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Seconda categoria

Paolo Baldesch

3. Quale pianificazione

3.2 Seconda categoria

La seconda categoria riguarda l’infrastrutturazione rurale; qui una conciliazione fra interessi collettivi - paesaggistici e ambientali - e sog- gettivi delle imprese agricole può fare riferimento a un paradigma di in- terpretazione strutturale del territorio. Secondo questo paradigma (Bal- deschi 2010), al primo livello vi è una ‘struttura profonda’, costituita dal supporto morfologico, dall’idrografia e dal sistema insediativo stori- co; ‘profonda’ perché costruita nel corso di millenni dall’avvicendamento di popoli e di culture, resistente per la consistenza fisica della base orogra- fica (non a caso, perciò, persistente nei territori montani e collinari);

2 Ad esempio, a sud di Valdobbiadene-Vidor e di quella fascia pedemontana, a ridosso

del fiume Piave, centinaia di ettari di campi denominati ‘Palù’, bonificati da una splen- dida opera paziente di frati cistercensi poco oltre l’anno mille, integrati a un sistema di coltivazione misto dato da foraggio, piante di basso, medio e alto fusto, oltreché con fossi una volta adibiti all’allevamento ittico, sono stati messi in crisi dall’agricoltura chimica del prosecco che ha tolto loro una buona parte delle risorse idriche necessarie. Parafraso dal sito “Geograficamente. Conservazioni e trasformazioni virtuose del terri- torio” < http://geograficamente.wordpress.com/> (ultima visita: Maggio 2013).

un secondo livello, innestato sul sistema insediativo di base, è costituito da strutture ‘minori’ formatesi mediante la ripetizione e riproduzione di regole di buon uso di terra e territorio da parte delle società locali (in Toscana l’organizzazione poderale della mezzadria); infine vi è un ulte- riore livello, fatto di strutture ‘deboli’: la maglia agraria, le sistemazioni idraulico-agrarie. Gli agricoltori sono attori, ed eventualmente custo- di, di questo terzo livello strutturale, in particolare della maglia agraria, cioè di quella rete fatta di viabilità, fossi, filari, siepi che assicura la con- nettività antropica del territorio, un efficiente smaltimento delle acque superficiali e che, allo stesso tempo, definisce un importante carattere paesaggistico, da conservare o da ricostituire soprattutto nei territori di pianura soggetti più degli altri alle grandi operazioni di semplificazione colturale: ovviamente non si tratta di riprodurre la maglia dei campi stretti, predisposti per l’aratura con i buoi, ancora ben visibile alla metà del secolo scorso nelle foto del volo GAI, ma ora praticamente scompar- sa e incompatibile con ogni forma di meccanizzazione.

Un territorio rurale articolato e caratterizzato da una maglia agraria più larga rispetto a quella tradizionale, quindi più adatta ad un’agricol- tura moderna, è un obiettivo relativamente poco costoso in cui gli in- teressi degli agricoltori si sposano con quelli della collettività; i primi vedono assicurato un buon drenaggio dei terreni coltivati e un paesaggio più attraente, se esercitano attività agrituristiche; i secondi, oltre alla ri- duzione del rischio idraulico, possono godere di una migliore fruibilità del territorio e della conservazione di un importante carattere identitario del paesaggio, la sua articolazione in tante parti ’tenute insieme’ e con specifici caratteri di riconoscibilità; una caratteristica, quest’ultima, degli storici ‘campi chiusi’, ben rappresentata nell’iconografia fin dalle prime rappresentazioni prerinascimentali e rinascimentali di paesaggi agrari.

Quanto alle sistemazioni idraulico-agrarie, alcuni strumenti urbani- stici ne prescrivono il ripristino o la nuova costruzione o, genericamen- te, l’impiego di sistemazioni ‘a traverso’ (cioè disposte ortogonalmente alla massima pendenza) in situazioni di accentuata acclività. Benché sia- no evidenti i vantaggi di questo tipo di sistemazioni rispetto al rittochi- no, una volta predominante e in molte zone della nostra regione ancora prevalente, una prescrizione così generica e generalizzata di fatto rimane sulla carta, a meno di un’autonoma scelta degli agricoltori (ma in questo caso la prescrizione è pleonastica), e dimostra, oltretutto, una scarsa co- noscenza dei costi inerenti le operazioni di ripristino prospettate e delle tecniche agronomiche sottese.

Figura 5. Terrazzi restaurati a Fonterutoli (Castellina in Chianti) con filari di olivi e in attesa degli impianti viticoli.

Figura 6. Tipica sostituzione di oliveti terrazzati con vigneti a rittochino e il con- seguente innesco di fenomeni erosivi del suolo agrario.

Il problema delle sistemazioni idraulico-agrarie, così importanti da un punto di vista ambientale e paesaggistico - si pensi al ruolo delle aree terrazzate con il loro sistema di muri a secco e acquidocci - richiede, af- finché siano prospettate soluzioni credibili, una profonda conoscenza sia delle condizioni materiali del territorio, sia di quelle economiche e socia- li degli agricoltori. In linea di massima, tuttavia, si deve considerare che queste sistemazioni non sono state fatte con finalità paesaggistiche, ma per estendere la base produttiva dell’agricoltura in certe epoche e in certe condizioni di contesto, inerenti soprattutto il mercato dei prodotti agrico- li e i costi della mano d’opera. Le grandi sistemazioni terrazzate ‘di fattoria’ (progettate con una vera e propria ingegneria territoriale, a differenza di quelle ‘diacroniche’, realizzate nel corso di secoli) hanno in molte par- ti dell’Italia collinare avuto come fondamentale motivazione l’aumento dei prezzi dei beni alimentari, dell’olio in particolare, a seguito del boom demografico dell’800 e della crescente internazionalizzazione dei mercati (per inciso: Cosimo Ridolfi si lamentava che in queste operazioni i pro- prietari toscani guardassero più al bello che all’utile, cfr. Ridolfi 2009). Dal nostro punto di vista è importante notare che tutte le sistema- zioni idraulico agrarie che si sono succedute nel corso dei secoli hanno avuto la finalità di mettere a coltura nuovi terreni, riducendone la pen- denza, di regimare lo scorrimento delle acque superficiali, materializzan- do in forme diverse la fondamentale regola che vuole un bilancio in pa- reggio fra il suolo agrario che si perde annualmente per processi erosivi e quello che nello stesso tempo si riforma per processi pedogenetici. Oc- corre perciò riconoscere che le sistemazioni idraulico-agrarie tradiziona- li avevano finalità produttive e ambientali ma non paesaggistiche (cioè estetiche e culturali); ciò che, quindi, può essere chiesto agli agricoltori è di assumersi la responsabilità di conservare la regola, non le specifiche forme in cui si è concretizzata; la conservazione o il ripristino, invece, non solo delle regole strutturali, ma delle strutture fisiche richiede un altro approccio, come cercheremo di spiegare nelle considerazioni finali.