I rapporti con le fattispecie affini e con il concorso esterno in associazione mafiosa
1. La legislazione elettorale e il reato di scambio elettorale politico mafioso: uno sguardo d'insieme
1.1 Segue: Il rapporto con la corruzione elettorale
Già prima dell'entrata in vigore dell'art. 416-ter c.p., l'art. 96 del T.U in materia di trasparenza elettorale, puniva la promessa di voti ottenuta mediante “l'offerta, la promessa o la somministrazione di denaro, valori o
qualsiasi altra utilità per ottenere a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura o il voto elettorale o l'astensione”120.
119
ALBERTO GARGANI, op, cit., p. 1588; Corte di Cassazione, sez. II, 30/11/2011, n. 47405; Corte di Cassazione, sez.II, 30/11/2011, n. 46922; Corte di Cassazione, sez. VI, 19/02/2004, n. 10785. 120
L'art.96 del T.U, n. 361/ 1957, recita: “Chiunque, per ottenere a proprio od altrui vantaggio la firma per
una dichiarazione di presentazione di candidatura, o il voto elettorale o l'astensione, offre, promette o somministra denaro, valori, o qualsiasi altra utilità, o promette, concede o fa conseguire impieghi pubblici o privati ad uno o più elettori o, per accordo con essi, ad altre persone, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da lire 3000 a lire 20000, anche quando l'utilità promessa o conseguita sia stata dissimulata sotto il titolo di indennità pecuniaria data dall'elettore per spese di viaggio o di soggiorno, o di pagamento di cibi o bevande o remunerazioni sotto il pretesto di spese o servizi elettorali. La stessa pena si applica all'elettore che, per opporre la firma ad una dichiarazione di presentazione di candidatura, o per dare o negare il voto elettorale o per astenersi dal firmare una dichiarazione di presentazione di candidatura o dal votare, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità”.
Al primo comma dell'articolo 96 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della camera dei deputati, approvato con decreto del presidente della repubblica 30 marzo 1957, n.361 le parole: <<è punito
La disposizione in esame, prevede in realtà anche una seconda ipotesi di corruzione elettorale: la sanzione dell'elettore che accetta o riceve tali promesse. Il reato, presenta dunque una “struttura a fattispecie plurima”, ciascuna delle quali integra un reato di pericolo121.
Le condotte descritte dall'art. 96 d.p.r 361/1957, delineano figure criminose diverse e di pregnante disvalore, attraverso le quali il legislatore, ha inteso sanzionare non solo il candidato politico o un suo agente, ma anche l'elettore il quale se accetta o riceve “denaro o altra utilità” concorre
col proponente122. Nei confronti dell'elettore, non può essere ascritta alcuna
responsabilità soltanto se questi rimanga mero destinatario della proposta elettorale e quindi una parte lesa del reato.
Il soggetto attivo della previsione incriminatrice in questione è il candidato alle competizioni o chi agisce in suo vantaggio, il quale intenda ottenere la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, o il
voto elettorale, o l'astensione; dette attività devono necessariamente
svolgersi a ridosso dell'elezione.
Presso atto dell'eterogeneità delle condotte criminose e del soggetto attivo della disposizione, ci si chiede se rispetto all'art. 96, sia possibile o
con la reclusione da sei mesi a tre anni>> sono state sostituite dalle seguenti:<<è punito con la reclusione da uno a quattro anni>>.
121
COSTANTINO VISCONTI, L'indice penale, op, cit., p.301. 122
L'eventuale accettazione o ricezione da parte dell'elettore di denaro o altra utilità, non rappresenta un elemento costitutivo del reato, ma un'altra condotta che determina il concorso nel reato. In tal seno: Corte di Cassazione, sezIII, 09/12/1997, n.1035.
meno attribuire all'art. 416-ter c.p 123 , un autonoma funzione di incriminazione e dunque un diverso ambito applicativo.
Orbene, a proposito del rapporto tra le due disposizioni poste a raffronto,124 le posizioni ricostruttive si rilevano molteplici.
Secondo una parte della dottrina, invalsa all'indomani della riforma del 1992, la preesistente disciplina della corruzione elettorale coincide con il neo introdotto reato di scambio elettorale, che punisce “chi ottiene la
promessa di voti prevista dal terzo comma”125.
La principale argomentazione che la dottrina, invocava per giustificare la tesi della “duplicazione” dell'art. 416-ter rispetto all'art. 96, faceva leva del fatto che anche il reato di scambio elettorale così come quello di
123
Con l'introduzione del reato dello scambio elettorale politico-mafioso, il legislatore ha voluto arretrare la rilevanza penale del connubio politica-mafia al momento in cui il candidato politico riceve la promessa di voti da parte di esponenti di una associazione mafiosa, in ragione della pericolosità di tale condotta diretta a sollecitare l'uso della forza di intimidazione e della prevaricazione da parte del clan mafioso ai fini del procacciamento elettorale.
Il ricorso a atti di minaccia e di violenze costituisce secondo parte della giurisprudenza l'elemento di discrimine tra l'art. 416-ter c.p., e le disposizioni elettorali. Così Corte di Cassazione sez. II, 30.11.2011. 124
In merito al rapporto tra il delitto di cui all'art.416-ter c.p., e le previsioni incriminatrici di cui agli artt. 96 e 97 del DPR 361/1957, v. COSTANTINO VISCONTI., Verso la riforma del reato dello scambio
elettorale politico- mafioso, op, cit., p.6 ss.
125
A.FORLENZA, I nuovi reati elettorali e contro l'amministrazione della giustizia, nella l. 356/1992, in
Riv. Pen. Dell'Economia, 1993.
Questo orientamento, intendeva palesare la natura simbolica del reato dello scambio elettorale politico- mafioso, poiché le esigenze di incriminazione che intendeva soddisfare erano già del tutto appagate dai reati elettorali, introdotti negli anni cinquanta. Altra dottrina replicava, affermando che i reati elettorali, prendevano in considerazione solo il fenomeno del clientelismo politico e non anche quello più pericoloso del connubio mafia-politica.
corruzione elettorale, tutelava il medesimo bene giuridico: il diritto
dell'esercizio del voto 126 e inoltre seppur formalmente diverse, le
disposizioni erano espressive di un disvalore penale omogeneo.
Per converso, l'opinione maggioritaria -che tendeva a valorizzare la autonoma latitudine applicativa dell'art. 416-ter- sosteneva invece, che le due fattispecie, alla stregua del raffronto strutturale, presentano una <<carica intimidatoria autonoma>>.
Plurimi sono gli elementi che differenziano le fattispecie criminose oggetto di indagine; in primo luogo, per la configurabilità del reato di scambio elettorale, non basta l'elargizione di denaro ad un esponente della consorteria mafiosa, affinché questi si attivi per garantire al primo un idoneo appoggio elettorale, ma occorre anche che l'organizzazione malavitosa, faccia ricorso all'uso della intimidazione, al fine di ostacolare od impedire il libero esercizio del voto127.
A favore del necessario ricorso a atti di sopraffazione e di violenze, veniva invocato il richiamo all'art. 416-bis c.p., che per l'appunto disciplina
126
Questa ricostruzione dottrinaria risultò facilmente confutabile dalla dottrina maggioritaria, la quale sosteneva, che il reato dello scambio elettorale tutela in via principale l'ordine pubblico e solo in via strumentale e secondaria il diritto di voto dei consociati.
127
Cass. Sez. VI, 24 aprile 2012, n. 27655, in, Cass. Pen., 2013, n. 1483; La cassazione precisa che “il reato di corruzione elettorale ed il delitto di scambio elettorale politico-mafioso, differiscono tra loro in quanto nel primo di essi viene punito il candidato che, per ottenere il voto, offre, promette o somministri il denaro, valori ovvero qualsiasi altra utilità, mentre nel secondo la promessa viene fatta, in cambio di erogazione di denaro, da un aderente ad associazione mafiosa mediante l'assicurazione dell'intervento dei menbri della medesima, sì che in esso è tipico il ricorso alla forza d'intimidazione derivante dal vincolo associativo mafioso”. In tal senso anche Cass. Sez. VI, 13 aprile 2012, n. 18080.
le associazioni di stampo mafioso; in sintesi, secondo questa rimodulazione ermeneutica, l'elemento di discrimine tra le due disposizioni, è costituito dal “metodo mafioso” quale elemento costitutivo esclusivamente dell'art. 416- ter c.p.
Ne deriva che, in tutti quei casi in cui si stipula un accordo tra un candidato alle elezioni e l'esponente mafioso e tale accordo non prevede l'uso di metodi mafiosi per influenzare il libero e corretto svolgimento delle consultazioni elettorali, viene configurato il reato di cui all'art. 96 del T.U del 1957.
In base ad una diversa opzione ricostruttiva, ai fini della configurazione del reato di scambio elettorale, non è necessario che l'attività di procacciamento di voti avvenga mediante il concreto esercizio della minaccia o della intimidazione. Stando a questa opinione, l'elemento distintivo tra lo scambio elettorale e la fattispecie limitrofa prevista dalla legge elettorale, è costituito non dal ricorso a atti di violenza, bensì dal fatto che il candidato alle elezioni elettorali stipula un patto non con un qualsiasi
elettore (come previsto dall'art.96) ma con l'associazione mafiosa128.
In altri termini, mentre l'art. 96 si riferisce alla compravendita dei voti
128
A favore del suddetto risultato ermeneutico, veniva invocato sopratutto la formula: “promessa dei voti di
cui all'art. 416-bis c.p”., dalla quale si evinceva che ad assumere una siffatta promessa fosse proprio il
sodalizio mafioso, le cui caratteristiche vengono disciplinate proprio dalla norma richiamata. Occorre precisare che l'impegno assunto dalla associazione consiste non tanto in una promessa personale di conferire al candidato il proprio voto o quello del gruppo a cui egli appartiene, ma una promessa di procacciamento di voti altrui. Nel reato elettorale constatiamo quindi un rapporto diretto tra offerente ed elettore, finalizzato ad estorcere il consenso elettorale attraverso l'offerta, la dazione di denaro, o altre utilità.
elettorali singolarmente considerati, l'art. 416-ter c.p., al contrario, prevede quale referente del candidato politico non qualsiasi elettore, bensì la consorteria criminale o comunque un soggetto che può impegnare il
sodalizio mafioso al procacciamento di voti129.
La natura mafiosa della controparte e la forza che ad esso compete nell'influenzare la gestione della cosa pubblica e nel caso specifico l'esito elettorale, spiega i più elevati livelli edittali previsti dall'art. 416-ter rispetto all'art. 96130.
Un altro elemento, che avvalla il diverso ambito operativo delle norme in esame, consiste nelle condotte da esse incriminate: ai fini dell'integrazione del reato codicistico, occorreva che la erogazione di denaro avvenisse contestualmente all'ottenimento della promessa dei voti, mentre la condotta incriminata dalla disposizione elettorale consiste non solo nella erogazione contestuale di denaro ma anche in quella futura.
Inoltre, dal raffronto delle due disposizioni si evince un ambito applicativo assai esteso dell'art. 96, che a differenza del reato di scambio elettorale punisce non solo la dazione ma anche la promessa di denaro,
valori ed altre utilità131.
Un ulteriore elemento distintivo, si coglie con riferimento alla condotta
129
In alcuni casi, la giurisprudenza ha ritenuto configurato il reato dello scambio elettorale politico-mafioso a fronte dell'impegno assunto dal sodale che all'interno della consorteria mafiosa è dotato di poteri verticistici, tali da coinvolgere l'intera organizzazione.
130
Commento al codice penale, (a cura di) Crespi Stella Zuccalà, vol II.
131
Si segnala che in tutti gli altri casi in cui la promessa del candidato politico consiste in beni diversi dal denaro, si applica il reato della corruzione elettorale.
punibile della controparte del candidato alle elezioni: mentre nel reato di corruzione elettorale, la condotta punibile della controparte è “la
concessione del voto proprio”, nel caso del reato dello scambio elettorale, la
condotta punibile è “la promessa di voti altrui”.
Ai fini della completezza dell'indagine, dobbiamo precisare che mentre nell'ipotesi della corruzione elettorale, il patto corruttivo si colloca a ridosso della elezione elettorale, al contrario nell'ipotesi del reato di scambio elettorale non vi è alcun limite temporale, ben potendo il patto di scambio avvenire anche prima della presentazione della candidatura.
Questo elemento ha delle ricadute sul piano della consumazione delle due fattispecie, ossia, ai fini del perfezionamento del reato di corruzione elettorale è richiesto la prova dell'avvenuto conseguimento del voto (e quindi della effettiva violazione del diritto di voto), questo limite non si riscontra nell'art. 416-ter c.p., avendo esso natura di reato di pericolo, che si perfeziona già al momento della formulazione delle reciproche promesse, prescindendo dall'esito delle consultazioni elettorali.
Alla luce di quanto esposto, è preferibile accogliere la seconda costruzione dottrinaria descritta, la quale ha confutato la tesi originaria della “duplicazione” dei due reati presi in considerazione, ravvisando una serie di elementi di palese divergenza tra le fattispecie, che testimonierebbero l'autonomo ambito applicativo.
Comprovata l'ontologica diversità delle due figure criminose, in questa fase della indagine, occorre approfondire il tipo di rapporto intercorrente tra le disposizioni; le alternative che si pongono all'interprete sono due: o
ritenere la sussistenza di un'ipotesi di concorso apparente di norme con assorbimento del reato di minor disvalore in quello più grave, oppure,
ritenere integrato un caso di concorso materiale di reati. Alcuni autori132,
hanno ricondotto il loro rapporto al novero del concorso apparente di norme, affermando che dalla comparazione strutturale delle singole fattispecie astratte, emerge la attitudine di entrambe a regolare la medesima materia.
Si tratta del requisito, richiesto dall'art. 15 c.p133., come condizione per
l'attivazione del principio della prevalenza della lex specialis sulla lex
generalis134.
Il reato di scambio elettorale viene dunque -solo in un primo momento- considerato una fattispecie speciale, ricompresa in quella generale della corruzione elettorale, in cui l'elemento specificatorio è costituito dalla natura del concorrente necessario: non genericamente l'elettore bensì
l'organizzazione mafiosa nel suo insieme135.
In particolare, seguendo questa ricostruzione, ci troviamo di fronte ad una forma di specialità reciproca bilaterale per specificazione, in modo tale che ad un elemento di una norma corrisponde l'omologo elemento specifico nell'altra e viceversa.
132
COSTANTINO VISCONTI, cit, p.300 133
L'art. 15 c.p., rubricato “Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale”, recita: “Quando più leggi penali o disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa
materia , la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.
134 Ibidem 135
Solo il reato di scambio elettorale richiede un progetto di intermediazione e di raccolta del consenso elettorale, che richiede il necessario coinvolgimento della organizzazione mafiosa.
Conseguenza del rapporto genus ad speciem, è l'impossibilità di formulare un giudizio di eterogeneità a causa del fatto, che laddove due disposizioni siano speciali reciprocamente, nessuno spazio può residuare alla diversità strutturale delle medesime.
Pertanto, qualora nella prassi, si realizzino gli elementi del reato di scambio politico-mafioso, insieme a quelli di cui all'art. 96, risulterebbe improprio, optare a favore dell'applicazione di entrambe le norme in concorso materiale come viceversa altra parte della dottrina proponeva.
In particolare, nelle ipotesi in cui il candidato alle elezioni oltre al reato di scambio elettorale politico-mafioso, ha realizzato anche gli estremi del reato elettorale, la dottrina maggioritaria, nell'impossibilità di selezionare la
norma speciale, ha fatto applicazione del principio di consunzione136, in
applicazione del quale, nel caso in cui un affiliato promette al candidato politico il voto personale in cambio di denaro, si rimane nell'ambito di operatività dell'art. 96; quando invece, oltre al proprio voto egli promette anche il procacciamento di voti altrui, si applica il più grave reato di cui all'art. 416-ter c.p..137
136
Trattasi di un principio non codificato, a mente del quale la disposizione che presenta un minor disvalore viene assorbita dalla disposizione più grave.
137
Il patto di scambio, in cui il sodale promette al candidato il personale appoggio elettorale, non è in grado di integrare il reato dello scambio elettorale, in quanto manca il coinvolgimento della cosca mafiosa, che come abbiamo suesposto, costituisce il discrimine tra le due figure criminose.
Per una interpretazione diversa, cfr. COSTANTINO VISCONTI, Il reato di scambio, op, cit., p.305. L'autore considera il secondo comma dell'art. 96, una autonoma disposizione incriminatrice, per tale ragione qualora il procacciatore mafioso abbia promesso oltre al voto altrui anche il voto proprio, egli sarà incriminato ex art.96 t.u 1957 n.361.
Una diversa interpretazione invece, muoveva in senso opposto, reputando sussistente un concorso materiale di reati e quindi una simultanea applicazione dei delitti in capo al candidato: tale interpretazione si basava sull'impossibilità di individuare il reato più grave e prevalente, che viceversa, richiede l'opposta soluzione del concorso apparente. Si tratta dell'interpretazione cui ha dato seguito quella parte della dottrina, che reputava le due fattispecie criminose dotate di autonomo e diverso disvalore.
Constatiamo che la giurisprudenza, è stata particolarmente oscillante: talvolta ha formulato imputazioni del solo reato più grave (in applicazione del concorso apparente), e altre volte ha imputato al candidato sia il reato codicistico, che quello di legislazione speciale.