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La forma assunta dalle PMC negli ultimi anni le distingue dalle precedenti tipologie ed impone una nuova classificazione che metta in luce con rigore analitico il ruolo degli attori militari privati negli affari internazionali.

Etichettare, infatti, semplicemente come “mercenarie” le nuove entità privatizzate nel campo della sicurezza non terrebbe conto di un fenomeno in realtà complesso e multiforme al cui interno co-esistono diverse tipologie di soldati privati. Secondo Shearer, se ne possono identificare cinque:

• Compagnie militari private indipendenti; • Compagnie come strumento di politica estera; • Compagnie di sicurezza;

Eserciti creati ad hoc; • Stati privatizzati47.

La prima, che si caratterizza per la natura corporativa e per la partecipazione diretta ai combattimenti, è rappresentata dalla sudafricana Executive Outcomes (EO) e dalla britannica Sandline International. Queste PMC hanno, secondo l’autore, un futuro limitato.

Al contrario le PMC come strumento di politica estera, non coinvolte direttamente nei combattimenti ma impegnate nella fornitura di esperti e consiglieri

45

Alex Vines, “Mercenaries and the Privatization of Security in Africa in the 1990s”, in Greg Mills e John Stremlau (eds.), op. cit., p. 47.

46

Questa espressione, Corporate Warriors, è stata coniata da Peter W. Singer.

47

David Shearer, “Private Military Force and Challenge for the Future”, Cambridge Review of International Affairs, Vol. XIII, No. 1, Autumn/ Winter 1999, pp. 80-94.

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militari, saranno sempre utilizzate nei conflitti a bassa intensità. A tal proposito, il successo avuto dalla statunitense Military Professional Resources Inc. (MPRI) sarebbe paradigmatico.

Le maggiori potenzialità di espansione - dal settore della protezione individuale e degli impianti di produzione al campo delle missioni umanitarie - sarebbero quelle delle compagnie di sicurezza come la britannica DSL.

Poi, gli eserciti ad hoc, temporanei, sono del tutto simili alle truppe mercenarie tradizionali, essendo più un insieme di individui raggruppati per scopi particolari (come i mercenari serbi che hanno combattuto nel 1997 a fianco a Mobutu nell’ex Zaire48) che un entità corporativa.

Per Shearer, anche gli Stati privatizzati, ovvero influenzati da attori esterni a tal punto da “affittare” la propria sicurezza a paesi limitrofi (come il caso della Repubblica Democratica del Congo dipendente dallo Zimbabwe) rientrerebbero nella tipologia suddetta. In verità, quest’ultima categoria può essere estesa fino ad inglobare tutti quegli stati il cui controllo sul proprio territorio e sulle proprie risorse risulta appannaggio di attori esterni, siano esse forze di interposizione (l’ECOMOG e la Liberia) o altri paesi.

Altre classificazioni49 hanno adottato criteri diversi per distinguere tra gruppi armati privati. Secondo questa ottica, la differenza principale tra le PMC e i mercenari post-coloniali si deve al fatto che le prime operano generalmente per governi di stati sovrani, mentre gli affreux sono gruppi armati al soldo di entità non statuali con finalità eversive. Da questo punto di vista le compagnie militari private sembrerebbero più simili alle compagnie di ventura dell’età moderna.

Parimenti, si è cercato di costruire una tipologia di chi fa ricorso agli eserciti privati. Attori armati non statuali, movimenti separatisti, signori della guerra, fazioni religiose, ricorrono più spesso ai mercenari tradizionali. Vada per tutti l’esempio del Revolutionary United Front (RUF) in Sierra Leone che negli anni novanta ha raccolto soldati prezzolati da ogni parte del globo. Governi assediati o in genere costretti a fronteggiare serie minacce alla propria sicurezza hanno preferito ricorrere alle PMC (come l’Angola che nel ’93 si è servita di EO). Anche ONG, organizzazioni internazionali e agenzie umanitarie hanno impiegato negli ultimi anni

48

Per un’attenta analisi degli aspetti militari di questa vicenda si veda Sean Boyne, “The White Legion: Mercenaries in Zaire”, Jane’s Intelligence Review, June 1997.

49

Damian Lilly, The Privatization of Security and Peacebuilding: A Framework for Action, London, International-Alert, 2000, pp. 8-10 e ss.

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compagnie di sicurezza private come la DSL al fine di garantire l’incolumità del proprio personale in regioni a rischio.

A questi tentativi di classificazione si aggiunge una più recente, quella di Singer50, che ha avuto parecchio credito. L’approccio si discosta dai precedenti che vertevano sulla differenza tra PMC “attive” e “passive” o sulla differenza tra PMC e

Private Security Companies, (PSC). La prima categorizzazione pecca sia dal punto di

vista teorico che analitico, in quanto il confine tra le attività di difesa “passiva” e un ruolo “attivo” possono facilmente sfumare: ad esempio, la difesa di infrastrutture può contemplare l’uso di armamenti per fermare possibili attacchi o garantire il pattugliamento di una zona. Lo stesso dicasi di aziende che si definiscono PSC ma che portano avanti operazioni militari. Inoltre, ugualmente datate appaiono le impostazioni che dividono tra PMC con personale armato e disarmato - specie in un’epoca in cui il warfare informatizzato si rivela altrettanto letale di un soldato che preme il classico grilletto – e quelle che dividono le compagnie tra “nazionali” ed “internazionali”: la capacità delle PMC di trasferire rapidamente le loro sedi da un paese ad un altro, o di rifondarsi sotto mentite spoglie eludendo ogni controllo, fa sì che una compagnia impegnata in un diverso numero di paesi, chiuda ufficialmente i battenti pur restando presente attraverso le sue associate.

Superando precedenti tentativi – come quelli sulla divisione tra assistenza militare privata ad uso interno ed esterno, o tra la difesa privata top-down e bottom-

up51 – Singer sostiene che la migliore classificazione dell’industria della sicurezza privata sia quella che parte dalla gamma dei servizi e dai livelli di forza che la PMC può mettere in campo. Questa classificazione, chiamata “a punta di lancia”52, divide l’industria in tre macro-unità, corrispondenti generalmente allo spazio nel campo di battaglia: PMC impegnate nel vero e proprio campo di battaglia; operanti all’interno del teatro; operanti in prossimità del teatro dei combattimenti. A questa divisione, corrispondono le tre categorie di Private Military Firm, (PMF) individuate da Singer:

1. PMF fornitrici di servizi militari, (Military Provider Firms); 2. PMF di consulenza, (Military Consulting Firms);

3. PMF di supporto logistico, (Military Support Firms).

Singer adotta la formula di firm, in luogo di company, al fine di meglio identificare le forme assunte dalla sicurezza privata negli Stati Uniti. In effetti, se company

50

Peter W. Singer, Corporate Warriors, cit., pp. 88 - 100.

51

Questa classificazione si deve a Robert Mandel. Vedi Robert Mandel, “The Privatization of Security”, Armed Forces & Society, Vol. 28, No. 1, Fall 2001, pp. 135 – 139.

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identifica l’esistenza di attori che si avvicinano alla tipologia delle compagnie coloniali del Seicento, ed in genere denota un approccio neo-colonialista, firm può essere tradotto come “gruppo economico” organizzato secondo linee aziendali gerarchiche con holding e conglomerati finanziari più ampi. Non a caso, nell’industria della sicurezza privata degli Stati Uniti oggi è ravvisabile, secondo molti osservatori, l’esistenza di un complesso militare-industriale ben più influente di quello che preoccupava il presidente Eisenhower negli anni cinquanta.

Tornando alla classificazione di Singer, PMC quali EO e Sandline International si posizionano nella prima categoria, in quanto sono in grado di svolgere sul campo di battaglia ruoli specifici di combattimento, a favore di stati dalla debole capacità militare e messi di fronte ad una minaccia immediata. Il servizio può prevedere la fornitura di “pacchetti integrati di sicurezza”, o più spesso la PMC agisce da “moltiplicatore di forza” a fianco dell’esercito regolare. Nel primo caso, il valore aggiunto dell’intervento risiede nella trasmissione alle forze armate del paese cliente (il più delle volte assolutamente sprovvisto in materia strategica) di un insieme di tecniche e competenze direttamente utilizzabili sul campo di battaglia. Anche nel secondo caso, la vera finalità dello spiegamento di forze a fianco dello stato assistito è quella di mostrargli l’efficacia delle tecniche di valutazione, gestione e coordinamento del campo di guerra. Come si vedrà più avanti, in questa tipologia, la più diffusa nell’Africa sub-sahariana e la più controversa, rientrano gli interventi ben noti di EO in Angola e in Sierra Leone, rispettivamente nel 1993 e nel 1995. Appare evidente come molte PMC di questo tipo neghino il coinvolgimento diretto nei combattimenti, dichiarandosi piuttosto fornitrici di consiglieri militari.

Questi ultimi rientrano nella seconda categoria identificata da Singer, quella di military consulting firms, che, fornendo principalmente analisi strategica, operativa ed organizzativa, mirano a ristrutturare le forze armate dello stato cliente, solitamente con competenze in materia di warfare tecnologico. Identificato un problema, la PMC fornisce gli elementi per risolverlo. Levdan, Vinnell e MPRI53

53

Paradigmatico di questa tipologia viene considerato l’intervento della MPRI in Croazia nel 1995, avvenuto a ridosso delle operazioni militari denominate “Lampo” e “Tempesta” con cui l’esercito croato riconquistò i territori sottratti in precedenza dai serbi. La rapidità e l’efficacia delle operazioni – qualità estranee allo sbandato esercito croato – convinsero molti osservatori dell’esistenza di un piano di addestramenti ed assistenza stranieri. L’operazione sollevò parecchie critiche, in quanto sembrò violare l’embargo sulla vendita di armi previsto della Risoluzione N. 713 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e spinse l’esercito croato a compiere la prima pulizia etnica del sanguinoso conflitto: centinaia di civili serbi furono uccisi, le loro case saccheggiate e i loro beni depredati. Per un resoconto dell’operazione “Tempesta”, si veda Giacomo Scotti, Croazia, Operazione Tempesta. La “liberazione” della Krajina ed il genocidio del popolo serbo, Roma, Gamberetti Editrice, 1996.

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rientrano in questa categoria, che si distingue per politiche di brand marketing: al marchio di una PMC, specie se statunitense e riconosciuta come altamente specializzata in materia, viene associato il top del servizio che un cliente può desiderare. Di solito, queste società di consulenza militare si muovono in un mercato complesso, e tendono a fornire un insieme di informazioni e conoscenze che necessitano sempre di ulteriori aggiornamenti, generando una sorta di dipendenza nel cliente. Le raccomandazioni impartite hanno l’obbiettivo di standardizzare le forze armate secondo canoni prettamente occidentali, specie se si tratta di paesi che si apprestano ad entrare nella NATO54. Questo è stato lo schema generale seguito anche da MPRI in Angola, pur fra tante difficoltà: fino al 1998, infatti, questo contratto non era ancora ufficiale a causa di numerosi ostacoli di carattere politico e divergenze tra americani ed angolani sul comportamento da tenere nei confronti del miliziani della

União Nacional para a Independência Total de Angola (UNITA). Se da un lato

Washington (specialmente i repubblicani al Congresso) chiedeva l’integrazione all’interno delle Forças Armadas Angolanas (FAA) dei guerriglieri di Jonas Savimbi, in nome della vecchia alleanza maturata durante la guerra fredda, dall’altro MPRI si mostrava insofferente a queste limitazioni di carattere politico e non faceva mistero di voler assicurare anzitutto la protezione delle aree di maggior interesse economico, come il bacino petrolifero di Soyo55. Luanda, invece, era interessata ai La MPRI, gestita da alti ufficiali in pensione delle forze armate statunitensi, è ben inserita negli ambienti del Dipartimento di Stato tanto da venirne considerata come uno strumento di politica estera. La compagnia opera anche in Africa: in Angola, a partire dal 1995, ha scalzato EO, aggiudicandosi un contratto di 60 milioni di dollari per l’addestramento alle Forze Armate Angolane (FAA). Inoltre, la PMC gioca un ruolo chiave nella realizzazione di programmi di addestramento nazionali ed internazionali sotto l’egida del Dipartimento di Difesa – come l’International Military and Education Training Program (IMET) destinato ad ufficiali stranieri- nonché del programma di assistenza delle forze armate africane noto come ACRI (African Crisis Response Iniziative), del quale hanno beneficato a partire dal 1998 Benin, Ghana, Malawi, Mali, Senegal, Uganda e Costa d'Avorio.

La letteratura sulla MPRI è assai ricca. Si possono ricordare: Jakkie Cilliers – Ian Douglas, “The military as business – Military Professional Resources, Incorporated”, in Jakkie Cilliers – Peggy Mason (eds.), Peace, Profit, or Plunder? The Privatisation of Security in War-Torn African Societies, Pretoria, Institute for Security Studies, Halfway House – Ottawa, Canadian Council for International Peace and Security, 1999, pp. 111 - 122; Yves Goulet, “MPRI: Washington's freelance advisors”, Jane's Intelligence Review, July 1998; David Shearer, Private Armies and Military Intervention, London, International Institute for Strategic Studies, Adelphi Paper, N. 316, February 1998; Ken Silverstein, “Privatizing War”, The Nation, 28 July - 4 August 1997 e Private Warriors, London, Verso, 2000.

54

L’allargamento del Patto Atlantico ai Paesi dell’est ha costituito un business notevole per molte società di consulenza americane. La Cubic, ad esempio, ha assistito la ristrutturazione delle forze armate ungheresi durante l’entrata di Budapest nella NATO. Cfr. Deborah Avant, “Privatizing Military Training”, Foreign Policy in Focus, Vol. 7, No. 6, May 2002.

55

La regione di Soyo si trova nel Nord-Ovest del paese, non lontano dalla exclave di Cabinda, separata dall'Angola dall'estuario del fiume Congo e da una striscia di terra che appartiene alla Repubblica Democratica del Congo. Contesa da alcuni gruppi separatisti e ricca di giacimenti petroliferi, la zona di Cabinda è sorvegliata dalla PMC statunitense Airscan che sotto il comando dell'ex brigadiere generale Joe Stringham (noto per aver comandato operazioni coperte in El Salvador durante la guerra civile

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vantaggi politico-economici con ambienti statunitensi, derivanti dall’assistenza della PMC di Washington, piuttosto che ai reali benefici dell’addestramento, concepito su schemi occidentali e per questo ritenuto troppo lontano dalle esigenze di un esercito africano.

L’ultima tipologia della industria privata identificata da Singer è quella delle PMC di supporto logistico come Brown & Root Services, (BRS) e Science Application International Company, (SAIC) impegnate nell’assistenza “non letale”, nella fornitura di materiali, nei trasporti, nell’intelligence, etc. Si tratta di mansioni definite secondarie o non-core appartenute originariamente al personale militare e che in seguito alle politiche neo-liberiste di ristrutturazione delle forze armate sono state sub-appaltate ad attori privati allo scopo di comprimere i costi. Alla luce di eserciti sempre più professionali, inoltre, queste attività di supporto – che vanno dal lavaggio delle tute al mantenimento delle basi militari all’estero, alla fornitura dei pasti – delegate ai privati consentono ai soldati di concentrarsi maggiormente sul combattimento.

Occorre puntualizzare che questa tipologia di industria è la più fiorente delle tre negli Stati Uniti. Tuttavia nell’Africa sub-sahariana, l’assenza di eserciti professionali e specializzati, nonché di campagne militari all’estero (se si esclude il conflitto inter-statale nella regione dei Grandi Laghi dal 1998 al 2002) non giustificano la presenza di queste compagnie che, generalmente, sono di origine occidentale. Se l’esercito americano, britannico, francese, canadese, australiano hanno delegato la logistica e il trasporto delle truppe a privati, lo stesso non può dirsi per gli eserciti africani. Nell’Africa sub-sahariana queste PMC trovano clienti in alcuni stati, ma anche in eserciti multi-nazionali di peacekeeping, e in grosse agenzie umanitarie – come si è visto - per le attività di sminamento. Piloti di aerei ed elicotteri dell’ex Unione Sovietica hanno assistito gli eserciti dell’Etiopia e dell’Eritrea durante la sanguinosa guerra che li ha opposti, mentre Hart Group ha pattugliato le coste dell’auto-proclamato stato del Puntland. Due PMC americane, la Pacific Architechts & Ingeneers (PAE) e la International Charter, Inc. of Oregon (ICI), hanno fornito velivoli e logistica all’ECOMOG impegnato nella guerra civile in Liberia56. In Sierra Leone, la Croce Rossa internazionale e la ONG statunitense World Vision hanno affidato la protezione del personale e delle strutture a Lifeguard, degli anni '80), garantisce la sicurezza di molte istallazioni petrolifere di proprietà statunitense. Secondo alcune voci non confermate la MPRI sarebbe in azione già da tempo in Angola, avendo sub- contrattato operazioni di sicurezza proprio alla Airscan. Cfr. Yves Goulet, “MPRI”, cit., p. 42 e David Shearer, Private Armies, cit.

56

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PMC gravitante nell’orbita di EO, e persino il World Wildlife Fund (WWF) ha ricevuto un’offerta dalla Saracen per combattere il bracconaggio che in Congo minaccia di estinzione il rinoceronte bianco57.

Se questi sono solo alcuni esempi della presenza dell’industria militare di logistica in Africa, il ruolo assunto da queste società negli Stati Uniti è tale da alimentare un crescente dibattito.

57

Deborah Avant, The Market for Force: Exploring the Privatization of Military Services, Paper prepared for discussion at the Council on Foreign Relations Study Group on “Arms Trade and The Transnazionalization of the Defense Industry: Economic versus Security Drivers”, 1999, p. 1.

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Classificazione proposta da Robert Mandel

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“Tip-of-the-spear” Tipology

Fonte: Peter W. Singer, Corporate Warriors, cit., p. 93. Military Provider Firms Military Consultant Firms Military Support Firms

FRONTLINE

Implementation/Command

(Sandline International, EO)

Advisory and Training

(MPRI, Vinnell, Dyncorp)

Non-Lethal Aid and Assistance (BRS, SAIC)

B

A

T

T

L

E

S

P

A

C

E

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“Prendi un’arma e viaggerai”

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: origini e caratteristiche di EO

Se quanto fin qui esposto mostra la difficoltà di raggiungere sistemazioni definitive in un quadro caratterizzato da molteplici differenze e sfumature, una indagine dettagliata di una delle più note PMC può essere utile ai fini della comprensione del fenomeno.

All’interno macro-area dell’industria della sicurezza privata, è utile di focalizzarsi sulle PMC fornitrici di servizi militari operanti nell’Africa sub-sahariana, e nella fattispecie sulla più celebre di queste, ossia EO. Infatti, è proprio in alternativa a questa tipologia di intervento che oggi vengono formulate le nuove opzioni di peacekeeping a carattere regionale che verranno analizzate nella seconda parte del lavoro.

I tratti caratteristici di EO59 – compagnia sulla quali è ormai disponibile una vasta letteratura, anche in italiano - vengono solitamente descritti ai fini di comprendere il reale background delle PMC africane old-style.

Dalla particolare organizzazione del suo arsenale militare alla fitta rete di affiliazioni a corporazioni e multinazionali - solo due dei suoi tratti tipici - l'organizzazione ha rappresentato l'esempio più compiuto di compagnia mercenaria. Oltre a fornire un ampio spettro di servizi analoghi a quelli di altre PMC (addestramento, professionalizzazione delle forze armate, modelli organizzativi), EO risulta quella che più si avvicina alla tipologia della banda di combattenti eventualmente disposta a partecipare in maniera attiva alle operazioni sul campo.

A causa della riservatezza e della scarsa trasparenza, soprattutto in materia di rilevamenti fiscali aspetti legali e ramificazioni finanziarie, non sempre risulta agevole un'esauriente trattazione delle caratteristiche e dell'operato di EO. Ciò ha contribuito a sollevare diffidenze e sospetti nei confronti delle sue attività e dei nuovi eserciti privati in genere, nonché dei rischi connessi al loro dispiegamento.

La genesi di EO e le sue caratteristiche sono strettamente legate alla storia recente della Repubblica Sudafricana e al ruolo ricoperto da questo paese nell'Africa sub-sahariana e nella comunità internazionale fino agli anni novanta.

A partire dalla metà degli anni settanta, l'importanza strategica acquisita dall'Africa australe nell'equilibrio tra le superpotenze diede un ruolo non secondario

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Il motto di Executive Outcomes. Il logo della compagnia riprende invece scene di audacia militare e rappresenta le gesta di un cavaliere medievale che aizza il cavallo di un re fino al suo disarcionamento. Cfr. Alan Rake, “Dangerous Dogs of War”, New African, November 1995, p. 10 e Adam Zagorin, “Soldiers for Sale”, Time, 26 May 1997, p. 44.

59

La vasta bibliografia su EO è stata raccolta in una guida: Robert J. Bunker - Steven F. Marin (eds.), Executive Outcomes: Mercenary Corporation OSINT Guide, July 1999

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al regime di segregazione razziale dell’apartheid, impegnato a fronteggiare, per conto dell'Occidente, l'espansionismo sovietico in Angola e in Mozambico e i movimenti di liberazione nazionale nell'ex Rhodesia del Sud.

Alla luce dei mutamenti intercorsi in quest'area, la politica estera di Pretoria ebbe in quegli anni tre obiettivi fondamentali: spingere Angola e Mozambico neo- indipendenti in uno stato di perenne instabilità tale da impedire loro di minacciare l'egemonia sudafricana nella regione; sabotare e distruggere le linee di comunicazione e di trasporto tra questi paesi e quelli limitrofi, al fine di assicurarsi il transito sul proprio territorio delle merci e del commercio; dissuadere Luanda e Maputo dal fornire appoggio all' African National Congress (ANC) che, a quel tempo illegale, operava proprio da basi in Angola e Mozambico.

Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Repubblica Sudafricana istituì una fitta rete di unità militari speciali, di corpi scelti e di uffici e centrali di intelligence che spesso operavano nella più totale segretezza60, di solito in missioni ad alto rischio nei paesi vicini o più spesso in omicidi selettivi ai danni di militanti e