico. Quando però l'identificazione di Saturno con Kronos era diventata operante, si dovette relativizzare il dio romano al punto di vista greco; si favoleggiò allora di un Saturno-Kronos cacciato da Giove-Zeus che si rifugia nel Lazio dove viene accolto da Giano» D. Sabbatucci, La religione di Roma antica: dal calendario festivo all'ordine cosmico, Roma 1979 pp. 436-7.
sopraffazione e violenza tipici di un'età mitica precedente l'ordine costituito, il regno di Zeus - in Saturno e nell'età che si pone sotto il suo segno, celebrata dagli autori augustei, emerge un aspetto differente; il passato mitico a cui si collega, soprattutto nell'ideologia imperiale assume tratti rassicuranti e pacifici. Concependo la sfera legata a Ba'al Hammon come espressione di un dio supremo, polivalente, uranico, signore di cielo e terra, e perciò necessariamente non negativo, la storiografia africanista, nella visione di Toutain e di Le Glay, fa dei numerosi ex voto dedicati a Saturno delle testimonianze di un sentimento religioso individuale ed emotivo, esito della particolare sensibilità degli Africani, perpetuatasi in epoca romana, e poi attraverso le esperienze dei monoteismi.
Le numerose attestazioni documentarie, insieme all'attenzione che le fonti antiche e cristiane manifestano nei confronti di Saturno sono state addotte quale prova non solo della vitalità del culto ancestrale, e quindi della continuità del sentimento religioso punico attraverso i secoli, ma anche della sua assoluta preminenza rispetto a tutti gli altri dei.
In età romana molti monumenti erano ancora redatti in neopunico e si rivolgevano al dio con il suo nome semitico, e il processo di interpretatio che vide una progressiva ridefinizione della personalità divine lascia intravedere, almeno apparentemente, delle 'interferenze' come il Balamon Augustus di Draa el Jouder657.
La reale o presunta combinazione di caratteri tra le due divinità ha dato vigore all'immagine di un dio che conserva alcuni dei suoi aspetti propriamente romani, come l'ambito del cielo, della terra feconda e dell'oltretomba, a cui si sovrappongono tratti iniziatici o escatologici, desunti esclusivamente dall'interpretazione di alcune formule epigrafiche in realtà piuttosto oscure658.
La possente monografia di Le Glay, che rimane preziosa per l'accurata raccolta ed analisi dell'enorme massa di fonti relative a Saturno, prende le mosse proprio a partire da riflessioni di questo tipo:
Pour un Africain païen du IVe siècle, celle-ci [la théologie saturnienne] est fondée sur la
priorité absolue et donc la primauté de Saturne, sur sa souveraineté cosmique, sur son
657 AE 1954, 53: Draa Ben Jouder: Balamoni Aug(usto) sac(rum).
658 Secondo Marcel Le Glay, che prende le mosse da studi come quelli di A. D. Nock, Intrare sub Iugum, in «The Classical Quarterly» 20, n.2, 1926, pp. 107-109, nelle dediche offerte da sacerdotes si potrebbero vedere dei fedeli votati al culto, degli iniziati scelti per rivedere un'iniziazione majeure e una fonction liturgique, a partire dalla formula intravit sub iugum; cfr. Le Glay, Saturne africain. Mon. I. cit., pp. 19-20 n. 9, ma anche più recentemente H. Benichou, Le rite d’entrée sous le joug. Des stèles de Carthage à l’ancien testament, in «Revue d’histoire des religions» 210, n.2, 1993, pp. 131-143. Riesaminando le iscrizioni di questo tipo provenienti da Jebel Jelloud, Neferis, Jebel Bou Kournein, Cartagine, Gari, Mateur, Aziz Ben Tellis e Borj Mamra, Meriem Sebaï mette in questione l'interpretazione misterica - che non sarebbe comunque esclusiva di Saturno, in quanto gli ultimi due santuari citati sono dedicati a un Deus Magnus e agli Dii Boni – per proporre un'interpretazione che si fonda sul diritto votivo e sulle diverse tappe di soluzione del votum fatto alla divinità, cfr. M. Sebaï, Sacerdos intravit sub
éternité et sa maîtrise de l'au-delà, sur l'immortalité promise aux initiés et surtout aux enfants, enfin – ce qui n'est pas négligeable pour la masse d'une population restée campagnarde – sur son pouvoir agraire, sa seigneurie de la terre féconde659.
Se la consistenza documentaria su Saturno riflette senza dubbio una rilevanza della divinità all'interno dei panteon locali, risulta tuttavia evidente che l'impianto interpretativo di Le Glay, per quanto la sua opera sia ancora considerata da parte della comunità scientifica un lavoro insuperabile ed esaustivo660, sia largamente debitore di una visione poco attenta agli aspetti specifici dei
politeismi antichi, in un certo senso immaginifica e intrisa di enoteismo, o che si fonda su concetti tanto suggestivi quanto labili, in questi contesti, come il 'sentimento religioso' 661.
È evidente che questo tipo di riflessioni coinvolge la questione dell'identità religiosa e culturale, che tuttavia, in virtù dei dispositivi di funzionamento della religione romana, non possono essere separate dall'identità civica collettiva. Ed è nel contesto di una storia umana concepita come un'incessante ricerca e ridefinizione della propria identità che il ruolo del Baal Hammon punico, e delle sue ridefinizioni come Kronos o Saturno, viene definitivo come “le point de référence essentiel pour se reconnaître et reconnaître, sous le signe de la communauté d'origine, des traditions, des besoins et des aspirations”; aggiungendo che “de ce point de vue, on peut affirmer que – en dépit des inévitables et complexes évolutions produites par les siècles – entre Orient et Occident, jusqu'à l'époque chrétienne, il n'y a jamais eu de réelle solution de continuité662.