Gianluca Brunori, Laura Fastelli, Massimo Rova
5. Land managers in azione: la costruzione del paesaggio
della Val d’Orcia
Nel Luglio 2004 l’UNESCO ha designato la Val d’Orcia (SI) patri- monio dell’umanità come paesaggio culturale. Tale assegnazione è av- venuta in virtù della rispondenza da parte del territorio a due requisiti:
(Criterio IV) la Val d’Orcia è una eccezionale rappresentazione del modo in cui il paesaggio è stato ridisegnato durante il Rinascimento per riflettere gli ideali di Buon Governo e creare un’immagine esteticamente piacevole;
(Criterio VI) il paesaggio della Val d’Orcia è celebrato dai più importan- ti pittori della scuola senese inaugurante il Rinascimento. Le immagini della Val d’Orcia quali manifestazioni dell’armonica relazione dell’uomo con la natura hanno acquisito il carattere di icona del Rinascimento ed hanno pro- fondamente influenzato lo sviluppo del pensiero paesistico.
Il riconoscimento da parte dell’UNESCO di paesaggio culturale che esalta una complessità ordinata nell’uso del territorio, se da un lato è sicuramente un elemento che conferisce un valore aggiunto al territorio della Val d’Orcia, dall’altro rischia di generare frainten- dimenti nei visitatori perché il paesaggio che oggi si ammira visi- tandola è il risultato di una profonda trasformazione che, a partire dagli anni ’60, ha interessato l’agricoltura di quest’area così come quella di buona parte delle colline interne della Toscana (Rovai 1994) e che è da attribuire a tre specifiche determinanti: le politiche di garanzia, il progresso tecnologico (meccanizzazione e fattori pro- duttivi) e l’effetto di ‘attrazione’ della forza lavoro da parte dei siste- mi produttivi che si sono progressivamente affermati sul territorio e che hanno fortemente orientato le azioni delle imprese agricole (land managers).
Fino agli anni ’50 la Val d’Orcia era fondamentalmente una zona di pascoli cespugliati adibiti alla pastorizia, con una maglia poderale delle aziende molto ampia (oltre 100 ha. per podere) che derivava dall’ap- poderamento cinquecentesco. Con l’applicazione della Legge Serpieri (bonifica integrale) furono messi a coltura molti terreni e la maglia poderale assunse una diversa articolazione: più ridotta nelle zone di fondovalle, dove i terreni erano più fertili, e più ampia nelle zone di collina più marginali come Radicofani e Castiglione d’Orcia (Rovai e Gorelli 2007).
In tale periodo le aziende che producevano per il mercato erano in numero limitato perché, per la maggior parte delle aziende, l’obiettivo principale era il sostentamento della famiglia, di solito molto numero- sa, e che forniva il proprio lavoro in azienda anche perché la mecca- nizzazione non si era ancora sviluppata. In questa situazione le azien- de agricole adottavano ordinamenti produttivi complessi per garantirsi l’approvvigionamento alimentare e l’impiego della forza lavoro durante tutto l’arco dell’anno. In conseguenza di ciò, anche il paesaggio veniva ad assumere una configurazione molto più complessa e articolata con la presenza dei seminativi arborati, di filari di viti maritate, di appezzamen- ti di ridotte dimensioni, ecc..
Con il passare dei decenni, il quadro socioeconomico delle cam- pagne cambia profondamente. Si affermano le politiche agricole di garanzia (protezione dei prezzi dei prodotti agricoli) e in particolare, dalla metà degli anni ’70, si introduce un aiuto supplementare per la coltivazione del grano duro che rende estremamente conveniente la
sua coltivazione nell’area che, anche per le specifiche condizioni pedo- climatiche, non offre valide alternative: fatta eccezione per l’area ad alta specializzazione viticola di Montalcino, l’unica alternativa è rap- presentata dalla pastorizia che, però, incontra resistenze da parte dei componenti più giovani delle famiglie contadine perché percepita come un fattore di ‘esclusione sociale’. Infatti, la diffusione della pastorizia e il suo successo di mercato (es. Pecorino di Pienza DOP) è legata all’insediamento di allevato-ri/pastori provenienti dalla Sar- degna che, in relazione alle proprie tradizioni culturali ed al loro si- stema di ‘valori’, non percepiscono questa attività come socialmente penalizzante.
Parallelamente, si ha un forte sviluppo della meccanizzazione con l’affermazione di trattrici, mietitrebbiatrici, ma anche di macchine per la movimentazione della terra di grande potenza che consentono di au- mentare la produttività del lavoro che, in relazione al forte esodo dei componenti più giovani delle famiglie contadine, diventa uno dei fatto- ri limitanti per lo svolgimento dell’attività agricola. La diffusione della meccanizzazione è anche favorita dalle politiche creditizie. Si modifica la tecnica di coltivazione, che può far leva sull’utilizzazione di nuove varie- tà di grano duro ad elevata produttività, a taglia più bassa e più resistenti all’allettamento. Infine, si verifica una progressiva riduzione della forza lavoro nelle aziende/famiglie contadine i cui componenti sono sempre più attratti dallo sviluppo della piccola e media impresa sia sul territorio che nelle aree limitrofe.
Tutto questo porta i land managers a perseguire azioni e pratiche che ridisegnano profondamente il paesaggio, con una semplificazione de- gli ordinamenti colturali sempre più specializzati verso il grano duro, la creazione di ampi spazi a seminativo che solo sporadicamente sono interrotti da elementi areali quali calanchi, piccoli boschi, alberi sparsi, piccoli borghi, case sparse, ecc. o da elementi lineari quali i corsi d’ac- qua, la vegetazione ripariale, le siepi, le strade, ecc..
Un processo evolutivo che ha fatto acquisire al paesaggio della Val d’Orcia una forte identità e reputazione, grazie alla particolare disposizione spaziale degli elementi naturali e degli elementi antro- pici nelle aree dedicate all’attività agricola, nonché alla presenza sul territorio di aree con elevata valenza ecologica e ambientale e di siti di notevole importanza storico-culturale e architettonica, tanto da assumere il ruolo di una vera e propria risorsa economica per lo svi- luppo locale.