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Gli aspetti sopra affrontati consentono di ribadire l’importanza dell’apparato percettivo e del corpo quali strumenti e modelli di conoscenza, implicati in modo sostanziale nella sfera rituale, tramite pratiche spaziali, concrete e concettuali, diverse e collaborative.

Per molto tempo in storia delle religioni le basi spaziali e corporee dell'espressione religiosa sono state in larga parte trascurate, nella ricerca di aspetti più propriamente “spirituali” o teorici e dottrinali, che costituiscono delle istanze fondamentali all’interno del sistema giudaico-cristiano. Tuttavia gli approcci teorici più recenti della embodied cognition e, per il mondo antico, della

sensory archaeology hanno avuto il pregio di mettere in rilievo il ruolo fondante del corpo umano e

dell'apparato sensoriale nella costruzione concettuale, culturale e religiosa del mondo, La la corporeità è coinvolta nell’efficacia del rituale determinando l'aspetto generale degli attori, l'abbigliamento, la posizione che questi assumono rispetto allo spazio e rispetto agli altri corpi, i gesti e le posture. Riconoscendo dunque il ruolo chiave di categorie scarsamente valorizzate, e che invece nella prospettiva che si viene qui costruendo possono costituirsi come tratti fondanti, il modo di concepire la sfera del “sacro” si è profondamente modificato143. Lungi dall’essere concepito come

141 G.R. Cardona, I sei lati del mondo, cit., pp. 34-35, e A. Rowley, La geografia riflessa nella lingua: avverbi di

direzione e di luogo nel dialetto tedesco della Valle del Fersina, in G.B. Pellegrini, M. Gretter, (eds.), La Valle del Fersina e le isole linguistiche di origine tedesca nel Trentino. Atti del convegno interdisciplinare (Sant'Orsola,1-3

settembre 1978) San Michele all'Adige 1979, pp. 53-68; la lingua dei mòcheni, comunità che discente da gruppi alto-bavaresi nel Trentino l'orientamento è individuato tramite tre assi, come prospettiva oggettiva a cui si aggiunge una prospettiva soggettiva, in cui il riferimento è l'osservatore o il maso (forma abitativa costituita da nucleo circondato da terre coltivate);le localizzazioni nello spazio sono così definite da 54 combinazioni tra avverbi e prefissi verbali.

142 J. Bastuji-Dervillez, Structures des relations spatiales dans quelques langues naturelles. Introduction à une théorie

sémantique, Genève 1982; Cfr. M.-L. Beffa, R. Hamayon, Spatial cases in Altaic languages, in« Suomalais-

Ugrilaisen Seuran Toiituksia» 158, 1977, pp. 49-58.

143 All'embodiment, inteso nel senso più ampio come attenzione al corpo, dedica un'intera sezione il recente testo edito da R. Raja e J. Rüpke, A companion to the Archaeology of Religion, Material Religion and the Ancient World, riconoscendo in esso un concetto centrale e un soggetto al quale studiosi di storia antica e archeologi storici delle

un'entità o una qualità intrinseca o indipendente, il “sacro” viene oggi interpretato interpretato in ambito antropologico come categoria relazionale, che partecipa di un sistema culturale più vasto e che dipende strettamente dai principi di categorizzazione di quest'ultimo, e dal rapporto con elementi spaziali e corporei144.

Alcuni argomenti significativi in questo senso affioravano già nell’opera, per altri versi datata, di Arnold Van Gennep, il quale suggeriva di vedere nelle transizioni spaziali un aspetto importante dei riti di passaggio, poneva l'attenzione sul carattere variabile, situazionale, dell'opposizione tra sacro e profano, che non si pone in termini antagonisti, ma piuttosto complementari e relazionali, in rapporto a situazioni spaziali e corporee145.

È però nei testi più conosciuti di Mary Douglas, Implicit Meanings (1978) e soprattutto Purity and

Danger (1989), che sono stati evidenziati elementi convincenti a sostegno di una visione che vede

un rapporto di analogia tra i sistemi religiosi, economici e politici creati da una società e le relazioni culturalmente codificate che si costruiscono tra le barriere interne ed esterne del corpo individuale e sociale146. In questo modo il corpo diventa modello per ogni sistema limitato.

In questa prospettiva, che trae linfa da un'impostazione funzionalista, un rilievo particolare assume il coinvolgimento nel costituirsi delle opposte categorie di “puro” e “impuro” di rituali che seppure in modo diverso coinvolgono in molte società la vita corporea, sessuale e riproduttiva, specialmente femminile, durante il ciclo mestruale, la gravidanza e il puerperio. In questi momenti la donna può essere allontanata o segregata, e ciò avviene in maggior misura in quelle società in cui è il corpo e il modello maschile ad essere valorizzato quale perno dell'ordine e della stabilità sociale, o cosmica147.

Inoltre, in riferimento agli atti e umori corporei suscettibili di rientrare nella categoria della “contaminazione” in quanto comportano il passaggio tra soglie corporali, assumerebbe rilevanza un rapporto analogico con le barriere e i limiti sociali, in una sorta di miniaturizzazione, nel corpo umano, di possibilità ma anche di rischi riferibili alla struttura sociale.

Se non può essere stabilita una pura e semplice equivalenza tra impurità e sangue, questo fluido corporeo, nelle diverse accezioni che lo coinvolgono (sessualità, nascita, morte) segnala a livello collettivo uno stato di transizione, e quindi di pericolo, dei confini o barriere sui quali si basa la vita

religioni hanno necessità di riferirsi per capire in modo più profondo e fine le società antiche.

144 Cfr. J.Z. Smith, To Take Place. Toward Theory in Ritual, Chigaco-London 1987; K. Knott, The Location of

Religion. A Spatial Analysis, cit.

145 A. Van Gennep, The Rites of Passage, London 1977 (1909), pp.12-13: Sacredness as an attribute is not absolute; it

is brought into play by the nature of particular situations. A man at home, in his tribe, lives in the secular realm; he moves into the realm of the sacred when he goes on a journey and finds himself a foreigner near a camp of strangers (…) Every woman, though congenitally impure, is sacred to all adult men; if she is pregnant, she also becomes sacred to all other women of the tribe except her close relatives; and these other women constitute in relation to her a profane world, which at the moment includes all children and adult men”,

146 M. Douglas, Natural Symbols. Exploration in Cosmology, London 1973; Ead., Purity and Danger. An analysis of

the concepts of pollution and taboo, London- New York 1966.

individuale e sociale148. Lungi dal voler ridurre la complessità della sfera religiosa a questo tipo di

istanze l’interesse dell’antropologia si concentra sulle modalità in cui essa è coinvolta in occasioni o eventi in cui sono implicati barriere e valori sociali centrali. Essi possono essere connessi a cambiamenti di diverso tipo: corporei (e in questo caso il corpo femminile, con il ciclo mestruale, la gravidanza e il parto è quello che rende tali cambiamenti più evidenti); di status (come il passaggio all'età adulta o il matrimonio) individuali o sociali/territoriali o anche temporali (differenziazione tra spazio abitato/non abitato, di caccia/proibito, pubblico/riservato alla divinità etc.).

Nella medesima direzione aperta dai lavori di Mary Douglas lo storico delle religioni finlandese Vikko Anttonen ha proposto di analizzare la sfera del sacro a partire da una sua forte connessione con le strutture del territorio e del corpo149. Per Anttonen l'importanza religiosa e sociale del corpo

umano e dello spazio territorializzato è basata in primo luogo sulla coestensività di questi due elementi come entità delimitate; in un gran numero di culture infatti il corpo umano e il territorio si trovano in una forte interazione simbolica, che secondo Anttonen si struttura su un sistema di corrispondenze tra 'interno ed esterno e tra visibile e non visibile150. Questa prospettiva trova un

appoggio sulla distinzione di David Herbst, che con la co-genetic logic ha proposto di comprendere gli oggetti come unità triadiche (object, boundary, context) strutturate in 'interno', 'esterno' e nella barriera di separazione tra i due, alla quale partecipa anche la conoscenza generata dalla mente umana151. Questo tipo di distinzione si costituisce, ancora, come una struttura primaria, in quanto si

applica al corpo umano, alle distinzioni spaziali alla società e al territorio da essa occupato.

In secondo luogo nella proposta di Anttonen coscienza corporea e coscienza territoriale sarebbero implicate nella formazione delle categorie concettuali, come quella del ‘sacro’, dalle quali dipendono anche le manifestazione religiose152. Si definisce in questo modo una concettualizzazione

del ‘sacro’ come una categoria relazionale di pensiero ed azione, che si realizza quando avviene un

148Vd. anche E. Leach, Culture and communication, cit., pp. 77-79.

149 V. Anttonen, Rethinking the Sacred: The notions of "human body" and "territory" in conceptualizing religion, in T. A. Idinopulos - E. A. Yonan, (eds.), The sacred and its scholars: Comparative religious methodologies for the study

of primary religious data. Leiden 1996, pp.36-64.

150 V. Anttonen, Rethinking the Sacred, cit., p. 42: “ the outside of the human body is continous with the inside of the territory; thay both are perceivable aspects of social life. The inside of the human body is continous with the outside of the territory: they borh are invisible.

151 D. Herbst, What happens when we make a distinction: an elementary introduction to co-genetic logic, in «Cybernetics and Human Knowing» 2, pp. 29-38.

152 Procedendo infatti ad un'analisi semantica e comparata del lessico finnico relativo al sacro - in particolare del termine pyhä che fa derivare dalla radice germanica *wiha, a sua volta derivata da una radice *vik con il significato di “separare”Anttonen mette in luce come il campo concettuale del “sacro” in ambito balto-finnico comprenda oggetti, persone, luoghi e fenomeni che vengono marcati e separati in virtù della loro importanza per la

crescita di cose dall'elevato valore culturale (come messi, persone). Inoltre, in questo quadro specifico, egli isola

l'elemento del fuoco che assume ruolo importante come sostanza trasformativa e marker simbolico, che esprime ritualmente il cambiamento. Quando la percezione delle barriere corporee cambia, tale cambiamento è codificato come eccezionale e ritualizzato. Sulla radice *vik cfr. W. Baekte, Das Heilige im Germanischen, Tubingen 1942; cfr. weihan “consacrare” e weihnan “essere consacrato” - che si rintraccia nel latino victima (l'animale sacrificale) la cui etimologia normalmente viene fatta risalire al verbo vincire (vincio) o vincere.

cambiamento nelle barriere nella classificazione di valore di categorie corporee, territoriali e temporali. Quando la percezione delle barriere e delle soglie territoriali e corporee muta, tale cambiamento è codificato come eccezionale e ritualizzato: ed è in questo senso che i sistemi culturali rispondono diversamente nei confronti del corpo maschile e di quello femminile, maggiormente soggetto a restrizioni di tipo sociale e sessuale legate in modo particolare alle occasioni di 'apertura' delle barriere corporee, come il ciclo mestruale, il travaglio e il parto153.

Si rientra così, in modo parzialmente nuovo, nella sfera della ‘liminalità’, cui si ricorre in letteratura antropologica come termine etico utile a categorizzare periodi e luoghi di trasformazione di barriere e categorie culturalmente significative, mentre il rituale ha il ruolo fondamentale di interagire con l'interno e l'esterno attraverso la definizione di confini/limiti e la creazione di spazi liminali e per produrre nuove connessioni tra loro154.

È evidente che gli spazi liminali, in cui sfere diverse si differenziano e compenetrano allo stesso tempo, non possono essere soggetti ad un’interpretazione globale che possa porsi come universalmente coerente e valida. Per ricordare uno degli esempi più significativi e frequentemente citati a proposito, nella cultura Maori un luogo come la latrina non è connesso al concetto di impurità, ma svolge un ruolo ritualmente significativo per la comunità. Luogo di scambio “concreto” tra interno ed esterno del corpo, esso segna il limite tra il mondo dei viventi e la sfera dei morti, rappresentando uno spazio rituale nel quale è possibile evocare l'aiuto di un defunto o espellere uno spirito indesiderato155. D’altronde le funzioni corporali di base e il sistema adatto a

regolarle e contenerle rientrano nella sfera religiosa anche in contesti geograficamente e storicamente molto lontani dall’area oceanica. Sappiamo infatti che nell’antica Roma l'importanza di una buona rete fognaria, essenziale per la salute pubblica, era suggellata a livello religioso dal culto reso a Cloacina, poi associata a Venere, cui era dedicato un sacello nel foro romano, a ovest della Basilica Emilia, connessa al verbo cluo, purificare156.

153 M. Douglas, Purity and Danger, cit., tali istanze sono indagate, in senso parzialmente differente da teoriche femministe come G. Jentzen, J. Kristeva, L. Irigaray.

154 Per Victor Turner il concetto di liminalità (liminality) si definisce come “a sacred condition protected against secularity by taboos and in turn prevented by them from disrupting secular order”, V. Turner, Dramas, Fields and

Metaphors. Symbolic Action in Human Society, Ithaca-London 1975, pp. 273-274. A proposito di spazi cultuali

ricorre al concetto di liminalità ad esempio Ton Derks, che affronta il problema dei luoghi di culto, come sistemi, nelle province romane e in particolar modo in Gallia; tale categoria serve a Derks per evocare soglie dal mondo visibile al mondo metafisico degli dei, soglie che non sono definite in termini assoluti ma piuttosto graduali. T. Derks, Gods, Temples and Ritual Practices. cit.

155 Cfr. G. Bateson, F.A. Hanson (eds.), Studies in Symbolism and cultural Communication, Kansas City 1982, pp. 74- 86.

156 Cfr. R. Schilling, La réligion romaine de Venus: depuis les origines jusqu'au temps d'Auguste, Paris 1954, pp. 210- 215. Antica dea della purificazione Cloacina è passata sotto l'influenza di Venus in virtù della pianta del mirto, sacra alla dea, che aveva proprietà lustrali; Venus veniva evocata anche per trasmettere l'ideale della concordia, nell'unione di romani e sabini, che si purificarono con mirto nel luogo dove ai tempi di Plinio si trovava la statua di Venere Cloacina; Plin.15.119.120.

Questi come diversi altri esempi che potrebbero essere evocati, permettono di dedurre come il corpo, quale apparato percettivo e funzionale, costituisca in modi non prevedibili ma soggetti alla variabile culturale un apparato simbolico, che nella ricerca storica e archeologica viene sovente ignorato o sottodimensionato.

Ciò è almeno in parte dovuto all'esiguità di fonti esplicite che connettano rito e corpo, facendo di quest'ultimo un indicatore fondamentale di significato, e ad una legittima cautela nei confronti di un'impostazione che, qualora riduca ogni manifestazione culturale al corpo, può apparire come una visione insieme superficiale e totalizzante. È noto infatti che sovente questo genere di istanze vengano ricondotte in modo frettoloso ai temi della sessualità e della fertilità, enfatizzati da una certa prospettiva storico-religiosa, che volentieri ha associato innumerevoli divinità femminili del Mediterraneo antico alla sfera riproduttiva e ai riti di fertilità - troppo facilmente considerate delle necessità religiose ancestrali e in qualche modo genuine - senza una sufficiente attenzione per il contesto cultuale.

Tali prospettive sono state di recente ridimensionate, a favore di letture meno suggestive ma maggiormente attente ai contesti e alla molteplicità di necessità ed esigenze, anche simboliche e religiose, di cui deve farsi carico una comunità.

Al di là delle applicazioni superficiali e approssimative delle istanze corporee, il simbolismo del corpo e la sua costruzione culturale e religiosa rimangono fondamentali indicatori da interrogare per la comprensione dei rituali in cui corpo e movimento corporeo sono referenti o protagonisti attivi, apportando nuovi contributi alla comprensione dei rituali e alla loro componente spaziale.