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Sviluppo rurale e paesaggio: visioni e strategie

Gianluca Brunori, Laura Fastelli, Massimo Rova

11. Sviluppo rurale e paesaggio: visioni e strategie

L’efficacia degli strumenti sopra illustrati dipende da una capacità, prima di tutto delle amministrazioni pubbliche, di generare visioni e mobilitare gli attori intorno a obiettivi chiari e condivisi.

Ma quali sono le visioni e gli obiettivi appropriati per i territori rurali nella fase che stiamo vivendo?

È opinione consolidata che si debba creare un nuovo sistema di re- lazioni tra città e campagna: fino a pochi anni fa la campagna era vista come un serbatoio di cibo, materie prime, risorse naturali, manodopera, e come spazio libero per l’espansione delle attività urbane. L’industria- lizzazione delle operazioni nella campagna avrebbe garantito una sem- pre maggiore efficienza del rapporto lavoro/terra/prodotto con la con- seguente liberazione di manodopera e l’incremento dei redditi per chi sarebbe rimasto. Risorse come l’acqua, le amenità rurali (il verde, il pae- saggio rurale, gli ambienti naturali) sono state prelevate e consumate dai cittadini senza la consapevolezza che anche queste risorse hanno un costo.

Oggi si fa strada una visione secondo la quale gli spazi rurali sono fornitori di servizi ambientali o ecosystem services che sono utili ai cittadi- ni contribuendo al miglioramento del loro benessere, e la cui erogazione deriva dalla presenza di risorse rinnovabili ma non inesauribili che han- no un costo. Tra questi, oltre all’approvvigionamento di cibo, oggi dob- biamo considerare funzioni importanti come il sequestro di carbonio, le risorse idriche, la biodiversità, il paesaggio.

Il mantenimento di questi servizi, prevalentemente concentrati nelle aree rurali, comporta dei costi di gestione e manutenzione da parte di chi abita quei territori perché è necessario porre in atto specifiche azioni affinché possa essere rispettata la carrying capacity del territorio stesso, ossia che i tassi di prelievi dei servizi ambientali dell’ecosistema siano tali da non intaccare la sua capacità di riproduzione e, pertanto, le aree urbane (i cittadini) dovrebbero essere chiamate a remunerare tali servizi.

Se, ad esempio, soffermiamo la nostra attenzione sulla funzione ap- provvigionamento di cibo, è necessario acquisire una nuova consape- volezza sulla necessità di sviluppare modelli di consumo basati su una relazione più stretta tra le aree urbane e le aree rurali limitrofe con speci- fiche azioni di ri-localizzazione dei consumi alimentari. I modelli di consumo predominanti, attraverso la comunicazione, la pubblicità e i prezzi, tendono a imporre prodotti alimentari provenienti dall’altro emisfero e spesso fuori stagione, determinando crescenti tensioni per il nostro settore agricolo.

Il consumo di un prodotto alimentare fuori stagione e/o proveniente dall’altro emisfero comporta impatti ambientali e costi energetici mol- to maggiori rispetto al consumo di prodotti locali nella stagione giusta. Inoltre, genera anche un progressivo abbandono delle nostre campagne per le crescenti difficoltà degli agricoltori sul fronte dei prezzi di mer- cato con conseguenze, quindi, anche per l’equilibrio ambientale delle aree rurali; pertanto, una strategia di alleanza tra città e campagna locale potrebbe contribuire a mantenere vitali questi territori sia dal punto di vista socio-economico che da quello ambientale e paesaggistico.

Dobbiamo anche essere consapevoli che intorno al ruolo dell’agricol- tura quale presidio dell’ambiente rurale è stata fatta anche della retorica. Come accennato nei paragrafi precedenti, il processo di modernizzazio- ne ha reso l’agricoltura, in molti casi, dipendente dal petrolio e integrata in sistemi agro-alimentari ad alto consumo energetico che richiedono trasporti a lunga distanza, conservazione con il freddo, una notevole in- tensità di trasformazione della materia fresca. Molte forme di agricoltura intensiva oggi consumano energia, acqua, suolo più di quanto riescano a rigenerarne: il bilancio dei servizi ambientali prodotti e consumati è in questo caso negativo.

Ma al tempo stesso, più di un decennio di politiche di sviluppo ru- rale (se consideriamo anche i programmi LEADER) ci ha fatto com- prendere che i territori rurali hanno le potenzialità per avviare percorsi di sviluppo sostenibile che, distanziandosi e talvolta contrapponendosi a una certa idea della modernizzazione, siano centrati sulla valorizzazio- ne delle risorse endogene, sulla creazione di mercati per la remunerazione dei servizi dell’ecosistema e su una diversa modalità di connessione con i mercati globali.

Il perno di questo modello di sviluppo è l’impresa agricola multifun- zionale; un modello d’impresa che alle funzioni tradizionali di produzio- ne affianca altre attività (di servizio) e cambia anche le modalità di com- mercializzazione cercando strategie per aumentare il valore aggiunto dei propri prodotti. Anche se non è corretto affermare che le imprese agrico- le specializzate nella produzione (convenzionale) non svolgono funzioni positive per l’ambiente, è anche vero che tra l’impresa agricola conven- zionale e quella multifunzionale esiste un continuum di situazioni.

È d’altra parte difficilmente negabile che alcune imprese, facil- mente distinguibili da quelle convenzionali, incarnano pienamente il modello ideale di multifunzionalità e sviluppano percorsi innova- tivi generati da principi in gran parte diversi da quelli convenzionali.

Un’impresa agricola multifunzionale promuove, ad esempio, il recupero delle varietà locali per sostituirle con quelle convenzionali, sperimenta si- stemi di produzione ecologici, apporta modifiche alla configurazione spa- ziale dell’azienda avendo cura della dimensione estetica, introduce moda- lità di commercializzazione in grado di comunicare meglio il prodotto e i valori della multifunzionalità ai consumatori. Spesso queste imprese sono gestite da giovani imprenditori e/o da donne, che incarnano, anche cultu- ralmente, un diverso approccio all’agricoltura e al mondo rurale.

Integrare l’economia dell’impresa multifunzionale con la politica del paesaggio è la sfida per i prossimi decenni che potrà consentire alle aree rurali l’attuazione di nuovi percorsi di sviluppo. Sta agli studiosi, agli amministratori, ai tecnici e agli agricoltori stessi coglierla.

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