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Condizioni per l’efficacia delle politiche territoriali: il progetto territoriale

Gianluca Brunori, Laura Fastelli, Massimo Rova

10. Condizioni per l’efficacia delle politiche territoriali: il progetto territoriale

Il successo delle politiche di conservazione/valorizzazione del paesag- gio rurale è legato alla capacità del decisore pubblico di creare coerenza all’interno di un territorio; ciò significa garantire un adeguato livello di condivisione delle conoscenze e dei valori legati al paesaggio, quale premessa necessaria per arrivare al coordinamento delle azioni, e una coerenza tra pratiche diverse.

Per garantire un efficace coordinamento intorno ad una visione stra- tegica comune, sono necessari strumenti di pianificazione adeguati e, non a caso, l’Unione Europea, a partire dal secondo ciclo di program- mazione dello sviluppo rurale, ha enfatizzato la dimensione strategica dell’intervento.

Su quest’aspetto è difficile non rilevare ritardi e incongruenze, co- me peraltro la stessa relazione di valutazione del programma PSR 2000- 2006 ha messo in luce.17 La ragione principale di questi ritardi è da

ricondurre al fatto che, anche nella fase attuale, il PSR si presenta come un insieme di misure attivate in modo indipendente cui gli agricoltori accedono sulla base di priorità soggettive (es. età, dimensioni aziendali, posizione geografica dell’azienda, ecc.) e manca, viceversa, uno strumen- to che sia in grado di coordinare tra di loro misure diverse e gruppi di agricoltori che, in ambiti territoriali ben definiti, possano portare avanti una visione collettiva dello sviluppo rurale.

Un strumento adeguato allo scopo è il progetto ossia un insieme co- erente d’interventi volti a raggiungere un obiettivo: progettare vuol dire identificare degli obiettivi, definire delle priorità, individuare delle alter- native, quantificare le risorse necessarie, modulare la tempistica e defini- re indicatori per la valutazione della realizzazione.

Il processo di progettazione può essere un momento fondamentale delle politiche di sviluppo rurale perché, attraverso il progetto, è possibi- le attivare in modo sinergico più misure di sostegno, coerenti tra di loro. Il progetto aiuta anche il decisore pubblico a realizzare gli obiettivi delle politiche perché consente una più appropriata selezione dei beneficiari e garantisce una miglior allocazione di risorse scarse.

Se non applicato in modo puramente burocratico, inoltre, il proget- to facilita processi di apprendimento rafforzando il capitale umano e il capitale sociale: un imprenditore che predispone un progetto raccoglie informazioni, analizza punti di forza e di debolezza della propria azien- da, ordina le priorità di azione, collabora con altri attori. Anche nel caso di mancato finanziamento, l’impatto sul tessuto produttivo e sociale è comunque positivo e non a caso, ad esempio, il governo britannico re- munera l’attività di redazione di progetti nell’ambito delle misure agro- ambientali del piano di sviluppo rurale18 indipendentemente dalla sua

approvazione.

17 Il PSR 2007-2013, riprendendo la relazione di valutazione, recita: “In altre

parole, le misure agro-ambientali se da un lato hanno privilegiato la continuità nel sostegno economico dei processi aziendali di riconversione ‘ecocompatibile’ già avviati nell’ambito del precedente regolamento 2078/92 (esigenza questa derivante anche dalla mancata attivazione della misura 5), dall’altr, non sono riuscite ad attivare, in forma quantitativamente significativa, azioni innovative di vera e propria ‘manutenzione’ o anche ‘trasformazione/ripristino’ del territorio rurale”.

In che modo il progetto può essere utilizzato all’interno della pro- grammazione dello sviluppo rurale e con particolare riferimento alle mi- sure di rilevanza paesaggistica? Si possono individuare tre diversi livelli:

il progetto territoriale che coinvolge l’intero territorio, in genere nel- la sua dimensione sovracomunale, e impegna direttamente le ammini- strazioni pubbliche. Il livello territoriale è quello che più direttamente può integrare il PSR con il PIT e i livelli della pianificazione locale. Esso presuppone l’identificazione di uno ‘statuto del territorio’ intorno al quale creare e mobilitare risorse endogene. Il progetto territoriale è il perno intorno a cui possono essere definiti nuovi modelli di governance, il punto di partenza dell’integrazione tra politiche settoriali e politiche territoriali;

il progetto collettivo che coinvolge, soprattutto, soggetti privati, legati da una visione e da obiettivi comuni. La capacità di creare un effetto visibile sul territorio deriva anche e soprattutto dalla capacità di definire modelli organizzativi innovativi in grado di integrare in modo originale le risorse e di combinare autonomia individuale con collaborazione su specifici obiettivi;

il progetto d’impresa che è lo strumento attraverso il quale si rende esplicita la filosofia aziendale che, a sua volta, richiede un’impostazione strutturale e gestionale coerente con gli obiettivi del piano. Attraverso il progetto aziendale, si fa leva sul capitale umano stimolando l’acquisi- zione di competenze e la maturazione di una visione strategica da parte dell’impresa.

Il PSR per il periodo 2007-2013 aveva previsto due tipologie di azio- ni integrate che possono riferirsi sia a misure di un singolo asse, sia a una combinazione di misure di assi diversi: (a) i pacchetti di misure per l’impresa; (b) i progetti integrati di filiera (PIF) e i progetti integrati terri- toriali (PIT), lasciando ampi margini di manovra alle singole Regioni sia sulla concettualizzazione (finalità e contenuti) che sulla loro traduzione operativa. I pacchetti di misure per l’impresa prevedono una modalità di accesso alle risorse attraverso l’adozione combinata di diverse misure da parte delle singole aziende.

In particolare, il modello della progettazione integrata territoriale poteva essere sviluppato riprendendo l’approccio tipico del LEADER ossia un approccio di intervento che, oltre ad essere territoriale e inte- grato, è anche partecipativo. Il metodo LEADER, infatti, anche se non sempre è stato adottato con efficacia ed efficienza, ha una dimensione attuativa che favorisce il raggiungimento di specifici obiettivi attraverso

la governance locale, lo sviluppo della dimensione strategica e la concen- trazione degli interventi ma, al tempo stesso, come sappiamo, concentra la sua attenzione solo su ben definiti ambiti territoriali. Si pone, quindi, l’esigenza di sviluppare strategie di intervento integrate per agire sulle principali problematiche settoriali e territoriali con strumenti che vada- no oltre l’orizzonte temporale dei progetti (Tarangioli et Al. 2012).

L’approccio integrato territoriale, laddove mira a conseguire obiettivi generici di sviluppo rurale, tende a emulare il metodo LEADER, soprat- tutto in termini di azione allo sviluppo concordata dal basso, ma limita le funzioni del partenariato all’attuazione delle politiche e non a una siste- matica azione di governance del territorio entro la quale sviluppare l’inter- vento pubblico. I progetti integrati territoriali (PIT) necessitano, infatti, di essere modellati in termini procedurali e definiti in termini di strategie, affinché non diventino uno strumento in competizione con il LEADER.

In qualità di progetti di natura strategica per il consolidamento e lo sviluppo delle buone pratiche di governance locale, il cui tema condut- tore è l’integrazione di obiettivi e strumenti di azione, i PIT dovrebbero conseguire le seguenti finalità: coinvolgimento e aggregazione di diversi attori (economici, sociali, istituzionali, ecc.) intorno a rilevanti questioni territoriali; promozione di processi partecipativi per la pianificazione stra- tegica e lo sviluppo sostenibile del territorio rurale; innovazione organizza- tiva e gestionale; incremento del valore aggiunto delle azioni interessate. Tutto ciò dovrebbe essere realizzato attraverso l’utilizzo coordinato di più strumenti d’intervento (es. le misure finanziabili con gli Assi I, II e III del PSR), un ambito territoriale delimitato e omogeneo, un partena- riato locale adeguato e coerente, una coerenza con la pianificazione terri- toriale, una fase di monitoraggio e di valutazione dei PIT, un approccio bottom-up che parta dalle specifiche esigenze di un gruppo di attori19

delineando una strategia di intervento settoriale o territoriale, l’interset- torialità ossia il coinvolgimento sinergico di tutti gli attori che hanno una connessione (diretta o indiretta) con il tema affrontato.

Proprio le tematiche ambientali e, in particolare, il paesaggio rurale sono quelle che più di altre necessitano di un approccio interaziendale, organico e integrato per le ricadute dei loro effetti sulla collettività. Ciò comporta la necessità di individuare sul territorio20 sia criticità che emer- 19 Consorzi; Distretti; Enti parco; Comunità montane; Consorzi di bonifica; Unioni di

Comuni; Comuni ; Province; ecc..

genze, al fine di porre in essere interventi21 mirati di prioritaria importan-

za; a tal proposito tra le misure potenzialmente integrabili il PSN individua: le misure agro e silvo‐ambientali rilevanti; gli investimenti non produttivi per il finanziamento di interventi accessori alle misure agro e silvo-ambien- tali; le misure dell’Asse I per finanziare tutti quegli investimenti necessari all’innesco o al rafforzamento di quelle economie rurali che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di conservazione tramite la realizzazione di infrastrutture, servizi e reti di commercializzazione; le misure dell’Asse III per l’incentivazione delle attività di ecoturismo, dell’utilizzazione delle risorse naturali in modo funzionale agli obiettivi ambientali, della fruizione naturalistica e dello svago compatibile nelle aree protette e nei siti della Re- te Natura 2000 e, in particolare, della valorizzazione dei ripristini di habitat realizzati tramite misure dell’Asse II; azioni di formazione, informazione, animazione e consulenza sulla tutela ambientale; la promozione e il soste- gno dell’associazionismo forestale (Berti et Al. 2009).

I PIT a valenza ambientale sono, quindi, uno strumento innovativo perché se le azioni di integrazione al reddito degli agricoltori tendono a limitare il proprio impatto alle imprese e ai prodotti a cui il premio è dedicato, laddove l’adozione di pratiche agricole ecocompatibili rientra in un quadro organico di interventi destinati ad un’area specifica con il coinvolgimento di un congruo numero di imprese, gli effetti dei risultati (diretti ed indiretti) tendono ad essere amplificati.

Tuttavia, uno dei principali ostacoli da superare è la logica interpretativa dei PIT come semplici sommatorie di azioni individuali, una problematica che è chiaramente emersa nelle Regioni dove tale strumento è stato introdot- to (Berti et Al. 2009). Per quanto riguarda la Toscana, invece, è da osservare che non è stato dato alcuno spazio all’attuazione di questo strumento che, ef- fettivamente, poteva evitare una erogazione ‘a pioggia’ delle risorse disponibili sulle misure agro-ambientali per essere concentrate, viceversa, in quei territori che presentavano le maggiori criticità /priorità di intervento paesaggistico. produttivo, socio-economico o culturale può avvenire secondo logiche differenti: guidate dall’obiettivo affidato allo strumento; dettate dalla metodologia utilizzata per l’individuazione dei progetti finanziabili; delimitate alla definizione territoriale dei partenariati che presentano i progetti stessi; ecc.

21 Definizione dei PIT contenuta nel PSN: “Se gli interventi applicati alla singola

impresa possono avere un’efficacia maggiore quando concepiti nelle forma di pacchetti di misura, allo stesso modo l’efficacia può essere potenziata se in ambiti territoriali omogenei si favorisse una maggiore concentrazione e integrazione degli interventi. Le specifiche finalità e i contenuti dei progetti integrati territoriali saranno definiti nell’ambito dei PSR”.