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Le riflessioni fin qui esposte, nel riassumere i contorni del dibattito sulla privatizzazione della sicurezza, toccano diversi temi, alcuni dei quali molto sensibili all’attenzione degli studiosi. Ad esempio, il tema del rispetto dei diritti umani da parte delle PMC risulta molto controverso, anche perché è difficile fornire una valutazione univoca sull’argomento data la molteplicità dei campi di intervento e dei

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Cfr. Peter W. Singer, Corporate Warriors, cit., p. 225.

L’outsourcing negli Stati Uniti riassume in sé tutte le contraddizioni del ricorso alla sicurezza privata da parte di un paese industrializzato: attirata dalla possibilità di guadagni superiori, una parte sempre maggiore di personale militare e di ufficiali chiede il pre-pensionamento, riciclandosi in PMC i cui organigrammi rivelano le presenze illustri di generali che ricoprivano le cariche di maggior prestigio nelle forze armate. A questo sistema di doppie carriere, detto della “revolving door”, si aggiunge la continua emorragia di personale appartenente a forze speciali che, particolarmente ricercato dalle PMC più specializzate, trova nel privato retribuzioni nettamente superiori. Tuttavia, i costi per la formazione altamente specialistica di questi soldati (centinaia di migliaia di dollari per addestrare la Delta Force o i Navy Seals, in un programma che richiede molti anni) sono stati affrontati dalla collettività: il sub- appalto, pertanto, risulta essere un meccanismo perverso che collettivizza i costi e privatizza i profitti. Infine, questo rivitalizzato apparato militar-industriale è sempre più determinante, con i suoi finanziamenti, per il destino politico di questo o quel candidato alle elezioni presidenziali, influenzando pesantemente la politica estera e alimentando immensi conflitti di interessi: si pensi al ruolo avuto da Dick Cheney, amministratore delegato della multinazionale di servizi petroliferi e di sicurezza Halliburton fino al 2000 e poi vicepresidente nell’amministrazione di Gorge W. Bush. Sull’ascesa politico-economica di Cheney, si veda Jason Leopold, Shady background of Dick Cheney’s Halliburton, chosen by Pentagon to extinguish Iraqi Oil Well Fires, Centre for Research on Globalis.ation, April 16, 2003 e Lee Drutman – Charlie Gray, “Halliburton, Dick Cheney, and wartime spoils”, Citizen Works, (www.citizenworks.org/corp/halliburton.php).

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servizi offerti dall’industria della sicurezza privata. Nel caso di EO, vi sono testimonianze di membri di organizzazioni umanitarie e osservatori che hanno parlato di violenze gratuite e bombardamenti indiscriminati sui civili; pare, inoltre, che la compagnia abbia utilizzato nella giungla armi non convenzionali o comunque vietate, come gli esplosivi incendiari29. In almeno un caso, tuttavia, l’impegno in una campagna umanitaria, ossia il recupero a favore dei bambini soldato, gestita congiuntamente ad altre organizzazioni, pubblicizzò positivamente i mercenari sudafricani e ne riscattò in parte il ruolo ambiguo: ancora oggi pare che sia molto controversa l’opinione dei sierraleonesi nei riguardi della compagnia, con alcuni pronti a rilevarne il carattere predatorio ed altri grati verso i servizi resi.

Altri affrontano invece dinamiche sistemiche più ampie, giungendo ad associare l’uso dei mercenari ad un incremento dell’insicurezza e della instabilità. Appare chiaro che le PMC, rafforzando gli apparati militari di regimi spesso autoritari, rischiano di aggravare i conflitti. La “domanda” dei servizi della sicurezza privata, come si è visto, non necessariamente penalizzerà le PMC che servono clienti “illegittimi”, in vista di una possibile segmentazione del mercato attraverso meccanismi di selezione avversa. L’offerta, al contrario, tenderà ad auto-perpetuarsi dal momento che le PMC, allo scopo di difendere e conquistare fette di mercato, introducono una serie di servizi e specializzazioni che amplificano la reale portata delle esigenze di sicurezza del cliente: dato che una minaccia, per sua natura, è qualcosa di indefinito, sarà sufficiente renderla più contingente della realtà effettiva per far sì che il “fornitore” modifichi le strategie di mercato del suo “prodotto”. La manipolazione delle questioni di sicurezza e delle decisioni al suo riguardo rientrano in logiche di mercato che spingono le PMC a mostrarsi non solo come fornitrici di servizi di sicurezza, ma anche esperte nel definire di quali servizi il cliente necessita30. Infine il continuo ricorso ai servizi della sicurezza privata genera due tipi di esternalità negative. Da un lato disincentiva i governi ad investire nei propri sistemi di sicurezza, alimentando un circolo vizioso di continua cessione ad agenti privati della prerogativa fondamentale dell’uso della forza; dall’altro garantisce un tipo di sicurezza a “formaggio svizzero”31. Pertanto, l’idea che la sicurezza sia un bene di mercato viene accettata, sicché è considerato “normale” far affidamento su attori privati. Evaporano i confini tra pubblico e privato, come evidenziato dalla

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Alex Vines, “Mercenaries, Human Rights, and Legality”, cit., pp. 188-193.

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Il concetto della domanda che si auto-genera è ben analizzato nei lavori di Anna Leander. Tra i più recenti, si veda “The Market for Force and Public Security: The Destabilizing Consequences of Private Military Companies”, Journal of Peace Research, Vol. 42, No. 5, 2005, pp. 602-622.

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“commercializzazione dell’intervento armato” e dalla trasformazione degli ufficiali in uomini d’affari. Se la sicurezza è un bene di mercato, poi, essa per definizione sarà alla portata di chi è disposto a pagarne il prezzo (“signori della guerra”, multinazionali straniere, agenzie umanitarie) e rimarrà una chimera per tutti gli altri – come lo fu per Ken Saro Wiwa e il Movement for the Survival of the Ogoni People (MOSOP) nella loro lotta contro la Shell. Queste dinamiche rappresentano il percorso uguale e contrario a quello che ha portato alla nascita dello stato: la sicurezza viene acquistata dall’esterno; viene meno il trade off tra rappresentanza e reclutamento, diritto alla sicurezza e doveri verso lo stato; la legittimazione esterna torna ad essere più importante di quella interna.

In definitiva, i limiti della sicurezza privata coincidono oggi con i limiti del discorso neo-liberale. Come la globalizzazione ha contribuito a limitare i diritti e abbassare la qualità della vita, allo stesso modo il mercato della forza riduce la qualità e l’estensione universale della sicurezza pubblica, nonché la legittimità di chi la garantisce. Queste dinamiche pertanto minano, e non sostengono, il consolidamento della sicurezza pubblica negli stati africani più deboli.

Capitolo V

Verso un sistema di sicurezza sub-regionale: il caso