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Paesaggio rappresentato versus paesaggio vissuto

Paolo Zappavigna

4. Paesaggio rappresentato versus paesaggio vissuto

Per sintetizzare, è quindi possibile affermare che la vitalità e il dina- mismo del sistema produttivo primario e, in altri termini, la relativa pla- Figura 7. Azienda vitivinicola sita nel margine periurbano a sud della città di Parma.

smabilità dell’assetto paesistico-territoriale, hanno costituito, e possono ancora costituire, una valida difesa dei caratteri tipici della campagna contro lo snaturamento del connotato di ruralità (nel suo significato più pregnante) causato sia da pressioni esterne, che da processi interni di decadenza e abbandono.

Certo oggi non possiamo accettare un dispiegamento dell’iniziativa dell’impresa agricola completamente libero, per i rischi che ne potrebbe- ro derivare, soprattutto sotto il profilo ambientale. Ciò non toglie che il carattere della vitalità economica e sociale del tessuto produttivo prima- rio dovrebbe essere un termine essenziale di riferimento delle politiche territoriali e di quelle per il paesaggio.

In questa prospettiva, l’approccio più efficace da assumere non sembra tanto quello di una pur doverosa attenzione agli aspetti for- mali o percettivi della realtà territoriale, quanto il saper entrare nel vivo delle dinamiche che producono tali aspetti e che sono essen- zialmente riconducibili ai fattori economico-produttivi. Per que- sto una strategia appropriata deve operare attraverso un concertato insieme di politiche, economiche e normative, che abbiano come scopo principale di favorire il permanere di un tessuto produttivo vitale e autonomo, seppur declinato in chiave di sostenibilità e di multifunzionalità e collocato in una dimensione culturale più con- sapevole e diffusa.

Anche obiettivi importanti quali l’arricchimento della varietà paesi- stica, da perseguire in particolare attraverso l’incremento delle presenze arboree ed arbustive, in primis le reti ecologiche, oppure il recupero e la valorizzazione delle preesistenze (compresi gli insediamenti), non sono raggiungibili se viene meno la vitalità al sistema economico-territoriale del quale le aziende agricole sono il principale, spesso l’unico, motore. Un settore, ripeto, troppo spesso ignorato dalla pianificazione che ten- de a guardare al territorio solo nella sua rappresentazione cartografico- tematica e non sa cogliere le domande e le sollecitazioni che provengono dai contesti locali (il genius loci).

Se vogliamo essere davvero incisivi nella realtà territoriale, non pos- siamo limitarci ad elaborazioni fatte a tavolino, puramente ideative, ma dobbiamo calarci nel vivo delle situazioni reali, nella dimensione della vita quotidiana e della storia immediata.

Mi pare molto appropriata una puntualizzazione di Claude Raffestin (2007) il quale, citando Alain Roger (1997), che distingueva fra paesaggio “in situ” e paesaggio “in visu”, vi aggiunge anche il paesaggio “in intellectu”,

per indicare che oltre al paesaggio reale e a quello rappresentato vi è an- che un paesaggio pensato, concettualizzato.1

Il compito dei pianificatori è dunque di operare contemporanea- mente su tutti e tre i piani (della realtà fisica, della realtà estetico-percet- tiva, della realtà socio-produttiva), evitando ogni dissociazione fra idea e funzione. Superando l’astrattezza (l’idealizzazione) che porta ad atteg- giamenti meramente difensivi, o regressivi, i quali proiettano nel paesag- gio esigenze di ordine e sicurezza, di conservazione tout court o di puro soddisfacimento estetico. Visioni ‘urbano-centriche’ di cui sono esempi le pretese di imporre limiti alle scelte colturali per via normativa, una concezione ‘totemica’ delle presenze arboree intese come realtà inamo- vibili e insostituibili, l’imposizione di rigidi vincoli d’uso al patrimonio immobiliare, talune soluzioni architettoniche imposte ai fabbricati, co- me i tetti in coppi sopra alle moderne stalle.

Conclusioni

L’applicazione di un approccio ‘agro-centrico’ al paesaggio rurale, quale ho fin qui cercato di delineare, trova però alcune limitazioni che non intendo disconoscere.

La prima, e più importante, riguarda le aree rurali ad elevato interes- se naturalistico, ove l’esercizio dell’impresa agricola deve obiettivamente subordinarsi a interessi collettivi di ordine superiore.

La seconda, più complessa da definire, riguarda gli ambiti in cui le pressioni esterne sono molto forti e differenziate, come le aree contigue ai poli insediati. Lo spazio periurbano presenta infatti caratteristiche e problematiche che richiedono un approccio più approfondito e circo- stanziato e a più forte valenza progettuale (fig. 8).

La presenza dell’agricoltura può ancora svolgere un ruolo strategico per una migliore qualità ambientale e territoriale, ma arricchendosi di ruoli e funzioni che riescano a cogliere le opportunità di sviluppo offerte 1 Un aspetto abbastanza singolare di questa opera di concettualizzazione, che a me pare però illuminante, è l’associazione che si può facilmente fare fra i caratteri peculiari di un dato paesaggio agrario e i prodotti alimentari tipici del suo territorio. In fondo la percezione sensoriale del paesaggio passa anche attraverso il gusto, come dimostrano i messaggi pubblicitari che legano alcuni alimenti all’immagine della campagna. I pro- dotti tipici sono, in effetti, il portato sia dei caratteri fisici dei luoghi, che della cultura della popolazione che li abita e, in buona sostanza, per tornare al mio assunto, della struttura produttiva agricola che sul territorio agisce con la propria vitalità.

dalla vicinanza della città. Pensiamo a brani di campagna-parco che possano produrre benefici sia per gli agricoltori (opportunità di mercato, acces- sibilità ai servizi, sovvenzioni finalizzate), che per i cittadini (prodotti, loisir, socializzazione, rigenerazione ecologica, arricchimento culturale).

Figura 8 (a e b). Il confronto fra la CTR del 1976 e l’ortofoto del 2008 mostra come l’espansione urbana, in un settore a nord della città (verso l’autostrada), abbia sconvolto il tessuto produttivo primario.

Una presenza, quella agricola, da articolarsi secondo le potenzialità of- ferte dai diversi contesti: orti urbani, greenways, fattorie didattiche, spazi ricreativi, punti di vendita ecc.. Qui vi è ampio spazio per la progettazione

Figura 9. La salvaguardia dei caratteri tipici del paesaggio agrario richiede la sal- vaguardia dei suoi fattori costitutivi; l’attività agricola in primis, nei suoi processi evolutivi tesi alla sopravvivenza.

Figura 10. L’agricoltura periurbana come terminale di un’ esperienza del territorio più ricca e gratificante.