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Libere compagnie, condottieri, soldati di fortuna e compagnie commercial

Prima dell’avvento del moderno Stato-nazione e dello svilupparsi di una opinione comune secondo cui l’arruolamento e l’uso dei mercenari erano considerati disdicevoli, sembrò logico e onorevole che il soldato professionista combattesse, mentre il normale cittadino se ne stesse a casa. Dall’antica Cartagine, i cui eserciti

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Michael Rostovzev, Storia sociale ed economica del mondo ellenistico, Vol. III, trad. it., Firenze, La Nuova Italia, 1981, p. 297.

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Idem, passim.

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erano costituiti interamente da mercenari, a Venezia, che impediva ai suoi cittadini di prestare servizio nelle forze armate, sia come soldati che come ufficiali, la definizione del mercenario come soldat qui sert à prix d’argent un gouvernement

étranger8 non costituiva scandalo alcuno.

Date queste premesse, una storia dei mercenari finisce per essere una storia delle guerre durante i diversi periodi storici e, piuttosto che fornire classificazioni necessariamente limitate, è più importante sottolineare le analogie esistenti nelle forme in cui il fenomeno si è ripetuto. Pertanto, risulta illuminante il parallelismo tra le compagnie militari private odierne e il soldato di fortuna, il cui istituto fiorì particolarmente nel XVII e XVIII secolo, nonché l’accostamento delle prime con le libere compagnie del medioevo e, più tardi, con i condottieri rinascimentali.

Bande di soldati professionisti, spesso disperse ma temporaneamente unite, con capi di forte personalità, combattenti per la paga e per il bottino, ma non del tutto indifferenti al richiamo dell’onore e della legalità, le libere compagnie hanno inizio in Francia con il declinare del feudalesimo. La loro origine si deve all’esigenza di ovviare alla crescente inadeguatezza del sistema militare medievale, basato sull’obbligo della prestazione del servizio da parte del cavaliere in cambio del feudo concessogli dal principe. L’esistenza di complessi obblighi contrattuali e la minuzia che caratterizzava ogni clausola avevano forti ripercussioni sulla reale efficienza di questi eserciti di cavalieri e in pratica accadde che il sistema militare feudale rapidamente lasciò il posto a quello dei semi-mercenari. Un primo indizio in tal senso fu l’introduzione nel 1159, da parte di Enrico II il Plantageneto, dello

scutagium9, ovvero una somma di denaro che il cavaliere pagava in cambio

dell’obbligo di prestare servizio per un certo numero di giorni l’anno.

E’ durante la Guerra dei Cento Anni (1337-1453) – e nella fattispecie in seguito al Trattato di Bretigny (1360) - che nascono in Francia le prime libere compagnie. La cessazione delle ostilità ed i trattati di pace impedivano ai cadetti senza feudi, che vivevano esclusivamente di guerra, di continuare la propria

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Anthony Mockler, I mercenari, trad. it. Milano, Club degli editori, 1972, p. 30.

La definizione tradizionale - secondo cui la natura retribuita del servizio militare offerto è sufficiente a indicare la professione mercenaria – non è universalmente accettata. Effettivamente, la storiografia non ha mai considerato mercenari i volontari delle Brigate Internazionali che combatterono nella guerra civile spagnola. Essi, anche se pagati, erano mossi in primo luogo dall’antifascismo e da ideali di libertà. Una causa, dunque, permanente e non un servizio temporaneo offerto ad una parte in combattimento. Come si vedrà più avanti, la confusione terminologica, oggi alimentata dall’emergere delle compagnie militari private, persiste soprattutto nel campo del diritto internazionale ed è dovuta ad una giurisprudenza lacunosa in materia. Idem, p. 17 e Janice E. Thomson, Mercenaries, Pirates, and Sovereigns. State-building and Extraterritorial Violence in Early Modern Europe, Princeton, (N.J.), Princeton University Press, 1994, p. 27.

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esistenza, e fu così che gruppi di cavalieri e di soldati professionisti si riunirono in formazioni di “liberi compagni”.

Questi, che non erano nobili e difficilmente avrebbero potuto conquistarsi un rispettabile posto nella società, grazie alla guerra ottenevano onori e ricchezze. Vivendo di saccheggi, dei guadagni provenienti dalla “protezione” dei villaggi e delle città e soprattutto del pagamento di riscatti, essi, quando sopraggiungeva la pace, vedevano il loro status improvvisamente mutare in quello di banditi.

Benché fossero sorte sulle ceneri del feudalesimo, queste compagnie i ne rimanevano profondamente condizionate. Esse infatti non furono mai realmente “libere”, e i rapporti tra capitani e ordinari “compagni” erano molto simili a quelle che il barone feudale intratteneva con i suoi vassalli10. Solo quando le compagnie si trasferiscono in Italia11 ed entrano in contatto con una società non feudale, raggiungono la forza e la capacità di influenza paragonabile a quelle di una città di medie dimensioni, e la loro straordinaria mobilità le trasforma in un attore politico militare di grande importanza nell’età delle Signorie.

La nota frammentazione dell’autorità politica nell’Italia rinascimentale è uno dei fattori che rese il ricorso all’uso della forza per mezzo di soldati prezzolati e “condottieri” sempre più frequente ed istituzionalizzato. Il titolo di condottiero ha origine dalla funzione di quest’ultimo di capitano mercenario, che firmava una “condotta”12, cioè un contratto scritto con un principe o con una città per l’affitto di truppe mercenarie. L’atto, che specificava durata e termini del servizio, numero degli uomini e paga, era analogo a quello che, con il nome di “corsa”, disciplinava il rapporto tra le azioni di un corsaro e l’autorità politica che era considerata responsabile per i suoi atti13. A differenza delle regole che informavano il

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Idem, pp. 25 e 37.

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Esemplare il caso di John Hawkwood, capitano di ventura inglese noto in Italia come Giovanni Acuto. Al servizio di Edoardo III di Inghilterra nel corso della Guerra dei Cento Anni, operò poi in Italia per conto di Pisa, del Papa e dei Fiorentini fino al 1394, quando morì in tarda età – unico tra quelli del suo mestiere – onorato e rispettato.

Interessante è anche la figura di Giovanni delle Bande Nere, figlio di Giovanni de’ Medici e di Caterina Sforza, che militò al servizio di Leone X (alla cui morte fece assumere dai soldati le insegne a lutto da cui derivò il nome) e poi nelle truppe italiane della Lega di Cognac contro l’imperatore Carlo V. A questo capitano di ventura, morto a 28 anni in seguito a una ferita da archibugio, il regista Ermanno Olmi ha dedicato nel 2001 la pellicola Il mestiere delle armi. Alla morte del condottiero, si cercò di bandire le armi da fuoco perché considerate non adatte a un combattimento tra gentiluomini. Cfr. Francesco Vignarca, Li chiamano ancora mercenari. La privatizzazione degli eserciti nell’era della guerra globale, Milano, Consorzio Altra Economia – Piacenza, Editrice Berti, 2004, p. 174 n.

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Anthony Mockler, op. cit., p. 42.

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In realtà, i rapporti tra un’autorità (ad esempio l’Inghilterra del ‘500) e le pratiche corsare si basavano su un’ambiguità di fondo per cui lo stato faceva propri i successi delle operazioni piratesche, mentre era pronto a negare ogni coinvolgimento in tutti i casi in cui i propri corsari rischiassero di scatenare conflitti con altri stati.

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comportamento con le libere compagnie in Francia, le relazioni tra il condottiero e il suo datore di lavoro si riducevano puramente ad una questione di affari. Man mano che le condotte divennero più formali, lo statuto del condottiero si trasformò da quello di capo militare in servizio temporaneo a quello di leader di una potenza indipendente in temporanea alleanza. A partire dal 1400, il mercato degli eserciti privati diventerà la più fiorente attività in Italia e in Europa. Tutto ciò, però, non metteva i condottieri al riparo dai repentini voltafaccia dei loro committenti, quasi sempre i loro carnefici, come il caso di Fra’ Moriale, Giampaolo Baglione e del più noto Conte di Carmagnola di manzoniana memoria14.

Anche quando la frammentazione tipica dell’età delle Signorie lasciò il posto ai grandi imperi in buona parte dell’Europa continentale, gli eserciti nazionali che si scontrarono fino alla Rivoluzione Francese continuarono ad essere “multinazionali”.

La decisione di integrare mercenari stranieri all’interno degli eserciti nazionali o di acquistare reparti militari da altri governanti fu presa per la prima volta da Carlo VII di Francia nel 1445. Tuttavia, le origini del mercato europeo dei mercenari vanno ricercate nella necessità dei governanti di supplire alle restrizioni imposte dal sistema feudale che non obbligava i cavalieri a combattere all’estero per il proprio signore. Se nella Francia pre-rivoluzionaria la proporzione degli stranieri all’interno dell’esercito si aggirava attorno al 25%, in Prussia, nello stesso periodo, sfiorava il 70%. Federico il Grande reclutava da tutto il Sacro Romano Impero, i francesi dispiegavano valloni, italiani e spagnoli, mentre gli olandesi erano sia fruitori che fornitori di truppe mercenarie. Gli inglesi poi, una nazione di commercianti, combattevano le guerre solo a un patto: impiegare olandesi o prussiani, razze ben più adatte di quella inglese alla dura e volgare pratica della guerra. Vale la pena ricordare che durante la Guerra d’Indipendenza Americana i britannici utilizzarono truppe germaniche dell’Assia-Cassel, la cui avventura si A differenza dei pirati, i corsari ricevevano il placet dei propri sovrani ed erano insieme strumento militare e di pressione politica. In Inghilterra erano addirittura “ausiliari” della Marina, ma presto – e i rapporti della regina Elisabetta con i Sea Dogs come Drake, Cavendish e Raleigh ne erano testimonianza – i confini tra atti corsari e mera pirateria si fecero blandi, come la differenza tra gli atti che venivano compiuti in tempo di pace e quelli in tempo di guerra. Cfr. Janice E. Thomson, op. cit., pp. 22-23.

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Francesco da Bussone (1380-1432), detto il Carmagnola, fu un condottiero al soldo di Facino Cane. Spregiudicato e ambizioso, non ebbe scrupoli a eseguire ogni criminoso mandato ordinatogli dai Visconti di Milano per cui combatteva, e a passare successivamente al soldo di Venezia nel marzo 1425. Nel dicembre dello stesso anno, quando scoppiò la guerra tra Venezia e Milano, il Carmagnola si distinse nelle vicende alterne, sia per le sue doti di condottiero che per quelle di diplomatico: nella seconda fase della guerra vinse la battaglia di Maclodio (12 ottobre 1427). Dopo la vittoria, sempre più forti si fecero le voci di suoi rapporti segreti con Filippo Maria Visconti. Sicché, alla fine, il 29 marzo 1432, il Carmagnola, una volta arrestato dai veneziani, venne condannato a morte dopo un processo delle cui fasi conosciamo pochissimo e in cui il Carmagnola avrebbe confessato il suo tradimento.

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concluse in una deplorevole resa ai soldati di George Washington. Dei trentamila che combatterono quella guerra, tredicimila non fecero ritorno in Europa.

Pertanto, il reclutamento di stranieri e la possibilità concessa agli individui di unirsi alle forze armate di altri stati furono pratiche comuni dal 1600 al 1800. In questo periodo, tutti i governi europei ricorsero al mercenariato e il mercato di uomini d’armi fu un’attività economica “globalizzata”. La professionalità degli ufficiali, l’indigenza dei soldati, l’assenza di regole certe e gli interessi economici dei governanti determinavano ruoli, modalità e luoghi di ingaggio da parte di élites politiche del tutto indifferenti alla provenienza di questi soldati di fortuna.

A partire dal 1600, e in genere dopo l’epoca delle grandi scoperte geografiche, una nascente commistione di interessi politici ed ingenti interessi economici trovò nella sicurezza privata un’importante affermazione. Si tratta delle compagnie commerciali privilegiate cui viene affidato per conto dello stato il monopolio del commercio su una determinata area. Le Compagnie delle Indie, inglese ed olandese, rappresentavano istituzioni nelle quali i confini tra politica ed economia, stato e privato, diritti di proprietà e diritti di sovranità sfumavano15. Con la possibilità di fare la guerra o la pace, amministrare la giustizia, fondare colonie, mantenere flotte ed eserciti e battere moneta, le compagnie costituivano forme di potere non-statale, ma capaci di assimilarne le prerogative a fine di profitto e sfruttamento commerciale. Appare chiaro come sia invalso stabilire analogie tra questa particolare epoca storica e l’odierna penetrazione commerciale in Africa portata avanti da aziende multinazionali sempre più spesso affiancate da PMC, di cui condividono reti finanziarie e d’affari. Se si aggiunge che, parallelamente alla crescita delle compagnie commerciali, collassavano nelle Indie le strutture di potere tradizionali, incapaci di fronteggiare la superiorità della tecnica in possesso agli europei, risulta evidente il parallelismo con la reiterata Scramble for Africa portata avanti dalle PMC occidentali in una realtà di instabilità ed arretratezza.

L’età del nazionalismo, dell’imperialismo, delle guerre mondiali e della decolonizzazione avrebbero costituito una inversione di rotta nella concezione di ruolo pubblico e privato da un lato, e uso della forza dall’altro, giungendo a

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Idem, pp. 27 – 32.

Un interessante parallelismo tra l’epoca delle grandi compagnie commerciali dell’età moderna e le odierne PMC è in Carlos Ortiz, Embryonic Multinational Corporations and Private Military Companies in the Expansion of the Early-Modern Overseas Charter System, Paper prepared for the 47th Annual ISA Convention: “The North-South Divide and International Studies”, San Diego, 22-25 March 2006.

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considerare fuori dal tempo e fuor di senso qualsiasi tentativo di togliere allo stato- nazione il monopolio della violenza legale.