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Un discorso che si proponga di affrontare la questione dello spazio rituale a Roma non può esimersi dal considerare due principali assi di riflessione e di significazione: il paesaggio cultuale e le pratiche rituali. Entrambi gli elementi sono infatti intimamente connessi alla spazialità, e nel medesimo tempo costituiscono perni fondamentali per la costruzione e la conservazione dell'identità religiosa romana.

Nella forma particolare che il politeismo assume a Roma, quella di essere uno spazio polivalente,le diverse rappresentazioni del divino erano atte a esprimere la natura delle divinità e il loro ruolo in funzione della città, il cui spazio urbano costituiva in un certo senso 'storia sacra'. A differenza delle società che scelgono di legittimarsi attraverso la celebrazione di lunghe genealogie, nella mentalità romana ad essere valorizzato, rispetto al tempo, era piuttosto lo spazio. Il principio della spazialità a Roma è applicato dunque in modo ampio e diffuso. La configurazione spaziale della città e l'articolazione dei suoi molteplici luoghi di culto, costituivano un quadro mnemonico spaziale, tale da produrre una storia tangibile e ripercorribile fisicamente292.

Gli dei radicati nello spazio civico costituiscono le fondamenta del sistema religioso, che può dirsi romano solo nel contesto della città. La “romanità”, dunque, esisteva solo all'interno di Roma, per chi vi risiedeva e godeva della cittadinanza; essere romano significava essere a Roma, l'unica città esistente, e modello (politico, prima che topografico) delle colonie, giuridicamente assimilate a quartieri di Roma, e prive di autonomia politica e militare.

Il paesaggio sacro di Roma, che secondo un’efficace espressione di H. Cancik costituiva di fatto la città stessa293, si componeva di una stratificazione la cui complessità era leggibile solo all'interno di

un sistema semiotico, articolato sulla topografia della città, che creava e confermava le necessarie gerarchie. Tali gerarchie erano operative tra gli dei, ma anche tra dei e uomini, e in alcuni casi specifici tra dei, uomini e divi, che pur partecipavano della natura immortale propria degli dei,ma le cui immagini erano generalmente poste accanto a quella delle divinità, in spazi più piccoli e meno visibili294.

292 G. De Sanctis, Spazio, in M. Bettini, W.M. Short (eds.), Con i Romani. Un'antropologia della cultura antica, Bologna 2014, pp. 143-165 (154).

293 H. Cancik, Rome as a sacred landscape, cit., pp250-265; J. Assmann, La memoria culturale, cit. pp. 33-34.

294 Cfr. S. Price, Rituals and Power, The Roman Imperial Cult in Asia Minor, Cambridge 1986, pp. 146-156. All'interno del Pantheon lo spazio riservato ai divi è situato ad un livello più basso rispetto a quello degli dei, rappresentando a condizione di inferiorità degli imperatori rispetto alle divinità tradizionali; altri esempi si hanno a La Magliana, a Nemi, a Pompei o a Lucus Feroniae; cfr. J. Scheid, Les espaces cultuels et leur interprétation, cit. ,pp. 424-432. Id, Religion et espace dans l'Antiquité: réalité et représentation in Les Espaces de l'homme, cit.,p. 271.

Gli spazi cultuali, di cui templi e santuari costituiscono un riferimento architettonico e strutturale fondamentale, sebbene non essenziale, rilevano di due piani diversi, quello fisico e quello concettuale. Come nota J. Stamper295:

the image Roman citizens had of the temples resulted from the inerplay between physical appereance and mental construct. Like all cities ancient Rome was a composite of the manifest and the imaginated, and any reading of its buildings and urban spaces must see them both as physical forms and as ancient political and religious symbols.

I fatti religiosi incidono in modo profondo sull'ordinamento spaziale romano. La nascita e l'espansione dell'Urbs erano incorporati nei suoi stessi culti e i 'miti' romani, se di miti si può parlare296, erano essenzialmente legati a luoghi che dominavano il paesaggio fisico e mentale dei

Romani, come il Capitolium, il tempio di Vesta, la capanna di Romolo - in epoca imperiale ancora intatta sul Palatino297 - l'Ara Maxima, sorta nel punto in cui Ercole stesso aveva ucciso Caco298.

La grande varietà di luoghi di culto, attraverso i quali gli dei e i concetti divini erano concretizzati e spazializzati, nella capitale come nelle aree periferiche, era segnalata da forme architettoniche simili, il cui modello è rintracciabile nel focus religioso e spaziale più importante dell’Urbs, il tempio di Giove Ottimo Massimo.

La posizione del Capitolium, posto sopra il foro romano ad est e aperto a sud sul Foro Holitorium e sul Foro Boarium, insieme alle dimensioni dell'area e alle caratteristiche architettoniche del tempio stesso, fa del sito il focus spaziale centrale e più alto della città, tale da sovrastare gli altri templi. Il tempio capitolino è fulcro di movimenti processionali centripeti e centrifughi di elevata rilevanza politica. Da esso partiva in epoca repubblicana la pompa circensis, che passava attraverso il foro, il

clivus capitolinus e lungo la via sacra, per arrivare infine al Circo Massimo299. Secondo un

movimento inverso procedeva invece la cerimonia trionfale accordata al generale vincitore, che salutato come imperator e come feretrius dal Campo Marzio entrava in città dalla Porta

295 J.W.Stamper, The Architecture of Roman Temple, xiii.

296 Molto si è scritto sull'assenza di una mitologia a Roma, in cui i miti sarebbero stati assenti o del tutto assorbiti dal carattere pervasivo del rito; alcune note, tese a rivedere almeno parzialmente queste posizioni si trovano ad esempio in Beard, North, Price, Religions of Rome, cit., pp. 171-174.

297 Dion. Hal. 1.79 298 Liv. 1.7; Strab. 5.3.3.

299 Dion. Hal. 7.72.1. Successivamente il percorso definito dalla pompa circensis fu soggetto a numerose modifiche, ad esempio con l'inclusione tra i luoghi di passaggio dei Fori Imperiali e del Campo Marzio; negli Atti dei fratelli arvali emerge che la processione potesse partire, in epoca imperiale, anche dal templum novum Divi Augusti; cfr. J. Scheid, Romulus et ses frères: Le collège des frères Arvales, modèle du culte public dans la Rome des empereurs , Roma 1990; P. Arena, The pompa circensis and the domus Augusta (1st -2nd c. A.D.), in O. Hekster, S. Schmidt Hofner, Ch. Witschel (eds.), Ritual Dynamics and Religious Change in the Roman Empire. Proceedings of the

Eighth Workshop of the International Network Impact of Empire (Heidelberg, July 5-7 2007) Leiden 2009, pp. 77-

Triumphalis, attraversava il Velabrum e il Circus Maximus, percorrendo la via Sacra e il Forum, fermandosi infine al tempio di Giove Capitolino300.

A partire dal Capitolium l’impronta di Iuppiter si irradiava su tutta la collina, in un'accumulazione di luoghi di culto dedicati al dio, posizionati il più vicino possibile alla loro “source of power301. Si

tratta d’altronde dell’edificio templare la cui auctoritas era maggiore, condizionando l’ideazione e la costruzione di innumerevoli edifici templari e capitolia nelle colonie302, nella disposizione a tre

celle chiuse, quella centrale di proprietà di Iuppiter, le laterali per Iuno e per Minerva, che del dio esprimono delle qualità fondamentali, rispettivamente la potenza sovrana e il saggio consiglio nonché la capacità intellettuale e pratica. A Roma è davanti alla cella di Minerva che si ergeva l'altare di Terminus a cielo aperto, mentre quello di Juventas era situato davanti alla cella di Iuno. Questa disposizione spaziale ben si confà d'altronde alla sfera propria di Iuppiter, la sovranità. Per tutta la durata dell'egemonia di Roma nel Mediterraneo, dall'inizio della Repubblica alla fine dell'Impero, il ruolo politico del dio traspare in modo evidente nelle trasformazioni urbane; a partire dal congiungimento tra Iuppiter Latiaris, - il cui santuario di culto federale ad Alba Longa testimonia dell'egemonia che questa doveva esercitare sugli altri centri della regione - e Iuppiter Capitolino, Roma diventa una città-cosmo, in cui le stesse strutture politiche, apparentemente inalterate, passarono in modo coerente ed organico dal governo della città al governo del mondo, sancendo una corrispondenza tra la‘ teologia civile’ di Iuppiter e lo sviluppo dell'ideologia politica.303

A Roma è sul forum, centro della vita politica e religiosa della città e dell'Impero, che questi due ambiti mostrano la loro intima connessione304. I forum era infatti sede di edifici di culto - dal tempio

di Vesta a quelli dedicati agli imperatori divinizzati, in età imperiale – ma ospitava anche edifici connessi alle cariche sacerdotali, come la regia e l'aedes delle Vestali, sia edifici 'politici', come la curia, sede del senato, e i rostri, entrambi templa, spazi che probabilmente non erano consacrati ma comunque ritualmente inaugurati305.

300 M. Beard, The Roman Triumph, Harvard 2009.

301 Sono attestati i culti di Iuppiter Africus, Iuppiter Feretrius, Iuppiter Pistor, Iuppiter Soter, Fides, Vediovis, a cui va aggiunto il tempio di Iuppiter Tonans in età augustea, di Iuppiter Depulsor in età claudiana e di Iuppiter Custos sotto Domiziano; M. Lipka, Roman Gods, cit., pp. 133-142; “ (…) the cluster of spatial foci of cults of Jovian hypostases on the Capitol is unlikely to be mere coincidence. In the same vein, we find three spatial foci of cults of Jovian hypostases of Fortuna in close vicinity to each other Fortuna Primigenia, Fortuna Publica Populi Romani Quiritum”.

302 In particolare secondo la ricostruzione di J. Stamper che ridimensiona il tempio alla grandezza di altri edifici templari come il tempio di Mars Ultor o il Partenone atenianese, cfr. J. Stamper, The Architecture of Roman Temple, Cambridge 2005, pp. 19-48.

303 J. Scheid, Pouvoir et religion à Rome, cit., p. 63.

304 Per quanto profonde fossero le connessioni a Roma tra ambito politico e ambito religioso i due piani rimangono separati, ciascuno con i propri operatori, magistrati e sacerdoti Cfr. J. Scheid, Religion et pieté à Rome, cit., pp. 75- 76.

L'organizzazione spaziale dei luoghi più significativi della città è infatti ritualmente definita, e di converso lo spazio, traducendo l'insieme delle relazioni con la sfera divina esplicitate dal rito, si costituisce come riferimento fondamentale delle rappresentazioni religiose306.

L'aspetto dei vari templi, pur nelle loro specificità, era piuttosto omogeneo, tanto da suggerire primariamente la funzione di separare dal punto di vista visivo l'architettura destinata al culto della divinità dall'architettura destinata agli uomini piuttosto che quella di esprimere le differenze esistenti tra i diversi concetti divini.

Per parlare di spazio rituale a Roma da un lato è dunque importante prendere in considerazione la strutturazione formale degli spazi rituali e degli spazi 'sacri', la loro configurazione e la loro gerarchizzazione, che costituiscono un elemento fondamentale delle rappresentazioni religiose e insieme politiche; dall'altro vanno analizzate le pratiche del ritualismo romano, come i sacrifici, le lustrazioni, le processioni che, nei modi e nei tempi del loro svolgimento, esplicitavano e traducevano in dati spaziali il pensiero religioso (che in ambito francese verrebbe detto théologie) e l'ordine gerarchico del mondo e della società così com'era concepito dai Romani.

La concretezza del ritualismo politeista romano concepiva infatti il rapporto con le divinità come strettamente ancorato al mondo terreno ma soprattutto al contesto civico, in un quadro in cui la relazione tra divinità e uomini era possibile solo in azioni rituali strettamente regolate e poste sotto la guida delle autorità della città. Ne è prova il fatto che l'“insediamento” di un dio fosse un atto pubblico, in cui il magistrato preposto dotava la divinità di una porzione di terra, provvedendo al suo mantenimento e dettando la legge del suo culto. Il fulcro del sistema religioso romano è dunque il cultus di dei, concepiti come concittadini e commensali307, cui corrisponde l'inserimento

profondo e capillare di templi ed edifici di culto nella topografia urbana di Roma. L'antica e diffusa presenza di luoghi religiosi, deputati al culto o all'offerta di sacrifici solennemente determinati, non potevano consentirne l'abbandono, che si sarebbe qualificato come nefas308.

Quella romana è quindi una cultura “profondamente spazializzata, incapsulata nei luoghi fisici e simbolici da cui essa ha avuto origine”309. I templi degli dei, i luoghi in cui essi erano soliti ricevere

305 Per i riti dell'inauguratio e della consecratio vd. infra. A partire dall'epoca augustea i senatori compivano un sacrificio a Victoria prima delle riunioni, su un altare situato all'ingresso della curia Iulia.

306 J. Scheid, Religion et espace dans l'Antiquité, cit., pp. 265–276 (273).

307 J. Scheid, Religion et pieté à Rome, cit. pp. 69-76; Les dieux sont en quelque sorte des citoyens. Ils habitent le

centre de Rome, sont proprietaires d'un lopin de terre avec une “habitation”, exécutent ponctuellement leurs devoirs àl'égard de a respublica, et participent à tous les actes publics. Id. La religion des Romains, cit., p.124; Id. Quand faire c'est croire, cit., p. 216.

308 Ne è esempio il discorso tenuto da Marco Furio Camillo nel 390 a.C. contro la proposta dei tribuni della plebe di abbandonare la città devastata dai Galli di Brenno. Secondo Livio il console avrebbe sottolineato come le condizioni di fondazione della città, avvenuta con la presa degli auspici e degli auguri (auspicato inauguratoque); Liv. 5.52.1-2. urbem auspicato inauguratoque conditam habemus; nullus locus in ea non religionum deorumque

est plenus.

i sacrifici, il suolo stesso della città, nell'ideologia romana, si costituivano dunque come fondamenta essenziali della fortuna della città. Il contatto tra gli uomini e gli dei a Roma veniva mediato in modi diversi, attraverso i riti sacrificali e quelli divinatori, ma anche con la costruzione di nuovi templi e con il mantenimento di quelli tradizionali. Nel corso del tempo infatti, a partire dalla fine dell'età repubblicana e in misura maggiore sotto il regno di Augusto, lo spazio pubblico di Roma venne trasformato da un numero crescente di templi, alcuni dei quali collocati in posizione di alta visibilità, nella funzione di segno tangibile della forza militare di Roma e dell’imperatore, ai successi del quale avevano contribuito in modo fondamentale le divinità, sia quelle tradizionali sia quelle recentemente acquisite. L'importanza della cura e del ripristino della bellezza e dell'imponenza dei templi tradizionali è ben visibile nel programma augusteo, teso a rappresentare, mediante iniziative di architettura religiosa, il suo legame con la città e con gli dei che lo proteggevano, in particolare Mars Ultor, Venus, Vesta, Apollo310.

D'altronde le fonti antiche rilevano che l'onnipresenza degli dei all'interno dell'Urbs riguarda lo spazio pubblico come lo spazio privato e domestico, e segue un criterio ben preciso, in cui ogni ogni azione viene infatti compiuta sotto la protezione di un dio e nel luogo a lui consacrato. Gli esempi possono essere molteplici: la violenza bellica, riconducibile alla sfera di Mars, non può esistere all'interno del pomerium, che rappresenta invece il dominio di Iuppiter, il luogo della vita civica, dove i magistrati esercitano le loro prerogative civili. L'epulum Iovis non può essere preparato che sul Campidoglio, né il fuoco di Vesta essere acceso altrove che nella sua aedes sul Palatino. Allo stesso modo la sfera della sessualità, sacra a Venere, non può collocarsi nei luoghi pubblici e aperti, ma solo nell'intimità di una stanza rischiarata da una lucerna, attributo proprio della dea.